venerdì 24 agosto 2012

The game in the name, Nomen Omen.

Caro 
Uviguta Olf , amico mio, 

(ti chiamo così, invece che con il soprannome che ti ho inventato, Pasuco, perché questa è un'occasione ufficiale: lo so che altrimenti ti offendi, ormai ti conosco bene... sei molto sensibile, se mi perdoni il gioco di parole, dal momento che sei fatto di tutti i sensi umani - udito, vista, gusto, tatto, olfatto),



Ti devo lasciare per due settimane, perché parto e - in viaggio - non avrò il computer.



E' solo questione di un po' di tempo - l'altra variabile di cui prendo nota in questo WebLog - nel frattempo (troppi giochi di parole?): stammi bene e non squagliarti né evaporarti sotto il solleone capitolino...

Tornerò presto e riprenderemo il discorso, come e meglio di prima...





giovedì 23 agosto 2012

una ricetta che mi è cara


Il tortellino (al turtlén) 

nasce da un piatto povero, inizialmente molto più rozzo di quello attuale (sego macinato, tuorlo d’uovo, parmigiano) e dalla necessità di riciclare gli avanzi carnei delle tavole dei nobili ricchi, rendendoli però “presentabili” per il desco dei poveri.


Oggi i tortellini costituiscono un piatto ricercato e tradizionale, più spesso per il pranzo di Natale, meglio se “fatti in casa”, ma più spesso purtroppo - oggi -confezionati a macchina.

 

La ricetta:

Un ripieno macinato, che va “lasciato riposare”alcune ore, composto di:

-   lombo di maiale, 
-   prosciutto crudo,
-   mortadella di Bologna, che qualcuno sostituisce con manzo o vitello (i tre vanno precedentemente cotti insieme, con una piccola quantità di battuto e di odori)
- formaggio parmigiano  
-   uova 
-   noce moscata.

Una sfoglia di farina ed uova (un uovo a persona, tanta farina quanto le uova ne assorbono), 6/10 di mm spessore, (c’è anche sale e olio) “stesa” a piccole quantità per volta, mentre il resto dell’impasto va protetto in uno strofinaccio umido dall’evaporazione (e i tortellini non si chiuderanno).

Il tortellino è rigorosamente in brodo, di cappone (pollo nato ad aprile, castrato ad agosto di circa 1,5 kg: a Natale pesa 4 – 5 kg) o di gallina vecchia: altre variazioni sono apocrife, ma esistono, anche se fortemente disapprovate. Un sinonimo per un piatto di tortellini è "20 in brodo" (anche se chi scrive non si è mai limitato a questa cifra).  

 

Invece, sono inaccettabili pappecotte le varianti asciutte, con panna o – orrore! – con ragù.

Il tortellino deve essere molto piccolo (a partire da un quadratino di sfoglia di poco meno di 4 cm di lato) e molto pieno di ripieno (fino a lasciare appena un poco di bordo da pressare con le dita e poi da assicurare con un’abile movimento di torsione (vedi sotto).

Infine, deve essere bello (cosa che la macchina non permette): secondo la leggenda, deve riprodurre l’ombelico di Venere.

 

Oppure l’ombelico di una nobildonna che si fermò nella locanda “la Corona” di Castelfranco Emilia, di cui il proprietario ebbe a rubare nascostamente la visone: la gradì e volle riprodurlo, appunto.

In Emilia - naturalmente - si discute ancora sul fatto che il locandiere si sia davvero limitato ad un’attività unicamente contemplativa, oppure no: il tortellino si sa, può essere un piatto grasso, come pure l’umorismo…

Lo si chiude magistralmente, sulla punta di un dito, appunto, e quasi non ci si vede attraverso…

Non deve assolutamente aprirsi e non deve rompersi in cottura.

Ergo, bisogna essere abili massaie: l’artefice era la “rezdora”

“zdaura”, cioè la reggitrice della casa

La massaia emiliana.


