Caro PASUCO:
oggi mi tira di titillare le papille gustative, quindi descriverò qualche cosa che abbia un gusto.
Scriverò come fare (bene) la pasta "Cacio e Pepe" e diventare così gli eroi del proprio giro di amicizie. Premetto che non è proprio un piatto facile-facile: semplicemente perché possiede pochissimi ingredienti, quindi si deve essere un po' più attenti a fare le cose per bene, altrimenti si ottiene un'ottima pasta col formaggio e con il pepe, che non è affatto il "Cacio e Pepe"...
Che cosa serve:
- una pentola dove bollire l'acqua.
- una padella, dove risottare la pasta, per portarla a cottura completa.
- un colapasta.
- una seconda pentola, dove raccogliere l'acqua di cottura.
- la pasta (i puristi sostengono debbano essere spaghetti, altri si trovano meglio con tonnarelli, bucatini, paste più voluminose; è preferibile che sia fresca; la dose può variare a seconda del personale "senso d'arrotolamento" di ognuno).
- il pecorino, grattugiato di fresco.
- il pepe nero macinato.
Come procedere:
- portare la pasta a mezza cottura (alcuni preferiscono aspettare di più: fino a circa due minuti dalla cottura).
- scolarla, avendo cura di recuperare tutta l'acqua di cottura con un'altra pentola.
- versarla in una padella, dove si deve "risottarla" (trattarla come si farebbe con un risotto: è qualche cosa di piuttosto diverso dal semplice "mantecare" che usano tutti, ma non è il caso di essere troppo schizzinosi), aggiungendo man mano piccole quantità di acqua di cottura, fino a portarla a cottura completa. Il razionale di questo passaggio fondamentale è quello di cuocere la pasta, evaporando l'acqua di cottura che contiene l'amido della pasta, fino a che essa assorba la quantità necessaria di acqua (differente, per diversi tipi di pasta e tra pasta secca e fresca) e sia alla fine piacevolmente immersa in quella "specie di crema" tanto difficile da ottenersi altrimenti.
- giunta la pasta a cottura, si aggiungono il formaggio ed il pepe; si mescola brevemente con posate di legno, si applica un coperchio e si lascia "riposare" per breve tempo a fiamma spenta, naturalmente.
Se per caso qualcuno degli ospiti dovesse dirvi che "ci avrebbe messo un po' d'olio", siete vivamente pregati di sgarrettargli tutte le pecore e di rigargli il volvo.
Questo è un cosiddetto "piatto povero", probabilmente antico (anche se fissato nella tradizione della recente cucina "romanesca"): per questo motivo, come altri altrettanto antichi (pappardelle sulla lepre, trenette col pesto), è privo di pomodoro, perché precedente alla sua importazione nel Vecchio Mondo. In origine, verosimilmente, non si trattava di pasta, bensì di "puls" (e questo è il motivo per cui il formato della pasta, in fondo, non è affatto importante); inoltre, almeno all'inizio, non c'era il pepe (che giunse molto più tardi dall'oriente), che era sostituito da altre sostanze piccanti ("garum", oppure anche bacche di mirto o altro ancora). Ma ci sarà tempo per parlarne...