la Via Salaria. |
Si tratta di una strada romana, costruita durante la
Repubblica ed utilizzata poi dall’Impero (come anche ancora oggi): essa è la più breve
via di comunicazione tra Roma e l’Adriatico, in un sistema viario costituito di
tre strade, le altre due essendo La Flaminia e la Tiburtina Valeria (vedi
figura). La sua lunghezza è inferiore ai 200 chilometri.
Il Tracciato.
Dalle Mura Aureliane di Roma l’arteria usciva attraverso la
Porta Salaria, costeggiava l’odierna Villa Ada e si dirigeva verso il baluardo
di Forte Antenne (antica Antemnae) entrando nella Sabina. Attraversava il fiume
Aniene con il Ponte Salario, e giungeva presso i colli di Fidene (Fidente),
prodeguiva verso Settebagni (Septem Balnea), affrontava la collina della Marcigliana Vecchia, superava
Eretum (Monterotondo) ed il passo sul torrente Corese (Passo Corese). Presso
Trebula Mutuesca (Monteleone Sabino) la strada si divideva. Un ramo (Via
Cecilia) si dirigeva verso Oriente e scavalcava l’Appennino attraverso la Sella
di Corno, la Piana di Amiternum, il Passo delle Capannelle e proseguiva verso
il paese dei Pretutii (la provincia di Teramo) e poi fino al mare nei pressi di
Giulianova.
Il ramo principale della via Salaria proseguiva in direzione
nord, seguendo le pendici del monte Terminillo, il cui superamento spinse gli
ingegneri di Augusto, Vespasiano e Traiano a trovare soluzioni per l’epoca
molto avanzate. La strada infatti raggiunge un livello di 1000 metri (valico di
Tornita), dopo di che inizia la discesa verso la conca amatriciana, attraversa
la valle del Tronto, raggiunge Ascoli Piceno (Asculum) e tocca il mare
Adriatico in corrispondenza di Castrum Truentinum, presso la riva destra della
foce del fiume.
Comunemente si ripete che la Via Salaria traesse il suo nome
dal sostantivo “sale” e che servisse, ovviamente, per portare il sale (genere
utilissimo in molti modi) dalle Saline di Ostia alla città di Roma ed alle
altre città e località che essa attraversa.
A questa ipotesi si oppongono alcuni fatti precisi:
1) Le saline di Ostia non sono mai state trovate: si presume
soltanto che esistessero, e si traggono deduzioni da questa ipotesi.
2) L'abbondante flusso d'acqua dolce del Tevere rende difficile l'uso dell'acqua delle vicinanze ("ostia" significa "foce") per l'estrazione del sale (data la bassa concentrazione). I Romani (e chi prima di loro: probabilmente gli Etruschi) avrebbero dovuto fare ricorso a laboriosi artifizi, per ottenere un buon sale.
3) Oltre il crinale Appenninico non avrebbe avuto alcun
senso costruire la strada, dato che tutte le località avevano un mare molto più
prossimo.
4) Non si è trovata una vera continuità tra la Via Ostiense e la Via Salaria: non sembrano essere frutto di un disegno unitario.
Queste considerazioni hanno spinto alcuni ad ipotizzare che
il percorso del sale avvenisse eventualmente in tutt’altra direzione e che il
nome stesso della strada derivasse da uno dei numerosi significati delle parole “sal”, "sale", "salis", in questo caso inteso però nel senso di “mare”:
una strada che univa due mari per il percorso più breve...
Antonello Ferrero ha scritto al riguardo.
Salaria,via del sale…macchè !
Pubblicato da : Antonello
Ferrero
October 16, 2013
in:
Inizierò
questa breve disamina con il citare il linguista e storico pugliese Mario
Cosmai (1926-2002) il quale derivava la parola Salento dal latino antico sal-salis= mare, ovvero “terra in mezzo al
mare” (due mari:
Tirreno e Jonio) (1).