Ecco, in modo semi-scherzoso, le varie fasi di preparazione e chiusura del tortellino: va tenuto presente che si tratta di una manovra talmente rapida da non permettere di comprenderne i dettagli.
Sapendo che la lingua della Zdaura è molto più veloce delle sue dita, nessuno osa mai contraddirla.
 Come si vede, il ripieno deve essere molto, in proporzione alle dimensioni del quadratino di sfoglia…


Questa è la fase in cui molti ignavi si fermano: non è un tortellino, è un mezzo raviolo e si aprirà certamente in cottura… 


Studiare attentamente questo disegno (circa due settimane) aiuterà a produrre tortellini di forma almeno passabile… 


Una massaia esperta impiega circa 6 decimi di secondo a tortellino… Un comune mortale – alla sua prima esperienza – può rischiare la crisi ipertensiva…
A questo punto, buon appetito! 

mercoledì 22 agosto 2012

Beni, ti naru unu contu...

Una canzone che sembra proprio una favola. Con un delicato ma fermo metodo d’insegnare ed una morale che è uno splendido sogno.
La stella di Bing Crosby, Nel Hollywood Walk of Fame
(Holliwood Boulevard, 6769)

"Swinging on a Star"  

è una canzone americana, quasi una filastrocca per bambini, la cui musica fu composta da Jimmy Van Heusen e le parole da Johnny Burke. Fu cantata da Bing Crosby, in un film del 1944 “Going My Way”.




Durante la preparazione del film, Van Heusen era a casa di Crosby a cena, per discutere insieme a lui una canzone per il film. Durante la cena, avvenne che uno dei figli di Crosby  cominciò a lamentarsi perché l’indomani non voleva andare a scuola.
Il cantante si rivolse verso di lui e gli disse: "Se non vai a scuola, potresti diventare un mulo, da grande. E' questo che vuoi?”.
Van Heusen fu entusiasta di questo rimbrotto e ritenne che fosse uno spunto eccezionale per la sua canzone del film. Ne parlò all’autore dei testi, Burke, che fu d’accordo.
Crosby, nel film doveva rivolgersi ad un gruppo di ragazzi con un comportamento simile a quello che aveva tenuto il figlio dell’attore a cena...

La canzone fu anche cantata da molti altri cantanti, per esempio Frank Sinatra. (http://www.lyricsfreak.com/f/frank+sinatra/swinging+on+a+star_20707021.html) Fu prima per 9 settimane e vinse un Academy Award per la canzone più originale dell’anno. Compare spesso come citazione in numerosi film anche recenti.(ad esempio, nel film "Hudson Hawk", con Bruce Willis:
http://www.youtube.com/watch?v=Z6AuY594_SQ&feature=related)
Ma il motivo per cui la posto qui, mio caro Pasuco, è la mia torrida passione per le favole:
Testo / traduzione:

Would you like to swing on a star
Ti piacerebbe dondolarti su una stella
carry moonbeams home in a jar
Portare a casa raggi di luna in un barattolo
and be better off than you are
E stare meglio di come stai
or would you rather be a mule?
O preferiresti essere un mulo?
A mule is an animal with long funny ears
Un mulo è un animale con  lunghe orecchie buffe
he kicks up at anything he hears
Dà calci per ogni cosa che sente
His back is brawny but his brain is weak
La sua schiena è forte, ma il cervello debole
he's just plain stupid with a stubborn streak
È proprio stupido e per di più cocciuto
and by the way if you hate to go to school
E tra l’altro se non ti piace andare a scuola
You may grow up to be a mule
Da grande potresti diventare un mulo.
Oh would you like to swing on a star
carry moonbeams home in a jar
and be better off than you are

or would you rather be a pig?
O preferiresti essere un maiale?
A pig is an animal with dirt on his face
un maiale è un animale con la faccia sporca
his shoes are a terrible disgrace
le sue scarpe sono una terribile disgrazia
He has no manners when he eats his food
non è garbato quando mangia
He's fat and lazy and extremely rude
è grasso e pigro ed estremamente screanzato
But if you don't care a feather or a fig
ma se non t’importa una piuma né un fico
you may grow up to be a pig
potresti essere un maiale da grande
Oh would you like to swing on a star
carry moonbeams home in a jar
and be better off than you are

or would you rather be a fish?
o preferiresti essere un pesce?

