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Tavoletta 657 da Pilo (Messenia) - XIII sec a.C. - Museo Archeologico Nazionale di Atene. |
articolo di
Maurizio Feo
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Tavoletta KN 230, da Cnosso: 'stanza dei carri' - fine XV sec a.C. |
Non si deve sottovalutare il grande valore degli studi di Ventris, come anche di tutti gli altri studiosi che si occuparono di risolvere il problema epigrafico del Lineare B.
Dopo avere letto quanto segue, credo sarà obbligatorio convincersi di alcune verità fondamentali dell'epigrafia, ed in particolare che:
1) non si possa improvvisare
2) presupponga vaste e profonde conoscenze ancillari
3) sia un lavoro di equipe, che richiede conferme incrociate
4) sia una pratica lunga e laboriosa che procede per 'tentativo ed errore', per anni: da qui si evince la fondamentale necessità di riconoscere l'errore.
5) non fornisca quasi mai immediate e facili soluzioni.
Forse l'unica eccezione a queste inevitabili regole fu Champollion, anche se qualcuno - oggi - dichiara immodestamente il possesso delle medesime qualità.
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Anfora a staffe TH Z 852 - Dal 'Kadmeion di Tebe. XIII sec a. C. |
Cenni storici.
Cica 200 anni fa, Champollion (che doveva essere un genio!) intraprendeva all'età di 11 anni gli studi che lo avrebbero infine condotto alla traduzione della scrittura geroglifica egizia: fu la prima vera e classica decifrazione. (*)
Nel 1802, le più antiche lingue note erano il Greco, il Latino e l'Ebraico. Non era possibile leggere, né comprendere, documenti che fossero stati scritti in epoca anteriore al 600 a.C.
Tutto ciò che si poteva conoscere delle più antiche Civiltà del Medio Oriente era ricavato dalle parti apparentemente più 'storiche' del Vecchio Testamento e da frammentarie notizie di autori latini e greci.
Champollion permise di cambiare radicalmente il quadro: nel corso del XIX secolo, fu possibile leggere ed interpretare un numero sempre maggiore di scritture antiche e comprenderne la lingua. Così avvenne per l'antico persiano, l'elamico, l'assiro, il sumerico ed il mitannico (la cui esistenza, prima, non era neppure stata sospettata!). Infine fu il turno dell'Ittita.
Il risultato fu imponente: la frontiera tra Storia e Preistoria medio orientale fu riportata indietro di circa 2.000 anni; lo studio sistematico delle lingue, l'inquadramento nello schema Indoeuropeo-Non Indoeurpeo, la conoscenza dei vari dialetti antichi e moderni ne ricevettero un impulso determinante; l'antropologia acquisì una vasta messe d'informazioni prima molto incerte, se non del tutto ignote...
Non fu così per l'Europa: come già detto (SM1), Schliemann non trovò tracce di scrittura a Micene e l'opinione corrente era che i Greci avessero ricevuto l'alfabeto dai fenici solo 400 anni circa dopo la caduta di Troia.
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Tavoletta MY Oe 106 - Dalla 'Casa del Mercante di Olio'- Micene XIII sec a. C. |
Il tipo di studio.
Evans ebbe per primo l'idea brillante di cercare un significato ai segni pittografici incisi sui sigilli. Trascorse il resto della vita a catalogare, conservare e descrivere l'enorme quantità di materiale che riuscì a raccogliere a Cnosso. Nel 1941 - quando morì - non aveva ancora pubblicato alcunché. Lasciava una grande quantità di appunti incompiuti e l'enorme massa di reperti accatastati in disordine nel Museo di Heraklion a Creta: questi - fortunatamente - sopravvissero alla guerra.
John Myres si fece carico della pubblicazione del volume postumo
Scripta Minoa, nel quale però non azzarda la traduzione.
La pubblicazione - da parte dell'Università di Yale - delle tavolette di Pilo conferisce un nuovo impulso alla ricerca. Si ammette che queste siano posteriori cronologicamente a quelle di Cnosso di circa 200 anni (la datazione, all'epoca, è: per Cnosso 1400 a.C. e per Pilo 1200 a.C.).
