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martedì 15 settembre 2015

Da RAI NEWS

Pubblico senza commenti, per ora. Prossimamente, però, avrò modo di sfornare un articolo sulla rivista "Sardegna Antica" che conterrà alcuni chiarimenti che queste "notizie" - così brevemente espresse - certamente meritano.


14 settembre 2015 

Il gene "della bassa statura" 

Nuovi geni per la regolazione dell'altezza, la predisposizione verso malattie cardiovascolari e i livelli di emoglobina sulla popolazione sarda sono stati scoperti dal gruppo SardiNIA/ProgeNIA, guidato da Francesco Cucca, direttore dell'Istituto di ricerca genetica e biomedica del CNR.  
La ricerca e' stata pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature Genetics che ha dedicato alle  scoperte tre diversi articoli e un editoriale. L'indagine hacoinvolto oltre 6600 volontari provenienti da Lanusei, Arzana, Ilbono ed Elini, quattro piccoli centri della Sardegna centro-orientale.  
Il team di scienziati ha sequenziato l'intero genoma di 2120 individui provenienti dai quattro paesi dell'Ogliastra. 
Sono state identificate due varianti genetiche con forte impatto sull'altezza della popolazione sarda, in grado di ridurre rispettivamente l'altezza di circa 4 e 2 cm.  
Secondo gli scienziati, questo indica un vantaggio selettivo per la bassa statura nei sardi, che rappresenta il primo esempio nella specie umana del gia' noto 'effetto dell'isola', secondo cui i mammiferi tendono a diventare piu' piccoli dopo centinaia di generazioni trascorse in ambiente insulare. 

Una risposta genetica all'anemia mediterranea 

Il secondo studio ha scoperto due nuovi geni associati con i livelli ematici dei lipidi e cinque nuovi geni associati con i livelli di molecole dell'infiammazione nel sangue, che hanno importanti ricadute cliniche per il loro effetto sul rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari e infiammatorie. 
La terza scoperta ha analizzato il controllo genetico della produzione di emoglobina: lo studio congiunto delle tre diverse forme di emoglobina presenti nel sangue umano - sostengono i ricercatori - suggerisce che la loro regolazione e' coordinata geneticamente, per aumentare la produzione di specifiche forme di emoglobina  in anemie ereditarie come le beta-talassemie e l'anemia falciforme. 

Sardegna, laboratorio genetico d'Europa 

La popolazione sarda ha caratteristiche che costituiscono terreno fertile per le analisi genetiche: la distribuzione relativamente omogenea della variabilita' genetica in differenti aree dell'isola e, per via della sua antica e complessa storia demografica in Sardegna, la presenza di varianti genetiche molto rare altrove. 
Al tempo stesso quella sarda e' una popolazione che fornisce un'eccellente rappresentazione della variabilita' genetica trovata nell'intera Europa. Per questi motivi, molte delle correlazioni tra geni e malattie e tra geni e variabili misurabili come l'altezza, o i livelli ematici di lipidi ed emoglobina, inizialmente rilevate nei sardi, vengono poi replicate attraverso studi mirati in altre popolazioni Europee. 

 - See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Perche-i-Sardi-sono-bassi-Scoperto-il-gene-responsabile-08a9d076-9bdb-444b-8b96-b0760be89a02.html

martedì 6 gennaio 2015

Interpretazione corretta (e ciarlatanerie).

Buon inizio del 2015 a tutti!      

Prendo questo articolo da Helter Skelter, perché - pur trattando temi che ho già discusso su queste pagine - lo fa in modi e toni molto diversi dai miei e spero possano piacere... Vi si troveranno vari spunti relativi a fatti, persone e notizie che ci hanno tormentato nell'anno passato.

Un prontuario sulla scienza


La mancanza di cultura scientifica nella società è soprattutto la scarsa conoscenza dei meccanismi che sono alla base del metodo scientifico, e che sono rilevanti per interpretare i risultati della scienza. Per questo riprendo qui un bellissimo articolo uscito sulla rivista Nature, modificandolo secondo la mia percezione e le mie personali priorità, sulle cose da sapere per interpretare correttamente le notizie in cui è in qualche modo coinvolta la scienza, dall’alimentazione al clima, dall’energia, alla medicina. Un prontuario per evitare fraintendimenti, inutili allarmismi o facili entusiasmi, e che in particolare qualunque persona con la responsabilità di decidere per la comunità (i politici), o di informare (i giornalisti) dovrebbe avere ben stampato in mente per agire in modo consapevole. Dovrebbe…


La scienza è imperfetta. Gran parte dei fraintendimenti nei confronti della scienza si basa sulla convinzione che essa non possa sbagliare, e che un risultato scientifico resti scolpito sulla pietra per l’eternità. E siccome non è così, ma anzi la scienza continuamente modifica, aggiusta, amplia, sintetizza, adatta i suoi risultati alle nuove scoperte, ecco che questo viene interpretato come un’incapacità di dare risposte definitive. Le risposte definitive invece non esistono perché la nostra conoscenza, per fortuna, non è mai definitiva ma si amplia continuamente, creando come conseguenza anche nuovi problemi e nuove domande. Questo non significa però, come certi sostengono quando si improvvisano filosofi per attaccare la scienza, che quello che sappiamo oggi potrebbe rivelarsi completamente sbagliato in futuro, e che quindi nessuna reale conoscenza è possibile tramite la scienza. Significa invece che in particolari situazioni potrà essere necessario introdurre nuovi modelli e nuove teorie per spiegare le eventuali nuove osservazioni. Ad esempio la legge di Newton funziona benissimo da secoli, e ci abbiamo mandato l’uomo sulla Luna, ma adesso che abbiamo scoperto che esistono i buchi neri sappiamo che da quelle parti essa non andrebbe più bene, e occorrerebbe usare la Teoria della Relatività di Einstein. La gravitazione di Newton è diventata quindi un’approssimazione di una teoria più completa, ma resta ancora perfettamente applicabile in situazioni tranquille come il nostro sistema solare.

