La Città Eterna ha un nome semitico?
Da sempre gli storici si sono chiesti l’origine del nome Roma, e hanno dato vita a molte ipotesi
Le lingue dell’Occidente, italiana e latina comprese, appartengono alla famiglia delle lingue indoeuropee, ciò sulla base della prevalente incidenza nel lessico di parole appartenenti a tale gruppo. I linguisti, per ciò che concerne gli idiomi europei, parlano di etimi di provenienza indoeuropea e di provenienza da area «mediterranea». Con questa ultima allocuzione si devono intendere tutte quelle parole che, non trovando idonea collocazione in area indoeuropea, derivano per differenza da altri ceppi linguistici (semitici, camito-semitici eccetera). Sino ad epoche relativamente recenti era opinione diffusa, in ambiente scientifico, considerare l’area mediterranea una sparuta minoranza, tale da non inficiare l’assioma mai ritenuto confutabile di appartenenza alla famiglia giapetica delle lingue dell’Occidente, sia quelle in uso nel linguaggio corrente che quelle oramai estinte come la latina. Negli ultimi decenni ulteriori e più approfondite ricerche, alla luce dei grandi progressi in campo archeologico, ma ancor più in quello linguistico1, hanno modificato alquanto il quadro d’insieme, o meglio i rapporti di incidenza, in seno alle lingue dell’Occidente, tra gli etimi indoeuropei e quelli provenienti dall’area mediterranea. Martin Bernal addirittura parla di un livello di equità tra i ceppi indoeuropei e quelli di origine semitica e camito-semitica2. Ove ciò fosse vero diventerebbe arduo l’affermare ancora che le lingue dell’Occidente siano indoeuropee, bisognerebbe parlare a tal punto di lingue «miste» o con un appellativo di recente conio «nostratiche», appartenenti cioè alla vastissima area «euro-afro-asiatica». Le percentuali di cui parla lo studioso inglese appaiono forse eccessive ma è indubitabile che le percentuali di parole che si riteneva di origine indoeuropea si vanno man mano assottigliando in favore dell’area mediterranea. Sarebbe troppo arduo e complesso, in tal sede, operare ad ampio raggio uno screening sull’argomento, mi limiterò pertanto in queste brevi note soltanto nel porre in esame il più celebre e famoso toponimo latino che si riteneva di probabile provenienza giapetica, od almeno del tutto estraneo all’area semitica e/o camito-semitica e cioè il nome della Città Eterna, Roma. Al di là delle leggende legate all’origine di Roma e del suo nome così come ci sono descritte nelle opere dei vari Tito Livio, Ovidio o Virgilio e che in virtù proprio di quell’alone di leggenda che permea le stesse, non possono esser prese in seria considerazione, il fatto che detto toponimo non ha mai trovato un chiaro e idoneo riscontro in area indoeuropea ha costantemente creato, tra gli studiosi, perplessità circa l’origine di questo nome, il cui etimo pertanto finisce per perdersi nella notte dei tempi. Tra i tanti rammento il grande linguista italiano Bruno Migliorini il quale espresse alcuni dubbi circa l’origine della parola, dichiarando il «problema tuttora aperto». Comunque una ipotesi che egli formulò e che, a dire il vero, lui stesso dichiarò non sufficientemente lapalissiana nella sua formulazione3, farebbe risalire la parola all’etrusco «Rumel(e)na» alias «Ruma» latinizzato in «romilius» esprimente il concetto di «mammella» e da qui Romolo, il leggendario fondatore di Roma figlio di Rea Silvia. Su tale orientamento anche i linguisti Giovanni Battista Pellegrini e Carla Marcato, seppur con lievi sfumature divergenti4. La ipotetica radices etrusca della parola esprimente il concetto di «mammella» è sempre risultata poco convincente sia se collegabile alla leggenda di Romolo e Remo allattati dalla lupa capitolina e sia se adducibile alla forma di mammella del Colle Palatino secondo la «remota» ipotesi del Migliorini5. Alcuni linguisti, favorevoli alla radices indoeuropea, fanno risalire la parola a sreu/ruo, dal greco ρέω (√sscr. Sru)6, esprimente il significato di «scorrere»/«fluire» e concetti analoghi. L’allusione è naturalmente ascrivibile al fiume Tevere che appunto attraversa la città. Tale indirizzo appare anch’esso scarsamente attendibile in quanto l’etimo di che trattasi non trova ulteriori riscontri in area italica. Al reddere ad rationem il prevalente orientamento dei linguisti è comunque indirizzato nel far risalire il nome all’etrusco Ruma. L’etrusco è una lingua «nostratica» o per «filogenesi» al pari del basco o dell’albanese, un idioma pertanto che non trova apprezzabili affinità con gruppi più complessi come l’indoeuropeo, l’altaico eccetera. Da qui la difficoltà incontrata dagli etruscologi nella comprensione di una lingua che presenta