E nel celebre Dizionario etimologico di tutti i vocaboli ….che traggono
origine dal greco (2)
le parole : als-alos
(da cui deriveranno le latine) hanno lo stesso primiero significato: mare. E
tale accezione va oltre i tempi antichi e trasla nell’inizio dell’uso della
lingua italiana, nel ‘300 Dante nella Divina Commedia nel III °
Canto-13-14 : “metter ben potete per l’alto sal vostro naviglio”. E successivamente anche il
poeta Antonio Cammelli (1436-1502) detto il Pistoia, nelle Lettere: ”andorno
nel sal, con l’altrui nave”.
Quindi
il toponimo: salara-ia, non va inteso come “strada portatrice di sale”, come comunemente addotto, ma come
“strada che unisce e collega due mari” (salis). Sarebbe però capziosità semantica
suscettibile di analisi e discussioni, limitarsi alle etimologie che cambiano
linguisticamente nei tempi, nei modi e a seconda di chi le usa. E quindi
esporrò alcune linee storiche e delle considerazioni tecnico-merceologiche
inerenti non solo il mondo antico.
La via Salaria: strada che unisce due mari
La
via: la Salaria dice il Nibby (3) citando Strabone (4): ”E’ stata costrutta a traverso loro (ai Sabini) la
via Salaria, che non è lunga, nella quale si confonde la via Nomentana presso
Ereto castello della Sabina posto sopra il Tevere, la quale comincia dalla
stessa porta Collina”. Poi Festo (5) che ne da – unico – anche l’etimologia, che da allora verrà
applicata pedissequamente alla strada: “Salariam viam incipere ait a porta
quae nunc Collina a Colle Quirinale dicitur; Salaria autem propterea
appellabatur, quod impetratum fuerit u tea liceret a mari in Sabinos salem
portari”.Livio (6) con la notizia che i Galli si
accamparono in essa :” Galli ad tertium lapidem Salaria via trans pontem
Anienis castra habuere”
nel 390 anno di Roma, ci dice che fu la più antica, precedendo l’Appia che
viene considerata la prima vera strada di Roma costruita da Appio Claudio
Censore il Cieco nel 442. La strada che partiva da Porta Salaria a
Roma arrivava ad Hadria (Atri) dopo un percorso di 150 miglia romane, e cioè
circa 232 chilometri. E va anche detto come la via e le variazioni di essa
erano certamente di origine pre-romana e che essi romani ebbero il merito di
renderla unita ed omogenea; come si evince dal poderoso e fondamentale studio
del Persichetti sulla strada, dei primi del ‘900, (7) ove motivando aggiunge, come “i
sabini prendessero il sale dalle spiagge adriatiche anziché tirreniche”.
Cosa
dunque oppongo all’antica dizione di Festo, che la descrive come “strada del
sale”? La prima
semplice considerazione è, che par strano che una strada adibita al trasporto
del sale come compito precipuo nell’esser costruita, non partisse dalle saline
di Ostia (dalla costa) ma a 14 miglia (20,7 chilometri) di distanza,
internamente nella città, con un percorso davvero singolare ed inconsulto,
anche perché non v’è collegamento, ne distanza ravvicinata tra la Salaria e la
via Ostiense che partiva da Ostia e finiva alla Piramide Cestia (San Paolo), o
la via Campana che secondo alcuni autori partendo dalla costa poi
raggiungeva la Salaria, (e che invece terminava all’isola Tiberina). E anche se
sappiamo che sia ai piedi dell’Aventino presso la Porta Trigemina, che ove
iniziava la Salaria, vi erano i magazzini del sale (ma non solo quelli) (8), la seconda altrettanto logica
osservazione è comunque: ma se essa strada portava il sale ai sabini-umbri, poi
lì si sarebbe fermata in un dato luogo, perché proseguire per le coste
adriatiche che di sale ne avevano del loro e migliore?
