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giovedì 6 agosto 2015

TRULLI

I nuraghi non sono costruzioni megalitiche (semmai: ciclopiche), come erroneamente riporta qui Angiulli. 


Ma questo è e resta un articolo interessante: notare la prudenza estrema (che approvo in pieno) nell'asserzione per cui l'architettura del trullo (e non il trullo in sé!) sarebbe giunta qui dall'Oriente.

In ogni caso, l'autore chiarisce come non esistano trulli antichi, risalenti - per esempio -  al periodo del nuraghe...



La genesi dei trulli di Alberobello

Uno studio, dettagliato e autorevole, sulle origini delle celebri costruzioni trulliformi
articolo Gino Angiulli
per la rivista SITI
La genesi dei trulli di Alberobello
Le problematiche riguardanti i “trulli”, queste meravigliose e fiabesche costruzioni che continuano ad incuriosire, a stupire ed affascinare migliaia e migliaia di visitatori, sono molteplici e non sempre di facile risoluzione. Proverò a sottoporre alla vostra cortese attenzione quelle più interessanti nella sintesi rispettosa del breve spazio a mia disposizione. I trulli sono la testimonianza di una cultura e di una civiltà della pietra che ha il proprio presupposto nella storia delle relazioni fra i popoli mediterranei. 

Fino al 1870 queste caratteristiche costruzioni pugliesi, ad eccezione dei dolmen e dei menhir, risalenti al XIII-XII secolo a.C., non sono state oggetto di ricerca e di studio. Solo a partire dalla seconda metà del secolo XIX troviamo tracce di studi storici, riflessioni, appunti di viaggio, ipotesi più o meno verosimili riguardanti i nostri trulli.

 Ma la vera origine delle costruzioni a trullo in Puglia e particolarmente dell’agglomerato di Alberobello, è tuttora oggetto di ricerche e di erudite disquisizioni. Si può affermare che le costruzioni trulliformi trovano i loro antenati in edifici risalenti al III millennio a.C. della Mesopotamia e nelle tombe a tholos interrate della Grecia (I tholoi di Micene), di Cipro e di Creta. Il trullo ha lo schema classico della cupola micenea del tesoro di Atreo, databile fra il 1500 e il 1250 a.C. Di questo tipo di abitazioni, più o meno primitive e in pietra a secco, se ne trovano in molte contrade del mondo, soprattutto dell’Europa e particolarmente nei paesi mediterranei.

 Per questo la maggioranza degli studiosi (archeologi, antropologi, etnologi, paletnologi, speleologi, architetti, geologi, ingegneri) ritengono che l’architettura del trullo nelle sue forme primitive sia giunta a noi dal vicino Oriente. 

Fra le testimonianze più antiche si segnalano quelle di Harran, nel Kurdistan turco, località menzionata nella Genesi perché da quel luogo partì Abramo verso Ur. Si tratta di migliaia di trulli monovano di colore ocra perché costruiti con conci di terra cotti al sole. Anche in Irak ad Arpachiya, vicino a Mossul e a est di Ninive vi sono ruderi di villaggi con case di mattoni di fango che hanno la parte superiore a cono. Emblematiche le piccole case a trullo scavate nel tufo vulcanico della Cappadocia e dell’Anatolia. Inoltre le quhab, koubba dell’Africa (Tripolitania, sud-ovest del lago Ciad, Sud Africa) e gli stupas dell’India che hanno la medesima forma di base della tomba di Atreo in Micene, ma il tetto fatto di sterpi. Costruite interamente in pietra sono: le piccole case di roccia di Aleppo e a Koum in Siria, agglomerato di capanne in pietra simili ai trulli di Alberobello; le rosse ghirna a Mellieha (Malta) e nell’isola di Creta; le casitas, cabane, orno, cabala, citania in Spagna; le navetas, talayot, barracas, garrite delle Baleari e delle Canarie; le cazun, kazeta, casite dell’Istria e della Croazia; le kaniavà delle isole del Dodecaneso; le hisica del carso Sloveno e triestino; le bunja, cemeri, poljarice, kucerice della Dalmazia; le castella della Corsica; le longbarrow dell’Inghilterra; le oratory, clochan, both dell’Irlanda, del Galles e della Scozia; le burg, brock, brough delle isole Shetland; le bechive house delle isole Harris e Lewis; le manè della Bretagna; le masures rustiche di Limoges; le capitelles della Linguadoca francese; le cabanons delle Alpi marittime; le orris dei Pirenei; le borjes di Gordes in Provenza; queste sono costruzioni di pietra a secco che, come tecnica costruttiva e aspetto, sono simili ai nostri trulli di campagna. In Italia fra le principali testimonianze rileviamo: le sesi di Pantelleria; le casela di Alassio in Liguria; in Sardegna: i megalitici nuraghi; le pinnéta, barraca della Barbagia; in Puglia: le specchie della Murgia alta; i pagghiare di Mattinata, nel Gargano meridionale; i ‘tturr di S. Ferdinando di Puglia; le rare casiedde, caselle, pagghiaie del Nord Barese; i truddhu, ruddo, turri, furnieddhu, furnu, pajaru, chipuru, calvari, liama del sud Salento; e naturalmente: le casedde della Murgia dei Trulli che comprende Alberobello, Locorotondo, Martina Franca, Costernino e la Valle d’Itria, sulle quali ci soffermeremo. 
Tutte le costruzioni in pietra a secco sin qui citate sono legate dalla similitudine geologica della disposizione tettonica e stratigrafica del suolo.
 In pratica la struttura a trullo è stata adottata nelle zone del mondo dove è disponibile una particolare forma di pietra scomparendo quando questo materiale non è più reperibile.
Ma i nostri trulli si discostano dai tipi analoghi citati, relitti di epoche lontane, per la continuità di uso di cui sono stati fatti oggetto, che ha favorito il formarsi di una caratteristica architettonica più perfezionata. Vediamo più da vicino il fenomeno Trulli nella nostra terra di Puglia, anche se, come ho innanzi accennato, è ancora discusso e non accertato. Si suppone che questo tipo di ricovero fu importato dalle genti pelasgiche (Elleni, I millennio a.C.), messapiche, fenicie (1200 a.C.), che nelle epoche preistoriche pervennero numerose dall’Oriente; la prima terra italiana che incontravano era la Puglia dove si stanziavano e necessariamente introducevano il tipo della casa rustica con la cupola conica a loro ben nota. 
Questo tipo includeva le capanne, che erano rifugi con le strutture del tetto in legno o in sterpi, le grotte naturali o scavate dall’uomo, le strutture megalitiche comprendenti dolmen, menhir e nuraghi e le microlitiche, cioè le specchie e i trulli, con la cupola che li caratterizza. In Puglia non si conoscono trulli millenari. Nei trulli non si riscontrano contrassegni, stemmi, date incise, epigrafi, che indichino la proprietà e l’anno di costruzione. I più antichi sono databili alla fine del XVII secolo. Questi hanno la forma semplice e primitiva del trullo di campagna e, come abbiamo evinto, non sono esclusivi del nostro territorio. 
Perché si diffusero in Puglia? Come ho accennato, innanzitutto per le vistose testimonianze lasciate dai flussi trans marini di popolazioni mediterranee sbarcate sulle nostre coste e che hanno attraversato o occupato e popolato la regione. In particolare: la seconda colonizzazione greca, attuata in Puglia da Bisanzio nel secolo X, che ha lasciato vistose testimonianze nella lingua, in campo amministrativo, artistico, negli usi e nei costumi; le successive scorribande dei musulmani turchi sulle nostre coste; i continui contatti con i mercanti orientali Magnogreci, Bizantini, con i crociati, con i Veneziani, tutti favoriti dalla vicinanza e dall’agevole approdo che offrivano i nostri porti. Molti di loro, rimasti per vari motivi in loco, portavano indelebile nelle loro menti l’immagine ricordo delle costruzioni a secco che all’occasione hanno riprodotto nelle nostre contrade. Per far questo sono stati facilitati: dalla natura del nostro sottosuolo calcareo che, in superficie, è costituito da strati rocciosi di limitato spessore. 

