Non sono uno dei 60 milioni d’esperti commissari tecnici
della Nazionale Italiana di calcio .
Ho assistito con dispiacere al teatrino delle bandiere sui
balconi, che fanno sembrare molto più numerosi gli uffici pubblici (spesso introvabili o trasferiti), le scuole,
le ambasciate, i consolati.
Ho udito con un certo fastidio lo scoppio improvviso delle
trombe pneumatiche usate dai ‘tifosi’ televisivi anche a sproposito, forse con gioiosi intenti carnascialeschi.
Ho appreso con uno strano misto di sensazioni che l’Italia
ha perso contro due nazionali di piccoli paesi sperduti in un altro continente.
La popolazione di ciascuno dei due paesi è poco più numerosa di quella di Roma
(3 milioni).
La Costa Rica (che qualche giornalista ha voluto fare
diventare maschio, definendola ‘il’ Costa Rica: forse crede sia più virile essere stati
brutalizzati da un’entità maschile!) conta 4.8 milioni, inclusi donne, vecchi e
bambini.
L’Uruguay ospita 3.2 milioni d’abitanti, anche se contiene
in sé quella particella ‘scarrupatoria’ che sembra avvalorare l’antico adagio
latino ‘nomen omen’, il destino sta nel
nome: per noi dire Uruguay equivale ormai a “Mamma, li turchi!” o anche al gallico “Guay
ai vinti” (che Brenno pronunciò aggiungendo il peso della propria spada al valore del riscatto da pagare)...
In considerazione di queste realtà numeriche circa i
‘serbatoi’ atletici di cui dispongono i tre paesi, mi sembra potere concludere che l’Italia sia
stata sconfitta due volte, in singolar tenzone, da due nanerottoli che avrebbe
dovuto sapere sconfiggere anche insieme: ma – non essendo un esperto – posso
anche credere che il mio stupore sia ingiustificato.
Ma non è la sconfitta che mi dispiace, né è ciò di cui desidero parlare…
Quello che trovo fuori luogo e totalmente errato è la
reazione mostrata dagli italiani tifosi di calcio, dopo l'esclusione dal mondiale.
Come solito (anche in altri campi, non solo nel calcio) si è subito partiti con le critiche riverberanti di
questo gruppo a quello e di quello a quell’altro, fino a ritornare al primo.
Tutti sparano su tutti e le pallottole colpiscono anche di rimbalzo: ricochet diventa quasi una parola gentile, la definizione tecnica di una danza rituale antica...
- La parte fondamentale di questo ‘ammoino’ mediterraneo consiste nella ricerca del colpevole.
(Ho sentito fare molti nomi: Prandelli, Balotelli, Cassano… L'arbitro, il selvaggio morso sanguinoso di un indio uruguaiano, come se uno solo di
questi potesse avere il potere terrifico di mandare a quel paese l’intero
operato di una squadra fatta da una ventina di persone).
- Una volta identificato il capro espiatorio che verserà
sull’altare il proprio sangue per tutti i colpevoli, tutti gli italiani
s’acquietano, per un poco, come
vampiri satolli.
- Il passo successivo – per niente scevro di nuove ed accanite controversie – è quello
di trovare gli uomini nuovi: quelli che non tradiranno, finalmente! (anche qui,
molti nomi…ma è meglio tacerli, perché - a mio vedere, almeno - non contano alcunché).
Quindi, concludo. Io non so di calcio. Ma so fin troppo bene che:
1)
Trovare un responsabile
non elimina il metodo della
corruzione o della cattiva conduzione, che normalmente coinvolge tutti o la maggior parte dei
componenti di un gruppo.
2)
Non serve mai a nulla cercare un uomo nuovo: è necessario reperire metodi nuovi (possibilmente, quelli corretti ed efficaci).
3)
Nel calcio,
questo problema dei teatranti (i calciatori) e del pubblico (i tifosi) mi fa
sorridere per la sua prevedibile fine fallimentare. Molto meno sorrido nella
realtà Politico- Amministrativa italiana, anch’essa affollata di teatranti altrettanto
privi d’arte e di parte e di un pubblico (tutti noi, purtroppo!) incapace di
farsi valere e quindi di riuscire a farsi rappresentare come si deve.
4)
Mi rendo conto, infine, di essere un idealista a tempo perso:
rappresentare una popolazione di evasori, gaglioffi, abusivi, ladri e
fannulloni è esattamente quello che il teatrino sta già facendo. Per cambiare i
metodi da satrapia orientale della Politica Italiana servirebbe una rivoluzione vera e propria e nessuno la vuole: non sia mai che possa perdere i privilegi che già riceve sottobanco…