Per quanto a lungo io abbia cercato, non ho mai trovato una completa ed esauriente definizione: non ce n'è sull'Internet, non se ne trovano sugli opuscoli, né sui libri. Anche perché tutti - dopo una brevissima descrizione (spesso sommaria) si lanciano su interpretazioni soggettive e seguono i percorsi erratici della fantasia o quelli strumentali dell'Identità.
E allora ne ho stilata una io.
Definizione di
Nuraghe.
Il Nuraghe è una monumentale costruzione preistorica sarda,
di dimensioni e forme variabili, edificata senza leganti, con pietre di varie
dimensioni (talvolta enormi) e variamente lavorate (a volte di taglio naturale,
altre volte regolari), più frequentemente a forma di tronco di cono e bene
evidente nel paesaggio ancora oggi, malgrado i crolli parziali cui tutti i
nuraghi sono stati soggetti. Si tratta di una costruzione distintiva (seppur
non esattamente unica) della Sardegna, caratterizzata, nel suo schema più
semplice da due elementi: una torre ed scala elicoidale che conduce al piano
superiore.
Esistono due forme differenti e predominanti:
(1)
La maggior parte dei nuraghi restanti presenta uno sviluppo
verticale, con forma a Torre Singola e pareti inclinate che le conferiscono la
caratteristica forma a tronco di cono, base circolare, spesso muro senza
leganti ('a secco'), costruito con tecnica detta “a sacco”(*), una camera centrale circolare,
voltata ad ogiva (“tholos”) [Nuraghe a Tholos] e che presentano una scala per
accedere al piano superiore. Del medesimo tipo esistono varianti con più stanze
a “tholos” sovrapposte in una singola torre a due, o anche tre piani. Alcuni
esempi, infine sono a più torri variamente collegate a formare un’unica mastodontica
costruzione (Nuraghi Complessi, o Polilobati, in genere edificati in più
tempi). Questo gruppo presenta caratteristiche generali piuttosto uniformi –
pur nella vasta gamma di variazioni – e discrete difficoltà costruttive.
(2)
Una piccola percentuale (circa il 10%) è invece costituita da
Nuraghi a Corridoio [o a bastione], che rispondono a canoni edilizi meno
uniformi e rigidi (pianta ellissoidale, interni di varia forma, estensione e
sviluppo, copertura a trilite oppure navicolare), presentando minore sviluppo
verticale, in genere meno appariscenti dei primi, pur raggiungendo anch’essi in
taluni casi proporzioni enormi. Per la loro forma, apparentemente più
“primitiva” erano precedentemente definiti “protonuraghi” o addirittura
“pseudonuraghi”.
(*) Nella "tecnica a sacco" coesistono
sostanzialmente tre elementi costitutivi, distinti e riconoscibili, nella
costruzione:
a) Un "paramento murario" esterno (rivolto verso
i possibili “nemici”), costituito da blocchi di notevoli dimensioni, di taglio
naturale, reciprocamente disposti ad incastro reciproco in modo vantaggioso per
la robustezza e la statica (richiede ottima percezione tridimensionale dello
spazio, da parte dei costruttori!).
b) Un muro interno (rivolto verso la parte “amica”
dell'area), composto di massi (conci) di
minore proporzione, ma pur sempre discretamente voluminosi, edificato con
principi sovrapponibili a quelli esterni.
c) La parte intermedia tra strato esterno ed interno (che
insieme, idealmente, costituiscono le due pareti del “sacco” contentivo) è
composta d’abbondantissimo pietrame medio-piccolo e pietrisco minuto, in modo
da realizzare un composto “auto-costipante” (la cui compattezza aumenta anche solo con la gravità, oppure con il
calpestio, ad esempio, probabilmente effettuato durante la costruzione stessa),
che sarebbe errato - pertanto - considerare come un elemento di riempimento
solamente passivo: esso - anzi - partecipava moltissimo alla robustezza ed alla
stabilità del manufatto finito.
Muro 'a Sacco' (Velia) |
Date.