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Taoletta MY Oi - Dalla 'Casa della Cittadella' - Mycene, XIII sec a. C. |
Metodo statistico - combinatorio.
Fu quello utilizzato da M. Ventris nel 1952 (aveva già iniziato ad occuparsene negli anni '30), che si basò sul primo elenco affidabile di segni pubblicato da Bennet nel 1951 e sulle osservazioni preziose di Alice Kober sulle alternanze dei sillabogrammi e sulle 'desinenze' delle parole.
Non ci si può servire di una lapide bilingue.
Il lavoro è simile a quello di completare un cruciverba privo di caselle di limitazione. Meglio ancora: è come un 'sudoku' di alta difficoltà.
Si studiano i simboli ideografici, per trovare le prime corrispondenze.
A tale scopo è utile conoscere (attraverso l'archeologia) i dettagli fondamentali della vita Minoica: si vedrà poi quanto siano determinanti i dati contabili ed economici. Ci si serve anche delle analogie con quanto è noto dalle registrazioni di altre nazioni: Egitto, Siria, Mesopotamia.
Si procede quindi ad un'analisi statistica dettagliata delle modalità d'uso di ogni segno fonetico, allo scopo di identificarne il reale significato:
cioè quale sia il suono che esso rappresenta.
Questo è un lavoro lento, metodico, paziente. Si tratta di individuare quale segno (o gruppo di segni) compare con una discreta frequenza all'inizio di parola, quale alla fine, quale sia più frequente in assoluto, quali siano le alternanze tra loro, etc...
Incominciò a posizionare nella sua 'griglia' (vocali in ascisse e consonanti in ordinate) i sillabogrammi simili, senza ancora conoscerne effettivamente il suono, ma solamente sospettando che ne avessero uno...
Il loro molto elevato numero lo aveva condotto a questa ipotesi: più di 80 segni - circa il triplo degli ordinari alfabeti - permetteva di pensare che si trattasse di sillabe. I gruppi finali di segni lasciavano pensare che si trattasse di una lingua flessiva, che avesse desinenze come ad esempio il Latino. Alcuni segni erano molto più frequenti di altri, il che indirizzava verso una lingua in particolare...
Per fare un esempio relativo ad una lingua moderna: si sa che in Inglese la lettera 'e' è quella che compare più frequentemente (12, 31%) più ancora che nell'Italiano (11,79%).
Le vocali in Italiano sono molto più frequenti (rispettivamente: 'a' 11.74, 'e' 11,79, 'i' 11,28, 'o' 9,83, per un totale complessivo di 46,4%) che nelle altre lingue (Inglese, Francese e Latino), facendone una lingua 'musicale'. Pertanto, studiando certe ricorrenze in un 'codice segreto', è relativamente facile risalire alla lingua nel quale è stato redatto, o - almeno - alle lingue che ad essa più s'avvicinano...
B166
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(* Da Wiki):
All'età di soli cinque anni riuscì ad associare la scrittura stampata alle parole apprese grazie a una memoria fuori dal comune, imparando così a leggere da solo. Studiò prima a Figeac e poi a Grenoble il latino, il greco e l'ebraico; apprese anche l'arabo e l'aramaico grazie all'aiuto del fratello maggiore, Jean Jacques Champollion che gli procurava i testi.
A diciassette anni legge la prefazione del suo L'Egitto sotto i faraoni dinanzi all'Accademia di Grenoble, sostenendo che il copto deriva dall'antica lingua egiziana, con il risultato di essere eletto all'unanimità membro dell'Accademia stessa. Continuò i suoi studi fino ad avere una completa conoscenza del copto, tale da permettergli di comporre in questa lingua.
Successivamente si trasferì a Parigi per frequentare dei corsi presso la Scuola speciale delle lingue orientali. All'età di
venti anni era perfettamente padrone di molte altre lingue tra cui
l'avestico, il sanscrito, il ge'ez, il persiano ed il cinese oltre a qualche dialetto antico.
Il 10 luglio del
1809 fu nominato professore di storia a Grenoble e nel
1810 uscirono le sue prime pubblicazioni: sosteneva l'origine comune delle scritture
geroglifica,
ieratica e
demotica, spiegando inoltre che i geroglifici presentavano non solo un carattere simbolico ma anche fonetico