A fish won't do anything but swim in a brook
Un pesce non fa altro che nuotare in un ruscello
he can't write his name or read a book
Non sa scrivere il suo nome o leggere un libro
to fool the people is his only thought

Gabbare la gente è il suo solo pensiero
and though he's slippery he still gets caught
E anche se è scivoloso si riesce a catturarlo
but if then that sort of life is what you wish
Ma se questa è il tipo di vita che tu vuoi
you may grow up to be a fish
Da grande potrai essere un pesce
a new kind of jumped up slippery fish
Un nuovo tipo di pesce saltato su e scivoloso
And all the monkeys aren't in the zoo
E non tutte le scimmie sono nello zoo
everyday you meet quite a few
Ogni giorno ne incontri un bel po’
so you see it's all up to you,
Quindi vedi dipende da te
you could be better than you are
Tu potresti essere meglio di quello che sei
you could be swinging on a star
Tu potresti dondolarti su una stella.

Ognuno di noi potrebbe infatti essere migliore, se non proprio portarsi a casa i raggi della luna in un barattolo e dondolarsi su una stella: e le scimmie, certamente, non stanno tutte nello zoo…
E comunque, conviene restare un po' bambini.

Cos'è un nuraghe?

Errori concettuali sull’architettura dei Nuraghi.

 
Il modello del museo archeologico di Cagliari.

Ai nostri giorni ritengo inacettabile che la poca conoscenza delle architetture in ambito archeologico in Sardegna sia tale da concepire la realizzazione di un modello "didattico" come quello del Museo di Cagliari.
Rasentando l’ingenuità, il modello in questione, lascia intendere a tutti i visitatori del museo che i nuraghi siano realizzati sfruttando le proprietà statiche dell’arco. 
Cercherò, in questo scritto, di fare un pò di luce sull’ architettura di questi incredibili ed eterni monumenti, che non crollarono per mano dell’uomo ne tantomento per deficit strutturali o concettuali, ma lasciati alla natura e senza manutenzione hanno ceduto per la più grande causa naturale: La vita (vedremo più avanti di cosa parlo).
Passo perciò a spiegare dove sono gli errori sul modello del Museo archeologico di Cagliari che ho ristretto a 19 punti salienti benchè essi siano sicuramente di più.
I  19 punti salienti di mancata conoscenza
dell’architettura di un nuraghe
monotorre ad ogiva:

