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sabato 25 luglio 2015

Antìfrasi

Lo dichiaro in parole piane, perché c'è sempre qualcuno che può fraintendere certe parole difficili e concetti espressi in modo elegantemente complicato: questo articolo di Marcello Madau sostiene esattamente il contrario di ciò che sembra. E' sarcastico e prende le distanze da una tesi (ormai vecchia, ma popolarissima nell'ambiente malsano del Fantarcheosardismo) tra numerosissime ipotesi ridicolmente farneticanti, che un certo ambiente sardo riesce meravigliosamente a produrre a getto continuo. Per "riscrivere la Storia Sarda", naturalmente... 

La cultura di Ötzieri


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Una nuova luce riscrive la storia della Sardegna, all’estremo confine dei limiti italiani, dove l’Italia è già Austria, e l’Austria italiana; ce la dona l’uomo dagli occhi marrone, eroico nei ghiacci a lui inconsueti eppure dominati, fiero nonostante il corpo pieno di zecche. Risplende la luce di un montanaro sardo il cui nome nasconde, alla semplicità dei simboli che si fanno lingua uno dei più antichi regni sherdanu, il Monte Acuto.

E’ nell’area sardo-corsa che si trovano le tracce del suo DNA, legate ad un antenato comune, con segni genetici affini, del Vicino Oriente
. Così la scienza.
La storia dei dominatori sta già scrivendo, con la sottile violenza del metodo scientifico, che le tracce orientali rimaste nelle isole gemelle e presenti in Ötzi siano quanto ci rimane di un fenomeno storico più vasto, di una migrazione di semi, tecniche agricole e uomini orientali dai tempi lontani (ora a noi vicini) del neolitico. Non ci faremo togliere anche Ötzi. Neppure l’Oriente, le ziqqurat da noi fondate in Mesopotamia partendo da Monte d’Akkoddi.
Le tracce antropologiche, la cronologia, la linguistica sono concordi, in una schiacciante prova indiziaria.
I tremila anni prima di Cristo corrispondono al nostro Neolitico recente, in quella fase finale che già conosceva e usava il rame. E Ötzi portava un pugnale di rame. Il nostro Neolitico recente è chiamato Cultura di O(t)zieri. Neanche lo storico più attento può negare questo calco!
Similaun è con evidenza un riadattamento linguistico locale: vi si annida un nome sardo composito, che ci porta sino al magico triplice flauto di canna: simi-lau.
I nomi delle persone, come Cotzia e Motzo, gli esseri del mondo marino, le Ortziadas. Di Ötzieri abbiamo già detto. E non vi è bisogno di insistere su questa folgorante corrispondenza linguistica, dove il confronto si fa scienza e la scienza diventa emozione. Assieme, orgoglio popolare e sogno che nessuno ci potrà più togliere.
Ötzi morì in una montagna lontana, ma conosceva questo elemento, come prova il nome del piccolo regno di cui è capitale Ötzieri, il Monte Acuto.
La sua vita è per noi un insegnamento storico, anche nelle intolleranze alimentari e nelle orrende infezioni: che non resistesse al lattosio ci fa cogliere le sue origini profonde, che risalgono agli antichi sardi cacciatori e raccoglitori, della cui avita vicenda, fatta di selce e cervi e grandi foreste, portava il testimone. Che non sopravvisse al morso delle zecche ci svela, nel sacrifico personale, il mito. Il corpo eroico lottò oltre l’inverosimile, ma nessuno, in quella terra lontana, conosceva la terapia della ballerina variopinta.
Perciò la sua sofferenza diventò la nostra liberazione, il ricordo diventò mito e rito, e nessuno dovette più temere l’attacco dell’arza, memoria di quella dolorosa tragedia.
Ora posso dirlo. Avevo ingiustamente ironizzato, nell’Appendice di una mia nota, su quanto scritto in diversi articoli del portale della liberazione nuragica: sulle affermazioni coraggiose che i Sherdanu fossero attestati già dal Neolitico, che alla fine di questo periodo nascesse la prima organizzazione statale della Sardegna (della quale forse proprio Ötzi fu l’eroico condottiero). Sul legame fra Sherdanu e Neolitico, fra Neolitico e nuraghi. Ora capisco la relazione fra l’eroe eponimo della cultura di Ötzieri e le meravigliose torri,  perché definire il nuraghe Santu Antine “la più importante costruzione megalitica del neolitico Mediterraneo”.

Non ci ruberete la storia.

