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domenica 10 novembre 2013

INFORMAZIONE? 2


Dopo l'articolo del 7 Novembre della Repubblica, eccone la prima conseguenza: parte la più stupida 'Caccia al tesoro' del Mondo. 

La riporta il quotidiano sardo "Nuova Sardegna".


Evelino Loi è sicuro: «Priebke è sepolto in Sardegna»


Lo scoop di Repubblica: l’ex detenuto di Barisardo dice di riconoscere le foto. «Nel cimitero del carcere di Isili c’è anche mio padre. Questa cosa non la sopporto»


    di Giovanni Bua
    BARISARDO. «Erich Priebke è in Sardegna, nel piccolo cimitero della colonia penale di Isili. Lo so bene, perché è sepolto a qualche metro da mio padre. E questa cosa mi fa veramente impazzire dalla rabbia».
    La pirotecnica rivelazione, la cui attendibilità è ancora tutta da dimostrare, arriva da uno che di fuochi di artificio nella sua vita ne ha fatti brillare parecchi: Evelino Loi, 68enne di Barisardo. Mezza vita in galera, «ne ho fatto 30 anni – racconta –, ma mica ho combinato granché», l’altra metà passata tra manifestazioni studentesche (il primo arresto fu per una protesta in piazza contro il governo Tambroni), rivolte carcerarie, «per quella a Rebibbia mi sono fatto 5 anni in gabbia», spettacolari scalate al Colosseo. La prima appena arrivato a Roma, ancora ragazzo negli anni ’60, quando minacciò di buttarsi nel vuoto se non gli veniva trovato un lavoro. Lo assunsero in Vaticano, come uomo delle pulizie in casa di un Monsignore, si licenziò il giorno dopo. Da allora fece su e giù talmente tante volte (una volta si portò in cima sette amici, tutti sardi, e salirono pure Pasquale Squitieri e Cesare Zavattini per conoscerlo e, racconta lui, invitarlo a cena) da guadagnarsi il soprannome di “stasera mi butto”.
    Un’esistenza al limite insomma, o anche un po’ oltre. Intervallata da tre libri di poesie (l’ultimo “Poesie in Catene” presentato pochi mesi fa a Cagliari), l’associazione Detenuti Non Violenti, da lui fondata nel 1986 a Rebibbia, la sua Barisardo, dove è tornato a vivere dal 1995, per la quale si è beccato altri due anni di galera per i blocchi stradali per protesta contro la crisi idrica. E si è anche preso, nel 2001, dai soliti ignoti una bella razione di sprangate.
    «Ora sono fuori da sette anni – spiega divertito – un vero record. Ma sono pieno di amici carcerati. E anche di guardie. E, da quando è arrivata la notizia (lo scoop di repubblica firmato dal direttore Ezio Mauro) sulla sepoltura di Priebke in un cimitero di un carcere misterioso, hanno iniziato ad arrivarmi voci, tante. Poi ho vito le foto, e allora non ho più avuto dubbi».
    Loi infatti il piccolo cimitero (ancora attivo) della casa penale del Sarcidano lo conosce bene. «Ci ho fatto dentro un anno, nel 1976, ma soprattutto ci è sepolto mio padre, Eugenio. Che è morto mentre era detenuto a Isili nel 1947. Ho anche fatto una foto sulla sua tomba. E l’ho curata praticamente tutti i giorni durante la mia detenzione. Il posto è quello, io non ho dubbi. E ho anche avuto conferme da amici. A Isili sono successe cose strane una notte di questo fine ottobre. E da allora i secondini sono misteriosamente aumentati».
    Il giorno di fine ottobre sarebbe quello nel quale, secondo Repubblica, il corpo dell’ufficiale nazista, responsabile nel 1944 del massacro di 335 civili italiani nelle fosse Ardeatine, venne portato via alle 3.45 dall’hangar della base militare di pratica di Mare, dove era custodito dal 16 ottobre dopo esser stato rifiutato da mezza Italia. Dopo due ore venne trasbordato su un altro mezzo e «arrivò – scrive Mauro – a destinazione in piena domenica». Abbastanza da far pensare a un viaggio lungo, in nave magari. Per la Sardegna, ipotizza (non smentito) Il Fatto. Ed effettivamente Mauro racconta di strade «prima comode (la 131?) poi di mezza montagna» di «alberi che si piegano (per il Maestrale?)», del cimitero di un carcere (una colonia penale come Isili), con nessuno che vede «perché non è un giorno di lavoro». E poi le foto, che Loi è sicuro, immediatamente, di riconoscere.
    Certo, c’è da dire che Mauro ha ribadito più volte l’intenzione di non svelare il luogo della sepoltura. Che, per questioni di ordine pubblico, deve rimanere segreto. E che dunque l’articolo potrebbe essere pieno di falsi indizi, e le foto pubblicate da Repubblica, ammesso che siano effettivamente di Isili (alcune le somiglianze con quelle di Loi, molte le diversità, anche se tra uno scatto e l’altro sono passati 30 anni), esser false. Non però per “stasera mi butto”: «Quel boia ha ucciso tutta quella gente senza mai chieder scusa. Non l’hanno voluto nemmeno i preti, che dovrebbero accogliere tutti. E deve finire in Sardegna, vicino a un pover’uomo come mio padre, morto in galera per aver rubato un pezzo d’asino. Io questa cosa non la sopporto proprio. E, sono sicuro, non sarò il solo».
    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