1 – Architrave: benché non sia una regola assoluta, l’architrave appare di dimensioni decisamente superiori ai conci che lo sovrastano; in molti esempi, questo non accade (ma in questo caso aiuta a capire come l’architrave non influisca affatto ai fini della statica: i motivi delle sue eventuali grandi dimensioni sono altri). Gli studiosi che attribuivano all’architrave lo scopo di reggere l’intero peso soprastante erano in errore.
2 – La copertura del corridoio: non si ha un taglio così marcato tra l’accesso alla scala e la carena che s’innesta nell’ogiva della sala (indicata dalla freccia 3). Solitamente, la copertura del corridoio di accesso alla sala è realizzata da due muri, che strombano verso l’interno del monumento, sono aggettanti verso l’interno del vano e dotati di lastre a completamento sulla sommità. I piani superiori, rapresentati qui da un buffo "pianetto", voltato a conci contrastanti ed assolutamente non veritiero, hanno il corridoio comunicante con il finestrone e con la sala, coperto a lastre poste di piatto, con innesto all’ogiva privo di carena.
3 – Innesto alla sala a copertura ogivale: Anche in questo caso ci troviamo dinanzia d un grossolano sbaglio; nella rapresentazione in questione, le pareti del corridoio non aggettano, e la copertura e realizzata con lunghi architravi non rispettando la realtà della costruzione. Vedi anche punto 2.
4 - Il posizionamento dei conci è completamente errato; vengono messi in evidenza conci contrastanti e al vertice della copertura ogivale è una chiave di volta (nella figura indicata con il numero 5) assolutamente non realistica e addirittura inconcepibile nell’architettura del periodo nuragico. Al mancare di uno solo qualsiasi dei conci, la muratura sarebbe crollata per effetto delle forze orizzontali, qui presenti, ma che nella realtà del nuraghe sono prossime allo zero. Nella realtà i conci sono posti in perfetto equilibrio statico l’uno sull’altro: ciascun elemento è inclinato verso il centro della muratura ed ogni anello si incerniera con quello superiore rendendo la muratura solidissima.
5 – Chiave di volta (mancando la quale la cupola crollerebbe): non esiste nell’architettura nuragica.
6 – Anelli della copertura ogivale: vedi il punto 4.
7 – La copertura delle nicchie: a differenza del modellino, le nicchie mostrano un aggetto progressivo, sormontato da una grande lastra di chiusura, che insiste nelle murature, garantendo stabilità; in alcuni casi le nicchie possiedono una copertura ogivale.
8 – Muratura esterna: nella figura molto aprossimativa e non realistica.
9 – Vano scala: in corrispondenza del punto 9, in nuraghi con scala elicoidale di 360°, si presenta il vano scala con copertura a sezione ogivale.
10 – Grossi riempimenti di terra e pietrame: Non esistenti nelle murature dei Nuraghi.
11 – Uscita dal vano scala: nel modello in questione si identifica con una sorta di ambiente che precede una scala che si protrae al centro del monumento, non presente in nessun nuraghe (eccezion fatta per il nuraghe Osana di Orosei, dove una gradinata è stata realizzata al centro del nuraghe, ma in età storica).
12 – "Mensolone": La posizione in figura è del tutto teorica, ma dimostra la scarsa conoscenza dell’oggetto in questione, in quanto questi elementi decisamente interessanti dal punto di vista architettonico, possiedono tipologie ben distinte e potevano essere alloggiati anche gli uni sugli altri; su questa teoria mi riservo di non parlare per esteso adesso; lo farò più tardi in un articolo appositamente dedicato.
13 – Scala non esistente in questa tipologia di nuraghi.
14 – "Mensolone": E’ ancora più evidente l’impossibilità dell’applicazione laddove si caricasse il peso sull’estremità più esterna dell’elemento.
15 – Improponibile e non veritiero un riempimento di questo tipo nell’architettura nuragica, molto spesso, si trovano piani di mezzo, pozzetti o altri ambienti in corrispondenza di questa posizione. Il rapporto vuoto/pieno del monotorre ad ogiva si avvicina all’ 1:1 distinguendo i monumenti sardi da qualsiasi altro tipo di struttura europea (Sesi, Broch, ecc. fatta eccezione per alcuni monumenti nelle Baleari e in Corsica).
16 – Conci contrastanti: non veritieri.
17 – I tre elementi sotto la freccia mancano del doppio filare, cosa decisamente improbabile, riscontrabile solo in alcuni nuraghi e non in quella posizione.
18 – Chiave di volta, che sfrutta il principio dell’arco a sesto acuto, improponibile.
19 – Volta con concio in chiave: assente in qualsiasi nuraghe; è il frutto di una cattiva interpretazione delle architetture rappresentate nei betili-torre rinvenuti nell’isola. Molto più veritiera è la presenza nella parte alta di un ambiente e di un varco per l’uscita sulla terrazza.
Spero, in queste poche righe, di aver risolto almeno qualche dubbio sull’architettura dei nuraghi.
Arricchirò successivamente questo scritto con esempi e immagini che possano rendere un idea più dettagliata dell’architettura.
FONTE:  Mirko Zaru,
Archeologia sarda TM – rivista elettronica 2006 – 2009.(1)
http://www.archeologiasarda.com/beta6/errori_concettuali_architettura_nuraghi.asp 

Qualsiasi riproduzione del testo senza citazione è espressamente vietata.
(1) Questo è un articolo vecchio, ma non è superato: ancora si rappresentano i Nuraghi in modo errato dal punto di vista edilizio. Ancora si fraintendono dal punto di vista culturale ed antropologico. Ancora si rappresentano i Costruttori (di nuraghi) come se fossero rimasti uguali a se stessi per secoli e secoli (i bronzetti sardi, per molti, sarebbero stati fatti da una popolazione nuragica: questo non è vero, né possibile, dati i numerosi secoli trascorsi tra Cpstruttori e Fonditori, che ne erano senz'altro i discendenti: ma non è giusto usare il medesimo nome. Con questa logica, noi dovremmo ancora chiamarci Latini).
Nella realtà dei fatti, malgrado spuntino ad ogni piè sospinto sempre nuovi esperti autodidatti di scienza nuragica, oggi non sappiamo ancora perché fu costruito il primo nuragjhe, né quando. Nè sappiamo perché tale edificio fu ripetuto simile (non certo uguale) per così tanto tempo.
PENNY LANE

