PRIMA CHE FINISCA (durerà fino al 16 di Marzo) - MI SONO DETTO - VOGLIO ANDARE A VEDERE LA MOSTRA SULLA SARDEGNA, A VILLA GIULIA: E' UN MUSEO ETRUSCO D'ECCELLENZA, CREDO CHE ANCHE LA MOSTRA SULLA SARDEGNA SARA' ALMENO BUONA.
La copertina - almeno credo: non ho potuto averlo, perché terminato - del catalogo della Mostra |
CURATORI FRANCO CAMPUS E FLAVIA TRUCCO.
LA MOSTRA E' SUDDIVISA IN QUATTRO SEZIONI:
- 2) La seconda sezione, I Luoghi e i simboli, offre uno spaccato dei luoghi della poliedrica civiltà nuragica: le immagini ricollocano nel loro originario contesto archeologico e paesaggistico i modelli di nuraghe, tracciando un percorso geografico che dal nord al sud dell'isola interessa le numerose località che hanno restituito il simbolo di questa civiltà.
- 3) La terza sezione, Identità e Orizzonti, sottolinea il ruolo del monumento quale bene riconosciuto sia oggi che nel passato. L'apparato didattico punta l'attenzione sui principali aspetti della civiltà nuragica nel secondo millennio a.C., quali la tipologia del monumento più diffuso e le tecniche costruttive, le caratteristiche dei villaggi, l'architettura sacra e funeraria, i traffici e gli scambi con le altre popolazioni che si affacciano sul Mediterraneo del II millennio a.C.
L'allestimento ricrea, grazie alle riproduzioni artistiche di Carmine Piras, alcuni degli scenari in cui si collocavano i grandi modelli-simulacro in pietra quali l'altare del nuraghe Su Mulinu di Villanovafranca e quello della Capanna delle Riunioni del nuraghe Palmavera-Alghero.
Due figure di guerrieri, un arciere e un "pugilatore", che riproducono le grandi statue in pietra provenienti dallo straordinario complesso cultuale e funerario di Mont'e Prama, introducono alla sala.
- 4) La quarta ed ultima sezione, Simboli e segni della memoria, presenta una selezione delle riproduzioni di nuraghe organizzate in base alla funzione che esse ebbero nel contesto di origine. Ecco dunque i nuraghi rappresentati con forme stilizzate e allusive sui piccoli bottoni, quelli sulle navicelle e sui vasi in ceramica, ed infine quelli in pietra, calcare e basalto, che trovavano posto nei complessi cultuali. Ed infine i piccoli nuraghi in bronzo, doni cerimoniali, che erano funzionali ad instaurare un'alleanza fra uomini e dei e le figure del mito.
- Le opere esposte, 40 oggetti in bronzo o pietra provenienti dai più importanti musei nazionali e civici della Sardegna, sono testimoni di un racconto mitico e della memoria culturale del popolo nuragico.
Ad esse si è scelto di affiancare alcuni tra i più importanti bronzetti sardi rinvenuti in Etruria meridionale: la navicella dal santuario di Hera a Gravisca (Tarquinia), quella rinvenuta nel sequestro Medici e ancora oggetto di indagine, i tre bronzi figurati dalla tomba femminile bisoma della necropoli di Cavalupo, che in letteratura porta il nome di "tomba del bronzetti sardi" e il cui ricchissimo corredo, eccezionale per il periodo (seconda metà del IX secolo a.C.), è esposto nella prima sala del Museo, dedicata a Vulci (in realtà è - al momento - esposta al Museo Archeologico di Cagliari).
La mostra di Villa Giulia è corredata da una guida breve (ARA edizioni), che rispetto alla versione realizzata per il Museo Sanna di Sassari viene completata da alcuni capitoli che presentano brevemente la civiltà nuragica e i bronzetti che dalla Sardegna raggiungono il mondo villanoviano per poi essere deposti in tombe e ripostigli.
Il mio giudizio su questa mia escursione:
- La foto che mostro all'inizio è quella dell'Internet e non corrisponde più alla realtà: il posto è orribilmente ingombro di auto (dei dipendenti) e non è accessibile alle auto del pubblico grazie ad una barra a livello in stile filmico tradizionale nazista. Per trovare un posto auto ho dovuto farne lunga e penosa ricerca (non c'è un posteggio, pur essendocene lo spazio) e farmi una bella e lunga passeggiata lungo il Viale delle Belle Arti (per fortuna la giornata è buona).
Voto: 4
- Entro e faccio per pagare in un banco d'angolo che mi sembra la biglietteria, ma il gentile signore che vi risiede mi invia invece verso quello che sembra (ed infatti è) il negozio dei 'souvenirs', nella sala a sinistra. Pago due biglietti (8 Euro l'uno) e mi avvio verso la sala del documentario, che le sta proprio di fronte. Il signore gentile al banco che sembra la biglietteria mi ferma, perché deve stracciarmi il biglietto (un bel lavoro, il suo, di grande competenza e responsabilità: comincio a comprendere il motivo del prezzo del biglietto).
Voto: 5
- Entro in una sala elegantissima, con volta a botte squisitamente istoriata a colori ed arrangiata spartanamente per il documentario. L'acustica è pessima e la visione è una sofferente agonia: prima per lo sforzo di comprendere ciò che gli autori (Franco Campus e Pina Maria Derudas, 2009) hanno inteso dire e poi per i macroscopici errori che il loro testo contiene.