Determinante pertanto è la geologia del suolo e ciò è avvalorato dalla constatazione che la diffusione del trullo in pietra termina bruscamente dove si interrompe la particolare natura geologica di calcare stratificato, abbondante in superficie; perciò i trulli sono rari nella vasta pianura del tavoliere foggiano e sui terreni argillosi del golfo di Taranto. 
Da ragioni economiche, dettate dalla minima o quasi nulla spesa nel costruire con materiale offerto direttamente dal suolo e sul posto. Per i nostri avi era più facile ed economico servirsi della pietra abbondante in superficie che usare il troppo resistente legno delle querce, pur copiose nei nostri boschi, legno, questo, restio alla lavorazione con la sola scure.
 Da ragioni di sicurezza: il trullo protegge dalla pioggia e dalla neve; il fuoco acceso nel rudimentale focolare interno non costituisce pericolo d’incendio per la propria abitazione, né per la comunità e soprattutto per la vegetazione boschiva circostante. 
Dalla facilità di edificazione: per erigere il trullo non occorreva numerosa presenza di mano d’opera: il materiale usato, piccoli conci, è manovrabile da un singolo operatore, essendo a portata d’uomo le pietre utili alla sua costruzione. Il trullo, pertanto, era edificato dallo stesso contadino col solo aiuto dei parenti o degli amici e, in genere, con lo stesso materiale lapideo reperibile nel podere. dalla facilità di riparazione ed eventualmente di ricostruzione, potendo utilizzare lo stesso materiale ricavato dalla demolizione del trullo reso inabitabile dal suo uso negli anni. 
Originariamente i trulli primitivi pugliesi, rozzi e semplici, furono costruiti da pastori e contadini, con le pietre raccolte sul posto, e ciò è vero; per questo qualche studioso non esclude che la tecnica possa essere stata inventata in Puglia indipendentemente dalla sua adozione in altre parti del mondo. Una tesi che non condivido. In quale modo, con il passare del tempo, queste rustiche dimore diventarono i trulli che tutti ammirano sarà al centro di uno specifico articolo che pubblicheremo in un prossimo numero di SITI.




- da Wiki:

Costruzioni interamente edificate in pietra che ricordano da vicino la tecnica costruttiva dei trulli sono presenti in varie parti dell'Europa e del Mediterraneo. Alcune tra più note sono:

Costruzioni analoghe

In Italia
In Puglia


martedì 25 marzo 2014

Definizione di Nuraghe.




