martedì 24 luglio 2012


Caro Pasuco: le parole possono perdere il loro significato, se le usi troppo spesso, oppure se le usi a sproposito, oppure se usi parole che non conosci e non capisci. A quel punto non servono più a niente.

Intanto, ricordati che tu hai una lingua, la tua lingua: perché mai dovresti usare una lingua straniera, che conosci meno, per esprimere un’idea che magari nella tua lingua esisteva già, prima ancora che quella lingua nascesse?

[Esempio: “tzunami”. Significa “onda di porto”, in giapponese. Si riferisce al fatto che l’onda di maremoto fa più danni sulla costa che non in mare aperto. E’ diventato un termine d’uso comune perché in Inglese non c’è un termine per indicare il maremoto: così i giornalisti di lingua inglese hanno utilizzato il termine giapponese. Ma noi abbiamo un termine adattissimo].

Abbiamo molti termini che non usiamo più, a vantaggio di termini stranieri che spesso non sappiamo neppure pronunciare (o scrivere) [Esempio: “privacy”. La lingua Italiana possiede una vasta gamma d’espressioni adatte per tutte le occasioni e per tutte le sfumature di significato che ti occorrono:  riservatezza, segretezza, discrezione, segreto professionale, acqua in bocca]. Perché mai, allora, il termine privacy, inglese, compare persino nel testo di una legge nazionale italiana?

Spesso i termini stranieri sono usati nei comizi, oppure in dialoghi trasmessi per radio o per televisione: è quello, probabilmente, il momento in cui le spoglie di Cicerone si rivoltano nella propria tomba con maggiore vivacità. Perché? Ma è semplice: un termine straniero non risponde certamente alle esigenze di chiarezza d’ogni buon oratore. Tra l’altro, non è detto che tutti, nell’uditorio italiano, conoscano proprio quel vocabolo straniero. E spesso, infine, quel vocabolo straniero è pronunciato in modo “creativo” dall’oratore, il che lo rende del tutto incomprensibile, spesso anche a chi conosca bene quella lingua straniera. Specialmente l’Inglese è vittima di queste deformazioni, con la creazione del cosiddetto “Itanglese”.
[Esempio: molte parole d’uso comune nell’italiano d’oggi sono il risultato di questa modifica della pronuncia. Sono troppe, per elencarle tutte, ma mi limiterò a solamente alcuni. La parola Itanglese “Far West” deriva probabilmente dalla cattiva comprensione di “Wild West”.  “Flipper”, in Inglese significa “pinna dorsale”, non indica quello che credono gli Italiani, che in Inglese si chiama “pin ball”. La “mountain bike” (pron: mauntein baic) dovrebbe essere chiamata “rampichino” o bicicletta da montagna, piuttosto che con l’orrido, ma ormai abituale “montanbaic”].

Gli Italiani in genere non sanno che l’aggettivo – in Inglese – precede il sostantivo e che esiste la forma del “genitivo sassone”: quando parlano di “buoni pasto” evitano accuratamente l’italiano (che tutti comprenderebbero) ed usano spesso il terribile termine “ticket restaurant” (che non significa alcunché: al massimo potrebbe significare “ristorante a biglietti”), invece del corretto – ma ahimé sconosciuto – “restaurant voucher”. E’ proprio il caso di consigliare: “Ma parla come magni, va’!”.

Per non parlare dei modi di dire o delle sigle: quando “cade la linea” in italiano, “we were disconnected” in Inglese e “conosco i miei polli” non può affatto essere tradotto con “I know my chickens”. Tutti gli Italiani, quando mandano un “messaggino” telefonico, lo chiamano “SMS”: la sigla sta per “Short Message Service”. E’ evidente, invece, che ciò che si manda, attraverso il Servizio è solamente lo “Short Message” e non anche il Servizio. Dire “ti mando un SMS” equivale a dire “ti spedisco un Ufficio Postale”, invece che una lettera.

Ma noi siamo fatti così, caro Pasuco: conosciamo sempre di meno l’Italiano e lo usiamo sempre di meno. Lo stiamo trasformando in una lingua più brutta: “velocizzare”, invece di accelerare; “scannerizzare” invece di scansionare; “tempo reale” usato nel senso – molto errato – di “in diretta”, “in contemporanea” e via così, con strafalcioni sempre più insulsi e forme gergali rampanti ma incolte. Presto l’Inglese subirà quel processo che il Latino subì a suo tempo, quando venne accolto come lingua della cultura dominante in regioni lontane da Roma, dove non lo si capiva del tutto e lo si pronunciava in modo diverso. Così nacquero le lingue Neo-Latine. Oggi, stanno nascendo le lingue Neo-Inglesi: lo “Spanglish, il “Singlish” e – appunto – l’Itanglese.