LA TEORIA DELL’ORIGINE DEGLI ETRUSCHI
( di Franca Raggi )
Il prof. Claudio de Palma ha dedicato anni e anni di studio al tema
dell’origine egeo-anatolica del popolo etrusco ed è
riuscito a dimostrare la validità di questa tesi, mettendo al centro
del suo lavoro lo studio linguistico e storico di un documento famosissimo
scoperto nell’isola di Lemno nel 1884, incontrando il plauso di grandi
accademici europei, come il prof. Adrados [1] e il
prof. Briquel [2].
Chi scrive ha vissuto (come moglie) e collaborato col prof. De Palma e sostiene
fermamente la validità del suo lavoro, basandosi anche sulla conoscenza
psico-sociale della cultura egeo anatolica da un lato ed etrusca
dall’altro. L’isola di Lemno è situata nell’angolo nord-orientale
dell’Egeo, di fronte all’imboccatura dei Dardanelli, l’Ellesponto dei Greci, o
porta del Mar Nero (il Ponto Eusino o ‘mare oscuro’
). . L’isola, era in posizione strategica sulla via dei metalli
provenienti dalla zona pontica, e conobbe una fioritura precocissima fin dal
quarto millennio a. C. per la lavorazione dei metalli.[3]
[1] Vedi
recensione prof. Adrados in Emerita, resena de libros II, su “Le origini degli
Etruschi” di Claudio de Palma ed. Nuova S1
[2] Vedi
recensione prof. Briquel in Revue des ètudes latines ,riportata nel sito
www.claudiodepalma.it
[3]La nascita e la diffusione della metallurgia nelle società
antiche è dunque accompagnata dal diffondersi di miti, la divinità che presiede
la metallurgia è Efesto. L’arte di creare utensili dalla materia minerale
grezza è considerata dagli antichi prerogativa divina e viene associata alla
sfera sovrannaturale e religiosa. L’introduzione dei metalli portò anche ad una
profonda modificazione dell’assetto sociale perché oltre a garantire un aumento
della produzione alimentare e della ricchezza ebbe anche lo scopo di
potenziare i mezzi di difesa e di offesa della società. (nota di chi scrive)
Alcuni esempi di lavorazione dei metalli (fig:-a-b-c)
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a) - Elmo Etrusco, da Populonia. |
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c) - Flabello in bronzo
decorato a sbalzo da Populonia, necropoli di Porcareccia, tomba dei Flabelli VII
sec.a.C. |
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b) - Concrezioni di oggetti in ferro da rifondere. |
L’isola raggiunse notorietà negli
studi archeologici europei a seguito della scoperta nel 1884 da parte di due
ricercatori francesi, il Cousin e il Durrbach, di una stele iscritta,
quasi integra, misurante cm. 95 x 40. La faccia reca il disegno di
profilo di un uomo anziano armato di lancia foliata e di scudo rotondo,
con tutto intorno un’iscrizione in caratteri greci. Nello spessore
laterale della pietra, poi, è una seconda iscrizione, con andamento
bustrofedico, sempre in alfabeto greco di tipo euboico od occidentale
(indicato dai linguisti come ‘rosso’, in contrapposizione a quello attico o
‘azzurro’). Il prof. De Palma ha dato una
importantissima traduzione di questa stele scritta, oltre alla lettura di
altri documenti tirrenici trovati anche recentemente a Lemno, a partire dal
1999.
L’acquisizione più importante che
deriva dalla decifrazione è sul piano storico la notizia ‘autentica’ che tutta
l’isola di Lemno era nel VI secolo ‘Paese dei Tirreni’: serona
toveronarom, a conferma di quanto scrive Erodoto (VI, 140) e che
ambedue le città lemnie, Efestia e Myrina, erano città tirrene, e questo è
documentato sul piano archeologico anche dagli scavi condotti dagli italiani
ad Efestia, iniziati nel 1926, che continuano ancor oggi, e da quelli greci a
Myrina, iniziati in anni più recenti.
