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martedì 14 gennaio 2014

Segreto e favola.


la  Terra dei Mucchi di Pietre, alternative ending,

di Maurizio Feo

Qualche anziano ancora ricorda la storia della Terra del Sole.
La sussurra in segreto ai nipoti, come fosse una favola bella.
Le stesse parole che usò suo nonno, in un giorno ormai molto lontano.
Giurò di non togliere niente, aggiornando il racconto nel tempo.
Dice che "fu Sandaliotis, Argyròphleps  e Ichnoussa. 
Infine, divenne Sardegna. Sospira.
Da allora, ammonisce, non fu più veramente felice.
Ma potrà esserlo ancora, promette. Anche questo è un segreto.
Se la sua Gente sarà di valore, riavrà buon diritto al suo antico nome.
Be-Shardan, degli uomini liberi. Sorride".

“Siate buoni, adesso che il nonno riposa: andate a giocare in sa lolla”.

L’immagine – tratta dal Racconto: “La Terra dei Mucchi di Pietre” – della trasmissione segreta, iniziatica quasi,  della storia dell’Isola, da un vecchio ai bambini. Era parte della prima versione, in cui tutto il racconto altro non era - alla fine - che il racconto di un anziano nonno sardo ai nipoti bambini...






La 'Lolla' è il cortile interno di molte case sarde, specialmente quelle campidanesi, forse erede del cortile interno della casa latina ed etrusca.







lunedì 13 gennaio 2014

Bibliografia


Riferimenti bibliografici.





A
Amadasi Guzzo, M.G. et Al.: “Dizionario della Civiltà Fenicia”
Aquaro, E.: “Cartagine: un impero sul Mediterraneo”
“Itinerari archeologici”
“Sardegna”
“Tharros”
Atzori, M e Satta, M.M.: “Credenze e riti magici in Sarde­gna”
B
Bardanzellu, F.: “Gli antenati che vennero dal mare”
Bernal, M.: “Black Athena” - vol. I e II.
Bernardini, E.: “Guida alle civiltà megalitiche”
Bloch, R.: “Prodigi e divinazione nel mondo antico”
C
Camarda, I. e Valsecchi, F.: “Alberi ed arbusti spontanei della Sardegna”
Casula, F.C.: “Storia della Sardegna”
Cucciari, N.: “Magia e superstizione tra i pastori della bassa Gallura”
D
D’Arienzo, L., Ceresa, M. et Al.: “La Sardegna in Vatica­no
De Palma, C.: “La Tirrenia antica
Doumas, C.: “Santorini
E
Enna, F.: “Sos contos de foghile”
F
Fadda, M.A.: “Il museo speleo archeologico di Nuoro”
“La fonte sacra di Su Tempiesu”
Finzi, C.: “Ai confini del mondo”
G
Ghisu, N.: “La reggia nuragica di Santu Antine”
H
Harmand, J.: “La guerra nel mondo antico”
Hockmann, O.: “La navigazione nel mondo antico”
L
Lawrence, D.H.: “Mare e Sardegna
Lilliu, G.: “La civiltà dei Sardi”
Loi, S.: “Proverbi sardi”
K
Keller, W.: “La Bibbia aveva ragione”
Kerenyi, K.: “Dioniso
M
Maddoli, G.: “La Civiltà Micenea”
Marinatos, N.: “Arte e religione a Thera”
Matthiae, P.: “Scoperte di archeologia orientale”
Moscati, S.: “La via del Sole
P
Pettazzoni, R.: “La religione primitiva in Sardegna”
Pillonca, P.: “Narat su diciu
“Sardegna segreta”
 Pintore, G.: “Sardegna sconosciuta”
Pittau, M.: “Grammatica del Sardo-Nuorese”
“Grammatica della lingua sarda”
“La lingua dei Sardo-nuragici e degli Etruschi”
“La Sardegna nuragica”
“Lessico etrusco-Latino comparato col nuragi­co”
R
Rougé, J.: “Navi e navigazione nell’antichità”
S
Sandars, N.K.: “L’epopea di Gil-Gamesh”
Satta, S.: “I primi strumentini musicali della Sardegna”
Serra, M.: “Il popolo dei nuraghi”
T
Tronchetti, C.: “I Sardi
“Nora”
Turchi, D.: “Maschere, riti e feste della Sardegna”
V
Vettori, G.: “I canti, le fiabe, le feste nella tradizione po­polare”
Z
Zeppegno, C. e Finzi, C.: “Alla scoperta delle antiche ci­viltà della Sardegna”
Zeppegno, C.: “Alla scoperta della Sardegna sconosciuta”
Zervos, C.: “Civiltà della Sardegna”
Zonchello, S.A.: “Il culto fallico in Sardegna”
Zucca, R.: “Fordongianus
“Il santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri”

Il Glossario

Avvertenza: gli è da molto che non controllo queste pagine, che pertanto sono da compulsare unicamente a proprio rischio.