Nessuna misura è esatta. Qualunque misura scientificamente valida è affetta da un certo grado di incertezza che dipende dal metodo di misura utilizzato, dal campione statistico e dalle condizioni in cui è stata fatta la misura. Se una misura viene data senza errori semplicemente non è una misura di senso scientifico. Se ci dicono allarmati che in questo mese la vendita delle auto è calata del 2% rispetto al mese precedente, non vuol dire affatto che la vendita delle auto sia realmente andata male. La domanda giusta è: di quanto fluttua in media la vendita mensile delle auto da mese a mese? Se fluttua del 5-10%, (ovvero l’incertezza del dato di cui si sta parlando) quel 2% di calo non è affatto significativo, perché rientra ampiamente nelle normali fluttuazioni mensili. L'esempio eclatante di come, per valutare la significatività di una misura, occorra sempre tener presente la sua incertezza, sono le proiezioni dei risultati elettorali, che tipicamente vengono presi alla lettera come se fossero numeri esatti (scatenando inutili e futili discussioni) dimenticando che quelle percentuali hanno un margine di errore spesso molto significativo.

Attenzione ai tranelli (bias).  Bisogna sempre chiedersi se il risultato ottenuto può essere stato influenzato da effetti che non abbiamo tenuto sotto controllo. Un caso tipico: i sondaggi telefonici. Se i sondaggi si svolgono di giorno, e vengono chiamate per telefono le persone a casa, è molto probabile che risponderanno prevalentemente casalinghe, pensionati e disoccupati. Quindi il campione che risponderà al sondaggio, sebbene scelto assolutamente a caso, non sarà affatto un campione omogeneo e rappresentativo della popolazione. Il caso estremo sono i sondaggi effettuati dai quotidiani. A volte capita di leggere che il quotidiano X ha effettuato un sondaggio che indica che che il 90% degli italiani è a favore della legge Y. Ma i lettori del quotidiano X hanno un’orientazione politica ben particolare, e quindi in nessun modo possono rappresentare il pensiero della media degli italiani. Questi sono casi estremi, e facilmente individuabili, ma il bias, l’effetto subdolo e non considerato che può falsare il risultato, è la bestia nera di qualunque misura scientifica.