La più antica data d’edificazione dimostrata sembra, per ora, essere il 1.800 a.C. (Bronzo Medio
o Bonnanaro B), anche se qualche studio controverso porterebbe indietro la
prima edificazione sino al 2.800 a.C. (Nuraghe Noeddos, Trump, 1990: in pieno
Eneolitico ed anteriore al “Monte Claro”). Si tratta di un argomento “sensibile
e controverso”.
Ma il Consenso Comune divide - più prudentemente - il Nuragico in tre periodi:
1)
Nuragico I (1600-1300),
2)
Nuragico II (1300-1150),
3)
Nuragico III (1150-850).
Si presume che la maggior parte di essi sia stata costruita
tra (1) e (2). In ogni caso, il Nuraghe è comunque più antico delle altre
costruzioni in qualche modo analoghe comparse, in epoche differenti, nel
Mediterraneo (includendo in questo novero le Tholoi micenee, i Talayots delle
Baleari, le Motillas spagnole ed i Brochs scozzesi). Solo le Torri Corse sono
in qualche modo correlate e coeve al Nuraghe. Le costruzioni israeliane di
El-Ahwat sono posteriori e più rozze dei nuraghi e non possiedono alcun
rapporto con essi.
Tempi di costruzione.
Si pensava che i tempi fossero lunghi: G. S. Webster calcolò
che fossero necessari da 4 a 6 anni (per un gruppo di 10 uomini, che
lavorassero da 2 a 4 mesi all’anno, e raccogliesse circa 3.000 conci in 3600
ore di lavoro).
Ma non sono affatto così lunghi: un costruttore autodidatta,
in pensione, ha impiegato 90 giorni – da solo – a edificare un nuraghe
veramente piccolo e alquanto difettoso, dentro Ghilarza: ma va detto che si è
servito di un trasportatore per avere il materiale già pre tagliato sul posto, il che ha
indubbiamente molto sveltito il lavoro.
Più recentemente, è stato calcolato che, per una squadra di
16 / 20 uomini, sono necessari 182
/ 200 giorni di lavoro per edificare un piccolo nuraghe composto da 5083 conci,
con una giornata lavorativa di 8 ore, per un nuraghe alto 13 m con 11 m di
diametro alla base, una tholos interna alta 6m con un diametro di 4,5 m ed una
scala lunga 25m con una pendenza di circa 30°.
Numero.
Sono attualmente poco meno di 7.000, ma si sa per certo che
inizialmente sono stati più numerosi, dal momento che si ha notizia di molti
nuraghi che in epoca antica (°) e recente (^) sono stati usati come cave di
materiale edilizio per costruire argini di fiumi, strade, muri e capanne. Il risultato è che i nuraghi oggi sono
meno numerosi o più danneggiati là dove le attività umane furono più intense.
(°) Ad esempio, il cosiddetto “villaggio nuragico” sito
intorno al Nuraghe di Barumini è posteriore ad esso ed è stato edificato
cannibalizzando il nuraghe stesso.
(^) Il nuraghe Murié, sito presso Orosei, fu quasi
completamente demolito impiegando i suoi conci negli argini del fiume Cedrino.
Distribuzione.
Alcuni ipotizzano – senza prove – che i Nuraghi fossero
uniformemente distribuiti in tutto il territorio dell’isola. Più probabilmente
essi occuparono, estendendole,
proprio le medesime zone che le precedenti Culture Sarde avevano scelto
come le più adatte allo stanziamento umano. La scelta cadeva quindi sulle zone
alluvionali, sul terreno più facilmente coltivabile con le tecniche conosciute
al tempo e più “profondo” (il terreno di tale qualità è scarso in Sardegna e
distribuito lungo l’alveo dei fiumi maggiori, negli ‘alluvi’). Esistono altre
teorie, secondo le quali la distribuzione dei nuraghi seguirebbe altri criteri:
astronomici, militari, di controllo del territorio (vedi di seguito). Ma siamo
– oramai – nel campo delle speculazioni.