Penny lane è una stradina di Liverpool: si trova nei pressi della abitazione di Lennon da bambino e parte che fosse anche il punto d’incontro di Lennon e McCartney, per prendere il bus verso il centro: molti autobus (il 46 ed il 99 tutt’oggi) avevano “Penny Lane” nell’insegna del Capolinea, perché con quel termine si indicava tutta una zona commerciale (Wavertree), che includeva Allerton Road, Smithdwn Place, Smithdown Road, Penny Lane Junction. 

 Il nome deriva da James Penny, un armatore commerciante di schiavi del XVIII secolo, antiabolizionista convinto.

La canzone omonima fu scritta da Paul McCartney ed uscì nel  1967, in un “singolo” con due “lati A” (l’altra facciata conteneva ‘Strawberry Fields Forever’): probabilmente il miglior singolo mai prodotto dai Beatles. Fu prodotto dopo avere visto il grande successo del primo “doppio A”,  “Eleanor rigby/yellow Submarine”.

Una particolarità innovativa e caratteristica di Penny Lane è la tromba (suonata da David Mason, che McCartney aveva voluto, dopo averlo sentito suonare nel Concerto di Brandenburg, di Johann Sebastian Bach), regolata di un’ottava al di sopra dello standard: il risultato è unico. Qualche cosa che non era mai stato fatto prima nella musica rock.

La canzone stessa è surreale: comprende immagini di un bel giorno d’estate (Beneath the blue suburban skies), ma nel contempo piove (the fireman rushes in from the pouring rain) e sembra che l’inverno s’avvicini (selling poppies from a tray, implica il Remembrance Day, 11 di Novembre).
Alcuni commentatori hanno infatti detto: la scena descritta nel testo sembra solamente naturalistica, ma in realtà essa è caleidoscopica. Sembra che sia stato scritto sotto l’effetto della prima LSD.
In realtà, sembra che i Beatles abbiano cominciato solo in seguito a fare uso di LSD e questi potrebbero essere solamente appunti disordinati di gioventù.



Lo “shelter in the middle of the roundabout”  è la vecchia tettoia protetta  ed attrezzata della fermata dell’autobus, situata a Smithdown Place,  in un’apposita ‘isola’ (il roundabout, appunto) e munita di toilettes, che in seguito fu trasformata in caffè ristorante intitolato ai Beatles  (Sgt. Pepper's Bistro) ed infine fu abbandonato, (oggi è in rovina, foto) malgrado sia tuttora meta di turisti e fans.


Il verso misterioso (e fonte di molti ‘mondegreens’, cioè fraintendimenti e malintesi): “Four of  fish and finger pies” è in realtà slang Britannico.
Un “Four of fish”è  una porzione da 4 penny di ‘fish and chips’. “Finger pie”° ha un significato meno innocente:  appartiene allo slang sessuale del tempo e si riferisce al petting più intimo che il riparo della fermata permetteva ai teenagers dell’epoca.
Esiste anche il gioco di parole su “fish fingers” (bastoncini di pesce), per via della vicinanza nel verso delle due parole.
Molti ascoltatori hanno compreso (e cantato, negli anni) “For a fish and finger pies”, oppure “Full of fish and finger pies”: ambedue sono ‘mondegreens’ e sono del tutto sbagliati, anche se omofoni.

Il negozio di barbiere era quello bianco, all'angolo.


I cartelli segnaletici di Penny Lane sono stati rubati dai fans ripetutamente, per anni. Per un certo periodo furono sostituiti da segnaletica dipinta sulle pareti in muratura.
Infine, si produssero segnali fissati in modo più sicuro (furono rubati pure quelli)


Nel 2006 un membro del Consiglio cittadino propose di cambiare alcuni nomi di strade di Liverpool e Penny Lane era nell’elenco: in qualche modo, alla fine, non se ne fece nulla chiudendo un occhio sull’attività, i pensieri e le opere della persona cui è intitolata e rendendo omaggio invece a chi ne ha cantato i propri ricordi di adolescente. Il pompiere ed il camion dei pompieri della canzone si riferiscono  alla Stazione dei pompieri di Mather Avenue, poco distante, che è ancora oggi in funzione.