Una teoria scientifica non è necessariamente vera. Il fatto che qualche scienziato abbia pubblicato su una rivista scientifica una teoria che prevede particolari fenomeni non significa affatto che la natura abbia deciso di rispettare quella teoria e di far avvenire realmente quei fenomeni. E non significa neanche che, qualora quei fenomeni avvengano, quella teoria sia necessariamente vera. Potrebbero esserci altri motivi che fanno avvenire quei fenomeni, in modo del tutto indipendente dalla teoria presa in considerazione. Finchè una teoria non passa il setaccio del controllo sperimentale in modo meticoloso, resta solo una teoria, senza alcun riscontro con la realtà.
Una correlazione non implica necessariamente una causa. Se muoiono i pesci in un lago e contemporaneamente aumentano le alghe, non necessariamente la causa è nelle alghe, ma potrebbe risiedere in una causa esterna che fa sia aumentare le alghe che morire i pesci. Un esempio interessante sul rischio di mal interpretare le correlazioni si trova nelle misure di incidenza di alcune malattie dopo il disastro di Cernobil. Si osserva nelle zone attorno alla ex centrale l’aumento dell’incidenza di particolari patologie, e si imputa la causa alle radiazioni. Poi però si osserva che lo stesso aumento, con incidenza simile, è riscontrabile anche in popolazioni dell’ex Unione Sovietica molto lontane da Cernobil, e non influenzate dal disastro. Pertanto è probabile che la causa dell’aumento dell’incidenza di quelle particolari patologie non sia dovuta alle radiazioni ma a qualcos’altro, come ad esempio, alcuni ipotizzano, il drastico peggioramento delle condizioni di vita nella Russia rurale dopo il crollo del regime comunista. (E non è successo proprio questo, con la montatura ad arte del "caso Novartis" e delle presunte 'vaccinazioni letali'?)
Il campione di controllo è fondamentale. Riallacciandosi all’esempio sopra citato, è fondamentale, quando si ricercano particolari effetti di una causa, in questo caso patologie imputabili alle radiazioni, controllare se, in campioni in cui le cause (le radiazioni) non esistono, si osservano gli stessi effetti. Se si vuole testare l’efficacia di un farmaco, non basta determinare la percentuale dei malati che il farmaco fa guarire, ma occorre controllare se la guarigione avviene con simile entità anche nel caso in cui si somministri un placebo, cioè qualcosa che viene spacciato per farmaco e farmaco invece non è.
Una misura “inspiegabile” non certifica una teoria strampalata. Se si misura qualcosa di anomalo e apparentemente inspiegabile con le attuali conoscenze, questo in nessuno modo rende vere le eventuali teorie alternative, specialmente se queste ultime sono strampalate e si appigliano a fenomeni mai riscontrati se non addirittura sconosciuti. Il fatto che si sia misurata una velocità dei neutrini significativamente (secondo la precisione stimata dagli sperimentatori) maggiore di quella della luce, non significa affatto che i neutrini viaggino realmente più veloci della luce. E’ molto più probabile che sia sbagliata la misura (come infatti è avvenuto), e prima di prendere in considerazione le eventuali ipotesi alternative è importante assicurarsi che  la misura sia stata effettuata in modo corretto e sia realmente  incompatibile con quello che già si conosce.
In generale la spiegazione più ovvia è anche quella più probabile. Non sempre, naturalmente, ma se un fenomeno è spiegabile con ciò che si conosce già, non è conveniente inventarsi nuove leggi fisiche per spiegarlo. E anche se la spiegazione conosciuta sembra poco compatibile con quello che si osserva, non è affatto detto che allora sia vera l’ipotesi alternativa (vedi il punto precedente). Se ci può sembrare apparentemente poco credibile che gli uomini abbiano costruito le piramidi con la tecnologia dell’epoca, pensare che lo abbiano fatto gli extraterrestri è infinitamente meno credibile! E se ci può apparire difficile in certi casi spiegare una scia bianca nel cielo come una normale scia di condensa, ritenere che allora debba esistere un complotto mondiale che irrori quotidianamente l’atmosfera di sostanze tossiche per vendere più medicine e contemporaneamente modificare il clima e causare terremoti è infinitamente meno plausibile.
Il risultato di una singola misura non autorizza a trarre conclusioni. La convinzione errata che molti hanno è che se si è misurata una certa cosa, allora quella cosa è vera. Falso! Un esempio molto terra terra? Il test di gravidanza. Una donna che sta cercando di avere un figlio fa il test di gravidanza e risulta positiva, quindi è incinta. Invece non è detto, perché esistono i falsi positivi. Il test può dare risultato positivo anche se non esiste gravidanza. Fa parte, come si diceva prima, delle incertezze intrinseche di qualunque misura scientifica, e è una cosa che a molti risulta difficile da comprendere. Non vuol dire che il test funzioni male, ma che possono esistere particolari condizioni, non sempre prevedibili a priori, in cui il test non dà il risultato corretto. Soltanto ripetendo la misura più volte e con metodi diversi si può avere la ragionevole certezza del risultato (ripetibilità dei risultati scientifici: il motivo per cui la 'Fusione Fredda' di Fleischman e Pons è considerata ciarpame). Per inciso questo dubbio mi assale ogni volta che vado negli USA, dove le procedure anti terrorismo implicano un controllo della valigia per evidenziare possibili presenze di polvere esplosiva. Gli operatori prendono una specie di tampone, lo passano qua e là sulla valigia, e poi lo mettono in una macchina che dice SI oppure NO. Mi chiedo se sono consci dell’esistenza dei falsi positivi, o se prima spediscono comunque a Guantanamo e poi, con calma, si informano. In ogni caso non ci tengo a scoprirlo...
Non osservare un certo fenomeno non vuol dire che quel fenomeno non esista. Il fenomeno potrebbe essere molto raro, o difficilmente evidenziabile nell’ambito della tecnica scelta per rilevarlo. Ad esempio finora non si è mai riusciti ad evidenziare in modo certo gli eventuali rischi per la salute dei telefoni cellulari. Gli studi sono controversi e non c’è una chiara indicazione. Questo non vuol dire che i telefoni cellulari siano certamente sicuri per la salute, ma semplicemente che gli studi finora effettuati non avevano sufficiente sensibilità per evidenziare un eventuale effetto nocivo. Studi più precisi potrebbero rilevarlo. Tuttavia è anche vera la conclusione opposta, e cioè che, qualora ci fosse un effetto nocivo per la salute, esso non può essere grande a piacere, ma deve comunque essere sufficientemente piccolo per non essere stato evidenziato dagli studi finora fatti. I risultati di una ricerca di un certo fenomeno, quindi, non dicono, contrariamente a ciò che molti pensano, se il fenomeno esiste, “si o no”, ma pongono dei limiti su quanto al massimo può essere grande quel fenomeno. (questo errore si definisce spesso "argomentum ex silentio: gran parte della storia trascorsa dell'Uomo non è documentata, ma sappiamo benissimo che essa deve essere avvenuta anche se non ne troviamo traccia).