Nuraghe Losa (Abbasanta).
I 'conci' basali sono ciclopici e di taglio naturale. Quelli man mano più elevati tendono ad essere sempre più regolari ('isodomi') e piccoli.
[Credit: Sardegna Digital Library]

Per quanto a lungo io abbia cercato, non ho mai trovato una completa ed esauriente definizione: non ce n'è  sull'Internet, non se ne trovano sugli opuscoli, né sui libri. Anche perché tutti - dopo una brevissima descrizione (spesso sommaria) si lanciano su interpretazioni soggettive e seguono i percorsi erratici della fantasia o quelli strumentali dell'Identità.
E allora ne ho stilata una io.

Definizione di Nuraghe.

Il Nuraghe è una monumentale costruzione preistorica sarda, di dimensioni e forme variabili, edificata senza leganti, con pietre di varie dimensioni (talvolta enormi) e variamente lavorate (a volte di taglio naturale, altre volte regolari), più frequentemente a forma di tronco di cono e bene evidente nel paesaggio ancora oggi, malgrado i crolli parziali cui tutti i nuraghi sono stati soggetti. Si tratta di una costruzione distintiva (seppur non esattamente unica) della Sardegna, caratterizzata, nel suo schema più semplice da due elementi: una torre ed scala elicoidale che conduce al piano superiore.

Esempio di costruzione 'a secco' non sarda: un cubburo siciliano.

Caciara Abruzzese (a secco)

Forme.

Esistono due forme differenti e predominanti:

(1)  La maggior parte dei nuraghi restanti presenta uno sviluppo verticale, con forma a Torre Singola e pareti inclinate che le conferiscono la caratteristica forma a tronco di cono, base circolare, spesso muro senza leganti ('a secco'), costruito con tecnica detta “a sacco”(*), una camera centrale circolare, voltata ad ogiva (“tholos”) [Nuraghe a Tholos] e che presentano una scala per accedere al piano superiore. Del medesimo tipo esistono varianti con più stanze a “tholos” sovrapposte in una singola torre a due, o anche tre piani. Alcuni esempi, infine sono a più torri variamente collegate a formare un’unica mastodontica costruzione (Nuraghi Complessi, o Polilobati, in genere edificati in più tempi). Questo gruppo presenta caratteristiche generali piuttosto uniformi – pur nella vasta gamma di variazioni – e discrete difficoltà costruttive.

(2)  Una piccola percentuale (circa il 10%) è invece costituita da Nuraghi a Corridoio [o a bastione], che rispondono a canoni edilizi meno uniformi e rigidi (pianta ellissoidale, interni di varia forma, estensione e sviluppo, copertura a trilite oppure navicolare), presentando minore sviluppo verticale, in genere meno appariscenti dei primi, pur raggiungendo anch’essi in taluni casi proporzioni enormi. Per la loro forma, apparentemente più “primitiva” erano precedentemente definiti “protonuraghi” o addirittura “pseudonuraghi”.

Esempio di muro a SACCO (ma non a SECCO: è infatti presente un legante).
(*) Nella "tecnica a sacco" coesistono sostanzialmente tre elementi costitutivi, distinti e riconoscibili, nella costruzione:

a) Un "paramento murario" esterno (rivolto verso i possibili “nemici”), costituito da blocchi di notevoli dimensioni, di taglio naturale, reciprocamente disposti ad incastro reciproco in modo vantaggioso per la robustezza e la statica (richiede ottima percezione tridimensionale dello spazio, da parte dei costruttori!).
b) Un muro interno (rivolto verso la parte “amica” dell'area), composto di massi (conci) di minore proporzione, ma pur sempre discretamente voluminosi, edificato con principi sovrapponibili a quelli esterni.

c) La parte intermedia tra strato esterno ed interno (che insieme, idealmente, costituiscono le due pareti del “sacco” contentivo) è composta d’abbondantissimo pietrame medio-piccolo e pietrisco minuto, in modo da realizzare un composto “auto-costipante” (la cui compattezza aumenta anche solo con la gravità, oppure con il calpestio, ad esempio, probabilmente effettuato durante la costruzione stessa), che sarebbe errato - pertanto - considerare come un elemento di riempimento solamente passivo: esso - anzi - partecipava moltissimo alla robustezza ed alla stabilità del manufatto finito.


Muro 'a Sacco' (Velia)


Date.

La più antica data d’edificazione dimostrata sembra, per ora, essere il 1.800 a.C. (Bronzo Medio o Bonnanaro B), anche se qualche studio controverso porterebbe indietro la prima edificazione sino al 2.800 a.C. (Nuraghe Noeddos, Trump, 1990: in pieno Eneolitico ed anteriore al “Monte Claro”). Si tratta di un argomento “sensibile e controverso”.

Ma il Consenso Comune divide - più prudentemente - il Nuragico in tre periodi:

1)    Nuragico I (1600-1300),
2)    Nuragico II (1300-1150),
3)    Nuragico III (1150-850).

Si presume che la maggior parte di essi sia stata costruita tra  (1) e  (2).  In ogni caso, il Nuraghe è comunque più antico delle altre costruzioni in qualche modo analoghe comparse, in epoche differenti, nel Mediterraneo (includendo in questo novero le Tholoi micenee, i Talayots delle Baleari, le Motillas spagnole ed i Brochs scozzesi). Solo le Torri Corse sono in qualche modo correlate e coeve al Nuraghe. Le costruzioni israeliane di El-Ahwat sono posteriori e più rozze dei nuraghi e non possiedono alcun rapporto con essi.

Tempi di costruzione.

Si pensava che i tempi fossero lunghi: G. S. Webster calcolò che fossero necessari da 4 a 6 anni (per un gruppo di 10 uomini, che lavorassero da 2 a 4 mesi all’anno, e raccogliesse circa 3.000 conci in 3600 ore di lavoro).