GLOSSARIO
         A—
Abibaal - nome fenicio, che significa: “Baal è mio padre”.
Aczun - palafreniere, servo di stalla - voc. Etr.-Nur. da cui il Lat. agaso, -onis.
Akaivasha - Vedi Popoli del Mare
Ampurias - nome di un fondaco originariamente greco (emporio) pervenutoci da fonti scritte, ma non identificato dall’archeologia, sito probabilmente sulla costa nord, presso Porto Torres.
Apachnan - uno dei faraoni Hyksos (vedi).
Apophis - penultimo dei faraoni Hyksos.
Apsu - divinità infernale mesopotamica: l’abisso, con le sue acque eternamente immobili.
Arak - falco. Possibile voc. Etr.-Nur. da cui il Lat. aracus.
Archnta - derivato di fantasia dal voc. Etr. arcnti: argento. Usato per Tartesso (vedi).
Àrule - voc. Neosardo: locale apposito dell’ovile, in cui si isolano gli agnelli da svezzare.
Ashtart, Astarte - complessa figura dalle funzioni e prerogative assai varie: bellicosa, protettrice del re e della dinastia, dea della fertilità, protettrice dei marinai, presiede alle imprese militari. Vedi anche Ennin.
Asil - Assillo, voc. Etr-Nur, da cui il Lat. asilus, tafano.
Astragali - gioco forse lidio, antenato dei dadi. Si giocava con gli ossi omonimi, ricavati dal metatarso posteriore di capra o di montone. Se ne utilizzarono riproduzioni in vari materiali anche preziosi. Il vero gioco degli A- fu un gioco complesso, su cui furono scritti trattati interi: nacque come un gioco di preghiera divinatoria, da giocarsi dinanzi all’idolo. Il significato apotropaico è testimoniato dal fatto che molti astragali rinvenuti sono forati. Si giocava probabilmente con 4 A- recanti lettere o figure sulle 4 facce utili (due facce sono infatti troppo piccole per poter “uscire”) Infine divenne un gioco di azzardo e fu perseguito e proibito. Ne esistevano in verità altre versioni permesse perfino a donne e bambini, alcune delle quali sono giunte fino a noi: “Pari e dispari”, “il cerchio”, “le fossette”, “le cinque pietre”.
Athirat - dea canaanita di Ugarit, progenitrice degli dei e signora del mare.
Atlante - nome egizio per una grande distesa di acqua, originariamente dato al fiume Nilo, in seguito al Mediterraneo.
Autm - autunno: voc. Etr-Nur, da cui il Lat. autumnus.
Avle Felske - Nome di guerriero che compare armato di bipenne su di una stele etrusca del VI secolo a.C. rinvenuta presso Vetulonia
         B—
Baal - Baal Hammon, maggiore divinità cartaginese, che trova significative equivalenze con Chronos e Saturno. Baal in fenicio significa “signore” e costituisce attributo di altre divinità (Baal Shamem, Baal Addir, Baal Safon, Baal Malage, Baal Zebub etc), ma il Signore per eccellenza , a Cartagine, è Baal Hammon, “signore dell’altare domestico”, rappresentano come un personaggio anziano e regale, su di un trono di sfingi, nell’atto di levare una mano benedicente, mentre nell’altra tiene una spiga, simbolo di fertilità.
Baki - Dioniso, Bacco: voc. lidio, da cui deriverebbero sia il gr. Bacchos, sia il lat. Baccus.
Bakis - Neosardo italianizzato oggi in Bachisio - nome molto antico, vedi sopra.
Benreshef - fenicio, “figlio di Reshef”, vedi anche Reshef.
Bes - divinità nilotica benigna, risalente circa al 1000 a.C. Era rappresentato come un nano deforme e barbuto, protettore del sonno, della casa e delle virtù domestiche.
 Bisso - robusti filamenti che il mollusco bivalve “pinna nobilis” produce per ancorarsi al fondo: venivano intrecciati per formare eleganti e ricercati tessuti preziosi.
Bithia - antica città della costa meridionale dell’isola, in cui si diceva che le donne avessero occhi con due pupille e fossero capaci di sortilegi. In rapporto con il voc “Pizia” e le relative doti claromantiche ed oracolari.
         C—
Calpys - voc. Etr. in rapporto con il significato di “vaso”. Ne deriva anche l’antroponimo della Gens Calpurnia.
Cambra - camera, probabile voc. Etr-Nur  da cui il Lat. camera. Vedi anche Vanas
Capo delle Acque - l’odierna Cabu Abbas, località difficilmente raggiungibile ove esiste una vera fortezza nuragica.
         E—
Efix - l’attuale Efisio, probabilmente derivante dalla sostantivizzazione dell’attributo Efesio, di pertinenza del tempio di Artemide Efesia (ne esisteva uno presso Cagliari, a Nora).
Elam - Antica civiltà mesopotamica, durata dal 4000 a.C. fino al 300 d.C.
Elike - Neosardo, quercia, dal Lat. elix.
Enkidu - il fedele amico dell’eroe semidivino nell’epopea di Gil-Gamesh (vedi), il più antico romanzo eroico mai scritto.
Enky - divinità mesopotamica primitiva, dio della Sapienza.
Ennin - la Grande Dea Madre: divinità panmediterranea, che sotto molti nomi differenti, ma con caratteristiche del tutto simili, (Hepat, Arinna, Inanna, Ninna, Potnia, Leucothea, Uni, Demetra, Eileithyia, Athena) e con alcune filiazioni (Artemide, Diana, Mater Matuta, Feronia, Iuno Regina, Artimu) ebbe lunghissima fortuna di fede religiosa.
Ereb - la terra nel buio, come i Fenici amavano chiamare l’Europa. Erebos in Accadico è l’oscuro passaggio tra la terra e l’Ade. Erebu è il tramonto.
Erebo - divinità cosmogonica greca (Esiodo, Teogonia): da Caos nacquero Erebo e la Notte . Dalla loro unione nacquero l’Etere ed il Giorno.
     Eridu - una delle città presso l’Eufrate, a circa 30 km da Ur, dove nel 1928 Sir L. Woolley trovò tracce archeologiche del Diluvio Universale.
Ezza - Neosardo per “vecchia”. Più realistico sarebbe stato il nome - realmente esistente - di Siamanna (contrazione di “sa bia manna”, la via grande).
F—
Feronia - voc. di origine Etrusca, dea venerata da Etruschi, Sabini, Latini, Umbri, Volsci e Piceni, come dea delle acque, delle messi e forse degli inferi. Il suo culto e la sua origine non sono ben certi. Esisteva presso Posada, in Sardegna, un’area sacra dedicata a Feronia (di cui già parla Tolomeo III, 3, 4, per cui essa sarebbe preesistente al dominio romano).
Fontana Raminosa - Località realmente esistente in Sardegna.
