Visualizzazione post con etichetta dna antico. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta dna antico. Mostra tutti i post

domenica 20 luglio 2014

Il genoma non umano dell'Uomo di Ghiaccio.

Il genoma dell'Uomo di Similaun (che in realtà fu trovato nella Val Venosta Italiana e per il quale sarebbe più corretto il nome di Venosto, invece che quello di Otzi
), fu decodificato a partire da un campione di osso dell'anca. 
Ciò fu possibile, in quanto la mummia si era conservata in ambiente ghiacciato - privo d'ossigeno e non esposto a fattori atmosferici -  e questo fatto aveva bloccato o ridotto enormemente i danni di degenerazione cui va rapidamente incontro il DNA anche in tempi brevi: figurarsi nel corso di 5.300 anni. Il campione consisteva in 0.1 grammo di materiale.

Una squadra di scienziati dell'EURAC di Bolzano insieme a colleghi dell'Università di Vienna è riuscita recentemente ad analizzare e decodificare quella parte di DNA non umano presente nel campione: hanno stabilito trattarsi di Treponema Denticola, un patogeno opportunista, presente nelle patologie parodontali.


Esempio di Parodontopatia (Fonte: Wiki) notare gli ampi spazi tra gengive retratte e denti.

Pertanto - soltanto valutandone questo DNA - gli scienziati hanno potuto stabilire che Venosto (Otzi) soffriva di una parodontite (comunemente nota come piorrea), confermando quella diagnosi che era già stata fatta con una scansione CT l'anno scorso.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PLOS ONE.



 I resti mummificati, vecchi di 5.300 anni, dell'Uomo di Ghiaccio  
[Fonte: Franco Rollo/AFP/Getty Image] 


Quasi tutto ciò che conosciamo su Venosto (Otzi): la sua intolleranza al lattosio, il suo aspetto da vivo etc, deriva dal piccolo prelievo per l'esame del suo DNA.
Adesso, abbiamo anche l'esame di un DNA non suo, non umano.
Si è giunti ad identificarlo procedendo ad un esame di tutto lo spettro del DNA presente, per potere stabilire di fronte a che cosa ci si trovasse: quali organismi fossero presenti nel campione e quale potesse essere la loro funzione.
Questo DNA non umano che è stato rinvenuto deriva in gran parte da organismi batterici che di norma vivono su oppure dentro il nostro corpo.
Solo l'interazione tra certi batteri, oppure un disequilibrio all'interno della comunità di batteri può causare certe malattie. Per questo motivo è importante comprendere bene la composizione batterica presente in modo da ricostruirne correttamente la popolazione. 





A team of scientists from EURAC in Bolzano/Bozen together with colleagues from  the University of Vienna successfully analysed the non-human DNA in the sample  
[Credit: Frank Maixner (EURAC)]


 Inaspettatamente, la squadra multidisciplinare di scienziati (bioinformatici, genetisti, microbiologi) ha identificato nel DNA presente un batterio in particolare, noto come Treponema Denticola, (una spirocheta che è parente del Treponema Pallidum, responsabile della sifilide). Si tratta di un opportunista patogeno, responsabile della parodontite.

Ancora più sorprendente è il fatto che un minuscolo campione d'osso possa ancora - dopo 5300 anni - fornire l'informazione fisiopatologica precisa di una trasmissione per via 
ematogena  di un patogeno partito dalla bocca ed arrivato via sangue fino all'osso dell'anca.

I batteri sono antichi, non recenti: non hanno colonizzato il corpo di recente, bensì lo avevano già fatto al momento della morte.
Gli scienziati hanno anche identificato forme Clostridio-simili  che sono attualmente allo stato dormiente.
In condizioni di anaerobiosi e in ambiente sigillato, però, questi microorganismi sono capaci di riprendere la propria crescita e ricominciare a degradare i tessuti.
A parte l'ispirazione per un nuovo filone di fantascienza, queste notizie saranno preziose per creare e mantenere le condizioni più adatte ad una corretta preservazione della Mummia di similaun.
Per esempio, l'atmosfera fondamentalmente azotata che s'impiega per conservare oggetti di grande valore culturale dovrà essere accoppiata ad un regolare controllo microbiologico in questo caso.

Source: European Academy of Bozen/Bolzano [July 15, 2014]

Read more at: http://archaeologynewsnetwork.blogspot.it/2014/07/otzis-non-human-dna.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+TheArchaeologyNewsNetwork+(The+Archaeology+News+Network)#.U8uSeSh7DfW
Follow us: @ArchaeoNewsNet on Twitter | groups/thearchaeologynewsnetwork/ on Facebook

martedì 31 dicembre 2013

DNA Antico: novità.

Da Dieneke's Antropology blog, 26 12 2013: 

