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sabato 31 ottobre 2015

Gliel'abbiamo dato noi, l'Aulin...


 
La festa di tutti i Santi, il 1 novembre si diffuse nell'Europa latina nei secoli VIII-IX. Si iniziò a celebrare la festa di tutti i santi anche a Roma, fin dal sec. IX.
Un'unica festa per tutti i Santi, ossia per la Chiesa gloriosa, intimamente unita alla Chiesa ancora pellegrinante e sofferente. Oggi è una festa di speranza: “l'assemblea festosa dei nostri fratelli” rappresenta la parte eletta e sicuramente riuscita del popolo di Dio; ci richiama al nostro fine e alla nostra vocazione vera: la santità, cui tutti siamo chiamati non attraverso opere straordinarie, ma con il compimento fedele della grazia del battesimo.

In Italia
è una festa religiosa, popolarmente: Ognissanti.
Probabilmente essa trae le sue origini culturali dalla devozione dei Latini per i Lari ed i Penati e dalle cerimonie relative a quei culti.
La festa di Tutti i Santi, pur essendo relativa ai defunti, per la Religione Cattolica è una giornata di gioia, di spe­ranza, di fede. Una delle giornate più intelligenti, più raf­finate che la liturgia ci propone; è la festa di tutta l'umanità, del­l'umanità che ha sperato, che ha sofferto, che ha cercato la giusti­zia, dell'umanità che sembrava perdente e invece è vittoriosa. E' la festa di Tutti i Santi, non solo di quelli segnati sul calen­dario e che veneriamo sugli alta­ri, ma anche di quelli che sono passati sulla terra in punta di pie­di, senza che nessuno si accor­gesse di loro, ma che nel silenzio del loro cuore hanno dato una bella testimonianza di amore a Dio e ai fratelli, forse parenti no­stri, amici, forse nostro padre, nostra madre, umili creature, che ci hanno fatto del bene senza che noi neppure ci accorgessimo. Nella festa di Tutti i Santi, la Chiesa ci dice che i santi sono uomini e donne comuni, una mol­titudine composta di discepoli di ogni tempo che hanno cercato di ascoltare il Vangelo e di metter­lo in pratica. Sono questi i santi che salva­no la terra. C'è sempre bisogno di loro. È in virtù dei santi che so­no sulla terra, che noi continuia­mo a vivere, che la terra continua a non essere distrutta, nonostan­te il tanto male che c'è nel mon­do. Ed è in virtù dei santi di ieri, dei santi che sono già salvati e che intercedono per noi: « una molti­tudine immensa che nessuno può contare, di ogni nazione, popolo e lingua ». 
Nella festa di Tutti i Santi, noi celebriamo la gioia di essere an­che noi eventualmente chiamati alla santità, per­ché ci è stato detto che abbiamo un cuore che batte come figli di Dio.

In Inghilterra ed in Nord America
All Hallows Eve... Halloween.
Nei paesi anglosassoni in questa data, la cultura celtica individuava il passaggio dalla stagione calda a quella fredda, ma anche un'occasione di riposo e ringraziamento degli dei dopo che le scorte e provviste per l'inverno erano state completate.
L'evangelizzazione delle isole britanniche portò alla cristianizzazione di questa ricorrenza che, tuttavia, non perse del tutto alcune delle sue caratteristiche originali conservando alcune influenze pagane. Ed oggi ha anzi acquisito una potente componente commerciale e coreografica, che conserva ormai ben poco della spiritualità sia cattolica, sia pagana.

Oggi festeggiamo qualche cosa che non sappiamo pronunciare, che non sappiamo che cos'è, né da che cosa derivi, e che non ci induce alcun pensiero più profondo di un "dolcetto o scherzetto" /"Trick or Treat"...
Buon Aulin a tutti, allora!

domenica 23 novembre 2014

KERUB - 2


Un inizio.

La scena è un locale notturno fumoso, un po’ sordido, come ormai – purtroppo o per fortuna, dipende dai punti di vista, piccoli cari – ve ne sono molti altri.

L’ora è un’ora tardissima e non più piccola della notte, oppure molto precoce del mattino: anche qui i punti di vista sono utilissimi per descriverne l’osservatore, più che la scena osservata. Il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto appartiene all’ottimista quanto al pessimista, pur essendo l’oggetto sempre lo stesso: è la descrizione che se ne fa, che definisce il descrittore… Un ingegnere vedrebbe solo un recipiente in buona parte sprecato per la funzione attualmente richiesta. Uno psicologo ne trarrebbe un ottimo strumento di studio delle attitudini. Un fisico direbbe che il nostro bicchiere ‘mezzo pieno’ è invece pienissimo: per metà di un liquido e per metà d’aria…
È il segreto della Vita: essa possiede molte sfaccettature, proprio come una pietra preziosa. Guardandola, si possono apprezzare insieme molte prospettive delle cose. Appaiono chiare o deformate, riflesse o deflesse, vere o ingannevoli, più o meno luminose, non tutte esattamente buone. Quale sarà, in fondo, la realtà, porcellini? E una pietra preziosa si può meritare in molti modi; si può acquistare, o desiderare soltanto, o persino rubare… Si può regalare, spinti da amore sincero, o per infame calcolo subdolo e corruttore. Ci si può lasciar corrompere, o si può scegliere di resistere. Se insisti e resisti, consegui e conquisti! Non è sempre vero, porcellini: e voi lo sapete bene…
In tutta la nostra Vita, conoscenza e punto di vista sono fondamentali, per giudicare le azioni delle altre persone. E per giustificare le nostre.