         G—
Galero - berretto conico appuntito, con apice (apex) e pileo, caratteristico dei sacerdoti etruschi. Galea, galerus e apex sono tutti di derivazione etrusca.
    Gil-Gamesh - mitico eroe divinizzato mesopotamico, la cui storia ci è pervenuta scritta in caratteri cuneiformi su tavolette di argilla risalenti a 1500 anni prima di Omero, probabilmente dopo una lunghissima tradizione orale.
Golgo - località reale, presso Baunei, ove si trova il pozzo naturale a campata singola più profondo d’Europa.
Grande Madre - Vedi Ennin.
         H—
Hanys - divinità mesopotamica: il messaggero divino di tempesta.
Hasdrubaal - nome fenicio, che significa: “Baal mi ha aiutato”.
Hator - una delle maggiori divinità egizie, assimilata ad Iside.
Hur - divinità orientale minore.
Hyksos - popolo straniero (probabilmente sirio - est-anatolico) che dominò il delta del Nilo dal 1750 a.C. al 1575 a.C. e che prima di allora era del tutto ignoto agli Egizi. E’ un termine composto da “hyk” (re) e “sos” (pastore), in cui il primo termine si presta ad un gioco di parole, probabilmente molto antico, con “hak” (ladro). Detti anche “signori della terra delle colline”, stabilirono la loro capitale prima a Menfi, quindi rifondarono Avaris. Dai documenti pervenutici dello storico Manetho e dal “Canone di Torino”, si è riusciti a ricostruire parzialmente la loro genealogia. Sono anteriori ai Popoli del Mare, ma non è da escludersi che loro discendenti ne abbiano fatto parte.
Hypsa - Aquae Hipsitanae erano le sorgenti termali presso l’attuale Fordongianus, sul fiume Tirso, non lontano da Oristano.
         I—
Inanna. Vedi Ennin
    Incubazione - antico rito Egeo del sonno sacro presso il Tempio. A tale sonno - durante il quale si rivelava al fedele la divinità - venivano attribuite doti premonitrici e terapeutiche.
Iolao - secondo Strabone, Iolao avrebbe condotto i figli di Eracle a colonizzare la Sardegna, fino ad allora abitate da barbari che, secondo lui “erano Tirreni (cioè Etruschi)”.
Ioste - nome, tuttora in uso in Sardegna, che fu del figlio del condottiero sardo Amsicora. Riuscì a respingere da Cornus le quattro legioni romane di T. Manlio Torquato.
Isarno - termine celtico, per “ferro”, dal quale forse deriva l’attuale inglese “iron”.
Isola Nuova - uno degli attributi di Creta, vedi Kaftu
    Isola del rame - Cipro, che nel 15° secolo a.C. ebbe il monopolio del rame nel Mediterraneo orientale (lo stagno per ottenere la lega del bronzo, proveniva dall’Anatolia e dall’Afganistan). In seguito subentrarono  (per il rame) le miniere del Mar Morto di Re Salomone ed infine la Sardegna. La ricerca dello stagno fu la causa dello spostamento dei “cercatori di metalli” verso il Mediterraneo occidentale e l’attuale Cornovaglia.
         K—
     Kaftu, Keftiu, Kftiw - la mistilingue isola di Creta, dalle molte genti, “l’isola che sta nel mezzo del grande verde” per gli Egiziani, “Tanaya” per i Micenei (con riferimento ai Danai). Il nome dell’isola cambiò probabilmente più volte a seconda delle dominazioni: la lingua doveva essere un misto di varie influenze, su di una base Hyksos, quindi semitica.
Kamu - voc. Etr-Nur.: “museruola” di tipo particolare, che anche oggi - con lo stesso nome - si mette agli agnelli per svezzarli, in Sardegna. Ne deriva il termine Lat. e It. “camuso”.
Kar - radice dell’antico nome di Cagliari, forse con il significato di “porto”.
Kares - antico nome ipotetico di una delle città che hanno originato Cagliari Vedi Kar.
KarKar - plurale, ottenuto per raddoppio del termine, nell’ipotesi che le città del golfo di Cagliari fossero inizialmente più di una. Vedi Kar
Karul - un’altra città che avrebbe dato origine a Cagliari. Vedi Kar
Kassitere - l’attuale Cornovaglia: già nell’età del bronzo si poteva raggiungere per una via quasi interamente di acqua, da Massalia (l’odierna Marsiglia) lungo Rodano e Senna, attraversando la Manica. L’obiettivo era la cassiterite (lo stagno) necessaria, insieme al rame, per ottenere il bronzo.
Keltoi - i Celti in genere, nel termine che per essi usavano i Greci. Gli Etruschi entrarono principalmente in contatto con i Boi, i Reti ed i Senoni.
Kermes - chermes, falsa cocciniglia: parassita di un tipo di quercia. Se ne ottiene un colorante rosso. Vedi Korra
Khamudi - ultimo faraone della dinastia siro-palestinese degli Hyksos (vedi).
Khian, Khyan - uno dei faraoni della stirpe degli Hyksos (vedi).
    Khnut - dio vasaio egiziano, che modellava gli esseri viventi.
Kia, Cea - Terra bagnata, spiaggia. Stessa origine di Kio, isola dell’Egeo. Da notare che Ki è la dea Terra sumerica.
Korra - porpora e per estensione anche il mollusco da cui si ricava (Murex, Buccina). I romani chiamavano cornus la conchiglia e Buccinator il suonatore che ne traeva il suono. Vedi anche Kermes. In Accadico rosso porpora è “kinahunu”, da cui è derivato il nome ai Cananei. In greco rosso è “phoinix”, da cui in nome ai Fenici. La produzione di porpora, però, contrariamente a quanto vuole la leggenda, non era loro esclusiva.
Kur - radice del nome di antica città sulla costa occidentale sarda, che i romani chiamarono Cornus. Sorgeva su di un promontorio tra due insenature.
KylK’mes. Vedi Gil-Gamesh
         L—
Labrys - ascia bipenne, greco. Da strumento di boscaiolo è divenuta in seguito e per lunghissimo tempo un simbolo sacro, quindi un’insegna militare-religiosa, lasciando traccia di sé in vari toponimi (Labranda, Labirinto, Labaro) oltre che nei culti Cretesi, Ittiti, Nuragici ed Etruschi.
Lago Lungo - un punto in cui il Tirso era più ampio, corrispondente più o meno all’attuale lago artificiale Omodeo (non esistono laghi naturali in Sardegna, se si escludono il lago Baratz e gli stagni salmastri lungo le coste)
Lani - voc. Etr. in rapporto con il mestiere di macellaio e con l’atto di scarnificare. Ne derivano al Sardo, al Latino ed all’Italiano, una serie di nomi di persona, di aggettivi e di verbi: ad es, il verbo italiano “dilaniare”.
