Coiles.
Architettura, storia, conservazione.
In fondo, si trova sempre qualche cosa da dire, su qualunque pubblicazione letta.
Anche e persino in un caso come questo: il libro è "Coiles" di Salvatore Cabras, architetto.
Il titolo ("Ovili", in Italiano) è corredato di un sottotitolo che recita "Architettura, storia, conservazione".
Lo ho acquistato, lo confesso, per le bellissime fotografie (di cui intendo fare uso in vari miei articoli in futuro) che mi avevano subito conquistato già compulsandolo velocemente sotto gli occhi impazienti e attenti del libraio...
Immagini rare (alcune d'epoca, di Baunei) della Sardegna più selvaggia e nascosta meritano sempre di essere viste...
Se ci si sente in colpa per la spesa (27 Euro) si può dire subito che già le fotografie, da sole, possono giustificare l'acquisto del libro.
Diverso - e contrastante - è invece il giudizio su forma e contenuto del testo.
- Inizio subito dalle note negative: l'autore non ha molta dimestichezza con la lingua Italiana (poco male, in genere: in verità è una mia pecca personale l'essere così tanto sensibile all'Italiano corretto. E - per alcuni sardi - l'impiego di un Italiano inappropriato e "distratto" potrebbe addirittura essere un simpatico vezzo voluto!).
Faccio solo qualche esempio, tanto per chiarire: "capello" al posto di "cappello", nel tradurre il vocabolo "cugumale" (che riguarda la parte sommitale della capanna, di cui l'autore cita anche la derivazione, dal latino "cacumen"): si tratta qui di un tipico errore "sardo" di fronte alle consonanti doppie. Un po' più grave è "pensilina", invece di "tettoia" nella traduzione del vocabolo "antalena", quella simpatica piccola sporgenza sopra all'ingresso della capanna. Ma si tratta di errori sui quali si può anche benevolmente sorvolare, se lo scopo del lettore è documentarsi su architettura e terminologia in sardo baunese della capanna del pastore.
- Le note positive - a mio personale vedere - sono più pesanti, sulla bilancia di un giudizio e giustificano l'acquisto e l'esistenza di questo libro, oltre alla fatica dell'autore.
Infatti, Salvatore Cabras riesce a spiegare bene - persino al più ignaro dei lettori - che quel coacervo di rami apparentemente ingiustificato ed informe possiede invece molti motivi ed un preciso disegno in realtà. Anche la scelta del legno è bene argomentata e finalmente è chiara anche a me: e mi è chiaro il motivo della mia istintiva, innata, predilezione per il ginepro. Tralascio i vari dettagli architettonici, la loro funzionalità e i molti altri dettagli (tra cui la descrizione delle differenze tra coiles invernali ed estivi) che compaiono nel testo: è il caso di lasciarne la scoperta a chi desiderasse procurarsi il testo.
Un messaggio diretto che passa con discreta forza - e di questo si deve certamente ringraziare l'autore - è quello dei motivi che orientano la capanna sarda, fin dai tempi della capanna nuragica, da cui egli la fa decisamente derivare: si tratta di considerazioni pratiche, utilitaristiche, volte al massimo vantaggio della migliore esposizione ai fattori ambientali (vento, sole, pioggia etc). Non esiste alcuna considerazione para-scientifica, astronomica/astrologica o chissacché.
Si tratta unicamente di una costruzione che è il risultato della summa di esperienze edilizie e non solo edilizie, solo pratiche e non speculative, plurimillenarie.
E quest' ultima affermazione - prima e più ancora dei motivi pratici per i quali fu inizialmente eletta dai costruttori una struttura a base circolare - basta da sé a dare un significato valido e razionale fondamentale e all'opera.
In omaggio ad una cena Rotari ed alla fugace conoscenza - tanti, tanti anni fa - presso Tortolì.
L'uomo percepisce l'ambiente attraverso i cinque sensi. Inoltre, possiede una percezione particolare - che è quella del tempo - che non è solamente un adattamento automatico al clima, all'irradiazione solare ed alla stagione (come in alcuni altri animali) bensì è la capacità critica di percepire il trascorrere del proprio tempo biologico, nell'ambiente.Di tutto questo vorrei parlare, per i primi 150 anni: poi, forse patteggeremo su quale prossimo argomento discorrere insieme