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Agiografo della Stele di Kaminia. |
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Il Prof C. De Palma, affianco alla Stele di Kaminia (foto Franca Raggi). |
La decifrazione della stele
trova proprio nel sintagma serona toveronarom il punto focale in quanto viene
dimostrato che si debba intendere come "il paese dei Tirreni"
Esso potrebbe rappresentare
l'anello di congiunzione diacronico e geografico della civiltà tirrenica
sviluppatasi nell'ambito del mare Mediterraneo a partire dal terzo millennio
a.C. con l'antica Età del Bronzo, fino a raggiungere la metà del primo
millennio, con la caduta degli stati indipendenti tirrenici dell'Iberia e
dell'Asia. Dunque per risalire all’origine degli etruschi bisogna trattare dei
Tirreni che furono prima di loro e che vissero sulle coste e sulle isole del
lontano egeo nord-orientale., nella zona chiamata Anatolia ,che coincide più o
meno con l’attuale Turchia. I Tirreni erano insediati fin dalle origini
del popolamento nella zona dell’Anatolia occidentale. Erano maestri nel
trattare i metalli, abili nel navigare ed esperti del lavoro agricolo. I
popoli che abitavano l’Anatolia sudoccidentale chiamavano sé stessi Rasenna
,mentre gli abitanti dell’Anatolia nordoccidentale si definivano Turranoi.
Vediamo tanti e importanti ritrovamenti in quest’isola che ci parlano del
popolo tirreno: sulla costa orientale dell’isola un grande archeologo italiano
, Bernabò Brea scavò Poliochni, la prima città europea che già agli
albori del terzo millennio contava una superficie di 140 ettari, quasi il
quadruplo di quella della contemporanea rocca di Troia, e pari a quella che
raggiungeranno città come Caere e Tarquinia in Etruria. La sua
popolazione può essere stimata in circa 1400 persone. Troviamo in questa città
la prova certa della sua vocazione metallurgica che è esemplificata dal
ritrovamento di un’ascia a cannone di bronzo e della forma fittile per fusione
a cera persa usata per fondere questa classe di strumenti, rinvenute in strati
databili al 3000 circa a.C., agli albori cioè dell’Età del Bronzo.
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Sarcofago delle Amazzoni - Tarquinia, IV secolo a.C. |
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Achille che uccide Pentesilea, V sec A.C. |
Sulla
costa nord di Lemno veniva invece scavata e messa in luce dal Della Seta la
città di Efestia, il cui nome tirrenico era Evistho, come ci dice la stele di
Kaminia . Si trattava di una grande città cinta di mura, che visse
almeno dall’VIII secolo a.C. fino in età bizantina. Molte iscrizioni in lingua
tirrenica provengono appunto da Efestia. Queste iscrizioni, unitamente a
quelle rinvenute nel santuario dei Cabiri e nell’altra grande città lemnia,
Myrina, posta sulla costa occidentale dell’isola, e alla grande iscrizione della
stele di Kaminia, testimoniano della presenza su tutta la superficie
dell’isola di una popolazione di lingua tirrenica fin al VII -VI secolo
almeno. Ma dopo che abbiamo visto come la
metallurgia fosse un’importante connotazione del popolo tirreno cerchiamo sempre
a Lemno un altro argomento che ci farà trovare altre corrispondenze tra
etruschi e tirreni: Una caratteristica che distingue da ogni altra la
necropoli di Efestia è la presenza di numerose armi in corredi sia maschili,
sia femminili, e fra le armi la tipologia più diffusa è quella delle asce da
combattimento, simili a quella rappresentata sulla stele funeraria di Avle
Feluske a Vetulonia (VII secolo) o su un avorio da Enkomi (Cipro), del XII
secolo, rappresentante un guerriero tirreno.
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Muro di Gortina.