Testo/ traduzione:

Penny Lane there is a barber showing photographs
Penny Lane c'è un barbiere che mostra fotografie

Of every head  he's had the pleasure to have known
di ogni testa che ha avuto il piacere di conoscere

And all the people that come and go
e a tutti piace andare e venire

Stop and say hello
fermarsi e dire ciaoOn the corner is a banker with a motorcar
ad un angolo c'è un banchiere con una motocicletta

The little children laugh at him behind his back
i ragazzini gli ridon dietro di nascosto

And the banker never wears a mac
e il banchiere non indossa mai un imopermeabile
In the pouring rain...
sotto la pioggia...

Very strange
molto strano
Penny Lane is in my ears and in my eyes
Penny Lane è nelle mie orecchie e nei miei occhi

There beneath the blue suburban skies
là sotto i cieli azzurri di periferia

I sit, and meanwhile back
mi fermo ed intanto laggiùIn Penny Lane there is a fireman with an hourglass
In Penny Lane c'è un  banchiere con una clessidra
And in his pocket is a portrait of the Queen.
e nella sua tasca c'è un ritratto della regina

He likes to keep his fire engine clean
gli piace tenere pulitoil suo camion dei pompieri

It's a clean machine
è una macchina pulita


Penny Lane is in my ears and  in my eyes
Penny Lane è nelle mie orecchie e nei mmiei occhi
Four of fish and finger pies
"quattro di pesce" e "dolci dita"°
In summer, meanwhile back
in estate, intanto laggiù
Behind the shelter in the middle of a roundabout
dietro il bancone nel mezzo della rotonda
A pretty nurse is selling poppies from a tray
una bella cameriera vende papaveri da un vassoio
And though she feels as if she's in a play
e anche se si sente come in una recita
She is anyway
lei lo fa lo stesso

Penny Lane the barber shaves another customer
Penny Lane il barbiere sta servendo un altro cliente
We see the banker sitting waiting for a trim
vediamo il banchiere che siede in arttesa di una spuntata
Then the fireman rushes in
quando il pompiere s'affretta ad entrare
From the pouring rain...
via dalla pioggia che vien giù...
Very strange
molto strano
Penny Lane is in my ears and in my eyes
Penny Lane è nelle mie orecchie e nei miei occhi
There beneath the blue suburban skies
laggiù sotto i cieli azzurri di periferia
I sit, and meanwhile back
resto ed intanto indietro
Penny Lane is in my ears and in my eyes
Penny Lane è nelle mie orecchie e nei miei occhi
There beneath the blue suburban skies...
Penny Lane.
Laggiù sotto i cieli azzurri di periferia...Penny Lane.

martedì 21 agosto 2012

Caro Pasuco,
amico mio: torno a parlarti di parole, ma - ahimé - non per il meglio...


Un grave effetto perverso della globalizzazione consiste in un processo inesorabile di amalgama, il cui effetto ultimo  è l’estinzione delle lingue.

Gli studiosi del linguaggio calcolano in circa 15.000 le lingue che si parlavano verso l’anno 1.500 dopo Cristo.

Era il principio della cosiddetta "Era delle Grandi Esplorazioni" (che furono rese possibili dall'uso intensivo della vela "latina" ricordi?).

Oggi (circa 500 anni dopo, soltanto!) restano circa 6.000 lingue superstiti. 
Gli studiosi pensano che alla fine del secolo in corso, circa il 90% di queste saranno perdute.

Il fenomeno di migrazione e rimescolamento etnico delle popolazioni, che sta facendo perdere le tracce delle linee genetiche "tradizionali" è il medesimo che sta cancellando le lingue.
Noi naturalmente ci auguriamo tutti che le migliori e più rapide comunicazioni ed un superiore livello di comprensione portino, finalmente, qualche buon risultato, con sè.

Ma – di fatto – stiamo perdendo le lingue ancora esistenti, al ritmo di una ogni due settimane. 

Tratto dal National Geographic DEEP ANCESTRY GENOGRAPHIC PROJECT – Spencer Wells e coll. 