Ötzi il logudorese, eroe eponimo del Neolitico recente della Sardegna, finì in quelle montagne sfidando la tragica alluvione atlantidea; lasciando la sua nave, costruita secondo gli ordini di chi sappiamo, nei ghiacci eterni delle Dolomiti. Fu l’arca sarda nella montagna, come quella di Noè sul Monte Ararat (che riprende la storia di Ötzi e del divino tsunami: un giorno la scienza si accorgerà di quanto la storia dell’uomo alla sua origine sia sarda) .
Quelle antiche parole divine si troveranno nelle iscrizioni neglette dalla scienza, nel segreto yawhista dei nuraghi.
La scienza cerca di nasconderci tutto questo, ma non ci riuscirà.
La storia è con noi. Dovremo ancora soffrire, ma terremo accesa la fiammella con le nostre interrogazioni parlamentari. Con una rogatoria internazionale chiederemo a Hollande di far smettere i fratelli corsi.
Un giorno nazionalizzeremo il museo di Bolzano, dove riposta l’eroe che non muore. E vi si arriverà percorrendo un viale di nuraghi, come nella 131.

venerdì 27 febbraio 2015

MARCELLO MADAU (lettera aperta di)


"Davvero siamo figli dei "tori della luce"?

(Lettera aperta al Presidente Francesco Pigliaru e all'Assessore alla Cultura Claudia Firinu, Regione Autonoma della Sardegna, su La Nuova Sardegna, 24 febbraio 2015, p. 31)

Egregio Presidente Pigliaru, gentile Assessore alla Cultura Firinu, a prescindere dal giudizio non unanime sulla bontà dell’iniziativa EXPO 2015, leggo su ‘La Nuova’  di domenica 15 febbraio che la Regione Sardegna  potrebbe esservi rappresentata da una canzone con testo scritto in una presunta lingua nuragica e dedicato ai Giganti di Mont’e Prama, “figli del sole, tori della luce, padri santi, signori giudici re”, nonché seguaci di Yahweh.
 Non entro nel merito della questione della scrittura e lingua nuragica (quella utilizzata nella canzone è respinta dalla comunità scientifica sarda), né in tante cose che mi sembrano bizzarre, come la presenza di Yahweh nella religiosità nuragica, parole come shalom, e del  generale tono militaresco-patriottico;  nemmeno su imbarazzanti questioni giuridiche (recenti sentenze hanno riconosciuto come falsi alcuni documenti presenti nel contesto più generale di queste ricostruzioni, pertinenti secondo studiosi accreditati ad un ‘officina falsariorum’). Mi interessa un altro piano: in un’esposizione di questa natura, piacciano o meno, dovrebbero essere presenti le acquisizioni condivise e ufficiali di un Paese, compresa anche l’immagine dell’antichità che, con tutti i suoi limiti, proviene dalla ricerca scientifica e dai suoi processi elaborativi.
E’ peraltro sconsigliato dagli studi più avanzati di economia dei beni culturali, laddove si scelga la qualità dell’offerta, non legare un’immagine promozionale ad altro che non rappresenti la qualità reale e scientificamente condivisa del patrimonio, in Sardegna assai forte, col rischio aggiuntivo di  dare un messaggio e un segno dissonante, in grado di produrre confusione negativa su questo “mercato”. Temo che  ancora una volta  il meccanismo dell’immagine esotica e un po’ selvaggia dei sardi come di altri popoli, vecchia traccia ottocentesca colonialista, si stia riaffermando.
In un contesto come EXPO’ ogni Paese porta istituzionalmente lo stato condiviso delle sue produzioni sociali, fra cui quelle culturali: è una questione di correttezza e anche di rispetto.
Se si distaccasse da questa linea, anche nelle migliori intenzioni divulgative la Regione Sardegna si caricherebbe di una grave responsabilità nell’immagine data al mondo dei sardi e della Sardegna, oltre che al possibile rischio di esporci a una figura non proprio indimenticabile.
Se il potere politico scegliesse di utilizzare pubblicamente un’immagine dell’antichità senza che essa provenga dalla ricerca scientifica (non da un singolo personaggio, ufficiale o alternativo, ma da una visione generalmente condivisa), anzi al di fuori di essa, questo sarebbe un fatto serio, un precedente preoccupante.
Mi auguro quindi che questa idea,  e soprattutto il metodo che presuppone, non venga fatta propria dalla Regione, che non si affermi la pratica e la possibilità, che diventerebbe oltremodo sistema, di definire  presenze formali tramite percorsi e rapporti individuali slegati dalla comunità scientifica.
Non credo che per rappresentare la Sardegna dignitosamente manchino immagini, simboli e musiche di eccellenza, riconosciute dall’Unesco sia nel campo archeologico sia in quello demo- antropologico,  davvero connesse a circuiti di turismo culturale: basterebbe ricordare Su Nuraxi di Barumini,  i Tenores di Bitti, i Candelieri di Sassari;  anche copie delle statue di Mont’e Prama, ma accompagnate da testi ufficiali, aggiornati scientificamente grazie alla produzione disponibile.
Marcello Madau

