martedì 8 dicembre 2015

Pataccari ed Artisti del falso.

SI PUO' ESSERE FALSARI E RICCHI?

Si può, forse sì.
Anzi: l'acquisizione della ricchezza è uno dei motivi principali (se non l'unico) che inizialmente spingono l'aspirante falsario a diventare un falsario praticante. E' poi ovvio che vi siano persone più e meno artisticamente dotate, più e meno sensibilmente complesse, di maggiore e minore cultura generale: i risultati finali, pertanto differiranno grandemente. E' insomma la differenza che esiste fra l'artista del falso ed il "pataccaro".

Attenzione, però: è più facile incorrere in qualche incidente di percorso, che diventare ricchi: la strada per la ricchezza non è facile per nessuno, onesti e no.
Il falsario - pertanto - può fallire nel suo intento ed ottenere dalla propria attività solamente frustrazione e censure legali.
Ma quella che riporto di sotto è - invece - una storia di tutt'altro tipo.
E' quella di un vero artista del falso, o "forgery", come si dice in Inglese...
Da non prendere d'esempio, certamente, ma da conoscere...

L'OPERA


(credit: Fabrizio Radaelli)


Si tratta di una pergamena di circa trenta centimetri per venti, realizzata in biacca, matita ed inchiostro.
Molti alla Villa Reale di Monza avranno ammirato più o meno intensamente il disegno della Bella Principessa, un profilo in colori dominanti seppia, attribuito a Leonardo da Vinci, che rappresenterebbe una "dama di corte" degli Sforza. Il che significa Bianca Giovanna Sforza, figlia illegittima di Ludovico Sforza, duca di Milano alla fine del XV secolo. Il quadro fu acquistato da un collezionista (certo Peter Silverman) per 20.000 euro. In seguito fu attribuito al Da Vinci dall'esperto oxfordiano Martin Kemp, il che fece schizzare la valutazione a 142 milioni di euro.

Va detto subito che l'autenticità e l'attribuzione vinciana del disegno sono, incredibilmente, controverse. Ciò crea una grande conflittualità.



E veniamo a noi: esiste un signore inglese, di mezza età, che lavora per la Nettezza Urbana e che si chiama Shaun Greenhalgh. Ebbene, malgrado la sua professione, questo signore nutre un grande amore per dipinti e manufatti di antiquariato: soprattutto per la loro replica o duplicazione. Sembra che - in poco meno di venti anni d'attività (dall' 89 al 2006) - questo falsario sia riuscito a guadagnare circa un milione di sterline.
Nel 2007  è stato arrestato e condannato per 4 anni e sei mesi per "fraud".

COME HA FATTO?

Il falsario inglese sostiene di avere realizzato il falso Da Vinci nel 1978. Ha invecchiato la carta e l'inchiostro (non ci tiene a specificare come); ha tratteggiato "all'incontrario" il disegno, per imitare il tratto di Leonardo (che era mancino, mentre lui non lo è). Ha persino indicato la modella, che non sarebbe affatto l'illegittima figlia di Ludovico, bensì  la molto meno romantica e certamente più attuale cassiera (di nome Sally) di una cooperativa di Bolton. Shaun sostiene (e di questo ci sono le prove) di avere venduto quella che rivendica come propria creazione ad un collezionista (per la cronaca, un certo Giannino Marchig).
L'opera d'arte - falsa o vera che sia - è poi passata per varie mani, andando all'asta da Christie's - a New York - come una "copia del XIX secolo". Fu qui che P. Silverman, collezionista canadese che vive a Parigi, l'acquistò per 20.000 euro, per poi godere dell'attribuzione a Leonardo con relativa rivalutazione economica dell'opera.

Le analisi del manufatto lo collocherebbero cronologicamente in un periodo che non è quello attuale, ma neppure quello di Leonardo: risalirebbe a circa 250 anni fa.

Se fosse confermata la tesi di Shaun - che continua a dichiarare, persino nella propria autobiografia, di essere l'autore vero dell'opera - il falsario inglese avrebbe tutto il diritto di entrare nell'Olimpo dei Grandi Falsari. Non che sia del tutto sconosciuto: già nel 2010 il Victoria and Albert Museum ebbe a riservargli uno spazio tutto suo, in un' esposizione sui crimini nell'Arte.
D'altro canto, se ritiene di potere scrivere un libro: "Il racconto di un falsario", che è già uscito in Gran Bretagna, grazie anche alla collaborazione di un critico d'arte (Waldemar Januszczak), evidentemente sa di non essere sconosciuto. Esiste - è vero - il pericolo che la sua dichiarazione di paternità sia solamente un espediente per fare pubblicità al libro.

Infatti Peter Silverman lo ha sfidato con modi fattivamente bruschi: "Faccia un'altra copia dell'opera, se davvero ne è capace: gli pago 10.000 sterline (14.000 euro) per la nuova copia. Altrimenti, torni in galera, che è il suo posto".

La situazione - che da noi in Italia non è molto sentita, ha invece solleticato gli interessi internazionali. Anche il New York Times se ne è interessato, riportando le frasi del collezionista Silverman, che comprensibilmente combatte da circa 10 anni la sua guerra a favore dell'autenticità ufficiale dell'opera: "E' una vera vergogna che uno storico dell'arte si abbassi a quel livello di falsità solamente per promuovere un proprio libro".

L'opera è stata esposta con il crisma dell'autenticità leonardesca alla Villa Reale di Monza tra il maggio ed il settembre del 2015, con un prezzo d'ingresso di 13 euro.

CONCLUSIONI

Qualunque sia la Verità, come si vede, dalla vicenda si possono trarre alcune conclusioni, tutte piuttosto tristi, in fondo:

1) In questa storia - anche se la vicenda non si è ancora conclusa - c'è certamente almeno un falsario (ma potrebbero anche essere di più di uno, a seconda dei casi).

2) I mezzi moderni d'indagine possono ancora essere aggirati, specialmente se il falso è un cosiddetto "falso erudito": questo è il vero nocciolo del problema, sul quale in molti (addetti ai lavori e no) si dovrebbero soffermare.

3) Le opere antiche - vere o presunte che siano - muovono sempre e costantemente grandi quantità di denaro, in ogni modo possibile.

4) I mezzi adottati per muovere queste quantità di denaro sono in genere sempre leciti: biglietti, libri, aste, etc. Questo - in fondo - è proprio il meccanismo sul quale focalizzare tutta l'attenzione.