     Lantiraxi.- toponimo Neosardo, der. da una glossa Etr-Nur “xlantl”, da cui derivano anche molti altri vocaboli: clanis, glanis, ghianda, ghiandola, glande, lante, Lante, Chianti, Chiana.
Larthy - nome di donna, come Larthia e Lartia, tratto dal prenome gentilizio etrusco Larth.
Lauchme - Lucumone. Voc. Etr. per “re e sacerdote”. Vedi Lygmon
Lèkere - nome nuragico, misterioso, in qualche modo connesso alla divinità lunare (Lunafras, Lunestras, Lunenie, Luna Lekere).
Lukka, Lecou. Vedi Popoli del Mare
Lygmon - voc. greco per Lucumone. Vedi Lauchme
M—
Magan - antico nome di una terra ad ovest della Mesopotamia, usato talvolta per l’Egitto, talaltra per L’Arabia o per la Terra dei morti.
     Mago-Twrshna - riferito arbitrariamente all’attuale paese di Fordongianus (Forum Traiani). Il nome, immaginario, è costruito sulla considerazione che il nome latino potrebbe essere stato una traduzione impropria del nome nuragico, per rendere più familiare il termine ad orecchie romane, senza alterarne completamente il suono o il significato.
Magon, Magone - nome maschile fenicio, piuttosto comune fra i principali protagonisti della storia di Cartagine.
Mahavasha. Vedi Popoli del Mare
Mal Vento - attualmente, l’isola di Maldiventre, per deformazione dell’antico nome “Male Bentu”.
Mammethun - dea mesopotamica dei destini. Curiosa l’assonanza con la maschera sarda Mamuthone.
Mandras - divinità orientale di perverso demone infernale.
Margiana - divinizzazione - di fantasia dell’autore - del termine sardo per volpe (margianni, marzanni, mariane).
Mastruka - indumento di pelle di capra o di pecora, citato anche da Cicerone, il quale descrive i sardi come “mastrucati ladruncoli”, nella sua orazione in difesa di M.E.Scauro. (Per la cronaca, Scauro fu condannato, per aver preteso una terza decima in tasse a proprio vantaggio e a danno dei sardi, nel 55).
Maza - gallette di farina d’orzo, rotonde, si consumavano inumidite con acqua ed insaporite con olio e vino, secondo il costume greco.
Meleck - Malco. Più che il nome, doveva essere il titolo del condottiero cartaginese che, nel 545-535 a.C.  capeggiò una spedizione navale organizzata per invadere la Sardegna. Fu un disastro. Egli fu - dopo la rovinosa sconfitta - bandito da Cartagine, insieme a ciò che restava del suo esercito.
    Menacra - un demone delle recenti credenze popolari, appartenente al gruppo delle “Marie” (Maria Allutta, M. Fressada, M. Lettolada, M. Papore, M. Pettena). Menacra sarebbe in rapporto con Menarva, una delle varie grafie etrusche di Minerva.
Menhir - pietra lunga infitta nel terreno: quello che la Bibbia chiama Bètilo (“men”, pietra e”hir”, lunga, sono vocaboli bretoni, quindi anacronistici nella vicenda narrata, che è ambientata nella prima metà del primo millennio a.C.).
Miskru - Neosardo, si riferisce ad un colore molto scuro.
Mittsa - sorgente. Uno dei cinque vocaboli. Fenicio-Punici rimasti nel Neosardo: un poco troppo poco per una presunta dominazione che sarebbe durata un millennio circa.
Mizraim - nome alternativo per Egitto: in Genesi (10) i Filistei (Plst) vengono chiamati discendenti di Mizraim, in altri passi vengono definiti originari di Caftor (vedi Kaftu).
Molk, Molek - non vi è certezza, né uniformità di pareri circa il fatto che il rito fosse realmente cruento e che impiegasse dei bimbi come vittime. Di fatto, l’Antico Testamento lo chiama Moloch e denomina Tofet gli altari su cui avveniva un rito crudele (passaggio attraverso il fuoco) che la Bibbia attribuisce alle vicine popolazioni cananee e condanna come infame.
N—
Nabu - probabile nome arcaico dell’attuale Santa Maria di Nabui, presso lo stagno di Marceddì.
N’brys - nome di persona che compare su di un’iscrizione che elenca alcuni sufeti (giudici) di Bitian (Bithia).
Nenky - divinità mesopotamica minore, riportata anche nell’epopea di Gil-Gamesh.
Ninna. Vedi Ennin
Norax - Norace, iberico, fu - secondo la leggenda - il fondatore della città di Nora e colonizzatore della Sardegna.
Notte - vedi Erebo.
Nugor - di fantasia, derivato dal termine sardo che definisce la città di Nuoro.
Nurake. vedi nurra.
Nure - antica radice del nome di Nora, città della costa meridionale, ove è stato rinvenuto il più antico documento scritto dell’isola, non ancora decifrato, detto “stele di Nora”, risalente al IX-VIII secolo a.C. La Sardegna vi è definita come “Be-Shardan”.
Nurra - il più antico vocabolo nuragico a noi noto. Ne deriva “Nurake”, vocabolo preromano e prefenicio. I significati che la parola ha assunto nel tempo sono: mucchio, voragine, cavità, precipizio. Nurake significa “Mucchio di Pietre”, ma conserva in sé qualche cosa dell’orrore antico per la Voragine intesa come Aldilà. Data la grande complessità concettuale e strutturale dell’edificio e dato che le tombe vere e proprie erano i “gigantinos” (tombe dei giganti), il nuraghe doveva rappresentare qualche cosa di più di una semplice tomba, pur restando in qualche modo ad essa coerente in una valenza sacrale diretta: un edificio di culto.
Nut - dea egiziana del cielo, che divora le stelle al mattino e le partorisce nuovamente ogni notte.
O—
Oracolo - il rito dell’oracolo è attestato come antichissimo in tutto il Mediterraneo.
Ordalia - pratica magica antichissima, volta a confrontare direttamente un sospetto colpevole con il volere della divinità, esponendolo a prove - talvolta crudeli - ispirate al principio che un mezzo innocuo (es. acqua) sarà lesivo per un colpevole ed un mezzo lesivo (es. fuoco) sarà innocuo per un innocente. Ordalia è di derivazione dal tedesco urtheil.
Orwa - Stella del Mattino. Usato per l’attuale Olbia (la felice, in Greco).32
Othoca - l’antica Oristano, una volta sita più vicina al mare di quella attuale, presso la foce del Tirso.
P—