Bronzetto di offerente-cantore dal nuraghe Santa Lulla di Nuoro (http://www.museoarcheologiconuoro.beniculturali.it/index.php?it/23/i-reperti/25/offerente-cantore)Bronzetto di offerente-cantore dal nuraghe Santa Lulla di Nuoro (http://www.museoarcheologiconuoro.beniculturali.it/index.php?it/23/i-reperti/25/offerente-cantore)

martedì 28 ottobre 2014

Un'altra domanda a Madau.


Le ‘prove’ usate dalla Fantarcheologia.

Sono varie: da siti e ritrovamenti autentici, fino a frodi, falsi costruiti e mis-interpretazioni.

Si sarebbe portati a credere che chi desideri sconfessare i principali resoconti storici si serva dei medesimi strumenti adottati a loro volta per stabilirli dagli studiosi ufficiali.
Raramente ciò accade.

Nella maggior parte dei casi  i Fantarcheologi  non citano rapporti degli scavi, cataloghi di reperti dagli scavi, classificazioni dei siti e dei monumenti etc.
Forse perché la mole dei dettagli di scavo è troppo grande e noiosa. Talvolta perché non comprendono il linguaggio tecnico adottato dagli addetti ai lavori. Più spesso perché non credono che le risposte alle loro domande possano trovarsi nei piccoli dettagli archeologici, in quanto essi pongono troppo grandi domande, sui grandi temi della Storia.
Forse è così.

Ma esiste il legittimo sospetto che essi semplicemente non si prendano il disturbo di leggere per intero la grande mole di letteratura scritta da esperti per gli esperti. 
Poterla leggere richiederebbe da parte loro la laboriosa acquisizione del medesimo livello d’esperienza e qualificazione degli archeologi che conducono gli scavi autorizzati. E questo è proprio ciò che essi rimpiangono ed invidiano: perché loro sono costretti al clandestino, alle deduzioni su pochi scarti di materiali di dubbia provenienza, ai tentativi velleitari d’inserire i trascurabili dettagli/abbagli di cui dispongono in un disegno globale precostituito, inventato sul loro livello di gradimento.

No: l’acquisizione della qualificazione professionale è troppa fatica, per loro: preferiscono un coraggioso atteggiamento di sfida che tagli il nodo Gordiano  dell’Accademia riconosciuta e che prenda una facile scorciatoia ‘saltando’ tutti quei faticosi anni di studio e vada dritto ai concetti fondamentali delle tesi che si vogliono dimostrare.
Nella loro ottica, le premesse stesse dell’Archeologia sono errate: tutto ciò che si costruisce su quelle premesse è – conseguentemente – errato.


Che essi comprendano dette premesse, oppure no, è tutta un’altra questione.

(A questo punto, Madau, su che cosa esattamente riusciresti a stabilire un 'confronto d'idee'?)