Il fatto che avvenga un certo fenomeno non significa che quel fenomeno sia determinante. Quando studiamo un problema, che sia il comportamento di un materiale, di un ecosistema o di un insieme di particelle elementari, ci troviamo necessariamente di fronte a una concomitanza di effetti che, in modo più o meno predominante, caratterizzano il comportamento di quel sistema. E’ quindi necessario individuare ciò che è importante da ciò che lo è meno, o è addirittura del tutto irrilevante per quello che vogliamo studiare. Ad esempio: bloccare il traffico delle auto Euro3 a targhe alterne il giovedì sicuramente riduce le emissioni di polveri sottili, in quanto riducendo il numero di veicoli circolanti la quantità di polveri sicuramente un po' diminuirà. Ma se la diminuzione non è misurabile con gli strumenti a disposizione (come normalmente accade), vuol dire che la causa della presenza di polveri sottili nell’aria delle nostre città non è imputabile alle auto Euro3, o comunque che quel provvedimento è assolutamente inefficace nell’affrontare (e risolvere) il problema. Non è quindi importante la presenza di un effetto, ma quanto grande sia quell' effetto rispetto a tutti gli altri, per capire se esso è rilevante o meno per i nostri scopi. E quindi, per fare un altro esempio, non è sufficiente dire che una certa tecnologia è capace di produrre energia per poterla ritenere utile a produrre energia per scopi pratici: invece è importante quantificare l’energia che essa può produrre e confrontarla con quella di cui si ha effettivamente bisogno.
La significatività di un risultato conta. L’affidabilità di un risultato scientifico dipende dalla precisione della misura, e da quanto l’effetto osservato si discosta dal normale fondo, cioè da quell’insieme di fenomeni che simulano l’effetto cercato senza averne niente a che fare. Espressa come P, la significatività statistica è la probabilità che un evento avvenga per caso. Ad esempio P=0.01 significa che se si fa lo stesso esperimento un numero molto grande di volte, al massimo nell’1% dei casi si ottiene quel risultato. Ad esempio, supponiamo di voler testare un nuovo farmaco che faccia scomparire l’eruzione cutanea della varicella (i medici mi scuseranno di eventuali imprecisioni di terminologia, non essendo io un medico). Supponiamo che, somministrato al paziente alla comparsa dell’eruzione, essa scompaia dopo 5 giorni. Ci si chiede: il farmaco è efficace? Bisogna confrontare quello che succederebbe in media dopo 5 giorni ai pazienti malati di varicella senza che ad essi venga somministrato alcun farmaco, ovvero determinare P, cioè la frazione di pazienti a cui scompare spontaneamente l’eruzione cutanea al massimo dopo 5 giorni senza l’uso di farmaci. Se questo numero è l’1 per mille possiamo pensare che il farmaco abbia effetto, perché vuol dire che mediamente l’eruzione cutanea scompare spontaneamente ben dopo i 5 giorni. Ma se questo numero è il 30% è probabile che il farmaco sia acqua fresca. In realtà il test definitivo sull’efficacia del farmaco implica che si faccia la prova su più pazienti, per verificare quanto spesso si guarisce in almeno 3 giorni, in 4, in 5 etc. e confrontare i risultati con la situazione in cui non si è utilizzato alcun farmaco. Quindi il lavoro da fare è molto complesso, e la risposta non necessariamente univoca e definitiva. Tuttavia quello che invece spesso la gente si aspetta dalla scienza è una risposta secca: il farmaco serve oppure non serve, il terremoto ci sarà oppure no, etc.. Spiegare questi distinguo, che sono intrinseci del metodo scientifico, può apparire come un’incapacità della scienza nell’affrontare e risolvere i problemi concreti, mentre si tratta in realtà di onestà nel presentare i risultati. Al contrario, invece, i ciarlatani non hanno mai dubbi, e dispensano certezze a piene mani. (e non è proprio questo che è avvenuto con le cellule staminali?).
I controlli sono essenziali. Qualunque scoperta scientifica, specialmente se sensazionale, specialmente se sovverte le nostre conoscenze e convinzioni o se promette effetti mirabolanti e inattesi, deve poter essere controllata e replicata da altri scienziati nel mondo in modo indipendente. Un singolo risultato scientifico non replicato e non replicabile non è scienza, e non diventa parte delle conoscenze scientifiche. Non basta dire “a me e successo” per trasformare una osservazione in scienza, e non basta dire che un esperimento ha evidenziato un certo effetto per dire che effettivamente le cose stanno così. L’esperimento potrebbe essere affetto da errori, e non aver stimato correttamente alcuni fattori rilevanti ai fini della misura. Soltanto più misure indipendenti e effettuate possibilmente con tecniche diverse possono confermare (o smentire) l’esistenza del fenomeno. Inoltre lo stesso sperimentatore può essere influenzato dai suoi stessi pregiudizi, e, prendendo come esempio il campo medico, valutare un farmaco più o meno efficace indipendentemente dai dati oggettivi. Per questo si usa il metodo doppio cieco, nel quale nè lo sperimentatore nè il paziente conoscono se è stato somministrato un farmaco o un placebo. Queste tecniche, apparentemente pedanti, sono indispensabili per ottenere risultati scientificamente credibili.
L'importanza della peer-review. I risultati di esperimenti o di studi teorici in campo scientifico vengono sempre pubblicati su riviste dedicate, soggette a peer review, ovvero, letteralmente il controllo fra pari. Essa consiste nel sottoporre qualunque lavoro scientifico al vaglio di esperti del settore a cui il lavoro fa riferimento, scelti dai curatori della rivista facendo sì che gli autori del lavoro non conoscano la loro identità. I curatori della review in genere chiedono agli autori delucidazioni e eventuali ulteriori controlli prima di avvallare la pubblicazione. Questo processo ha lo scopo di garantire la qualità della pubblicazione dal punto di vista scientifico, e tutti gli scienziati seri al mondo ambiscono a pubblicare i loro lavori su riviste soggette a peer review. E questo è tanto piu' vero quanto più il lavoro è importante o addirittura innovativo o rivoluzionario. Per questo bisogna guardare con estremo sospetto tutti quelli che sbandierano ai quattro venti di aver effettuato un'importante scoperta scientifica, magari capace di curare malattie mortali, e tuttavia rifuggono di confrontarsi con il resto della comunità scientifica dicendosi non interessati a pubblicare i loro risultati su riviste soggette a peer review. La principale ambizione di uno scienziato che avesse scoperto la cura della SLA, la Sclerosi Laterale Amiotrofica, sarebbe quella di presentare i suoi risultati ad un congresso scientifico e vederli pubblicati su una prestigiosa rivista medica, in modo da informare tutti i suoi colleghi del lavoro da lui svolto, così che esso possa essere vagliato e confermato da studi indipendenti, e non, come invece a volte accade, accedere alla ribalta tramite un programma di intrattenimento televisivo. (al giorno d'oggi, la sardegna è percorsa da una serie di pensieri, ipotesi e teorie storiche, archeologiche e altro ancora, del tutto incontrollate a livello scientifico: è quindi certamente possibile che i loro sostenitori siano tutti ciarlatani. Alcuni ne sono sicuri) 