Pleiadi - secondo la mitologia antica, le Pleiadi potevano avere un grande e terribile influsso sugli esseri umani e sulle cose terrene.
Popoli del Mare - alla fine del 1330 a.C. si riversarono - causandone la caduta - sui regni micenei, sui regni anatolici, sugli Ittiti, su Cipro, sulla Siria, sui Cananei e sugli Egizi. Erano spinti da una esplosione demografica, facilitati nella migrazione dalla caduta del baluardo di Troia nell’Ellesponto, forse gravemente motivati dalla terribile catastrofe di Thera-Santorini (vedi). Vari resoconti storici, non solo egiziani, li citano, ma nulla di definitivo si conosce su di loro, per cui essi restano avvolti nel mistero. Comprendevano: i Srdn, o Shardana (Sardo-Nuragici), i Shalasha o Shakalasha (probabilmente i Sicani), gli Akhayawasha (forse gli Achei), i Danawa (i Danai), i Lukka (probabilmente i Lici), i Twrs o Tursha (i Tirreni o Turreni, cioè gli Etruschi), i Purst (probabilmente i plst o pilistin, cioè i Filistei), i Mahavasha (che possibilmente si spinsero fino alle isole Kassitere, cioè l’attuale Cornovaglia), i Tjekker, gli Uashash e gli Zachari (non sicuramente individuati).
Popoli Naviganti. Vedi Popoli del Mare
    Po Ti Ni Ja (Potnia) - Signora e padrona, scritto in alfabeto sillabico minoico. Uno degli attributi della Grande Madre Demeter.
Puls - pappa composta di frumento rinvenuto in acqua e sale, che fu l’alimento base dell’Italia preromana e romana, dall’Etr. “pultus”.
Q—
Qart-Hadasht - termine fenicio per “città nuova”, Cartagine. Fondata sul sito di un precedente fondaco dei Tiri, ufficialmente nel 814 a.C.
Quffah - imbarcazione di materiale intrecciato, di forma rotondeggiante, che può essere spinta indifferentemente in tutte le direzioni e quindi più adatta ad acque ferme.
         R—
Rasena, Rasenna, Rasna - probabilmente “uomini liberi”: così chiamavano se stessi gli Etruschi. I greci li chiamavano Tirreni o Turseni (costruttori di torri) ed i Latini Tusci.
    Reshef - dio fenicio: arciere, guardiano degli inferi e delle epidemie.
         S—
S’rdan,Sirdan - di fantasia, piccolo paesino sugli attuali stagni di Cabras.
S’rdon - di fantasia, nome della Terra dei mucchi di pietre.
Safon - Baal Safon: protettore dei marinai in navigazione.
Salitis - uno dei primi faraoni Hyksos (vedi) che fondò la capitale Menfi.
Sartna, Srdn -  Vedi Popoli del Mare
Serapis, Sarapis - Serapide, dio del Sole,, uno dei cui simboli è il serpente. L’esistenza del suo culto in Sardegna è documentata dai toponimi che ne derivano: Sarrabus, Serradile, Sorradile.
Shalasha, Shakalasha. Vedi Popoli del Mare
Shapash - divinità cananea minore, dea del sole
Sharek - nome di un sacerdote, terzultimo monarca Hyksos (vedi) in Egitto.
Sirdan. Vedi S’rdan.
Solifuga - nella superstizione popolare, un animale che vivrebbe soltanto nell’ombra - e che anzi muore se esposta alla luce - il cui morso sarebbe velenosissimo e mortale.
Solki - antica città sita probabilmente sull’isolotto di Sant’Antioco, ma per lungo tempo ritenuta una città della costa, tanto che ne deriva il nome la zona del Sulcis.
Sonno dei Cinque Giorni. Vedi Incubazione
T—
Tal-Ur - da Tal, grande e Ur, cerchio, il nome - di fantasia - del nuraghe Losa.
Tamna - voc. Etr. cavallo.
Tanit, o TNT, Signora, grande divinità femminile cartaginese. Etimologia sconosciuta.
Tarr - probabile antico nome - o almeno reduce di esso - della città di Tarrhos, le cui rovine si trovano sulla costa occidentale, presso Oristano.
Tartesso, Tarsis - una mitica città dell’argento, sulla cui localizzazione le fonti sono - come sempre in casi analoghi - molto vaghe: potrebbe trattarsi tanto di un antico centro minerario sulle coste spagnole, quanto di una città costiera del sud dell’Anatolia.
Thera - l’isola egea di Thera-Santorini, a nord di Creta. nel 1628 a.C. fu semidistrutta dall’eruzione vulcanica che probabilmente ebbe enormi conseguenze economiche, culturali e sociali in tutto il Mediterraneo orientale.
TNT PN BOL - Tanit, viso di Baal Vedi Tanit e Baal. Il segno di Tanit era un simbolo composto da un triangolo, sull’apice del quale stava una linea orizzontale, sopra a cui era un cerchio: il tutto dava l’idea di una figura femminile con le braccia levate.
Tunkiu - antichissimo strumento membranofono sardo, dal suono gutturale, usato dai mandriani per far tornare le mucche dal pascolo e - più recentemente - dai banditi per disarcionare i gendarmi a cavallo.
Twrshna, Tursha o Twrs - i Tyrrhenoi tanto temuti dai greci: ne derivano forse alcuni toponimi, quali Tirso, Turris Lybisonis etc. Vedi Popoli del mare.
         U—
Uruk, o Erek - antica città mesopotamica, risalente al IV millennio a.C. e ancora oggi cinta da 9 km. di mura attribuite al mitico re Gil-Gamesh. Attualmente si chiama Warka.
         V—
Vanas - vocabolo nuragico e lidio “cella, tempio sepolcrale”. Etr “fanu”, Lat. “fanum”. Riferito alla cripta laterale del corridoio del nuraghe, sempre posta in corrispondenza del punto di inizio della rampa a spirale che conduce al piano superiore. Secondo alcuni, in tale cripta veniva posto “mirabilmente incorrotto” (quindi, si suppone visibile a tutti) il Santo o l’Eroe, oppure il Nobile antenato divinizzato, cui poteva essere dedicato il nuraghe stesso.
Vera Gente - immaginario, coniato sull’esempio di nomi realmente scelti da alcuni popoli per indicare se stessi (uomini liberi, per gli Etruschi, popolo eletto per gli Ebrei).
         W—
Wa Na Ka, Wanax - in alfabeto sillabico minoico “Signore” in senso divino della religione micenea (e riferito a Poseidon, con la sua attribuzione arcaica di Zeus). Corrispettivo maschile di Po Ti Ni Ja (vedi).
Wilusa - vero nome di una delle città che conosciamo come Troia, in cui sono state trovate le tracce archeologiche di una guerra che potrebbe essere quella a noi nota..
         Y—
Yarikh - divinità cananea minore, dio-luna siriano.