domenica 2 febbraio 2014

Separatezza


Separatezza

di Marcello Madau
www.manifestosardo.org
Decidere liberamente del proprio destino senza dipendere da altri. Una bella scommessa, poiché non è scontato che in un mondo così interdipendente nelle sue parti l’indipendenza sia sempre ed ovunque uno strumento utile alla liberazione e alla democrazia.
Se ne torna a discutere in Consiglio Regionale. Prima di vedere da vicino cosa emerge sul tema dell’identità e della cultura, colpisce come una discussione così importante venga affrontata da soggetti inadeguati. Una classe politica che non è stata in grado di gestire l’autonomia ora alza il tiro e dice che la sovranità è la risposta all’attuale crisi dello stato-nazione italiano.
Siamo certi che l’attuale crisi, ben oltre quella dello stato-nazione italiano, non sia quella della democrazia e dell’attuale capitalismo? Una crisi che coinvolge persino i nuovi e decantati modelli neo-nazionalisti come quello irlandese?
Ma il quadro sarebbe troppo vasto. Allora un breve sussulto, e un dibattito surreale, lo ha creato la richiesta di messa in mora giuridica della rinuncia delle prerogative istituzionali sarde operata nel 1847 a favore del Piemonte: suggerirei un incontro – sarebbe una sponda favorevole – con il governatore piemontese Roberto Cota, favorito dalla sezione sardo-leghista di Trinità d’Agultu.
Non credo in realtà che per la tradizione comunista ci debbano essere preclusioni ideologiche sull’indipendenza: qualche riflessione teorica il nostro campo l’ha effettuata, ed è curioso vedere che molte delle definizioni di nazione impiegate in Consiglio regionale si rifanno alla vecchia e superata morfologia stabilita da Lenin. L’elemento decisivo ci sembra stia nel valutare se l’indipendenza possa essere davvero, più che un fine ed un riflesso narcisistico separatore, strumento per l’emancipazione dell’uomo e dell’ambiente dall’alienazione e dallo sfruttamento, costruendo su tali basi i processi di autocoscienza storica che chiamiamo identità.
Dell’identità, e della cultura ad essa così fortemente collegata (i disinvolti impieghi semantici dei nostri politici, spia di scarsa confidenza col tema, non aiutano a chiarire), come se ne sta parlando?
La questione non è semplice, ma temo intanto che una sua soddisfacente definizione rischi di allontanarsi fraintendendo i contesti formativi. Intanto quelli moderni e contemporanei, laddove si sottolinea come la crisi del Novecento sia soprattutto un conflitto fra identità nazionali, forme statuali in crisi e globalizzazione, piuttosto di considerare tale conflitto aspetto di un dramma ben più profondo. Laddove non si coglie che l’attacco ai beni culturali e al paesaggio è globale, nella logica capitalistica; non degli ‘italiani’ come affermano i sardisti. Verrebbe da chiedere a Maninchedda se il paesaggio urbano di Tuvixeddu sia stato devastato dal colonialismo italiano o da capitalisti (peraltro sardi).
Permeato dall’affanno di sostenere la nostra diversità scorre un dibattito vecchio, formale, senza vitalità, con molte frasi di stampo anni Settanta; con linguaggio da archeologo, un manufatto di matrice stanca.
Non vi è neppure traccia della discussione sulla ‘forma’ etnocentrica o meticcia dell’identità, problema che oggi pare rilevante. Figurarsi se si mette in dubbio il termine ‘diversità’ (o quello quasi gastronomico di ‘specialità’), se può apparire almeno il dubbio che lo stesso termine meticciato, nel suo generoso proporre identità multiculturali, o plurali come si ama dire, sia lo specchio di un’accettazione del concetto della razza. Magari la lettura di Logiche meticce Connessioni di Jean-Loup Amselle potrebbe essere di aiuto.
Credo che sia da condividere quanto detto in consiglio regionale da Radouan Ben Amara: la risposta non può essere un “rigurgito nazionalitario, simile al leghismo, simile al nazionalismo”, quanto la ricostruzione di un legame neo-meridionalista.
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Le rare ‘prese in carico’ del patrimonio culturale sono associate a direzioni geografiche o ideologiche selezionate: Mario Floris pensa ad: “una vera ed unica piattaforma culturale ed economica dell’Europa e dell’Italia proiettata verso i paesi afro-asiatici”. Il PDL evoca le “bimillenarie radici cristiane della società sarda, punto di approdo del lungo cammino del suo popolo”: frase papalina già nel programma elettorale di Cappellacci per quelle elezioni poi vinte – niente male per un centro-destra nazionalitario – da Silvio Berlusconi, a cui vennero offerte, come nelle vere sconfitte, le insegne dei Quattro Mori. Assieme, le due proposte sembrano comporre una nuova crociata: un’Europa e una Sardegna cristiana per evangelizzare e conquistare i mercati di Africa e Asia.
Ed è anche significativo il concetto di ‘punto di approdo del lungo cammino del suo popolo’, paradossale nel suo darwinismo per dei convinti credenti, dal quale consegue l’inferiorità degli antecedenti precristiani: preistorici, nuragici, fenici e romani. La visione antropologica non supera l’Ottocento, simile, ma assai meno elaborata, al ‘survival’, la ‘sopravvivenza’, di Tylor. Ma il survival si può recuperare nel ‘mito’ post-tribale commerciale, ed ecco il filo-atlantideo Nur.At.
Attorno a questo quadro politico di destra ronzano copiose produzioni di esoterismi e falsi archeologici proposti da vittime incomprese della scienza colonialista. In Padania, con la favola di Alberto da Giussano, è già successo. Noi, con un pullulare di invenzioni ridicole, siamo sulla buona strada.