Ancient DNA: what 2013 has brought

A summary of some major studies, news articles and reports:
  • 400,000 year old Homo heidelbergensis in Iberia had mtDNA similar to Middle Paleolithic Denisovans from the Altai. This is important because of the age of the sample which opens up new vistas for ancient DNA research and because it is the first  link to the mysterious Denisovans.
  • Neandertal inhabited the same cave where the Denisovan fingerbone was found. Denisovans had Neandertal admixture as well as admixture with an unknown "ultra-archaic" group; Eurasians have admixture from a Neandertal most similar to the Mezmaiskaya sample from the Caucasus; East Eurasians have a little bit of Denisovan admixture, while Australasians have a lot more; and all Sub-Saharan Africans seem to have a little bit of Neandertal admixture too, via West Eurasians during the Holocene.
  • A ~24,000 year old Upper Paleolithic Siberian from Mal'ta is related to Native Americans who are a mix of it and East Asians. Mal'ta was related to West Eurasians and not to East Eurasians. It belonged to Y-haplogroup R* and mt-haplogroup U*.
  • On the other hand, a ~40,000 year old from China was definitely East Eurasian.
  • Europeans are a 3-way mix of Neolithic farmers, Mesolithic hunter-gatherers and aforementioned UP Siberian-like "Ancient North Eurasians"; Early LBK farmers from Central Europe resemble later Oetzi,Swedish farmers, and probably Iberian farmers too. They also had mysterious "Basal Eurasian" ancestry from the deepest split of the Eurasian tree. Mesolithic Europeans had lots of Y-haplogroup I.
  • Ancient mtDNA reveals that something happened during the late Neolithic and early Bronze Age in Germany; the populations from that time are the first ones who appear quasi-modern in their haplogroup frequencies. It also turns out that hunter-gatherers didn't disappear in Germany after the LBK came along. And mtDNA haplogroup H, most frequent in modern Europeans, established itself around the Mid-to-Late Neolithic.
  • West Siberia had a West/East Eurasian admixed population during the Bronze Age, like earlier ages.
  • Lots of hints of interesting events in the European steppe too.
  • Modern Tuscans probably not descended from ancient Etruscans; discontinuity seems to be the rule.
  • Minoans were fairly regular Europeans, not North African (they had little mtDNA U, though, maybe likeMesolithic Greeks).
  • A lot more mtDNA haplogroup U from really old Europeans, and mtDNA haplogroups M+N date to ~77 thousand years ago.
  • Mesolithic west Europeans had blue eyes, but Neolithic Europeans had brown ones and European steppe populations "darker" than modern Europeans). ~8,000 year old Europeans had dark brown or black hair (at least two of them).

domenica 21 aprile 2013

Problemi risolti e rimanenti con il DNA antico


Definizione di DNA antico.

Si può usare la definizione di DNA antico per tutto il materiale biologico animale o vegentale (che contenga DNA) rinvenuto in contesti archeologici o geologici relativi ad epoche ormai molto lontane.
Il DNA può infatti essere recuperato da ossa, da tessuti molli mummificati, da campioni di materiale medico d’archivio non congelati, da resti conservati di piante, da ‘carote’ di ghiaccio o di permafrost, da plancton olocenico nei sedimenti marini o lacustri.

Differenza tra antico e moderno.

A differenza degli studi genetici su materiale di popolazioni d’oggi, quelli sul DNA antico si caratterizzano per la cattiva qualità del DNA stesso.
A causa del decadimento delle molecole di DNA – processo da mettere in relazione a tempo, temperature e presenza di acqua libera – esistono limiti  oltre i quali non ci si può aspettare che il DNA possa sopravvivere. Ciò pone alcuni limiti a ciò che se ne può ottenere. 

Degradazione del DNA.

Alcuni ricercatori hanno anche cercato di calcolare le modalità di decadimento del DNA. Conducendo il loro studio sulle ossa di Moa (un uccello predatore estinto, di dimensioni molto superiori a quelle di uno struzzo), hanno dimostrato come si deteriori in modo esponenziale. Hanno ottenuto un modello secondo il quale il mtDNA perderebbe un paio di basi ogni 6.830.000 anni, ad una temperatura di -5°C. [1]
Le cose vanno peggio per il DNA del nucleo della cellula, che si degrada ad una velocità almeno doppia a quella del DNA mitocondriale.

Primi errori.

Per questi motivi, il DNA antico può contenere anche un numero molto elevato di mutazioni post-mortem, destinate ad aumentare nel tempo. Alcune regioni del polinucleotide sono più suscettibili delle altre alla degradazione e possono anche superare i filtri che sono volti alla validazione dell’esperimento.
Anche nella sequenziazione si può incorrere in errori. In seguito a sostituzioni dovute alla deaminazione, la Citosina può risultare molto sopra-rappresentata nelle sequenze di DNA antico. Gli errori più frequenti sono l’errata codificazione  tra T e C e tra G ed A.

Antidiluviano. 

I primi studi furono fatti proprio su DNA ‘antidiluviano’ (come veniva definito allora) da insetti conservati in ambra (come nel film ‘Jurassic Park’) Dominicana risalente all’Oligocene, oppure in ambra Libanese del Cretaceo, quindi ancora più antica. Furono usati anche altri materiali: ossa di dinosauro, uova, batteri.
Sembrò allora che si potesse identificare e riprodurr qualsiasi DNA, per quanto antico fosse.
Ma l’entusiasmo ebbe breve vita: presto si dimostrò l’importanza ed il rischio dell’inquinamento dei reperti con DNA moderno, quando si reperì un cromosoma Y umano in un DNA di dinosauro ed il DNA batterico di Halobacterio antico 250 milioni di anni risultò troppo simile a quello di batteri moderni.

Quindi ebbe inizio la fase attuale di ricerca, con una “Archeogenetica” più consapevole e più prudente, che ha fatto tesoro dei primi inconsapevoli errori ed ha prodotto una vasta messe di risultati più attendibili ed interessanti.


Oggi, infatti, superati i primi errori e problemi, l’unico vero rischio è Etico.


[1] Allentoft ME, Collins M, Harker D, Haile J, Oskam CL, Hale ML, Campos RF, Samaniego JA, Gilbert MTP, Willerslev E, Zhang G, Scofield RP, Holdaway RN, Bunce M (2012). "The half-life of DNA in bone: measuring decay kinetics in 158 dated fossils". Proc. R. Soc. B 279: 4724–33.