Generalizzare o estrapolare è spesso rischioso. Quello che è valido in certe condizioni può non esserlo in altre. L’alimentazione ideale per una persona sana può essere completamente sbagliata per chi è affetto da particolari patologie. Inoltre estrapolare quello che si ritiene valido in condizioni note può portare a conclusioni radicalmente sbagliate quando queste situazioni cambiano. Un ecosistema può sopportare una caccia regolamentata e moderata per brevi periodi, ma potrebbe soccombere se questo dovesse perdurare per molti anni. Constatare che il peperoncino contiene una molecola con proprietà anticancerogene non significa affatto che ingozzarsi di peperoncino prevenga nè tantomeno curi il cancro. A ancora, il fatto che le cellule cancerogene proliferino più facilmente in ambiente acido non significa affatto che tracannare bicarbonato (che è basico), o peggio iniettarselo in vena, curi il cancro. Anzi, casi recenti hanno mostrato che questa pratica può essere mortale per il paziente.

La percezione dell’importanza di un fenomeno non rispecchia la sua vera entità. Questo accade in particolare con i rischi. Spesso sovrastimiamo pericoli piccoli e remoti ma sottostimiamo rischi ben più grandi o più concreti. Sebbene la probabilità di restare uccisi in un incidente d’auto sia immensamente maggiore di quella di risultare seriamente invalidati da una vaccinazione, molti genitori sono estremamente sospettosi o addirittura, in certi casi, decisamente contrari alle vaccinazioni, ma non si paralizzano dal terrore ogni volta che devono salire in auto con i loro figli. E ancora, i pungiglioni delle api uccidono migliaia di esseri umani ogni anno al mondo, mentre le mucca pazza ne ha uccisi una sessantina in 30 anni, eppure ad un certo punto mezza Europa ha smesso di mangiare carne pur continuando senza timore a fare scampagnate all’aperto.
Non esiste il principio di autorità. Capita a volte di leggere che il fisico X, il famoso genetista Y, il professor Z sostengano che... e segue un'affermazione di quelle che scuotono le fondamenta della conoscenza. Il parere del singolo nella scienza non conta, se non è supportato dalla verifica sperimentale di gruppi di ricerche indipendenti. Un premio Nobel può sostenere con convinzione che l’aids non esista o che l’acqua abbia una sua memoria, ma non sarà la sua onorificenza a rendere valida la sua affermazione se nessun altro riesce a verificarla, o se numerosi esperimenti la smentiscono.
Le grandi scoperte scientifiche richiedono anni di lavoro. La scienza oggi richiede estrema specializzazione e lavoro di equipe. Sono finiti da decenni i tempi in cui lo scienziato lavorava praticamente da solo o con pochi collaboratori, e perveniva in poco tempo a scoperte eclatanti. Oggi i progressi scientifici sono lenti, richiedono tempo e mezzi, necessitano di tecnologie innovative e procedono attraverso il continuo lavoro di molti gruppi di ricerca che, in modo indipendente, aggiungono piccoli tasselli utili alla conoscenza. Per questo è estremamente improbabile che un singolo scienziato, da solo, improvvisamente, arrivi a risolvere questioni scientifiche fondamentali come prevedere i terremoti, curare il cancro, produrre energia in modo pulito e illimitato. Quando leggiamo notizie simili, se non sono riportate in modo distorto dalla stampa (spesso è così) sono in genere delle bufale o sono dichiarazioni di ciarlatani da cui dovremmo istintivamente diffidare.

La specializzazione conta.  La scienza, come tante altre discipline umane, necessita, oggi più che mai, di specializzazione, che si acquisisce con anni di lavoro sul campo. Questo vuol dire che non ci si improvvisa biochimici, né astrofisici, né esperti di genetica (né archeologi, né epigrafisti o filologi, né tanto meno 'tuttologi'). Quindi è estremamente improbabile che un non esperto del settore sia in grado di contribuire a progressi importanti in un determinato campo a lui estraneo. Pertanto un fisico delle particelle, ancorchè di fama riconosciuta nel suo settore, è estremamente poco credibile quando prende posizione in tema di evoluzionismo o di cambiamenti climatici, ponendosi in contrasto con la quasi totalita' degli esperti di quel campo. E a maggior ragione è impossibile che un elettricista in pensione scopra, unico al mondo, come prevedere i terremoti, disconosciuto dall'intera comunità di geofisici, o un dottore in scienza della comunicazione apprenda come guarire malattie autodegenerative per la cui cura l'intera comunità scientifica brancola ancora nel buio.