Neppure il PD e la sinistra danno un quadro incoraggiante. La sostanza delle linee culturali del PD (quelle soriane, perché delle altre non vi è traccia), assenti nel dibattito si presuppongono da segni già noti: il pasticcio della Limba Sarda Comuna, l’idea del passaggio delle competenze sui beni culturali e quelli ambientali alla Regione Sarda senza costruire veri strumenti indipendenti, ma rischiando di consegnare nel frattempo a potenti gruppi esterni (come nel tentativo per le pregiate zone minerarie) la gestione di musei ed aree archeologiche. La promozione del mito di Atlantide nel Piano di Sviluppo Turistico del 2006. antecedente di Nur.At. Sarà forse una coincidenza casuale, ma curiosa, che nel dibattito regionale l’onorevole Vargiu dia un riconoscimento positivo a Renato Soru.
E a sinistra, smarrito il contatto con il mondo del lavoro vecchio e nuovo, l’occasione di riqualificarsi cavalcando l’indipendentismo appare per molti ghiotta, e gli approfondimenti culturali e identitari latitano. Mentre seguiamo da anni – pur non condividendo le linee indipendentiste – il serio tentativo di IRS di coniugare liberazione, identità, autogoverno, non-nazionalismo verso una ‘nazione’ democratica, inclusiva ed aperta, nella sinistra ‘neo-nazionalitaria’ tale riflessione, ad onta dell’improvvisa apparizione di molto combattivi documenti, dalle sezioni, nelle assemblee o nei luoghi digitali della sinistra ci è sembrata assente o assai debole.
Può darsi che i nuovi media, anche via sms, abbiano avuto il sopravvento sulla costante fatica di fisiche assemblee partecipate e sudate fra militanti, dove convincere o essere convinti, e costruire nel tempo un dibattito reale.
Si discute staccati da un popolo sardo molto evocato, che pare altrove.
Si annunciano propositi di coinvolgerlo, ma i nostri rappresentanti, così malcerti nel definirlo, lo troveranno?
Non a torto Nicola Rassu del PDL è spaventato dal “ silenzio assordante che sta accompagnando questi dibattito, silenzio del mondo dell’impresa e di quello culturale”. Manca all’appello dei silenzi – ma non possiamo chiedere troppo a Rassu – quello operaio, che peraltro trova drammatiche forme espressive mentre le fabbriche sarde continuano a chiudere.
Ma non si preoccupi l’ex- sindaco di Torralba: alla fin fine ha ragione quella vecchia volpe democristiana di Felicetto Contu quando dice “ho fiducia che quest’assemblea sappia difendere la nostra identità politica”.
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martedì 1 ottobre 2013

LINGUA E CULTURA


Per via della completa identità di vedute con l'autore, ri- posto quest'articolo. Egli è sardo, eppure resiste alle facili strumentalizzazioni emotive di cui molti suoi conterranei sono vittime: e ne spiega i motivi, pacatamente e sottovoce, ma convincentemente.

Lingua e cultura, l’identità tradita dai nuovi falsari


Dalla scrittura nuragica al mito di Atlantide. L’archeologia diventa un campo a rischio