Ma non sono affatto così lunghi: un costruttore autodidatta, in pensione, ha impiegato 90 giorni – da solo – a edificare un nuraghe veramente piccolo e alquanto difettoso, dentro Ghilarza: ma va detto che si è servito di un trasportatore per avere il materiale già pre tagliato sul posto, il che ha indubbiamente molto sveltito il lavoro.

Più recentemente, è stato calcolato che, per una squadra di 16 / 20 uomini,  sono necessari 182 / 200 giorni di lavoro per edificare un piccolo nuraghe composto da 5083 conci, con una giornata lavorativa di 8 ore, per un nuraghe alto 13 m con 11 m di diametro alla base, una tholos interna alta 6m con un diametro di 4,5 m ed una scala lunga 25m con una pendenza di circa 30°.

Numero.

Sono attualmente poco meno di 7.000, ma si sa per certo che inizialmente sono stati più numerosi, dal momento che si ha notizia di molti nuraghi che in epoca antica (°) e recente (^) sono stati usati come cave di materiale edilizio per costruire argini di fiumi, strade, muri e capanne.  Il risultato è che i nuraghi oggi sono meno numerosi o più danneggiati là dove le attività umane furono più intense.

(°) Ad esempio, il cosiddetto “villaggio nuragico” sito intorno al Nuraghe di Barumini è posteriore ad esso ed è stato edificato cannibalizzando il nuraghe stesso.
(^) Il nuraghe Murié, sito presso Orosei, fu quasi completamente demolito impiegando i suoi conci negli argini del fiume Cedrino.

Distribuzione.

Alcuni ipotizzano – senza prove – che i Nuraghi fossero uniformemente distribuiti in tutto il territorio dell’isola. Più probabilmente essi occuparono, estendendole,  proprio le medesime zone che le precedenti Culture Sarde avevano scelto come le più adatte allo stanziamento umano. La scelta cadeva quindi sulle zone alluvionali, sul terreno più facilmente coltivabile con le tecniche conosciute al tempo e più “profondo” (il terreno di tale qualità è scarso in Sardegna e distribuito lungo l’alveo dei fiumi maggiori, negli ‘alluvi’). Esistono altre teorie, secondo le quali la distribuzione dei nuraghi seguirebbe altri criteri: astronomici, militari, di controllo del territorio (vedi di seguito). Ma siamo – oramai – nel campo delle speculazioni.


Uso e funzioni.

È questo un punto molto controverso, in quanto – in assenza d’elementi dirimenti la questione con assoluta certezza – esiste spazio per la formulazione di differenti ipotesi, nessuna certa.

[a] Ipotesi militari. Tra le molte sfumature differenti, prevale ora quella della difesa passiva del territorio: il nuraghe, cioè, con la propria imponenza, incuterebbe timore ai possibili nemici, intesi in questo caso più come facenti parte di un altro clan sull’isola e quindi non molto numerosi, non bene organizzati. E’ evidente che un vero esercito bene organizzato e numeroso non sarebbe ostacolato dai nuraghi: passerebbe indenne tra di essi, razziando e distruggendo tutto, a dimostrazione del fatto che  come struttura bellica, il nuraghe è poca cosa. Secondo alcuni, la disposizione d’alcuni nuraghi è intorno ad alcune zone minerarie, per interdirne l’utilizzo ad altri.

[b] Ipotesi religiose. Nelle varie versioni, si tratterebbe di un edificio con valenze religiose, da quella tombale (più antica) a quella templare (più recente), insieme o separate ed eventualmente combinate con [c]. La “nicchia d’ingresso” (garitta di guardia per [a]) sarebbe dedicata alla deposizione della persona (santo o eroe) al quale il nuraghe stesso era dedicato.

[c] Ipotesi astronomiche. I nuraghi sarebbero stati costruiti da una popolazione che conosceva bene l’astonomia ed i movimenti dei corpi celesti. Sarebbero orientati secondo costellazioni precise, o fasi lunari e/o solari particolari; persino alcune aperture nella loro struttura sarebbero state prodotte ad arte per sfruttarne volutamente l’effetto, con l’ingresso della luce in determinati momenti.  Lo scopo sarebbe in parte come in [b] ed in parte il riconoscimento di date importanti per l’agricoltura.

[d] Ipotesi multifunzionali. Nelle varie versioni, si tratterebbe di costruzioni con più funzioni identificative e rappresentative del benessere e dello stato sociale di ciascuna comunità di sardi, in una società divisa dall’orografia dell’isola, ma esprimente un’identità culturale di fondo. Intorno al nuraghe, si sarebbero svolte le attività utili e aggregative sociali d’ogni tipo: da quelle più quotidiane ed abituali a quelle periodiche e saltuarie od eccezionali. Secondo questa ipotesi, il nuraghe poteva servire come 

- “status symbol” (indicatore della ricchezza, con implicazioni anche di [a] per difesa passiva e deterrente), 
- come punto di osservazione per i residenti e punto di riferimento per i visitatori che venissero da lontano (“punto cospicuo”), 
- ma anche come “punto fisso” di trasmissione e ricezione dei segnali [a],
- come deposito redistributivo delle risorse in una società già discretamente stratificata e differenziata nei ruoli (“granaio”), non più allo stato di tribù, ma più vicina alla situazione di Chefferie (pre-Stato).