[Qui debbo aprire un parente: gli errori sono tali a mio giudizio, qualcuno potrebbe invece gradire la versione riferita dagli autori; li elencherò alla fine*].
Voto: 3
- Estenuato e contrariato, esco dalla sala e mi dirigo verso la mostra: mi imbatto subito, sotto il porticato, in una serie di manifesti (una specie di Tatzebao) che riportano, zona per zona, fotografie di nuraghi, loro nomi e planimetrie, fotografie dei reperti e dei simboli di nuraghi, pozzi sacri etc. Guardo tutto con una crescente ansia (ho anche scattato qualche fotografia di soppiatto, fino a quando una vigilante non mi ha detto che non potevo farlo). Ne approfitto per domandare se la mostra non sia per caso tutta lì e lei mi assicura che 'Certamente, no: al terzo piano c'è la mostra vera e propria'.
Voto: 6
- Entro nel venerabile Museo Nazionale, trascuro tutto ciò che di sacro e di Etrusco esso contiene (Voto: 10) e chiedo istruzioni per andare al terzo piano, perché non trovo le scale. Due dipendenti interrompono il loro litigio (per vecchie ruggini interpersonali a quanto comprendo) e mi danno parziali indicazioni incomprensibili (chi mi parla ha un handicap di linguaggio: ne deduco che dev'essere stata assunta grazie alla legge per il lavoro agli handicappati, ma concludo che non dovrebbe essere lei a darmi le indicazioni).
Voto: 2
- Eccomi finalmente su: cartelloni didattici, qualche bronzetto, qualche navicella, qualche riproduzione in pietra di nuraghe, e una stanzetta dove l'acustica è ottima e dove avrei potuto sentire e vedere il documentario senza distruggermi il sistema nervoso (l'avessi saputo prima!). Una foto di un Nuraghe come è adesso e come doveva essere appena costruito mostra un castello medioevale, proprio come piace ai 'sardi nazionalisti atlantoidei'.
Scatto altre foto col telefonino: mi sorprende una sorvegliante e mi dice che non posso farlo. Io penso che, col cavolo, con quello che ho pagato è già molto se non le chiedo di ballarmi un ballo sardo. Poi le spiego che quelle ricostruzioni sono sbagliate ed ho voluto documentarlo. Lei mi confessa candidamente che non ha mai visto i 'Nùraghe', rivelandomi così che non ha davvero mai conosciuto la luce... Strano persino che respiri...
Capisco allora che il biglietto costi così caro: con quei sorveglianti attenti, presentabili e specialisticamente preparati non può essere altrimenti...
Voto: 2
- Alla fine, chiedo presso la biglietteria/negozio di souvenirs se dispongono di un Catalogo della Mostra: la risposta (scontata e già sentita mille volte) è: "L'abbiamo terminato stamattina". Voto: non qualif.
* IL DOCUMENTARIO (a sua solo parziale difesa, la data: l'anno 2009).
A) Il documentario presenta i nuraghi come coevi dei bronzetti e dei pozzi sacri. Questo - per quanto io so - è errato.
- Lo strato basale più antico mai datato in un nuraghe è del 1800 a.C.: il che non significa che il nuraghe fosse appena stato costruito, però. Siamo nel Bronzo Medio.
- I pozzi detti 'sacri' sono del 1000 a.C.: cioé sono di molto posteriori ai Nuraghi, siamo già nel Ferro.
- I bronzetti sono ancora più tardi: in genere 900-600 a.C. La popolazione è naturalmente discendente dei Costruttori di Nuraghi, ma certamente è già molto cambiata... I bronzetti non rappresentano più quella popolazione, bensì una popolazione di 40/50 generazioni successive!
B) Nel documentario si mostra una ricostruzione del nuraghe Santu Antine, munito di 'mensoloni' che supportano un 'ballatoio' in pietra lungo tutto il perimetro superiore del nuraghe. Questo, a mio (e non solo mio) vedere è errato e falso. Come nell'Albucciu di Arzachena, io credo che i 'mensoloni' avessero una funzione decorativa e non strutturale. Ma anche sperando (wishful thinking) in una loro funzione di supporto, non credo potessero reggere altro che strutture molto più leggere, in legno e vimini.
C) Nella conclusione, si mostrano navicelle (bronzetti sardi votivi e rituali) che galleggiano nel mare; prima si era accennato ad una navigazione in tutto il Mediterraneo. Ora, io non sono contrario alla eventualità di una 'Navigazione Sardo-Antica' - ed anzi sarei felice se un giorno ne avessimo prove certe - ma debbo rimarcare che di detta navigazione non esiste alcuna traccia. Mentre esistono invece abbondantissime prove di una navigazione orientale fatta e condotta non da sardi, bensì da tutt'altra gente, con navi costruite in oriente... Ripeto di non essere contrario ad una navigazione sardo antica, ma non credo affatto in una Talassocrazia sarda. Gli studi isotopici sui resti ossei degli isolani antichi (e questo include anche i Siciliani del Eneolitico e del Bronzo, non solo i Sardi) hanno dimostrato che non si cibavano di pesce! E questo sarebbe veramente strano, per una popolazione di marinai...