    di Marcello Madau
    Sta riprendendo vigore la moda dei falsi culturali. D'altronde, oggi appartiene a un più vasto fenomeno del mercato. Sembra che tocchi anche a una presunta scrittura nuragica.
    Il corto circuito fra scolarizzazione di massa, crescita della coscienza territoriale e nuovi mercati del “tipico” dà esiti assai contradditori. Aumenta la consapevolezza, il lavoro cognitivo. Ma si moltiplicano le costruzioni emotive basate su dati approssimativi, spesso inventati, non verificabili. Nascono fiori non proprio naturali, pur con esiti d'arte anche apprezzabili. D'altronde, come dimenticare il legame fra un grande fenomeno artistico come la “Sturm und Drang” e i falsi “Canti di Ossian”?
    Agli stati nazionali moderni, e a quelli che vorrebbero diventarlo, sembra servire il collante dell'immaginario emozionale. Una notte delle origini popolata da eroi in armi, divinità misteriose, ritualità emotive e sanguinarie, catastrofismi, tsunami. Oggi la sarabanda, spesso ridicola, di falsi e mezzi falsi offre le sue grazie all'industria culturale del tempo libero e dell'identità, del mercato. Si moltiplicano maschere tradizionali inventate da poesie inventate. Nel campo dell'archeologia persone e piccole comunità si autocertificano come portatrici di verità colpevolmente ignorate dalla ricerca scientifica. Per le figure di archeologo e demoantropologo sembra non contare la definizione professionale. Si può dire ad un ingegnere che il suo ponte fa schifo, ma senza essere ingegneri vi mettereste a costruirne uno?
    E' allora opportuna la lettura del saggio di Raimondo Zucca dal titolo Storiografia del problema della “scrittura nuragica” uscito nel nuovo numero del Bollettino di studi sardi (numero 5_2012), edito da Cuec-Csfs (Centro di studi filologici sardi). L'archeologo oristanese documenta le posizioni storiche sul tema, le varie letture nei secoli, compresi i limiti e le aggiunte moderne di un sistema scrittorio assai discutibile come quello che si raccoglie attorno alle proposte di Gigi Sanna.
    L'assenza di contesti stratigrafici, la sparizione degli originali, l'uso di aspetti parzialmente credibili, le integrazioni moderne formano un groviglio che la competenza (e la pazienza) di Raimondo Zucca ordinano in un'analisi densa e convincente. Iscrizioni reali e segni aggiunti, incisioni “post-patina”, possibili giochi di operai di scavo, interpretazioni fantasiose basate su un corpus inesistente, che cerca disperatamente di formarsi su segni e manufatti spesso di origine precaria senza raggiungere la massa critica necessaria per impostare e proporre analisi e letture.
    I materiali disponibili sono riesaminati, collocati cronologicamente. Ma il lavoro – puntuale nell'attribuire a tempi e contesti post-nuragici alcune iscrizioni, e a valutare come “moderne” altre – affascina per le vastissime letture mediterranee. E per quell'indice verso Cipro, luogo di relazioni incrociate dal quale dovettero dipendere tante vicende sarde. Sino agli ultimi eccezionali ritrovamenti nuragici nell’isola del Rame, all'ipotesi di lettura dell'eccezionale iscrizione sullo spillone nuragico proveniente da Antas.
    Il pregio del saggio non sta solo nella grande dottrina impiegata e mostrata, ma nella civile dialettica verso un mondo che ricorre comunemente ai toni delle crociate (e a volte dell'insulto) contro la “torre d'avorio” dei “poteri accademici” (peraltro anche in una torre piena di difetti la somma degli stessi non dimostra la veridicità di una scrittura inesistente).
    Io sono molto convinto che le forze che con più vigore si richiamano all'identità sarda e ai suoi valori storici saranno disposte (molti lo hanno fatto per Atlantide) ad abbandonare lusinghe emotive. La strumentalizzazione oggettiva del senso di inferiorità che la dipendenza e il colonialismo hanno costruito in molti sardi. La Sardegna, con le sue culture, è magnifica senza alcun bisogno di invenzioni ideologiche. Anzi, la speranza di un nuovo modello sociale basato sulla cultura e sul paesaggio ha più che mai bisogno, per essere davvero solido e civilmente etico – e non infangare l'identità – di inflessibile rigore scientifico.
    © RIPRODUZIONE RISERVATA
    12 Aprile 2013

    sabato 21 settembre 2013

    Il Punto di Vista di un Intellettuale Sardo

    No, no: non è uno scherzo, è di un rappresentante della Cultura Sarda Vera, che parlo: anche se - lo so bene - con l'improvvido imperversare ovunque dell'Armata Brancaleone Shardariana, sembra appunto difficile impresa riuscire a reperirne uno... Ed è ovvio che si mostri piuttosto preoccupato.

    Debiti formativi e proposte di legge regionali: l'Agenzia
    Sardegna Sviluppo Promozione.

    Di Marcello Madau

    11 settembre 2013 alle ore 13.31

    (Perdonatemi questa nota piuttosto lunga, ma analizzando la recente
    proposta di Legge ‘Agenzia Sardegna Sviluppo Promozione’ sono stato
    molto colpito dalla presenza sia di affermazioni culturali di grande
    interesse, espresse non di rado con verve poetica, sia da un poderoso
    fenomeno di copia incolla da un'altra legge.... Ne esce un quadro
    significativo, la lettura del quale spero possa servire a qualcosa).


    Tutto è così accelerato!  La legislatura regionale corre, e sembra di cogliere momenti compulsivi.

    Deve essere per questo che l’Agenzia Sardegna Sviluppo Promozione (PROPOSTA DI LEGGE N. 549 “Disposizioni
    per lo sviluppo integrale della Sardegna mediante la promozione e la valorizzazione dell'intero sistema produttivo isolano e della coesione sociale” presentata dai consiglieri regionali Stochino - Pittalis - Lai - Tocco - Peru - Amadu - Bardanzellu - Gallus - Greco - Locci - Lunesu - Murgioni - Petrini - Piras - Randazzo - Rodin - Sanjust - Sanna
    Matteo - Sanna Paolo Terzo, che  “riorganizza integralmente tutti i settori della produzione e del lavoro attualmente presenti in Sardegna” (la modestia si spreca!) appare così malferma. Che talora la verve poetica è al di là del kitsch, anche se non è del tutto nuova, perché l’avevamo vista nell’affondata  ‘Nur_At’ (che ora cerca di riciclarsi in
    un assai problematico piano digitale) e in qualche promo regionale contro il PPR.

