04/03/2014 06:03
AFFONDO
La scure di Marino sulle aziende. È l’ora di Acea
L’Assemblea capitolina mette all’angolo la giunta: consiglio straordinario sul Salva Roma
Lo aveva capito lo stesso Marino che una quidicina di giorni fa aveva
precisato che il cambio dei vertici Acea era «fuori dai radar»; così
come il coordinatore della maggioranza in Aula Giulio Cesare, Panecaldo,
era stato "costretto" a entrare a gamba tesa circa una settimana fa
richiamando diversi e autorevoli consiglieri comunali del Pd troppo
dediti a note stampa su una società quotata in borsa.
Curioso dunque che la nota del sindaco in cui si rendono pubbliche
comunicazioni da sempre tenute riservate sino all’eventuale
approvazione, proprio per non creare dannose e inutili fibrillazioni di
mercato, esca proprio nel giorno in cui la capigruppo ha deciso
all’unanimità di indire un Consiglio straordinario sul Salva Roma per il
13 marzo. Non sarà una seduta normale ma aperta agli interventi dei
rappresentanti istituzionali, delle categorie produttive e sociali della
città. In quella stessa sede la maggioranza proporrà un pacchetto di
misure anticrisi. Un piano straordinario, insomma, per far fronte a una
situazione straordinaria dal punto di vista economico, certamente, ma
anche e soprattutto politico. E sì perché dopo le incredibili vicende
del Salva Roma, l’altolà del Pd al suo sindaco, i lacci imposti dal
governo Renzi sul nuovo decreto per ridare ossigeno alle casse
capitoline, occorre adesso definire da una parte un bilancio «lacrime e
sangue» e dall’altra un piano di ristrutturazione dell’intero apparato
amministrativo. E in questo l’Assemblea capitolina, già protagonista
negli ultimi otto mesi di un braccio di ferro con una giunta sin troppo
solitaria, ha deciso di tracciare la via. Con il consenso delle
opposizioni per provare, almeno, a uscire da un momento delicatissimo. I
tagli ai quali sarà costretto Marino implicano una compattezza politica
decisiva, anche o soprattutto per il riassetto proprio delle
partecipate.
Zètema, Palaexpo, Farmacap (per la quale il consigliere del
Misto Dinoi propone la vendita del 40%), secondo le indicazioni del
nuovo decreto, potrebbero (o meglio dovrebbero) essere messe in
liquidazione.
Un passo traumatico per una parte della politica romana,
che pensa forse di "consolarsi" con la fetta più grossa, quella appunto
dell’Acea. Fuori dal Campidoglio, più precisamente a piazza Affari, gli
schemi tuttavia sono decisamente diversi.