    giovedì 7 novembre 2013

    INFORMAZIONE?



    Il giornalista Ezio Mauro, Direttore del quotidiano “La Repubblica”, c’informa oggi, in un articolo a sua firma, che la salma di Erik Priebke (*) – alla fine – è stata inumata in Italia.
    In un posto segreto.

    Per dare maggiore credibilità alla ‘notizia’, egli ci fornisce una grande quantità di dettagli: la tomba sarebbe segnata solo da una croce di legno, priva di date e di nome, sita all’interno di un carcere, protetta da inferriate, chiavistelli e illuminata da riflettori.
    Pertanto – ci rassicura – si trova al riparo sia da atti vandalici di protesta, sia da cerimonie di rievocazione di nostalgici.

    Per Mauro, si tratterebbe “insieme, di una sepoltura dignitosa quale è quella che un Paese Civile deve garantire anche al proprio peggiore nemico e della dimostrazione dell’esistenza perdurante di un conflitto irriducibile”.
    L'atto della sepoltura sarebbe stato muto, in un cimitero dimenticato da anni, (per l’occasione sarebbe stato risistemato dai detenuti del carcere stesso) tenendo all’oscuro del fatto sia i detenuti, sia i guardiani, sia il sindaco della cittadina, sia gli abitanti, sia il Presidente della Regione.

    Non avevamo bisogno di questa notizia.
    Non è neppure una notizia: è una ‘non-notizia’. Qualcuno dovrebbe segnalare al giornalista la differenza enorme tra informazione di pubblica utilità e fastidiosa vanità giornalistica.

    Se l’Italiano comune (non mi permetto di parlare per parte dei parenti dei perseguitati e degli uccisi, ma non è possibile ignorare che tutta questa maldestra vicenda riapre colpevolmente vecchie orribili ferite) non si sentisse già abbastanza offeso  dall’avere pagato per tanti anni di tasca propria i turni di guardia  h24 per sorvegliare il vecchio nazista mai pentito, ebbene: detto Italiano – credo – non sarà affatto d’accordo con lo spreco di luce inutile dei riflettori sulla tomba.

    A parte il fatto che i detenuti saranno anche criminali e rinchiusi, ma non sono certamente stupidi e sanno fare 2+2 in qualsiasi latitudine: sanno persino leggere i giornali.  Per questo motivo, se ciò che Mauro ha scritto fosse vero (mi auguro di no), egli avrebbe praticamente decretato con il proprio articolo la fuga di notizie circa il punto preciso della sepoltura. Che sarebbe foriero di nuovi guai futuri.

    Un vero giornale dovrebbe – piuttosto – dare notizie utili al lettore, insieme ad informazioni possibilmente quanto più aggiornate e precise, che possano realmente essere d’indicazione e di supporto nella faticosa vita quotidiana e futura.
    Questo dire e non dire,  invece, adducendo i dettagli e ponendo la firma del Direttore (che certamente non si è sottoposto di persona ad un appostamento di giorni e giorni, per potere alla fine seguire il feretro fino alla sua eventuale destinazione ‘segreta’) è oltremodo inutile a tutti, offensivo e potenzialmente dannoso.

    Confesso che io già non partivo con una buona opinione del giornale “La Repubblica”, di cui mi pregio non essere un lettore. Oggi confermo che – dopo questo – se fossi un pesce morto da dieci giorni, disdegnerei di farmi avvolgere in un foglio con quel nome.

    (*) Vice comandante della Gestapo di Roma occupata, fu tra gli organizzatori ed anche esecutore materiale dell’eccidio delle Fosse Ardeatine. È morto ultracentenario a Roma, dove si trovava agli arresti domiciliari in un appartamento di Via di Boccea (messogli a disposizione dal suo avvocato difensore). La cittadina di Albano Laziale era stata messa sottosopra dalle violentissime proteste scatenatesi contro il tentativo di funerale organizzatovi dai Padri Lefebvriani. In seguito a ciò, la salma era stata trasferita all’aeroporto militare di Pratica di Mare ed il suo successivo destino messo sotto segreto.