scarse affinità comparative. Una serie di molteplici indizi attestano che questo popolo sviluppò una certa espansione commerciale arcaica in regioni al di fuori dell’Etruria propria. Reperti attestano tracce di insediamenti dovuti presumibilmente a scambi commerciali nell’area padana, in quella campana, Corsica, Genova, nella Gallia Meridionale, nell’isola di Egina e soprattutto, per ciò che concerne la presente ricerca, a Cartagine (una tessera hospitalis)7. Ma soprattutto le rovine di Pyrgi8 mettono in evidenza stretti contatti etrusco-punici che dovettero lungamente esistere tra le due sponde del Mediterraneo. Com’è intuibile queste popolazioni dovettero ob torto collo, proprio in virtù dei frequenti contatti intercorsi, assimilare in una qualche misura il lessico dell’una e dell’altra. Forse le popolazioni etrusche presero in prestito dall’idioma semitico dei Punici pochi elementi, almeno sulla base di quanto sino ad oggi si è potuto riscontrare, ma sicuramente un certo numero di parole fu acquisito nel tempo dagli stessi. Il semitico dei Punici è strettamente imparentato con il proto-cananeo in uso in epoche arcaiche (II-III millennio avanti Cristo) nelle zone della Fenicia corrispondenti all’attuale Libano. Fatte queste debite premesse, rese indispensabili onde fornire un contesto quanto più chiaro possibile sulla problematica di che trattasi, torniamo alla parola Roma, alias Ruma. La parola cananea9 Råmåh esprime il significato di «cittadella», «località alta», «altura» e concetti analoghi, in ebraico ר מה traslitterato Rmh. Il Bernal sostiene che questa parola fu presa in prestito dagli Etruschi, soprattutto nelle zone litoranee del litorale romano, Tarquinia eccetera, cioè quelle aree maggiormente interessate ai contatti e scambi di natura commerciale etrusco-punici10. Ora bisogna tener presente che Roma sorse e si sviluppò sui famosi sette colli ed a quei tempi le costruzioni, di qualsiasi natura fossero, probabilmente ab origine il più delle volte degli accampamenti tendati, risaltavano in particolar misura sulle alture ed erano pertanto ben visibili dal litorale romano piatto, soprattutto alla foce del Tevere. Il Bernal sulla base di queste considerazioni ritiene estremamente plausibile che il termine Råmåh stesse ad indicare il toponimo di zona sopraelevata, alta rispetto al litorale, tenendo altresì presente che il valore semantico di questa parola esprime anche il concetto di cittadella. Da rimarcare inoltre la corrispondente parola egiziana antica rmc, traslitterato Rma, corrispondente all’ebraico Rwm, anch’essa con radice cananea, esprimente il concetto di «località alta»11. Di analogo avviso sono i linguisti americani Levine e Brown12, i quali al contrario, escludono che la parola ebraico misnaitica ed aramaica Rumē derivi dallo stesso etimo cananeo, essendo quest’ultima certamente derivata dal greco Ρώμη. Il Bernal fa inoltre rilevare che la vocale masoretica rappresentata dal suono /å/, come comunemente si è sempre supposta la lunga /ā/, al contrario rappresenta una vocalizzazione tra /a/ e /o/13. Che il nome della Città Eterna, a mio avviso, abbia attinto il suo etimo da un lessico semitico appare una ipotesi estremamente confortante, più della prevalente corrente indirizzata sul concetto di «mammella»14 con l’allusione al mitico allattamento dei gemelli Romolo e Remo. Questo mito, che permea la leggenda della nascita di Roma, è frutto della tradizione ancestrale e dell’enfasi immaginatoria dei Romani e pertanto tale deve restare ad una indagine sul piano scientifico. Partendo dal presupposto che la lingua dei Latini era diversa dalla etrusca e pertanto scarsamente comprensibile dagli stessi, non si può escludere che i creatori del mito della nascita di Roma si siano rifatti all’appellativo usato dagli Etruschi per indicare la loro città, parola che per mera e fortuita assonanza fonetica indicava anche il sostantivo «mammella», rendendo così compatibile questo valore semantico ai fatti leggendari a noi ben noti. Restando con i piedi per terra appare contra più verosimile che il toponimo inizialmente si sia rifatto, allorché si incominciò a sviluppare un agglomerato urbano sui sette colli, ad un termine con cui gli Etruschi solevano indicare quella città, probabilmente nemica perché estranea alla loro civiltà, che sorgeva ed era visibile sulle alture capitoline. Comunque, al di là di queste personalissime considerazioni, il toponimo della Città Eterna, pur restando un rebus ancora irrisolvibile e che resterà tale forse per sempre, si presta ora a possibili, verosimili e piùconcrete considerazioni etimologiche, che sino a poco tempo fa erano da considerarsi del tutto impensabili.