 

 

Favola e Realtà

Questo libro è stato scritto molti anni fa: in esso si trovano infatti numerosissime imperfezioni ed errori di varia natura, circa l'interpretazione della storia passata della Sardegna, della Tirrenia Antica e del Mediterraneo in genere.

Ma questo è ovvio e non mi sorprende.

Quello che mi stupisce, semmai, è che ancora oggi molti sedicenti studiosi propugnino davvero - e con convinzione - proprio quelle favole che ho rappresentato qui sotto forma di racconto, così, tanto per passare piacevolmente il tempo...

CAPITOLO XXV


la Terra dei Mucchi di Pietre, cap. XXV

di Maurizio Feo


25. Il nome della Terra del Sole.



Partirono quindi per Orwa, un mattino, appena un piccolo bagaglio fu pronto sul carro. 
L’allievo ed il maestro, soli.
Fu un viaggio senza alcuna fretta, senza tempo, durante il quale molto poté parlare Lygmon al proprio allievo preferito. Spiegò come l’uomo si dibatta nella realizzazione di piccoli personali scopi quotidiani e spesso la sua breve, futile vita sia inutile perfino per il mi­sero raggiungimento di quelli.
Ben più efficiente é, invece, la sua opera distruttiva, nello spezzare i sogni e le realizzazioni degli altri uomini. Ma in tutto questo folle dibattersi, in tutto questo cieco agitarsi, brancolando come lombrichi non contenti del loro fango grasso, gli uomini perdono di vista il sacro disegno degli dei. E dopo poco, quando anche richiamati a farlo, non sanno più ricomporlo come in origine, perché ne hanno perso ogni memoria. Per questo il loro comportamento é così stupidamente contra­stante tra il troppo e il troppo poco. Per questo motivo l’uomo é capace delle più alte, inattese ed inimmaginabili iniziative alate e - contemporaneamente - delle più abiette ed imperdonabili bassezze.


