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martedì 26 maggio 2015

La musica più antica

Listen to the Oldest Song in the World: 

A Sumerian Hymn Written 3,400 Years Ago

OldestSong







In the early 1950s, archaeologists unearthed several clay tablets from the 14th century B.C.E.. Found, WFMU tells us, “in the ancient Syrian city of Ugarit,” these tablets “contained cuneiform signs in the hurrian language,” which turned out to be the oldest known piece of music ever discovered, a 3,400 year-old cult hymn.  Anne Draffkorn Kilmer, professor of Assyriology at the University of California, produced the interpretation above in 1972. (She describes how she arrived at the musical notation—in some technical detail—in this interview).   Since her initial publications in the 60s on the ancient Sumerian tablets and the musical theory found within, other scholars of the ancient world have published their own versions.
The piece, writes Richard Fink in a 1988 Archeologia Musicalis article, confirms a theory that “the 7-note diatonic scale as well as harmony existed 3,400 years ago.” This, Fink tells us, “flies in the face of most musicologist’s views that ancient harmony was virtually non-existent (or even impossible) and the scale only about as old as the Ancient Greeks.” Kilmer’s colleague Richard Crocker claims that the discovery “revolutionized the whole concept of the origin of western music.” So, academic debates aside, what does the oldest song in the world sound like? Listen to a midi version below and hear it for yourself. Doubtless, the midi keyboard was not the Sumerians instrument of choice, but it suffices to give us a sense of this strange composition, though the rhythm of the piece is only a guess.
Kilmer and Crocker published an audio book on vinyl (now on CD) called Sounds From Silence in which they narrate information about ancient Near Eastern music, and, in an accompanying booklet, present photographs and translations of the tablets from which the song above comes. They also give listeners an interpretation of the song, titled “A Hurrian Cult Song from Ancient Ugarit,” performed on a lyre, an instrument likely much closer to what the song’s first audiences heard. 
Unfortunately, for that version, you’ll have to make a purchase, but you can hear a different lyre interpretation of the song by Michael Levy below, as transcribed by its original discoverer Dr. Richard Dumbrill.

giovedì 30 gennaio 2014

Pioveva, quel giorno...


Qualcuno asserisce che: "pioveva, quando i Shardana conquistarono Ugarit"...

A parte l'umorismo intrinseco della frase (come può un archeologo, oppure uno storico, o chiunque altro - se è per questo - risalire ad un dettaglio insieme così liricamente preciso e così meravigliosamente insignificante?!), già Claude Schaeffer (il primo scavatore di Ugarit, uno dei migliori archeologi francesi del suo tempo) aveva compreso che le cose non erano affatto andate così, quando sostenne - per primo - che "Ugarit non era caduta per un assedio, bensì per un terremoto". Non poté provarlo. Fu ridicolizzato.

Gli è stata finalmente resa ragione, con gli studi tecnologici di oggi: Ugarit cadde davvero per un maremoto ed un terremoto (non sappiamo dire se piovesse, ma invero ce ne curiamo davvero poco!). 
Cartina 'copia e incolla' illustrante i presunti movimenti di 'invasione, distruzione e ritorno a casa' dei fantomatici 'Popoli del Mare'. 
Ovviamente, le zone di distruzione si trovano esattamente sopra o comunque mai lontano dalle linee di faglia della zona, tra le più attive nel mondo: la faglia Nord-Anatolica, la faglia del Mar Morto, la faglia Egea, la faglia degli Zagros , etc.
Solo in seguito, le popolazioni circostanti (forse proprio gli 'Aramei' della buffa cartina che indica ancora tutta la finta 'epopea' degli inesistenti 'Popoli del Mare'!) attaccarono e depredarono ciò che ne restava, senza la necessità di un vero assedio, perché le mura che la difendevano erano crollate e la popolazione era in un comprensibile stato di abbattimento e di terrore. Ras Shamra, la 'collina dei finocchi' restò così deserta e non fu più ricostruita: eppure era stata una città stato potentissima! L'archeologia mostra tracce di abbandono per lunghissimo tempo.
Negli episodi del Collasso della fine dell'Età del Bronzo ci furono, pertanto, episodi di 'guerra', se proprio vogliamo puntualizzare. 
Ma certamente non si trattò del baldanzoso avanzare di un avventuroso esercito invincibile con le armature scintillanti sotto il sole! Questa è un immagine fumettistica.
Fu, piuttosto, il molto più realistico tentativo di tutti gli esseri viventi per sopravvivere ad una intera serie di orribili eventi naturali concatenati perfidamente e tutti più grandi di loro.
Quel tentativo fu condotto in ogni modo possibile ai profughi spaventati: fuggendo, cercando una nuova terra, strisciando, se necessario combattendo e morendo: per i propri figli, se non per sé.

E sono certo che quegli uomini e quelle donne - se solo per ipotesi potessero - desidererebbero essere ricordati per quello che realmente furono: testardi, tenaci, irriducibili combattenti della sopravvivenza, semplici ed umili persone normali, ma vere e realmente esistenti, con negli occhi il sogno sfavillante di una terra promessa per sé e per i propri figli. Molti perirono e solo alcuni ebbero successo: e i loro discendenti sono qui tra noi, oggi.

Non meritano di essere ricordati come ridicoli ed insignificanti super-eroi da fumetti: non meritano questa offesa, solo per promuovere qualche scribacchino da due centesimi che desidera strumentalizzare i desideri di un pubblico bambino. Magari per vincere un'elezione agitando un simbolo identitario.