sabato 29 marzo 2014

Zeppara e Solarussa


articolo di Massimo Pittau.

Zeppara (TZéppara) - Villaggetto presso Ales. (prov. di Oristano).
Il toponimo trova riscontro in altri 7 toponimi uguali di Baressa, Barumini, Genoni, Gonnosfanadiga, Guspini, Narbolia, Villaverde, e negli altri Sebera (Ortacesus), Zepparedda (Tuili), TZeppere (Ittiri), Zeparàgiu (Villagrande Strisaili). Teppera (Scanu M.), Teppero (Villanova Monteleone), Tèpparo (Tresnuraghes), Tèppore (Montresta; forse al plur. come indizia il medievale Theppar (CSMB 173) (PLS 121-128).

Esso è da riportare all’appellativo sèbera, sèpera, cèbera, tzèpera, tzèpara, tèpera (anche -pp-) «ghiaia, ciottolame, pietrame, pietraia, collina pietrosa», che è un relitto sardiano o protosardoprobabilmente da confrontare – non derivare – col lat. saburra «zavorra di imbarcazione» (costituita da ciottolame) (già prospettato come di origine etrusca; DELL, DELI, DICLE), antroponimo Saburra, Sabbura (LEN) (suffisso -rr-) .
Il villaggio compare fra le parrocchie della diocesi di Usellus che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS 1384, 1647, 1853, 2300, 2802) e inoltre tra i villaggi che sottoscrissero la pace fra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona del 1388 (CDS I 841/2) come Cepera. Ed è citato anche nella Chorographia Sardiniae (202.17) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Zepparae. - Anche le altre Zeppara sono citate in documenti medioevali, ma la loro esatta identificazione non è sempre facile ed è da farsi di volta in volta.
Solarussa (pronunzia locale Sabharússa) (villaggio del Campidano di Oristano) 
Anche per questo toponimo c’è da dire che, se non si conoscessero le sue antiche attestazioni, neppure il più preparato e più geniale dei linguisti sarebbe in grado di scoprirne l’etimologia (cfr. Santadi).
Nel Condaghe di Bonarcado questo toponimo compare nelle forme di Solarussa, Solagrussa, Solarusa e infine di Cebera grussa (CSMB 25, 28, 32, 68, 172). Considerato che le schede di questo condaghe hanno subìto notevoli rimescolamenti, non è illegittimo considerare come forma più antica quella di Cebera grussa. Il primo componente del nostro toponimo è da connettere con l’appellativo sèbera, sèpera, cèbera, tzèpera, tzèpara, tèpera (anche -pp-) «ghiaia, ciottolame, pietrame, pietraia», relitto sardiano o protosardoprobabilmente da confrontare – non derivare – col lat. saburra «zavorra di imbarcazione» (costituita da ciottolame) (già prospettato come di origine etrusca; DELL, DELI, DICLE), antroponimo (suffisso -rr-) (cfr. Zeppara).
Il secondo componente corrisponde all’aggettivo grussu, russu-a «grosso-a», che deriva dal lat. grussus per grossus (DILS). Pertanto Cebera grussa o Solarussa significa «ghiaia grossa», con un significato che trova riscontro esatto nelle caratteristiche geomorfiche della zona in cui è situato il villaggio: pianura alluvionale del basso Tirso, caratterizzata da abbondante materiale ghiaioso, il quale, inoltre, assume spesso la forma di “cumuli o mammelloni di ghiaia”(LCS I 123).
Il nostro villaggio compare in un documento del Codex Diplomaticus Sardiniae dell’anno 1187 e in un altro del 1336 (CDS I 261/1, 705/2). Poi compare parecchie volte tra le parrocchie della diocesi di Arborea che nella metà del sec. XIV versavano le decime alla curia romana (RDS) e inoltre figura tra i villaggi che sottoscrissero l’atto di pace fra Eleonora d’Arborea e Giovanni d’Aragona del 1388 (CDS I 842/2, 843/2).
Ed è citato pure nella Chorographia Sardiniae (136.35; 194.20) di G. F. Fara (anni 1580-1589) come oppidum Solarussae.