Difendere dapprima la terra del Sole con tutte le proprie forze, quindi abbandonarla a cuor leggero e lasciar distruggere tutto ciò che i padri, gli eroi ed i santi avevano saputo costruire, costituiva una colpa imperdonabile. Ma - Lygmon se ne rendeva dolorosamente conto - sarebbe proprio stato il tipo di ottusa e miope leggerezza, l’omis­sione colpevole e bruciante che - con altre pari miserie - da sempre affligge ed accompagna l’uomo, puntuale quanto le ma­lattie, la siccità, la carestia, ed inevitabile quanto la morte. Ma se da sempre l’uomo combatte - o si illude di potere combattere - contro la propria morte, allacciando uno stretto quotidiano patteggio con la divinità ed erigendo per essa le sue opere di pietra scolpita e dipinta, ebbene, egli ad un tempo é però troppo stolto per combattere la propria miserabile, mortale stupidità, che anzi non sa nemmeno riconoscere in se stesso. Nel pensiero tormentato di Lygmon si affacciavano tutte le possibili giustificazioni. Forse anche questo evento era preordinato dagli Dei, così come é previ­sto che le acque copiose del fiume scompaiano di colpo, inghiottite dalla roccia per ricomparire inattese più in là, più fre­sche, più dissetanti, più azzurre. Forse così - nel disegno degli Dei - doveva scomparire il popolo dei Figli del Sole. Sarebbe stato assoggettato, schiavo, derubato, per ritrovare la luce più tardi, se e quando l’avesse meritato o voluto a sufficienza. 
Forse.

Di certo però, quella luce l’avrebbe persa, subito, per ri­trovarla poi, forse. Questo era evidente per Lygmon, e lo tormentava. E questa sua sofferenza non gli era forse stata imposta, insieme al dono della capacità, di vedere più chiaro di chiunque altro per potere così aiutare e guidare il suo popolo? Perché allora il suo popolo non si lasciava guidare da lui in questa circostanza? Nel diluvio lo aveva salvato, nella carestia lo aveva consigliato, lo aveva curato nell’epidemia, e per questo il suo popolo lo aveva chiama­to Padre e sempre da allora lo aveva seguito docile, ubbidiente anche quando non comprendeva. 
Ma non questa volta.
Lygmon non aveva - e lo sapeva bene - alcun potere diretto sulle acque, né sulla siccità, né sulla malattia. Ma riusciva con il proprio sapiente operato a limitarne i danni alla sua gente. Eppure adesso il suo popolo si stava comportando proprio come uno di quegli eventi della natura ed il Grande Sacerdote non aveva più potere su di esso - per salvarlo da se stesso - così come non ne aveva sul continuo movimento del mare, né sul corso sempre uguale della luna. Ma la luna si spegneva per rina­scere dopo quattro giorni di buio. Sarebbe rinato il suo popolo? E dopo quanto tempo? Forse tutto ciò significava soltanto che la stirpe dei Figli del Sole non era immortale, come d’altronde Lygmon non era onnipotente...
Tutto questo parlare - pensava amaramente Norax, che docil­mente ascoltava e talvolta annuiva - dimostrava che al suo Mae­stro non riusciva di trovare conforto nella rassegnazione. Invano gli oppose la scherzosa affermazione che nulla sa­rebbe rimasto per Norax da risolvere, se il suo Maestro avesse spazzato via tutti i problemi. Ne ottenne solo una sorridente approvazione, breve, ma pur sempre grata.





Giunti che furono ad Orwa, Lauchme e Norax vennero accolti con grandi feste e saluti ed onori e grande fu la fe­licità di Nugor nel potere finalmente mantenere la pro­messa e ricambiare l’ospitalità. Nugor volle mostrare quali progressi aveva compiuto la guarigione della sua mano destra: la profonda ferita si era chiusa in una brutta e gonfia cicatrice ancor giovane, lucida ed arrossata. Ma egli, con giusto orgoglio e commovente felicità, mostrava il movimento delle ultime due dita - possibile in ambedue i sensi, con fatica e con un certo dolore. Le altre dita - con­tro ogni sua volontà e secondo le corrette previsioni di Lauchme - restavano penosamente inerti e pendule. Lau­chme si mostrò molto soddisfatto della buona guarigione della ferita e del fatto che almeno una parte dell’uso della mano fosse riacquistato. Ascoltò con piacere un entusia­stico Nugor decantare la nuova residenza come la terra promessa. Lauchme notò che Nugor parlava più spedito, adesso, scegliendo con cura un linguaggio che risultava meglio comprensibile.
Nugor chiese a Lauchme di in­segnargli ancora come curare le malattie. Disse di volere imparare ad essere come Lauchme. E qui Norax rivide, con sorpresa e piacere, ricomparire il consueto lampo di interesse, di sfida ritrovata negli occhi del suo maestro. Ecco!

Ecco... forse su quella strada era la sua salvezza... Forse così si sarebbe potuto ritrovare lo spirito perduto del suo Maestro, dandogli dei discepoli attenti e dedicati...
In quei giorni, più e più volte Norax ebbe modo di considerare che ovunque egli avesse potuto andare - su quella terra e forse anche su Ereb - avrebbe trovato innumerevoli persone per sempre in debito col suo Maestro. Persone che mai, in nessun modo e per nessun motivo, si sarebbero sentite sciolte dal sacro vincolo della gratitudine. In quei giorni, più volte, si trovò a pensare che veramente Lygmon, o Lauchme - o comunque si chiamasse mai quell’uomo solitario, burbero ed auto­revole, che gli aveva insegnato tutto - veramente portava con sé la luce, in tanti modi misteriosi e sempre ingegnosi e sorprendenti. In quei giorni, se pure l’ammirazione del discepolo per il maestro non crebbe - come può crescere ciò che già é infinito? - essa riconobbe più chiari e più va­lidi tutti i suoi motivi di esistere. Ma non per quei motivi - né per Nugor, né per la nuova fortezza - aveva affrontato il viaggio Lauchme, bensì per potere guardare il mare, quel mare. E immaginare l’altra sponda, e forse immaginare se stesso su di essa...


Lygmon, ritornato Lars Lauchume tra i Rasenna, suo popolo antichissimo...