Particolare
del muro interno dell'ekklesiastèrion (luogo di riunione dell'assemblea
cittadina) di età classica a Gòrtyna, che reca inciso il testo delle
leggi della città, datato al V secolo a.C. e pubblicato dall'archeologo
italiano Federico Halbherr a Firenze nel 188 5. Viene soprannominata 'la
Grande Iscrizione' e consiste in 12 righe in scrittura e lingua greca
arcaita in andamento bustrofedico, più forse altre otto andate perdute,
di contenuto giuridico. Si tratta di un corpus di leggi cheraccolgono
consuetudini antichissime del mondo minoico ed egeo-anatolico più in
generale, riguardanti rapporti familiari, patrimoniali, sociali e di
diritto penale, quali proclamazione della libertà o della schiavitù,
offese corporali, beni delle donne divorziate o vedove, eredità paterna
o materna, figlie ereditiere, figli adottivi
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La
presenza di armi anche in cinerari con corredi femminili , riconoscibili non
solo dai monili, presenti in verità anche in molte tombe maschili, ma
inequivocabilmente dalle fuseruole e dai pesi da telaio relativi a
un’attività, la tessitura, esclusiva delle donne in tutte le società antiche,
fa pensare alla presenza nella società tirrenica di donne-soldato, e vengono
alla mente le mitiche amazzoni, dall’antico persiano ha-maza, cioè
‘guerriero’, ben rappresentate nella mitologia greca dalle regine di Lemno, Myrina
e Hipsipyle, nonché da Pentesilea, uccisa da Achille davanti alle mura di
Troia. .Dunque se in tombe di donne dell’isola di Lemno si trovano armi come
non pensare alle tombe di donne etrusche dove pure si ritrova un corredo
simile? Basta citare la tomba della Principessa,nel Lazio
proto-etrusco, dove è presente anche un carro da guerra,inoltre in molte tombe
tarquiniesi sono state trovate armi in tombe femminili esattamente come nella
necropoli tirrenica di Efestia, a Lemno. Chi non penserebbe alle
donne-soldato dell’Anatolia protostorica?
Questi
dati archeologici, uniti alla tradizione letteraria, tracciano una linea
continua che parte dall’Asia Minore per raggiungere l’Etruria, paese dove le
donne, non diversamente da quelle lidie, godevano di una tale indipendenza da
farle considerare da Greci e Romani poco meno che donne di malaffare. ( fig.2)
Così
nel quadro familiare in Etruria la donna godeva della stessa autorità
dell’uomo, non era soggetta al volere del padre prima e del marito poi, aveva
un proprio prenome e un proprio gentilizio, e i suoi figli venivano chiamati
col loro prenome più il patronimico e il gentilizio paterno, e anche il
matronimico e il gentilizio materno. Ad esempio: vel
tulumnes larthal clan pumplialkh velas: vel tolumnio figlio di
larth e di vela pumplia. Una importantissima documentazione epigrafica a
riprova di quanto detto ci è data dal codice di Gortyna, città dell’isola di
Creta, che fu inciso nella parete interna dell’esedra dell’ekklesiasterion
costruita in pietre squadrate nel foro della città nel V secolo a.c.. Si
tratta di una grande parete semicircolare tuttora visibile.
Il codice
contiene la codificazione in disposizioni di legge, promulgate dall’autorità
cittadina, di antiche consuetudini giuridiche comuni a tuatta l’area egeo
arcaica della quale vanno cercate le radici nelle primitive culture
dell’area egea ed anatolica occidentale.