Possono barare gli scienziati ma non la scienza. Esiste la convinzione, specialmente in campo medico o quando si parla di produzione di energia, che la scienza possa sottostare al potere/volere delle multinazionali o dei poteri forti, e insabbiare deliberatamente scoperte di immensa utilità per l’uomo in cambio di vantaggi economici o di altro tipo. Questo discorso non regge per almeno tre motivi. Innanzitutto perché il sogno di qualunque scienziato è di scoprire qualcosa di sensazionale, qualcosa che sovverta tutte le conoscenze, e che obblighi a riscrivere i libri di scienza, e di farlo sapere a tutti al più presto! Quindi è impensabile immaginare che uno scienziato decida deliberatamente di tacere quella che potrebbe essere una scoperta epocale, che tra l’altro gli renderebbe anche fama e in certi casi anche denaro, per soggiacere al volere di altri. Chi lavora nella scienza sa quanto impossibile questo sia. Il secondo motivo è che, per quanto detto prima, le grandi scoperte avvengono in equipe, e quindi sarebbe difficile immaginare che decine o centinaia di scienziati nel mondo decidessero di censurare e occultare di comune accordo una scoperta che rivoluzionerebbe la nostra conoscenza. E il terzo motivo è che, anche supponendo che i singoli scienziati, essendo esseri umani, possano decidere di barare o falsare i risultati delle loro ricerche per motivi personali di vario tipo (anche se, per esperienza diretta, tutti gli scienziati che conosco sono assolutamente onesti e scrupolosi in un modo che a volte potrebbe apparire perfino esagerato), questo certamente non accade alla scienza in toto, e un risultato falso, deliberatamente falso o falso per caso, prima o poi viene scoperto, proprio perché alla base del metodo scientifico c’è la necessità di dover replicare i risultati in modo indipendente. La possibile scoperta dei neutrini superluminali ha scatenato una chiamata alle armi dei fisici delle particelle per controllare questo risultato, e le misure di Fleischmann e Pons sulla fusione fredda nel 1989 hanno immediatamente messo al lavoro centinaia di scienziati al mondo per verificare se quelle misure erano corrette. Questa attitudine degli scienziati a voler controllare il lavoro degli altri, specialmente se si tratta di risultati di grande impatto, rende impensabile qualunque complotto globale della scienza nel falsificare i suoi risultati. Chi afferma questo non ha veramente idea di come essa funzioni.

Tutta la scienza serve. Non esiste scienza utile e scienza inutile. Oltre a produrre conoscenza e competenze, la scienza ha sempre un impatto importante sulla società. Anche se spesso risulta difficile prevedere le possibili applicazioni pratiche di un risultato scientifico, la storia ci insegna che prima o poi quel risultato, o i sottoprodotti ottenuti per raggiungere quel risultato, saranno importanti per qualcosa di determinante per la vita dell’uomo. Non solo, ma la realizzazione delle cosiddette innovazioni, di tutte quelle scoperte o invenzioni che hanno un forte impatto sulla nostra esistenza, necessitano sempre di una moltitudine di conoscenze scientifiche accumulate in anni e anni di studi a volte completamente scorrelati fra loro. La cura del cancro ha bisogno della chimica, della biologia, della genetica, della farmacologia, della fisica nucleare, delle nuove tecnologie elettroniche e informatiche e di tutto quello che, quasi sempre in modo tortuoso e imprevisto, si è appreso nel tempo nelle varie discipline del sapere. Pensare di poter scegliere a priori la ricerca che serve e quella che non serve è una grossa sciocchezza. Non lo dico io, ma la storia.

mercoledì 29 ottobre 2014

la Vera Archeologia.