Uso e funzioni.
È questo un punto molto controverso, in quanto – in assenza
d’elementi dirimenti la questione con assoluta certezza – esiste spazio per la
formulazione di differenti ipotesi, nessuna certa.
[a] Ipotesi militari.
Tra le molte sfumature differenti, prevale ora quella della difesa passiva del
territorio: il nuraghe, cioè, con la propria imponenza, incuterebbe timore ai
possibili nemici, intesi in questo caso più come facenti parte di un altro clan
sull’isola e quindi non molto numerosi, non bene organizzati. E’ evidente che
un vero esercito bene organizzato e numeroso non sarebbe ostacolato dai
nuraghi: passerebbe indenne tra di essi, razziando e distruggendo tutto, a dimostrazione
del fatto che come struttura
bellica, il nuraghe è poca cosa. Secondo alcuni, la disposizione d’alcuni
nuraghi è intorno ad alcune zone minerarie, per interdirne l’utilizzo ad altri.
[b] Ipotesi religiose.
Nelle varie versioni, si tratterebbe di un
edificio con valenze religiose, da quella tombale (più antica) a quella
templare (più recente), insieme o separate ed eventualmente combinate con [c].
La “nicchia d’ingresso” (garitta di guardia per [a]) sarebbe dedicata alla
deposizione della persona (santo o eroe) al quale il nuraghe stesso era
dedicato.
[c] Ipotesi astronomiche. I nuraghi sarebbero stati costruiti da una popolazione che conosceva
bene l’astonomia ed i movimenti dei corpi celesti. Sarebbero orientati secondo
costellazioni precise, o fasi lunari e/o solari particolari; persino alcune
aperture nella loro struttura sarebbero state prodotte ad arte per sfruttarne
volutamente l’effetto, con l’ingresso della luce in determinati momenti. Lo scopo sarebbe in parte come in [b]
ed in parte il riconoscimento di date importanti per l’agricoltura.
[d] Ipotesi multifunzionali. Nelle varie versioni, si tratterebbe di costruzioni con più funzioni
identificative e rappresentative
del benessere e dello stato sociale di ciascuna comunità di sardi, in una
società divisa dall’orografia dell’isola, ma esprimente un’identità culturale
di fondo. Intorno al nuraghe, si sarebbero svolte le attività utili e
aggregative sociali d’ogni tipo: da quelle più quotidiane ed abituali a quelle
periodiche e saltuarie od eccezionali. Secondo questa ipotesi, il nuraghe
poteva servire come
- “status symbol” (indicatore della ricchezza, con
implicazioni anche di [a] per difesa passiva e deterrente),
- come punto di osservazione per i residenti e punto
di riferimento per i visitatori che venissero da lontano (“punto cospicuo”),
- ma
anche come “punto fisso” di trasmissione e ricezione dei segnali [a],
- come
deposito redistributivo delle risorse in una società già discretamente
stratificata e differenziata nei ruoli (“granaio”), non più allo stato di
tribù, ma più vicina alla situazione di Chefferie (pre-Stato).
[e] Ipotesi abitative (d’elite?). Chi sostiene questa ipotesi parte dalla
considerazione che, così come appaiono adesso, i nuraghi sono oggi poveri resti
spogli di ciò che invece erano all’inizio. E’ lecito pensare che – durante il
loro uso – fossero invece coibentati con vari materiali (sughero, strame e
fango, pellicce: esattamente come le capanne nuragiche: quelle sì, vere
abitazioni), partiti da soppalchi e tramezzi in legno (verticalmente ed
orizzontalmente) e completati da terrazzature lignee, corde, stuoie, tappeti,
arredati da suppellettili, lampade e tessuti, oltre che da oggetti d’uso e
forse anche intonacati e dipinti. Tutto ciò – insieme alla presenza documentata
di alcune vene d’acqua talvolta accessibili ancora oggi all’interno di alcuni
nuraghi – avrebbe influito positivamente anche sull’abitabilità,
oggi scarsa, in verità, di tali strutture.