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Rotte del Mediterraneo (cabotaggio). |
Le
disposizioni concernenti la capacità della donna di ereditare e di trasmettere
proprietà per via ereditaria, sono indicative di una comune
visione della società arcaica preindoeuropea nella quale la donna
aveva in ogni campo uguali diritti degli uomini. Anche nel campo patrimoniale,
dunque.Il Codice di Gortyna sancisce e codifica l’antica consuetudine secondo
la quale la donna rimasta vedova con figli può risposarsi, restando nel
possesso di ciò che le appartiene e delle donazioni fattele dal marito
defunto. Le stesse disposizioni si applicavano nel caso di donna
divorziata [5]. Ma cerchiamo anche punti di affinità culturale in altri
campi. Importantissimo è quello sessuale: l'iconografia etrusca, come quella
romana di età imperiale, ben attestata dagli affreschi pompeiani, ci mostra
scene di natura erotica tra etero ed omosessuali, analogamente a quanto
vediamo nella pittura greca su ceramica. Analizzando le raffigurazioni che
sono arrivate a noi scopriamo forti differenze. Nelle rappresentazioni
etrusche ciò che è profondamente diverso è l'atmosfera che circonda e anima
l'agire e il pensare degli Etruschi in ogni momento del loro tempo libero, dal
piacere dello slanciarsi corpo e anima nella danza del tripudium, come nella
coppia tarquiniese dalla tomba delle Leonesse, ai piaceri della mensa, dove
uomini e donne mangiano e bevono sdraiati sulla kline uno accanto all'altra (e
non necessariamente si trattava di coppie maritali) fino all'immagine della
coppia che affronta la morte abbracciata, viso contro viso, corpo contro
corpo, nudi sotto un lenzuolo trasparente.
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Itinerario di Tirreno - itinerario ricostruito sul viaggio della flotta di Tirreno
dall’Anatolia all’Etruria. Dal libro 'Sotto il segno di Turan'.
Immagine e grafica di Franca Raggi |
Allora
questa parità di diritti dal campo militare a quello sessuale, da quello
familiare a quello giuridico ci riporta ad una situazione
di tipo matriarcale preindoeuropeo (vedi più avanti la
Gimbutas),che si è evoluta verso la parità di diritto tra uomo e donna. Questa
è un’ulteriore prova del legame del popolo etrusco con una cultura
di origine egeo-anatolica risalente al mondo arcaico ed oltre…
Una
grande studiosa, M.Gimbutas, ha definito la civiltà dell’Europa neolitica come
il mondo della Dea Madre o della Grande Dea.
Queste
civiltà ,secondo la Gmibutas,avrebbero avuto lingue non indoeuropee e
sarebbero state connotate da una cultura di tipo matriarcale. Successivamente
gli indoeuropei avrebbero sopraffatto il sostrato neolitico paleoeuropeo,
sovrapponendo culture di tipo patriarcale. [6]
Le
caratteristiche di fondo della società etrusca che nasceva matriarcale non
sono state messe in risalto come meritavano. Oppure si può dire che si
volevano ignorare per restare vicini al concetto di femminilità
proprio dei romani. [7] La
grande dea madre terra dei Tirreni era Turan, Il nome di Turan era noto
anche agli Egizi, che chiamavano i Tirreni ‘Tursha’, e troviamo mercanti
tirreni sepolti nel Fayyum egizio fin dall’epoca di Sethi I.[8] .
.
Facciamo
il punto della situazione, abbiamo messo
insieme alcune informazioni basilari riguardo
a:
-
La lingua. l’etrusco-arcaico scritto e parlato in tutta l’isola
-
Il popolo tirreno che abitava Lemno
-
La metallurgia che era esercitata a Lemno
-
La figura della donna nell’ area egeo-anatolica
Possiamo
dire di avere trovato un grande riscontro e un’altissima affinità tra Tirreni
ed etnos etrusco.
Furono
i Tirreni a diffondere dall' Anatolia all' Iberia i substrati di una lingua,
di una tecnica mineraria ed agricola comune, in molti casi anche la scrittura.
Tanto che non ha più senso domandarsi se gli Etruschi vennero da chissà dove o
piuttosto furono indigeni dell' Italia centrale. Semplicemente, la loro
cultura arrivò dai Tirreni. Così che numerose civiltà, a cominciare da quella
etrusca, vanno ricollegate alla loro. Così come accadde per i Filistei, o per
i sardi[9].