Che cos’è la Vera Archeologia.
Non scrivo queste righe  per gli archeologi, naturalmente: esse sono dedicate a tutte quelle persone che – in buona o meno buona fede – sono appassionati orecchianti della materia.
L’archeologia è una materia splendida e proteiforme. 
Ci si presenta con ricercatori sempre differenti: dal classico tecnico del campo che affonda nel fango di un inverno iperboreo fino quasi al ginocchio durante uno scavo, allo specialista di tecniche, colori e materiali che studia il modo migliore per salvare un affresco di Pompei. Ma ci può anche sorprendere con il genetista che insegue un’antica linea genetica di bovini per trarne considerazioni parallele sugli antichi relativi proprietari umani. Oppure con un filologo che tenta di chiarire le nostre incerte conoscenze su un’antica lingua morta dei nostri predecessori.
La gamma di specialità ancillari che ruotano intorno all’Archeologia è insomma enorme e può confondere. 
Ma esiste un potente fattore unificante, unico comune denominatore a tutte, che le riunisce tutte per quanto differenti  e distanti tra loro esse possano essere: si chiama ‘metodo scientifico’.
I confini dell’Archeologia, così vasti e solo apparentemente indefiniti, si spiegano prima e meglio con il definire ciò che non è Archeologia.
Chiunque faccia uso di spiegazioni che coinvolgono civiltà e popoli sconosciuti, oppure contatti con extraterrestri, che ricorre alla perfezione ineffabile di testi religiosi, o all’ intervento di poteri paranormali, di cataclismi  globali mai avvenuti, semplicemente non appartiene alla linea di pensiero ortodossa dell’Archeologia Ufficiale: si tratta di soggetti che – possiamo dire benevolmente – appartengono ad una linea intellettuale molto differente, che non li vincola alle regole precise del ‘metodo scientifico’.
L’ortodossia – sia ben chiaro questo dall’inizio – non è il partito di coloro che si ritengono depositari autorizzati della Verità. E non è solamente 'un'opinione differente'. Anzi, tutto il contrario: l’ortodossia  è essa stessa una massa multiforme di tesi ed argomenti spesso in contrasto tra loro, in competizione anche accesa, e presenta essa stessa argomenti che possono essere considerati astrusi. L'ortodossia procede per tentativo ed errore.
L’atteggiamento dell’ortodossia accademica nei confronti  di quegli ‘investigatori autonomi’ è – in tutto il mondo – quello di relegarli ai margini, di non considerarli seriamente, di trattarli come gruppi di culto: cioè non li considera affatto avversari scientifici. Questo rende conto del motivo per il quale le loro proposte, pretese e teorie non vengono criticate, né affrontate da quelle ‘ufficiali’ nell’agone accademico.

Scientificamente, non contano alcunché: e si offendono, a sentirselo dire.

venerdì 24 ottobre 2014

Tir na nOg




Tra Favola e Scienza.

Tír na nÓg (Terra della giovinezza) è l’Aldilà della mitologia celtica, probabilmente meglio conosciuto grazie al mito dell’eroe terreno Oisìn, che s’innamora ricambiato della donna del mondo magico Niamh e va a vivere con lei a Tìr na nÓg, compiendo il viaggio sul suo cavallo magico capace di camminare sull’acqua.
Esistono molti mitici racconti d’avventure o di viaggi fantastici nella tradizione celtica, in cui alcuni dei più grandi eroi irlandesi visitano questa sede magica dietro invito dei residenti. Tír na NÓg è simile ad altre mitiche terre irlandesi come Mag Mell e Ablach. È un luogo ai confini del mondo, collocato su un’isola lontana, ad ovest. Lo si può raggiungere solo con impossibili viaggi che iniziano in grotte, oppure antichi luoghi di sepoltura, o attraversando il mare, oppureda parte  immergendosi sott’acqua. Molti racconti popolari risalenti al Medio evo narrano di numerose visite  a questa terra mitica d’eroi e di monaci irlandesi.
Tir na nÓg è un posto in cui malattia e morte non esistono. È un luogo d’eterna giovinezza e di bellezza, in cui benessere, musica, felicità ininterrotta coesistono in un singolo posto. È insomma l’equivalente celtico dei Campi Elisi greci e romani o del Valhalla vichingo.
Nella storia d’amore di Oisín e Niamh, dopo tre anni l’uomo sente la nostalgia di casa e chiede di poter tornare in patria. Quando giunge in Irlanda, apprende che lì non sono trascorsi solo tre, bensì addirittura 300 anni dall’inizio del suo viaggio. Oisín cade accidentalmente da cavallo e immediatamente diventa vecchissimo e subito muore...
Questo per la parte “Favola”: adesso vediamo quella che riguarda la “Scienza”.


Quando Ian Chalmers, scozzese, ricercatore dell’Università d’Edimburgo identificò – nel 2003 – un gene dotato di molte proprietà particolari, pensò a questa leggenda celtica e gli dette proprio il nome di ‘Nanog’.



Perché si tratta di un gene esistente solamente nelle cellule d’embrioni allo stato iniziale (ES cells).
Le cellule ES sono cellule dette ‘totipotenti’, fondamentali del corpo. Esse sono il materiale da cui originano tutti i tessuti: osso, fegato, polmone, cervello, incredibilmente differenti tra loro. Che cosa ha a che vedere l’eterna giovinezza con questo fatto?
Ebbene: innanzi tutto queste cellule si trovano proprio soltanto in embrioni giovani, ai primi stati. Inoltre, esse possiedono – indiscutibilmente – grandissime potenzialità. Si ha fiducia nel fatto che potranno generare ‘pezzi di ricambio’ piccoli o grandi (singole cellule, tessuti più o meno estesi, persino organi), per sostituire parti malate in modo irrecuperabile. Malattie quali Diabete, Morbo di Parkinson, Paralisi Spinale potrebbero essere guarite.
C’è – naturalmente – il problema etico rappresentato dal fatto che le cellule ES devono essere prelevate da embrioni…

- Le cellule Es erano già state isolate molti anni prima, nei topi (1981: Cambridge, Martin Evans).
- Nel 1998 furono isolate le cellule ES umane (J. Thomson, Univ. Wisconsin). Questo fece nascere la speranza di curare il Parkinson (se le cellule ES si fossero evolute in cellule dopaminergiche, che diventano carenti nel paziente parkinsoniano) ed il Diabete (per differenziazione delle cellule ES in cellule beta, produttrici d’insulina).