[e] Ipotesi abitative (d’elite?). Chi sostiene questa ipotesi parte dalla considerazione che, così come appaiono adesso, i nuraghi sono oggi poveri resti spogli di ciò che invece erano all’inizio. E’ lecito pensare che – durante il loro uso – fossero invece coibentati con vari materiali (sughero, strame e fango, pellicce: esattamente come le capanne nuragiche: quelle sì, vere abitazioni), partiti da soppalchi e tramezzi in legno (verticalmente ed orizzontalmente) e completati da terrazzature lignee, corde, stuoie, tappeti, arredati da suppellettili, lampade e tessuti, oltre che da oggetti d’uso e forse anche intonacati e dipinti. Tutto ciò – insieme alla presenza documentata di alcune vene d’acqua talvolta accessibili ancora oggi all’interno di alcuni nuraghi – avrebbe influito positivamente anche sull’abitabilità, oggi scarsa, in verità, di tali strutture.

sabato 22 marzo 2014

ARCHEO ATTACK

FACCIAMOCI UN NURAGHE DA NOI SENZA COLLA VINILICA

di Desi Satta

Cari amici, abbiamo un po’ di tempo libero e uno spazio nell’orto? E allora dai: facciamoci un nuraghe e rinverdiamo i fasti dei nostri avi costruttori.
Cosa ci vuole e quanto tempo? Seguite le istruzioni passo dopo passo e lo saprete: buon divertimento!
Ah, un’ultima cosa: al contrario di Art Attack non servono i cilindri di cartone della carta igienica né la colla vinilica.
  1. Individuate un’area libera di 12x12 mq nel vostro orto; assicuratevi che sia facilmente raggiungibile dal cancello e che disponga di un’area adiacente (il parcheggio dietro il supermarket accanto a casa andrà benissimo) in cui stoccare gli ingredienti per il gioco;
  2. Prendete una corda intrecciata con fibre vegetali (le foglie di asfodelo vanno benissimo) lunga una decina di braccia;
  3. Piantate un piolo nel terreno al centro dell’area individuate e legateci la corda;
  4. Tagliate un ramo alla lunghezza di un braccio;
  5. Misurate otto braccia sulla corda partendo dal piolo e fate un nodo;
  6. Tracciate un cerchio in corrispondenza del nodo;
  7. Ripetete la procedura per una lunghezza di quattro braccia circa 2,25 m).
A questo punto abbiamo ottenuto la pianta del nostro nuraghe. Sì è vero, somiglia moltissimo alla pianta del nuraghe Sa Pedra di Macomer (cfr Moravetti). A questo punto decidete che materiale intendete usare. Abitate in periferia? Benissimo, allora non avrete difficoltà. Nella zona di Macomer? Fantastico, perché nel raggio di 300m da casa vostra (in media) troverete tutto il materiale di cui abbisogniate. Se così non fosse leggete fino alla fine e saprete come fare.
  1. Contattate vostro cognato, proprietario di quattro buoi per le due traccas che usa a carnevale e ditegli che volete fare un nuraghe nell’orto; se non vi manda immediatamente a quel paese, visto che ci siete, chiedetegli anche se ha un paio di amici (tre) che non hanno niente da fare (andranno benissimo tre operai in cassa integrazione che risparmieranno un sacco di soldi evitando di bere birra al bar) e fatelo venire a casa vostra;
  2. Adesso prendete una quarantina di metri di corda intrecciata con fibre vegetali (bella robusta), quattro robusti pali di ginepro dritti e lunghi dieci braccia, sei o sette pali di ginepro da utilizzare come leva e come slitta;
  3. Quando gli amici arrivano, dite loro che avete bisogno di portare qualche pezzo di trachite nel parcheggio del supermarket dietro casa, e mostrate loro l’elenco di fig 1;
  4. Se per caso vi dicono che siete matto, fategli notare che in fondo si tratta di sassi non troppo grandi e specificate che i più grandi in assoluto (quelli da 1 mc di media) sono solo 75 e devono essere allungati (ad esempio l= 2m; h=0,4m; d=0,7m) quindi più facili da movimentare di un cubo da un metro di spigolo; dite anche che di quelli davvero grossi ne servono pochi, e possono prenderli anche da 0,8mc, o 0,7mc, basta che siano di forma allungata e ragionevolmente piatti;
  5. Quando finalmente li avrete convinti (se avete un bel po’ di cannonau sarà più facile) spiegate loro che devono fare come segue: trovato il sasso devono sollevarlo con due leve ad un’estremità e poggiarla su un palo di ginepro lungo due braccia o poco meno; imbragarlo al palo e ripetere l’operazione con un altro palo (i pali vanno imbragati trasversalmente al senso della lunghezza alle due estremità); una volta che il masso è imbragato si solleva con due leve e si caccia sotto uno dei pali, orientato in direzione del parcheggio del supermarket; poi si ripete con un altro palo, disposto parallelamente al primo a distanza di un braccio; per tirarlo sui binari si usano i buoi; a questo punto si fanno tirare i quattro buoi e ci si muove; quando i pali sono stati percorsi, se ne mettono altri due, si prendono quelli rimasti indietro e si mettono davanti; se tutto va bene e non ci sono muretti a secco o altri ostacoli, si va facilmente ad una velocità di 200 m/h (includendo il tempo perso per l’imbragatura, anche se si va in pendenza, basta che non sia troppo accentuata); naturalmente non devono partire dai sassi più grandi, lo faranno se li trovano vicini, altrimenti prenderanno quello che c’è spuntando di volta in volta dall’elenco, e facendo carichi da 1 mc circa, che è un volume facile da trasportare; nel caso di pietre piccole (ad esempio da 300 kg, se ne prenderanno tre o quattro alla volta, usando una slitta;
  6. A questo punto almeno uno degli amici si ricorderà che il nonno, quando aveva spietrato un campo per coltivare il grano, aveva usato i buoi per tirare via i massi di dimensioni più grandi, che erano più o meno come quelli che occorrono, e li aveva fatti semplicemente strisciare per terra trainandoli con i buoi; voi fategli notare che con la vostra tecnica si fa molto prima, perché si evita che i massi si piantino nel terreno; se non sono convinti, cercate altri amici, tanto oggi in Sardegna di gente in cassa integrazione ce n’è moltissima;