C’è chi teme già per la lingua Greca moderna, 
parlata "solo" da 12.000.000 milioni di abitanti. 
 
Si conosce ormai quale sarà il fato, ormai prossimo, delle lingue  (e dei dialetti) cosiddette di minoranza
Ladino, Basco, Sardo, etc.
 
Il processo è continuo, rapido ed inarrestabile: 
è fatto di un torrente di parole straniere 
che entrano continuamente nell’uso comune; 
è fatto dalla moda sovrana, 
dall’introduzione quotidiana di novità tecnologiche 
che non possiedono nomi nazionali; 
è determinato persino da immagini 
(televisive, cinematografiche e telematiche), 
che entrano senza chiedere il permesso 
nelle nostre case in ogni momento, 
spesso con l’ammiccante grimaldello della musica.
Alcune ci piacciono, altre certamente no: ma non è questo il punto....
 
Quanto Italiano è rimasto, nell’Italiano di oggi?
 
Confrontalo con quello di uno, cinque, dieci anni fa, 
(prendi una copia vecchia di un giornale, ad esempio)
poi dimmi non dove stiamo andando, 
ma a che velocità stiamo correndo

STAMPA DECEREBRATA

Fuoco!

Non sparate sul pianista, si diceva un tempo. Oggi, correggerei il tiro. Mirate al giornalista, direi (metaforicamente, naturalmente, non vorrei certamente fare del male ai giornalisti): almeno farete qualche cosa di utile.

Riuscirà mai qualche benemerito a far comprendere ai giornalisti che per fare informazione devono essere informati loro per primi?

Qualunque professionista non faccia il proprio dovere per intero, viene in genere crocifisso, dal Codice Civile se non da quello Penale: in più, il suo Ordine Professionale lo sanziona o lo censura in qualche modo, se non ritiene addirittura di cancellarlo dall'Albo.  Ed in genere proprio loro - i giornalisti - concorrono sempre volentieri a produrre il maggior danno con la loro gogna, come piragnas in frenesia alimentare...

Ma quando loro forniscono un'informazione zoppa, oppure fuorviante o anche del tutto errata, non subiscono alcuna pena disciplinare. 

Come mai?

Così, in questi giorni c'informano dell'entità  e dell'estensione dei danni degli incendi.  Enumerano i mezzi della Prevenzione Civile e dei VVFF che sono stoicamente intervenuti. Snocciolano con pietà i nomi delle vittime animali o umane...

Alla fine, immancabilmente, formulano l'ipotesi.  Sempre e solamente quella: le Autorità pensano si tratti, forse, di un incendio doloso. (forse!)

Tra le cause: il gran caldo, Oppure, sublime: il gran vento.(a che cosa pensano? alla combustione spontanea per il gran caldo? Forse il loro cervello ha sofferto per il gran caldo. Dopo essere evaporato, ora non soffre più, certamente. Oppure hanno ancora il mononeurone occupato dalla farfallina di Belen...).
Qualche altro sproloquio ed ecco l'altro termine meraviglioso: finalmente parlano di "piromani". A volte azzardano qualche riferimento oscuro, ma coraggioso, alle "Ecomafie", non meglio specificate.

Qualche benemerito, dicevo, dovrebbe informarli del fatto che:

1)  L'incendio spontaneo non esiste, praticamente. O meglio: esiste, esiste. Ma richiede: a) grandi quantità di materiale organico, possibilmente fresco e in grado di andare incontro ad una vigorosa fermentazione b) una notevole quantità di acqua, che permetta appunto la fermentazione del materiale organico, fino a raggiungimento di temperature elevate (talvolta 80°C) tali da provocare l'autoaccensione. E' il motivo per cui i letamai "fumano". E' un' evenienza rarissima, che non può verificarsi in estate.

2) Chi provoca un incendio può - talvolta, forse - essere anche dimostrato un malato di mente, dopo appositi ed approfonditi accertamenti. In quel caso, si può etichettarlo come "piromane". Ma prima di tali accertamenti - che nessun cronista è in grado di anticipare - chi appicca il fuoco è certamente un "criminale" e un "potenziale assassino plurimo": un farabutto, da impeciare, impiumare e poi - con rammarico - consegnare ad una Giustizia equa... perché oggi non impicchiamo più nessuno.