Proseguo
con delle note tecniche-merceologiche sul sale (cloruro di sodio) che per
essere ottimale e trasportabile, deve avere un elevato grado di purezza (oltre
il 90%) e per ottenere tale condizione, il clima deve avere 6-7 mesi di
evaporazione e grandi temperature, condizioni ottimali nel Sud-Italia, mentre
al Centro la situazione non è altrettanto idonea. Ma v’è di più: nelle saline
(stagni) d’Ostia v’è lo scarico a mare del “biondo” (fangoso) Tevere, che oltre
a diluire la salinità delle acque, porta con se le impurità del limo. Il sale
che vi era ottenuto è senza dubbi un sale grigio “sporco” (una delle prerogative
della fabbricazione del sale è tecnicamente il suo continuo lavaggio in acque
correnti pure) e deliquescente, non omogeneo e poco adatto ad essere
trasportato, un prodotto di second’ordine; certamente usato per tutte le
prerogative dell’epoca (ed in special modo per la conservazione – in salamoia –
del pesce, prodotto romano per eccellenza e che veniva anche esportato: il garum) ma non certo da costituire una
materia prima da inviare lontano. E tra l’altro non si hanno notizie storiche
di come i Romani producessero il sale, che aveva un difficoltoso e tecnico
processo di raffinazione, ne di una sua commercializzazione nell’ambito
mediterraneo (ed infatti non vi sono studi inerenti). Si può immaginare che
facessero evaporare l’acqua di mare in profondi tini interrati; non risulta che
usassero il fuoco per riscaldare l’acqua, la ove la stagione ed il sole non
permettevano l’essicazione, così come – con un processo tecnicamente avanzato –
era uso nel resto del centro-nord Italia (9). Anche le saline di Cervia (antica
Ficocle) sul lato terminale della Salaria erano interessate a nord dalla
vicinanza della foce del fiume Tronto, ma con meno scapito della costa romana,
tant’è che dette saline sono ancora in uso. Dunque costruire una strada per un
prodotto non ottimale e poco conservabile – e che era poi anticamente
soppiantato dai popoli dell’interno con l’economico sale che ricavavano dalle
ceneri delle piante – sembra poco probabile.
E’
ora di assegnare alla Salaria il suo vero uso e significato: era un’antica
strada pre-romana, che univa due mari (salis: Tirreno e Adriatico) e che permise
e le imprese militari romane ed i cospicui traffici con le popolazioni interne
(tra l’altro i sabini furono tra i fondatori di Roma), coadiuvata dal percorso
fluviale di risalita del Tevere con le navi caudicarie, queste adibite
precipuamente al trasporto del pesce, del sale e delle verdure. Forse fu la
strada più antica di Roma, costruita su precedenti manufatti dei popoli
italici-sabini e per i loro commerci, resa solida e secondo le tecniche dei
romani, che le avevano apprese dai cartaginesi nel corso delle guerre nel
mezzogiorno d’Italia (10). Aveva un corso percorribile anche d’inverno non avendo
elevazioni sopra i mille metri di quota nei valichi, e riportarla al suo vero e
naturale ruolo, anche nel nome, mi sembra cosa opportuna. Tanto più che a volte
molti storici – mancando loro le fonti – scelgono, è il caso di dirlo, la
“strada” più breve, saltando sia ricognizioni filologiche che ricostruzioni
logiche.
Sempre
riguardo alla Via Salaria leggi anche gli articoli:
Note:
1)
M.Cosmai -Antichi toponimi di Puglia e Basilicata-
1991
2) A.Bonavilla- A.Marchi
-Dizionario etimologico di tutti i vocaboli usati nelle scienze,arti e mestieri
che traggono origine dal greco
-1819
3) A.Nibby in Roma antica
di Fabiano Nardini -1820
4)
Strabone- Libro V
-pag.148
5) Festo -De
verborum significatu -II° sec- su manoscritto mutilo dell’XI
sec.
6) Livio-Libro VI e
VI
7) Niccolò Persichetti-La
Via Salaria pag.15-1910
8) De
Martino- Storia economica di Roma
antica-1980
9) J.C. Hocquet-Il
sale e il potere-1990
10) A.Nibby-op. cit.