  7. Mentre loro si allontanano, ricordatevi di ringraziare la Madonna del Rimedio perché nessuno (a causa del cannonau bevuto) ha pensato di domandarsi quanto tempo impiegheranno; per saperlo basta moltiplicare la distanza media a cui si trovano i massi (300m, quindi parecchi anche più lontani) per la cubatura da trasportare (circa 842 mc), che risulta di 158 giorni se si lavora otto ore al giorno o 126 se si lavora dieci ore; naturalmente se avete molti amici e costituite due squadre (otto uomini, otto buoi), impiegherete 80gg oppure 65; ma se si usano quattro squadre (sedici uomini sedici buoi), allora i tempi si riducono a 40gg e 33gg; insomma: se avete molti amici (sedici non è un numero elevato), in un mese o poco più avete finito;
  8. A questo punto avvertite il proprietario del supermarket che avrà qualche problemino per un po’ di tempo e partite per un viaggio alle Fiji, avendo l’accortezza di lasciare le chiavi della cantina a disposizione degli amici che portano i sassi;
Dopo un mese (voi avete molti amici e ne avete trovato sedici senza problemi) tornate a casa abbronzati da fare schifo e non trovate parcheggio al supermarket. La vostra riserva di Cannonau è esaurita e la casa è ridotta un disastro, ci sono bottiglie dappertutto e vostra moglie chiede il divorzio. A questo punto fate un salto al Rimedio per lasciare un ex voto e lungo il ritorno fermatevi ad ordinare un’autobotte di cannonau perché ne avrete bisogno: state per avviare la realizzazione del nuraghe.
  1. I vostri sedici amici (con vostro stupore) sono contentissimi del lavoro che hanno svolto (e del vino che hanno bevuto); non vedono l’ora di dare l’avvio ai lavori; addirittura ce ne sono altri quattro che vorrebbero aggiungersi all’impresa e voi non sapete dire di no;
  2. Lasciatevi convincere perché otto braccia in più fanno comodo e, visto che ci siete, chiedetevi se raddoppiando le risorse (arrivando a quaranta uomini) non si potrebbe fare prima;
  3. Presi dal dubbio, cercate pure Tziu Tottoi, che da una vita costruisce muretti a secco (e sa bene come fare ad incastrare le pietre l’una con l’altra) e chiedetegli se ha voglia di darvi una mano;
  4. Siccome siete fortunati (la fortuna arride sempre ai folli) Tziu Tottoi si rende disponibile e vi suggerisce di cercare altri venti volontari per un totale di quaranta, da suddividere in quattro squadre da dieci (con due buoi ciascuna) per tirare su i primi quattro o cinque metri di torre;
  5. Ordinate subito un’altra autobotte di Cannonau;
  6. Andate alla sede del locale partito indipendentista NI (Nuraki&Indipendentzia) e manifestate l’intenzione di realizzare un Nuraghe; venti attivisti si renderanno immediatamente responsabili anche senza chiedervi per quanto tempo, basta che ci sia vino a sufficienza;
  7. Tziu Tottoi aggiunge alla pianta del nuraghe alcuni elementi che avevate dimenticato: il corridoio d’ingresso strombato verso l’interno, una nicchia di corridoio a destra e l’attacco della scala a sinistra; lasciatelo fare perché significa che sa quello che fa;
  8. Tziu Tottoi porta le quattro squadre nel parcheggio del supermarket e indica loro le pietre da portare per il primo filare, che sarà alto circa ½ metro; per fortuna le pietre più grandi sono ancora imbragate, mentre le più piccole vanno mosse con una slitta;
  9. Tziu Tottoi parte dall’ingresso e dispone due massi da circa 0,32 mc (0,8x0,8x0,5 mc), poi procede verso l’interno definendo il contorno della nicchia e quello dell’attacco del vano scala; mentre le squadre lavorano, Tziu Tottoi indica di volta in volta le pietre da portare; quando si sbaglia, lascia i massi in vicinanza del Nuraghe e ne sceglie altre; il lavoro procede come segue: a partire dall’ingresso si dispongono i massi più regolari ed allungati lungo i perimetri esterno e interno e , mano a mano che si procede, si riempiono i vuoti tra i due perimetri con conci irregolari e di dimensioni più piccole, avendo cura di riempire i vuoti con pietre di dimensioni adatte. (Si tratta della tecnica ‘a sacco’. Il nuraghe è realizzato ‘a secco’, ‘a sacco’)
  10. Fortunatamente, Tziu Tottoi è un pensionato, quindi si dedica a tempo totale alla costruzione; ciascuna squadra (in media tra conci grandi e piccoli) porta una pietra ogni mezza giornata di otto ore (per vostra fortuna il parcheggio è a 20 metri dall’orto e, per il primo filare, si devono solamente far strisciare sul terreno, per il secondo, si devono sollevare solo di 50 cm; quindi il valore di una pietra ogni mezza giornata di otto ore è una media tra i due filari). Dopo nove giorni (di otto ore), il primo metro di nuraghe è completo; se siete riusciti a farli lavorare per dieci ore, avete impiegato solo otto giorni, però non ne vale granché la pena; decidete voi.
  11. Tziu Tottoi, che sa quello che fa, ha disposto un aggetto di un palmo ogni due filari per il paramento della camera interna e un palmo ogni quattro per il paramento esterno, usando un triangolo fatto con tre rami belli dritti e un pezzetto di corda legata a un sasso. Quando fa poggiare i massi dei due perimetri esterno/interno verifica che l’aggetto e la scarpa siano più o meno costanti;
  12. Senza por tempo in mezzo, Tziu tottoi sceglie pietre di taglia più piccola (in media 0,6 mc) e si dedica al secondo metro di nuraghe; ci sono da poggiare (in media) altri 75 conci, però si devono portare ad un’altezza maggiore (max 1,5 m); si può farlo senza ponteggi, con leve e cunei, che è più laborioso; le squadre ne poggiano una al giorno (di otto ore); per completare il secondo metro ci impiegano 31gg; se lavorano dieci ore, sono 25gg;
  13. A questo punto avete posato 151 mc di massi;