Adesso
vediamo come e perché questo popolo tirreno si sia potuto spostare
dall’oriente verso l’Italia .I1 regno di Arzawa, come era chiamato il regno
dei tirreni in Anatolia, aveva impedito per parecchi secoli all’ímpero di
Hatti di raggiungere il mare verso ovest [10],fino
a tutto il XIV secolo a.c.,quando, a seguito di una guerra lunga e sanguinosa,
combattuta con alterne vicende, esso divenne uno stato vassallo di quello.[11]
La
situazione peggiorò molto nel XIII secolo, il Paese di Arzawa
mostrava sempre più segni di indebolimento, non tanto a causa della crescente
pressione da est del nemico di sempre, gli Ittiti, quanto per le tribù
seminomadi che raggiungevano l’Anatolia occidentale attraverso l’Ellesponto e
il Bosforo, e seguendo una strada parallela alla costa, da nord verso sud,
devastavano le regioni più fertili del Paese, provocando distruzione di
raccolti, carestia e fame. Questo è il motivo per cui un pò alla volta, spinti
probabilmente dalle invasioni dei Traci e degli Illiri, furono costretti ad
imbarcarsi e a ricercare nuove terre
|
Coppia di danzatori
-Tarquinia, tomba delle leonesse, VI sec.a.c. |
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Banchetto-Larth Velkha e
la sua sposa seduti a banchetto, dalla tomba degli scudi,III sec a.C. |
Attraverso
lo studio dei toponimi - che nel linguaggio sono una delle realtà più
affidabili perché meno soggette a modifiche - li ritroviamo anche nella terra
dei Filistei, l'odierna Israele, vengono poi a contatto con gli egiziani,
superarono lo stretto di Messina e arrivano alle Eolie.
In
conseguenza della configurazione geografica della nostra penisola, fin dal
Neolitico le rotte consuete dall’Oriente verso l’Italia, anche per
la direzione delle correnti e per la conformazione particolare
della penisola, videro preferire la navigazione di cabotaggio lungo le sponde
orientali dell’Adriatico con traversata del canale d’Otranto o più a nord al
Gargano col ponte delle isole Trèmiti, o più a nord ancora al
Cònero. La rotta più meridionale raggiungeva direttamente Otranto o
il capo di Leuca in Puglia..
Le
prime rotte dall’oriente verso l’Italia fino ad arrivare al mare Tirreno
toccavano dapprima la penisola Salentina nota già agli antichi
naviganti come leucopetrai tarentinorum. Il nome rimasto è quello
di S. Maria di Leuca. Di qui si costeggiava il golfo di Taranto, le coste lucane
e poi càlabre, fino allo Stretto di Sicilia. Invece la rotta attraverso il
mare Jonio, più ampio , venne affrontato alquanto più tardi, con rotte dirette
dalla Grecia alla Calabria e alla Sicilia, che miravano sempre e sopratutto
allo stretto di Messina e, al di là di esso al mare Tirreno e alle sue
ricchezze minerarie, note da tempo immemorabile. A causa delle
condizioni difficili del mare sullo Stretto, tuttavia, simboleggiate nel mito
dai mostri Scilla e Cariddi, molti naviganti preferivano la rotta più lunga,
che costeggiava l’intera Trinacria o Sikelìa e di qui per le isole
Eolie raggiungeva la costa tirrenica della penisola.
I
tirreni possono aver seguito in ondate successive alcune di queste
rotte spinti dalla necessità di lasciare le loro terre sotto
la spinta di invasioni che ostacolavano l’approvvigionamento dei minerali di
cui avevano bisogno e che minacciavano la loro stessa vita.