1 Si basti pensare alla scoperta di lingue come l’egiziano antico (idioma camito-semitico), l’akkadico (semitico) eccetera, scoperte che hanno dischiuso le conoscenze di un mondo sino a poco tempo fa quasi del tutto sconosciuto.
2 M. Bernal: Atena Nera, edizioni Est 1997.
3 B. Migliorini: Sull’origine del nome di Roma, Firenze 1928.
4 G. B. Pellegrini e C. C. Marcato: Dizionario di Toponomastica, Garzanti Editore.
5 Di analogo avviso, cioè sostenitori dell’etimo Ruma alias «mammella», i linguisti A. W. Schlegel e F. Kortüm.
6 L. Rocci: Vocabolario Greco-Italiano, edizioni Dante Alighieri 1983, pagina 1639.
7 Confronta M. Crisofani: Introduzione allo studio dell’etrusco, Olschki Edizioni 1991.
8 Pyrgi era il porto di Caere, importante città etrusca (attestata anche con il nome greco Πΰργοι).
9 Il proto-cananeo e suoi derivati è un idioma appartenente al gruppo del semitico occidentale.
10 Per approfondimenti confronta M. Bernal: Black Athena – The Afroasiatic Roots of Classical Civilization, III Volume (The linguistic evidence), Rutgers Un. Press, 2006, pagina 181 e seguenti.
11 Confronta E. A. W. Budge: An Egyptian Hieroglyphic Dictionary, Dover Publ. New York 1978, Volume I, pagina 424 B.
12 Confronta S. Levin: The Indo-European and Semitic Languages, State Un. of N.Y., Albany 1971; J. P. Brown: Literary Contexts of the Common Hebrew-Greek Vocabulary, in Journal of Semitic Studies 1968; S. Levin e J. P. Brown: The Ethnic Paradigm as a Pattern for Nominal Forms in Greek and Hebrew, in General Linguistics 1986.
13 Confronta Bernal, The Afroasiatic Roots…
14 Ancor meno la ipotesi di sreu/ruo (scorrere) per quanto indicato in precedenza.
Note
1 Si basti pensare alla scoperta di lingue come l’egiziano antico (idioma camito-semitico), l’akkadico (semitico) eccetera, scoperte che hanno dischiuso le conoscenze di un mondo sino a poco tempo fa quasi del tutto sconosciuto.
2 M. Bernal: Atena Nera, edizioni Est 1997.
3 B. Migliorini: Sull’origine del nome di Roma, Firenze 1928.
4 G. B. Pellegrini e C. C. Marcato: Dizionario di Toponomastica, Garzanti Editore.
5 Di analogo avviso, cioè sostenitori dell’etimo Ruma alias «mammella», i linguisti A. W. Schlegel e F. Kortüm.
6 L. Rocci: Vocabolario Greco-Italiano, edizioni Dante Alighieri 1983, pagina 1639.
7 Confronta M. Crisofani: Introduzione allo studio dell’etrusco, Olschki Edizioni 1991.
8 Pyrgi era il porto di Caere, importante città etrusca (attestata anche con il nome greco Πΰργοι).
9 Il proto-cananeo e suoi derivati è un idioma appartenente al gruppo del semitico occidentale.
10 Per approfondimenti confronta M. Bernal: Black Athena – The Afroasiatic Roots of Classical Civilization, III Volume (The linguistic evidence), Rutgers Un. Press, 2006, pagina 181 e seguenti.
11 Confronta E. A. W. Budge: An Egyptian Hieroglyphic Dictionary, Dover Publ. New York 1978, Volume I, pagina 424 B.
12 Confronta S. Levin: The Indo-European and Semitic Languages, State Un. of N.Y., Albany 1971; J. P. Brown: Literary Contexts of the Common Hebrew-Greek Vocabulary, in Journal of Semitic Studies 1968; S. Levin e J. P. Brown: The Ethnic Paradigm as a Pattern for Nominal Forms in Greek and Hebrew, in General Linguistics 1986.
13 Confronta Bernal, The Afroasiatic Roots…
14 Ancor meno la ipotesi di sreu/ruo (scorrere) per quanto indicato in precedenza.