  14. proseguite il metro successivo con massi da 0,3 mc (peso 750 kg); a questo punto il sollevamento è più agevole perché in dieci si suddivide il peso in ragione di 75 kg ciascuno; potete usare il principio della carrucola ed un ponteggio, o magari anche i buoi) oppure il solito metodo dei cunei che fino a tre o quattro metri va benissimo; poggiando 7 massi ogni dieci ore (in quattro squadre, quindi meno di due al giorno) ve la cavate in 45 gg (di otto ore) o in 36 giorni di dieci ore;
  15. Contenti? state lavorando da 85 gg ed avete tirato su tre metri di nuraghe (oppure 68 gg, dipende); le maestranze cominciano ad averne le tasche piene, ed allora dite loro che il più è fatto e che, se costruiranno un altro metro; arrivando a quattro, avranno costruito i tre quarti della torre, e i più stanchi di loro potranno tranquillamente tornarsene a casa;
  16. Siccome non sono scemi (anche se hanno accettato di lavorare gratis) vi faranno notare che hanno messo in opera solo 226 mc, e ad arrivare a 842 ce ne corre! Allora ditegli che vi riferivate al tempo, non al volume e, se vi daranno retta, dimostrerete come sia possibile; mescete abbondante vino e procedete;
  17. Per il quarto metro, si usano sassi da 0,25 mc; pesano meno ma devono andare più in alto, quindi la frequenza di posa rimane la stessa, ma il numero di sassi è maggiore; ci vogliono 53 gg (di otto ore) o 42gg (di dieci);
  18. A questo punto, un sacco di gente vi manda a quel paese e se ne va; stanno lavorando da 138gg (o 110), sono tre mesi e la torre è arrivata a soli quattro metri, il parcheggio è ancora ingombro di sassi e il proprietario vi aspetta in fondo alla via per troncarvi in testa una mazza da baseball; il vino è quasi finito, la vostra ex moglie vi tartassa con gli avvocati (e fa bene), mentre la casa è ridotta ad un porcile; vi ritrovate con venti persone (più Tziu Tottoi che sogghigna) e vi sentite persi; non preoccupatevi, cementate il gruppo sparlando dei bastardi che vi hanno abbandonato e procedete facendo leva sul nazionalismo, anche perché Tziu Tottoi vi ha detto che nel cantiere non ci sarebbe stato spazio per quaranta persone, visto che sul nuraghe non avrebbe saputo dove metterle; sono rimasti i conci da 0,125 mc (che pesano circa 300 kg) e questi si sollevano con facilità;
  19. Ordinate un’altra autobotte di cannonau e dividete gli uomini in tre squadre: due da sette e una da sei;
  20. Le due squadre da sette lavoreranno alla posa dei conci, quella da sei al trasporto; con Tziu Tottoi che bada solo alla posa, (ed ha aumentato l’aggetto della camera interna di un altro palmo) il lavoro si svolge come segue: i sei del trasporto portano 15 conci all’ora dal parcheggio alla base della torre (con un paio di buoi è un giochetto, si tratta di una ventina di metri) mentre le due squadre da sette tirano su i conci; possono farlo in diversi modi, ma stiamo parlando di trecento chili suddivisi tra sette persone, cioè una quarantina di chili a testa; inoltre si deve considerare che solo i conci dei due paramenti esterno/interno devono essere disposti con molta cura (rispettando la scarpa esterna mantenuta costante e l’aggetto della camera interna) mentre il riempitivo è meno importante e Tziu Tottoi se ne preoccupa meno, dando uno sguardo ogni tanto; si poggiano 15 conci all’ora per i metri cinque, sei e sette; significa che la squadra trasporta circa 2 mc /h (due viaggi da poco più di 1 mc, per 20 m) e ciascuna squadra solleva ad un’altezza media di sei metri circa sette/otto sassi ora; non preoccupatevi perché la gran parte dei massi saranno assai piccoli e soprattutto arrivati ai sei metri e chiusa la tholos centrale (a 6,20 m) non occorreranno più conci di forma particolare per il cuore dell’edificio, e si dovrà porre cura solamente al paramento esterno; ci vogliono in tutto 14gg (di otto ore) o 12gg da dieci;
  21. Adesso i vostri amici sono entusiasti, perché avete completato i tre metri in pochissimo tempo, e voi spiegate che per i successivi sarà ancora più facile, perché non c’è da preoccuparsi di quel buco al centro dove ogni tanto qualcuno rischia di cadere;
  22. Se volete fermarvi adesso che la sommità è chiusa, scordatevelo; Tziu Tottoi vi dice che ci vuole un po’ di peso per stabilizzare tutto e bisogna andare avanti, con massi tutti più o meno della stessa misura; continuate i metri 7,8,9 con una frequenza di posa più bassa (è più semplice posarli ma si è anche più in alto) diciamo dodici massi ogni ora; ci vogliono 15gg (o 12 gg);
  23. infine altri tre metri per arrivare a tredici con una frequenza di dieci massi ora; in tutto come in fig 2: 182gg di otto ore, oppure 146gg di dieci ore (fig 3);
Bello, no? Avete nell’orto di casa un nuraghe alto 13 m con 11m di diametro alla base, una tholos interna alta 6m con un diametro di 4,5 m ed una scala lunga 25m con una pendenza di circa 30°.
Il tutto in 250gg o 215gg, con un numero di amici pari a sedici per ramazzare i sassi e portarli al supermarket (con i buoi), quaranta per i primi quattro metri di nuraghe e venti per gli altri nove; più Tziu Tottoi perché siete degli ignoranti e non sapete come disporre i conci!
Adesso godetevi la torre, l’ingiunzione di demolizione richiesta dal comune, il processo per danni intentato dai vostri vicini, la denuncia e la richiesta di risarcimento danni per l’occupazione abusiva del parcheggio del supermarket, la costosissima cura contro la cirrosi epatica, per voi ed i vostri amici, e la richiesta di interdizione per incapacità mentale intentata dalla vostra ex-moglie: tutto in sei o sette mesi.
Contenti?
E allora state con noi per il prossimo Archeo Attack!
P.S. – A proposito della materia prima: non ci sono nuraghi i cui conci provengano da distanze superiori ai 300m (media); se voi foste così sfigati da capitare nell’unico posto della Sardegna senza pietre, raddoppiate gli amici che portano i conci, da sedici a trentadue; la distanza media salirà a 600m ed il tempo impiegato sarà lo stesso (se poi non li trovate neppure così, chiedete all’infermiere dove vi trovate, perché probabilmente il vostro manicomio non è in Sardegna!)