Perché
l’Etruria? "Cercano metalli - sostiene il professor De Palma -
quindi eccoli nell' Italia centrale, e poi in Sardegna dove trovano
lo stagno, indispensabile, fuso con il rame, per ottenere il preziosissimo
bronzo..”Si sposteranno poi attraverso il “ponte” formato da Corsica Elba fino
nella futura Etruria.Analizzando il percorso seguito si può trovare un’altra indicazione
e conferma del perché volessero proprio andare in Etruria.Nel loro
lungo e si può immaginare difficile e disagevole viaggio si sono dovuti
fermare infinite volte sulla costa dell’Italia meridionale ed erano
zone bellissime, pochissimo popolate, attraversate da corsi d’acqua con
terreni anche pianeggianti adatte dunque a stabilirvi degli insediamenti. Come
avverrà secoli dopo con la colonizzazione della Magna Grecia..Ma i
Tirreni proseguirono perché per loro era prioritario raggiungere le
miniere di ferro già conosciute dell’Esperia.
Infatti
l’itinerario marittimo divenne preponderante a partire dall’Eneolitico, quando
venne seguito dai cercatori di metalli diretti alle coste tirreniche
centro-settentrionali. La rotta marittima infatti era sempre la più sicura e
anche la più veloce, e permetteva carichi ben maggiori di quelli delle
carovane di muli .Questa è dunque la rotta con più probabilità seguita dalla
maggior parte dei Tirreni . Si deve quindi immaginare, dal 4
millennio a.C., mille anni prima che arrivassero i popoli indoeropei, una
civiltà dominante : ha enormi capacità tecniche, e un po' alla volta si impone
in tutta l'area del Mediterraneo sino a formare "il paese", anzi
"il regno dei Tirreni”.
[1] Vedi recensione prof. Adrados in Emerita, resena de
libros II, su “Le origini degli Etruschi” di Claudio de Palma ed. Nuova S1
[2] Vedi recensione prof. Briquel in Revue des ètudes
latines ,riportata nel sito www.claudiodepalma.it
[3] La nascita e la diffusione della metallurgia nelle società
antiche è dunque accompagnata dal diffondersi di miti, la divinità che
presiede la metallurgia è Efesto. L’arte di creare utensili dalla materia
minerale grezza è considerata dagli antichi prerogativa divina e viene
associata alla sfera sovrannaturale e religiosa. L’introduzione dei metalli
portò anche ad una profonda modificazione dell’assetto sociale perché oltre a
garantire un aumento della produzione alimentare e della
ricchezza ebbe anche lo scopo di potenziare i mezzi di difesa e di
offesa della società. (nota di chi scrive)
[4] Il Paese dei Tirreni,
Claudio de Palma,ed Nuova S1 Bologna
[5] A.L.Di Lello Finuoli” Trasmissione della proprietà
per successione ereditaria femminile” in “La transizione dal miceneo all’alto
arcaismo” edizioni CNR Roma 1991
[6] Gimbutas M. The language of the Goddess: unearthing
the hidden symbols of Western Civilisation, Harper &Row,S.Francisco 1989
[7] Secondo chi scrive l’archeologia da sola
come disciplina non riesce a mettere insieme tutti gli indizi necessari a
connotare la cultura di una civiltà antica .
[8] “Sotto il segno di Turan” Claudio de Palma –Franca
Raggi ed. Nuova S1, bologna 2005
[9] M.Pittau Origine e parentela dei Sardi e degli
Etruschi, Delfino-Sassari 1995
[10] Più a lungo restarono nelle isole come Lemno,
Imbros e Tenedos,come si può vedere dalla stessa stele di Kaminia che risale
al VII a.C, vedi Il Paese dei Tirreni di Claudio de Palma
[11] Le campagne militari dei re ittiti contro i
re di Arzawa e i loro alleati sono raccontate, spesso con
descrizioni vivaci, negli Annali conservati nella grande biblioteca del
palazzo reale ittita nella capitale Hattusa, a est di Ankara, scavi che hanno
restituito una città con palazzi e templi fra i più grandiosi di tutti i
tempi.