    Non avendo una capacità complessiva di lettura politica e rifuggendo dal tentativo, intanto per questioni di tempo (ma
    sicuramente non ci riuscirei) di costruirmi tali competenze, mi limito a qualche nota sui beni culturali. Sono  finalmente riconosciuti come volano di sviluppo! Peccato che, a dispetto di qualche secolo di
    modernizzazione scientifica e democratica del concetto di cultura, il nucleo che emerge è di tipo etnico.


    Andare all’art. 2, dove si parla di un “grande teatro di Sardegna in perenne recitazione in giro per il
    mondo e in ogni comune in terra sarda, sempre originale e innovativo, nel quale tanti giovani, adulti e anziani, debitamente istruiti dalla scuola di formazione etnica in seno alle Pro loco, incarnano quotidianamente le origini e la storia millenaria di una delle prime civiltà del Mediterraneo”.

    La storia millenaria è in veloce rassegna sempre nell’art. 2 , che potremo ridefinire l’articolo dei panieri,
    dove Sardegna Sviluppo Promozione “censisce il ricco paniere dei prodotti agricoli della Sardegna; “censisce il cospicuo paniere dei prodotti artigianali della Sardegna”,

    e finalmente (eccola, art. 2c)

    censisce l'inesauribile paniere dei prodotti turistici che hanno fatto
    della Sardegna una delle mete più ambite del mondo, rappresentando ed
    elencando le obiettive ragioni naturalistiche, climatologiche e
    antropiche che hanno indotto tutte le più importanti civiltà dell'homo
    sapiens: sumeri, fenici, punici, romani e tanti altri fino ai nostri
    giorni, a considerare quest'isola la vera perla del Mediterraneo, forse 
    anche la mitica Atlantide”.

    Se preoccupa quel ‘forse’ sull’ inesistente Atlantide, capita di rimpiangerlo leggendo dei Sumeri in Sardegna, di come essi  (in buona compagnia) ci considerassero la vera
    perla del Mediterraneo.
    Il mondo intero correrà  verso “.. un'agenda colma di forti motivazioni di soggiorno in Sardegna, che metta in luce tutte le suadenti ritualità sarde”, per avere “gli effetti positivi del vento, del tuono e della pioggia nell'Isola; a quelle affascinanti celebrazioni che si consumano negli equinozi e nei solstizi, o durante
    le allegre sagre che segnano l'alternanza delle stagioni; non dimenticando le innumerevoli feste in favore di semine e raccolti o quelle che gloriano il nostro mare e il suo pescato”. Ah, "quel turismo di pregio che viaggia tutto l'anno e che non vuole essere solo un semplice spettatore della propria vacanza ma, invece, chiede e pretende di viverla a suo piacere, protagonista nel quotidiano più vero del popolo che lo ospita, magari condividendone anche le ansie, però certamente in maniera appassionata, evadendo poi, con esso, nelle ritualità, nelle feste e nelle tante occasioni".

    C’è da vergognarsi un po’.



    Nulla che individui davvero come punto di forza beni
    culturali e paesaggio, con la loro tutela, né le produzioni agricole
    biologiche e non gm. 


    Le imprese nei beni culturali, nel caso non possano ambire a radunarsi in reti d’impresa (art. 6), potranno almeno
    rientrare nel concetto di ‘filiera e sviluppo locale (art. 8),  are parte del livello locale di governance (art. 8, 2a), o ancora essere oggetto a gestione unificata come uno dei ‘principali attrattori d’ area’ (art. 8, 2c)?
    Chi unificherà? La Fondazione Beni culturali Sardegna? Oppure  una sorta di modello che sembra individuarsi nella
    Giara di Gesturi, curiosamente l'unico sito ad essere citato?

    Si parla, insomma, di innovazione, e colpisce che il rapporto da un lato fra tutela del paesaggio e dei beni culturali , ed economia dello stesso settore  (la conservazione, in quel particolarismo meccanismo economico, è uno dei fattori centrali) , non venga (deve esserci qualche problema con il PPR e il ‘Codice Urbani’) neppure indicato.

    Piuttosto, i  sardi in una gigantesca e permanente cavalcata sarda. Un affare controllato dalla politica. Centralismo puro in mano alla casta.


    Il fatto che “Sardegna Promozione avrà un ruolo di regia nella realizzazione del progetto” suona davvero come una minaccia. Anche pensando agli aspetti amministrativi, perché dice che “I poli di innovazione sono costituiti in almeno un nucleo in corrispondenza delle otto provincie sarde”.