________



Come altre volte, un giorno, da sopra un cocuzzolo, Norax e Lygmon guardavano insieme verso il mare, vasto e az­zurro. Un leggero vento animava le loro vesti di lino, scure e sfrangiate e scompigliava i loro lunghi capelli. Ed allora il dolore del Padre del popolo della Vera Gente si sciolse in parole: “Questa é la differenza fa noi ed i nostri nemici, Norax” - rivelò, come a se stesso, Lygmon - “Noi non vogliamo avere nulla di più. Anzi, siamo contenti di ciò che abbiamo, per cui ringraziamo la Grande Madre Ennin. L’acqua limpida - fredda e sacra - delle nostre fonti, che noi amorosamente copriamo e proteggiamo; i fiumi pe­scosi ed i ricchi stagni sornioni, che accarezziamo con panciute barche; il mare immenso da cui perenne ci viene il vento; l’orzo bruno, il grano biondo, il lino per i nostri telai laboriosi e tutti i lieti frutti colorati dai campi colti­vati e dai boschi popolosi di selvaggina schiva; le stagioni immortali e le tredici lune, guide puntuali nell’anno; le feste allegre e gli austeri segni divini; la fatica ed il riposo giornalieri; la vita serena dei nostri figli, dopo di noi. 


Finalmente ci siamo faticosamente uniti, e - fino a ieri - lo siamo ri­masti, tenacemente, per difendere con la forza il nostro unico te­soro, semplice ed umile, ma così prezioso per noi. Già oggi, purtroppo, siamo nuova­mente, scioccamente divisi. Ognuno di noi vuole essere su questa terra com’é il cervo dalla voce possente, che orgoglioso ostenta i suoi poderosi palchi, mentre col naso umido e palpitante respira libero l’aria. Così vogliono es­sere i bellicosi Iliesi e gli Hypsitani arguti e gli esuli Bàlari, così - nel loro grano tenero - i Corsi stranieri, profughi di Kyrnos. Lo stesso diritto re­clamano dai loro monti selvaggi i Lesitani, i Lugudonesi ed i Tibulati. E altrettanto felici, nella loro libertà, vogliono es­sere i Campitani, gli Alkitani, i Salkitani, i Laconiti ed i Rubrensi olezzanti di pesce. E ancora liberi - ma ancora distinti - vogliono essere i nobili Nurritani e i misteriosi Sarrapidani. E così siamo tutti brevemente felici oggi, perché ab­biamo saputo annegare nel mare l’arroganza e la rabbia di Cartagine, sciogliendone i duri grani con molto del nostro adorato sangue migliore. Ma qual’é l’annuncio del do­mani, mio caro Norax?”. Norax restò muto, a guardare, con grandi occhi affascinati, dritto dentro agli occhi severi del suo Maestro, che, con la sua voce espressiva e profonda, sapientemente andava creando quelle vivide immagini e predicendo i destini... 
Proseguì Lauchme: “Domani - io ti dico - l’erba malvagia rifiorirà, spingendo tra il grano e l’orzo indifesi e teneri le sue infide radici nascoste e mortali. Tu hai visto” - proseguì, con una digressione in tono diverso - “con quale improvvisa facilità può crollare in se stesso nella polvere, con un solo doloroso sospiro, il nostro Nurake. Eppure, quanto enorme, quanto possente appare dopo la lenta, studiata, laboriosa opera di separare le pietre dalla terra, per ordinarle insieme! Un sol piccolo errore - o una pietra spostata - fanno tornare pieno il mucchio e le singole pie­tre al disordine sparso della terra. Così noi siamo, come il nostro mucchio cavo, che sembra forte e non lo é, se non per ciò che esso simboleggia, eternamente, oltre la morte, oltre ogni fine. Ciò che in verità è più forte è più incorporeo della materia bruta, fragile ed imperfetta. Quindi, un giorno cadremo soggiogati, lo so, é scritto che sia così. E’ certo che io non vedrò quel giorno, né forse tu, né - ti auguro - i tuoi figli. Ma i semi sono già sparsi e porteranno a compimento il frutto destinato. 
Guai a noi, domani. 
Incubi stranieri torneranno più forti e più agguerriti e ci spoglieranno di ciò che é nostro e sacro, solo per farne volubile sperpero. Sarà deserto incolto dove ora é foresta verde e impenetrabile, desolazione dove ora cantano liberi gli uccelli e leggiadri profumano i fiori. Noia e distacco dove ora é delicatamente intessuto con gioia l’amore. Povertà e fame dove - adesso - i forni del pane non hanno riposo ed imbiancano le soglie. Tuttavia, forte é l’impulso del nostro sangue e robuste sono le corde del nostro cuore, tanto che anche allora - io voglio, io devo credere - i figli dei figli porte­ranno ancora una seppure sbiadita memoria di noi, del nostro tormentato soffrire e morire, dei nostri sacri Mucchi di Pietre. E gli occhi neri ed i volti cotti dal sole tradiranno ancora l’orgoglio e la tristezza innati nell’udire il supersti­te nome testardo e antico di questa nostra bella terra, la terra del sole - S’rdon. La penseranno - o sogneranno, forse? - come una dolce terra, un tempo cara agli Dei capricciosi, ormai dimentichi purtroppo, e ancora una volta fuggiti al­trove, lontano - oltre il mare - come sempre hanno fatto gli Dei volubili nella fragile, piccola storia dell’uomo.”



La bella voce si infranse come un onda su uno scoglio. E pianse piano tra sé, il vecchio sacerdote, mentre il vento gli fru­gava indiscreto tra la lunga barba grigia, e il suo bastone - segno di comando - sembrava non dargli ormai più che un troppo debole sostegno.

Le onde - sotto il selvaggio influsso delle Pleiadi - a perdita d’occhio disegnavano incostanti trine bianche salmastre, sopra il blu più cupo del mare...
Norax offrì un premuroso appoggio al suo Maestro e questi: “Guarda, Norax” - gli sussurrò, rifiutando gentilmente il suo braccio - “Guarda com’é bello e furioso, oggi, questo mare...”.