Estratto e modificato da: A. Moravetti – Ricerche 














Il nuraghe vista mare

articolo di Giovanni Bua - La Nuova Sardegna -


- Ci sono gli emiri che vogliono trasformare in hotel a 5 stelle gli stazzi galluresi, 
- I magnati russi che non si preoccupano troppo di riempire le loro super dimore di palme e piante tropicali, 
- Un italiano parecchio famoso (oggi potremmo aggiungere famigerato e pregiudicato, ndr.) che nella sua di villona ci ha messo addirittura un vulcano. 
- Ci sono i piccoli abusivi che si sono fatti la casetta fronte mare e ora tremano per il rumore delle ruspe. 
- E quelli che, abusivi, hanno costruito i quartieri o i villaggi interi. 
- C'è chi ha fatto tutto alla luce del sole, 
- chi ha condonato, 
- e chi pensava di mimetizzarsi, di passarla liscia.

Se ne sono viste e se ne vedono di tutti i colori nelle nostre terre, nelle nostre coste. 

Ma quello che trovarono le forze dell’ordine a pochi passi dalla splendida spiaggia di Osalla, 5 chilometri di sabbia dorata incorniciata da scure scogliere con alle spalle lo stagno del Cedrino, ha veramente pochi pari

Era il gennaio del 1986. 
E le ruspe di un’impresa oristanese arrivarono per buttare giù una piccola lottizzazione spuntata come un fungo a pochi chilometri dal mare, in una zona sottoposta ad assoluto vincolo di inedificabilità.
Si trattava di veri e propri nuraghi, che con grande cura e orrido stile imitavano le storiche costruzioni di cui sono piene le nostre campagne.


Peccato che invece che resti del nostro glorioso passato i semi-coni di pietra custodissero perfette casette intonacate, accoglienti e dotate di tutti i comfort. 

Tre villette di sessanta metri quadri ognuna sorte pietra dopo pietra nel giro di due anni nonostante sigilli, verbali, ordinanze di vigili urbani, Comune di Dorgali, soprintendenza e Regione. 

 E, con grande gioia di tutti, buttate giù da una ruspa in un’ora di lavoro.
Non ci furono drammi quella mattina. 

Un'immagine - a prima vista - terrificante! (poi, a guardar bene, si riconosce una metodica costruttiva che nulla ha a che vedere con un nuraghe...


 La proprietaria di tutto risultava infatti una casalinga del luogo. 
Che disse di aver venduto il terreno con “una stretta di mano” a chi poi fece, a sua insaputa, gli abusi. 
 Compratori misteriosi e dal dubbio gusto architettonico che, fortunatamente (soprattutto per loro), si guardarono bene dal protestare.

Nuraghe in scatola di montaggio, proposto da un blog isolano
assolutamente oltraggioso, ma divertente.