Le ricerche erano limitate agli embrioni che avanzavano dalle fertilizzazioni in vitro. Talvolta – però – si creavano intenzionalmente embrioni per scopi di studio su cellule ES.
Naturalmente, da questo fatto originavano polemiche.
Ma ne derivano anche le esperienze necessarie per creare colonie autorigenerantesi di cellule ES (spesso inizialmente si usava un letto di cellule murine come substrato di nutrienti fondamentali: una tecnica in via d’abbandono definitivo).
Fortunatamente, le cellule staminali (anche se non esattamente cellule ES – cioè embrionali staminali) si possono reperire in tessuti di feto, di bambino e perfino di adulto. Ad esempio: sono particolarmente ricche di cellule S il midollo osseo ed il sangue del cordone ombelicale.
Dato che queste cellule – e specialmente quelle d’adulto – non richiedono l’uccisione di un embrione, il loro uso è meno controverso: esse sono già state diffusamente usate nei trapianti di midollo osseo.

Attenzione, però: non si tratta di cellule con le medesime potenzialità delle cellule ES, perché si sono già in parte differenziate in qualche direzione ed hanno perso parte della loro ‘totipotenzialità’.
Il loro studio – è la convinzione generale degli studiosi – non dovrebbe essere sostituito a quello delle cellule ES, bensì dovrebbe essere condotto parallelamente ad esso.

Esistono difficoltà di varia natura. Una è costituita dal fatto che le cellule staminali – possedendo la capacità di produrre vari tessuti – possono andare incontro anche a particolari tipi di tumori: teratomi, più spesso, ma anche leucemie linfoblastiche acute. Per ridurre – se non proprio scongiurare – il rischio, le cellule ES sono preventivamente impiantate sui topi, al fine di controllare la loro potenzialità tumorale.

Le difficoltà non sono solamente scientifiche, ma anche di ordine etico-religioso e costituiscono un ginepraio ostico e complicato: in genere, coloro che sono contrari all’aborto sono anche contrari alla distruzione di un embrione per motivi di studio.
 Si sono creati due ‘fronti’: Inghilterra, Giappone, Cina, India e Singapore sono fortemente a favore e finanziano la ricerca sulle cellule Es anche con finanziamenti pubblici. Altre nazioni – ad esempio Italia e Germania – hanno opposto un veto, totale o parziale. Negli USA – pur trattandosi della maggiore potenza scientifica mondiale – esiste un forte movimento religioso conservatore. Questo ha creato notevoli difficoltà di ordine politico: nel 2001, Bush annunciò che i fondi federali potevano essere resi disponibili  solamente per le linee cellulari ES già esistenti e non per linee nuove: un compromesso pavido che non accontentò nessuno. La situazione è paradossale: chi difende i ‘diritti degli embrioni’ considera immorale qualsiasi ricerca sulle cellule ES e vorrebbe che tali studi fossero banditi. D’altra parte, coloro che sono a favore di tali ricerche sottolineano che le linee esistenti permesse da Bush sono inutili per i trapianti, essendo costituite da cellule murine.
Anche se non esistono ancora risultati clinici definitivi, molte società private stanno cercando di giungere a risultati pratici in campo terapeutico.

Ecco perché la Genetica è entrata in campo: con lo scopo (non privo anch’esso di controversie di tipo etico) di creare cellule staminali totipotenti ‘riprogrammando’ cellule di adulto.

Nelle cellule ES sono stati rinvenuti – oltre a Nanog – anche altri geni: i nomi sono in genere sigle scientifiche poco accattivanti, come LIN 21, oppure Oct-4; in più sono state trovate intere famiglie di geni, note come Sox, Myc e Klf.
Modificando geneticamente i tessuti adulti è oggi possibile attivare questo tipo di geni e ‘far tornare indietro’ nel tempo queste cellule, permettendo loro di riacquisire  la pluripotenzialità delle cellule embrionali.
I primi risultati riportati furono quelli di Shinya Yamanaka (Univ. Kioto, 2006), prima nel topo e successivamente nell’uomo. Queste cellule sono dette IPS (cellule Staminali Pluripotenti Indotte).  Hanno il vantaggio etico di

1) non richiedere uova, né embrioni umani: soprattutto, non richiedono l’uccisione di un embrione
2) essere ottenibili dagli stessi pazienti che ichiedono il trattamento
3) essere geneticamente identiche a quelle del pz e quindi esenti da rigetto immunitario.

Ma esistono anche alcuni svantaggi.
1)    La modificazione genetica è fatta con un virus:che può essere cancerogeno
2)    Il problema etico religioso di base non è risolto interamente: queste cellule non potrebbero esistere, se agli scienziati fosse stato eticamente proibito di studiare le cellule Es, come richiesto.
3)    Non si conosce affatto quale sarà il comportamento delle cellule IPS: nessuno può essere certo che sarà identico a quello delle cellule ES.

Ecco che si torna ad una situazione irreale – quasi di fiaba – ogni volta che l’uomo cerca di sostituirsi ad un’entità ineffabile e superiore che ha preordinato perfettamente tutte le cose nel mondo naturale.
Ci si rende conto che si corre pericolosamente il rischio di cadere da cavallo, proprio come nella fiaba celtica, con un irreversibile danno definitivo irrecuperabile.