     Per il resto rimando………… alla Legge Regionale
    8 agosto 2012 n. 40 della Regione Abruzzo “Promozione e sviluppo del
    territorio regionale”, dalla quale la proposta sarda (che ne ha 33)
    riprende letteralmente 20 articoli con un perfetto copia/incolla,  e
    pezzi di qualche altro qua e la.

    Dicono che ormai il copia incolla sia una prassi. I maligni ricorderanno che vennero indicati forti
    ‘prestiti’ operati da Cappellacci nel suo programma elettorale, o il
    celebre antecedente di Mauro Pili (programma di Formigoni, Regione
    Lombardia).

    Certamente in certe convenzioni, o statuti, il copia-incolla può essere normale.  Nelle proposte innovative parrebbe
    diverso. Nella ricerca ai miei studenti lo sconsiglio: a volte, travolto dalla marea di copia-incolla, chiedo almeno di racchiudere tra virgolette e citare anche solo una volta la fonte. Manie da intellettuale che mi perdonerete, assieme al dubbio che nelle proposte di legge, che cercano modi per governare un territorio, sia edificante.

    Qua gli articoli copiati sembrano molti. Andate in ogni caso  ai links, che dò alla fine, nei quali potrete leggere e scaricare la proposta sarda e la legge abruzzese. A me risultano queste relazioni, nella gran parte integrali:

    Art. 1 proposta legge Sardegna da art. 5, 2-7 Legge
    Regione Abruzzo
    Art. 4 proposta legge Sardegna = art. 6 Legge Regione
    Abruzzo
    Art. 5 proposta legge Sardegna= art. 7 Legge Regione Abruzzo

    Art. 6 proposta legge Sardegna a= art. 8 Legge Regione Abruzzo
    Art. 7
    proposta legge Sardegna = art. 9 Legge Regione Abruzzo
    Art. 9 proposta
    legge Sardegna = art. 10 Legge Regione Abruzzo
    Art. 10 proposta legge
    Sardegna = art. 11 Legge Regione Abruzzo
    Art. 11 proposta legge
    Sardegna = art. 12 Legge Regione Abruzzo
    Art. 12 proposta legge
    Sardegna = art. 13 Legge Regione Abruzzo
    Art. 13 proposta legge
    Sardegna = art. 14 Legge Regione Abruzzo
    Art. 15 proposta legge
    Sardegna = art. 15 Legge Regione Abruzzo
    Art. 20 proposta legge
    Sardegna = art. 16 Legge Regione Abruzzo
    Art. 22 proposta legge
    Sardegna = art. 17 Legge Regione Abruzzo
    Art. 23 proposta legge
    Sardegna = art. 18 Legge Regione Abruzzo
    Art. 24 proposta legge
    Sardegna = art. 19 Legge Regione Abruzzo
    Art. 25 proposta legge
    Sardegna = art. 20 Legge Regione Abruzzo
    Art. 26 proposta legge
    Sardegna = art. 21 Legge Regione Abruzzo
    Art. 27 proposta legge
    Sardegna = art. 22 Legge Regione Abruzzo
    Art. 28 proposta legge
    Sardegna = art. 24 Legge Regione Abruzzo
    Art. 26 proposta legge
    Sardegna = art. 21 Legge Regione Abruzzo
    Art. 27 proposta legge
    Sardegna = art. 22 Legge Regione Abruzzo
    Art. 29 proposta legge
    Sardegna = art. 25 Legge Regione Abruzzo
    Art. 30 proposta legge
    Sardegna = art. 26 Legge Regione Abruzzo
    Art. 31 proposta legge
    Sardegna = art. 27 Legge Regione Abruzzo
    Art. 32 (art. 28 Abruzzo) e 33
    (art. 30 Abruzzo) si differenziano per adempimenti e oneri: nella legge abruzzese ci sono più adempimenti, e quindi controlli, ma assenza di oneri.

    Gli altri articoli della 'nostra' proposta regionale sono
    quelli espressamente sardi: parlano di Sardex,  Sumeri, Atlantide,
    scuole etniche, trasporti e reti di innovazione.

    Da buon (per quanto modesto) archeologo ho fatto i miei confronti e ve li ho proposti. Ma
    dò i collegamenti perché li possiate verificare o proporne di nuovi.



    Proposta sarda
    http://consiglio.regione.sardegna.
    it/XIVLegislatura/Disegni%20e%20proposte%20di%20legge/propleg549.asp


    Legge abruzzese
    http://leggi.regione.abruzzo.it/index.asp?
    modello=searchLaw&servizio=xList&stileDiv=monoLeft&template=intIndex&tom=n:
    -1:2012:40&b=leggiReg2