Infine: dato che la maggior parte degli incendi in questa stagione secca è provocato dai mozziconi di sigaretta che i fumatori gettano fuori dall'auto (perché mai sporcare il mio portacenere, quando lì fuori ci sono ettari ed ettari di verde da bruciare?), forse il giornalista attento potrebbe anche proporre che in Italia si proibisca il fumo in automobile.
Magari munendo obbligatoriamente l'automobile di di un sensore per il fumo che blocca l'auto, appena a contatto con il carcinogeno volatile in ambiente chiuso.
Oppure, potrebbe spremersi le meningi per trovare qualche altra proposta...

Riassumiamo: allora (e speriamo che almeno un giornalista sappia anche leggere): gli incendi in questa stagione sono tutti provocati. Pertanto o sono colposi o sono dolosi. Il che vuol dire che o c'è stato un imbecille irresponsabile che lo ha causato non volendo, ma facendo qualche cosa di scervellato, oppure è stato un criminale (non un malato di mente, caro giornalista: malato di mente sei tu, se continui a dire piromane). Perché in estate l'incendio spontaneo, cioé quello naturale, non esiste.






È deceduto (sabato, 18-08-2012) a Los Angeles Scott McKenzie (nato Philip Wallach Blondheim), il cantante americano che aveva indissolubilmente legato il proprio nome al movimento Hippie con la canzone "San Francisco” (be sure to wear some flowers in your hair), un grande successo mondiale  nel 1967: aveva 73 anni.
Da due anni entrava ed usciva dall’ospedale per curare una grave malattia del sistema nervoso (sindrome di Guillain-Barré: una radicolo-polinevrite paralizzante). Dall’adolescenza era amico di John Phillips, che avrebbe in seguito formato il gruppo “Mamas and Papas” e che più volte lo aveva chiamato a farne parte negli anni ’60. Quando Doherty uscì dal gruppo, però, cantò per qualche tempo con loro.


Ma McKenzie è sempre stato un po’ ritroso e ha sempre sfuggito le luci del palcoscenico: in fondo non fu mai molto sicuro di sé. Dopo avere prodotto solo due album aveva preferito ritirarsi alla vita privata. Non si sentiva a proprio agio nell’essere identificato come un simbolo della Controcultura del “Flower Power”.
La canzone “San Francisco” fu cantata e portata al successo da Scott, con la sua voce veramente 
McKenzie   (al centro della foto)   con i "Mamas & Papas".   

perfetta per esprimerne il contenuto. Ma  era stata scritta poeticamente da John Phillips, che si era ispirato alla gentilezza ed all’amore che aveva osservato nelle frotte di giovani visitatori che diventavano sempre più frequenti a e numerosi nella città di San Francisco.
La canzone fu quarta negli Stati Uniti e prima in Inghilterra e nel resto dell’Europa. Fu lanciata un mese prima del Monterey International Pop Festival (incidentalmente prodotto da Phillips ed Adler).
Mc Kenzie fu invece il coautore di “Kokomo”, dei Beach Boys, nel 1988, che ha cantato più volte.

Nel 2004, a Berlino

Testo/traduzione
If you're going to San Francisco
Se stai per andare a San Francisco
Be sure to wear some flowers in your hair
Assicurati di portare fiori nei capelli
If you're going to San Francisco
Se vai a san Francisco
You're gonna meet some gentle people there
V’incontrerai  persone gentili

For those who come to San Francisco
Per quelli che vanno a San Francisco
Summertime will be a love -in  there
L’estate sarà un incontro d’amore
In the streets of San Francisco
Nelle strade di san francisco
Gentle people with flowers in their hair
Persone gentili, con fiori tra I capelli

All across the nation, such a strange vibration
Per tutta la Nazione, che strana vibrazione
People in motion
Gente che si muove
There's a whole generation with a new explanation
C’è un’intera generazione, con una nuova spiegazione
People in motion, people in motion
Gente che si muove, gente che si muove

 For those who come to San Francisco
Be sure to wear some flowers in their hair
If you come to San Francisco
Summertime will be a love-in there

 If you come to San Francisco
Summertime will be a loving day