Detto questo, che costituisce un po’ la chiave di lettura di questo scritto, entriamo pure nell’acqua gelida e corrosiva della storia bruta, piccoli amici miei frementi ed ansiosi

Tre colombe bianchissime si posarono d’improvviso come fossero una sul davanzale, con grazia e precisione.  Una visione paradisiaca di candore e purezza. Contemporaneamente ci fu un “Fsssss-t!”, quasi come una perdita da una gomma d’automobile, oppure come quando si stappa una bibita gassata… Un penetrante profumo di gelsomino e d’incenso sembrò subito aleggiare nell’aria, in una strana mescolanza del tutto inusitata, intensa, persuasiva.  
Ed eccolo lì.  
Il volume della musica si era ridotto ad un livello di piacevole discrezione e le melodie si erano fatte più dolci… Stava in piedi, fermo, tutto vestito di un tenue azzurro chiaro – camicia bianca, con qualche voile, senza cravatta, un colletto ampio nei limiti del discreto – l’aria un po’ confusa e gli occhi indecifrabili e persi, sotto una frangia di lucidi riccioli biondi. Si guardava intorno, come per decidere che fare, volgendo il capo con un movimento lento, quasi regale, armonico. Non era indecisione, la sua, bensì prudente determinazione: sprizzava salute ed energia positiva da tutti i pori, si sarebbe detto…In sottofondo, “l’aria sulla quarta corda” iniziava a salire come d’incanto con le sue note lente, disposte come gradini verso il cielo azzurro, alto e terso.

Una delle entreineuses troppo truccate e troppo succinte lo guardò fisso, sinceramente stupita, riaggiustandosi un poco il corpetto nel quale un ostinato capezzolo si rifiutava di rientrare: “Edda 'ndove sbuca ‘sto qua? Me sembri 'n cherubbino!”.
Il tono era disincantato e cinico, la voce screpolata dalle troppe sigarette, ma l’ammirazione era sincera.
Lui non si scompose, le sorrise il più bel sorriso che lei avesse mai visto in vita e le rivelò gentilmente: “Questo è perché io sono, per l’appunto, un cherubino, gentile signora. Ma è una notizia riservata, per cui la prego di tenerla per sé. Il mio nome è Zophiel. E questo è noto a quasi nessuno, sulla Terra del Pianto Quotidiano”.
La donna lo avrebbe volentieri mandato subito a quel paese, come faceva d’abitudine con chi s’azzardava a prenderla in giro, ma la gentilezza ed il garbo di quello strano giovine l’avevano confusa ed ammaliata, senza  aggiungere che l’aveva persino chiamata signora, ma per davvero, con quella voce, quella voce che aveva in sé un che di indefinibile…
Le tre colombe volarono insieme docili sul palmo della mano del nuovo venuto, che sorrise il suo timido splendido sorriso e fece loro un garbato cenno di ringraziamento, sussurrando loro, con benevola complicità:  “Andate, adesso, sù! Sempre con gioia”. Le tre colombe si allontanarono insieme leggere, frullando ubbidienti, non senza essersi prima scambiate un’occhiata che – a ripensarci – sembrava proprio essere d’intesa, come quello che fanno i ginnasti prima di cominciare un esercizio insieme.
Ma non ci fu tempo per altre considerazioni al riguardo…

Ci fu subito un altro “Fssss—spat”, quasi il verso di un gatto orecchie abbassate che soffia la propria minaccia cattiva. E subito si sparse una spiacevole puzza sulfurea, nauseabonda, d’uova andate a male già da tempo… Entrò in scena – chissà da dove, anche lui – un tipo alto, allampanato, dinoccolato, molto stempiato, tutto vestito di nero, con scarpe di vernice nera fuori moda ed una camicia rosso Borgogna. Pallido come la morte, passò quasi per caso a fianco del giovane in bianco e gli sussurrò all’orecchio, con una voce roca intrisa d’astio: “Mi fai sempre andare in bestia quando appari così! E comunque, ricordati, questo è mio territorio: papponi, prostitute, bari, ladri e i loro clienti, o le loro vittime. Tutta roba mia: quindi lasciami lavorare, ragazzino…”. Gli porse di malagrazia un libro consunto, di Maksim Gor’kij, aperto alla pagina in cui il vecchio Stefan Ili´c dichiara: “Il Diavolo non esiste. È un’invenzione della nostra ragione maligna. Lo hanno inventato gli uomini per giustificare la loro turpitudine [...]. Credetemi, poiché siamo degli imbroglioni, avevamo bisogno di inventarci qualcosa di peggiore di noi, il Diavolo appunto”. Gli indicò il brano, sottolineato in rosso, con l’indice nodoso di una sgradevole mano ossuta, guardandolo torvo con occhi iniettati, di sbieco, con un sorriso malevolo e laido insieme.
Tutto come da copione, bambini cicciottelli

Sette mosconi grossi e di colore verde nerastro presero a svolazzare ronzando con insistenza per la stanza, infastidendo ben bene quasi tutti i disgraziati avventori. Alla fine si posarono in un angolo, sulle briciole di un biscotto stantio, sopravvissuto a chissà quante pulizie sommarie e svogliate del locale. Cominciarono a sgranocchiarne rumorosamente e di gusto i resti ammuffiti…

L’entraineuse valutò con interesse professionale i glutei del nuovo arrivato, ben modellati dai suoi pantaloni stretti, scuri e lucidi. Un sorriso laido si disegnò lentamente sulle sue labbra, mentre gli occhi torbidi si facevano due fessure sottili, nell’apprezzamento sommario, nella formulazione immorale delle ipotesi, nell’intensità più lurida delle fantasie…
Gli lanciò alle spalle la domanda: “Come te chiami?” – sperando che lo sconosciuto s’interessasse a lei, prima e di più che alle altre galline del pollaio, le quali si sarebbero sicuramente fatte avanti molto presto. 
Ebbe fortuna, o almeno così le sembrò: è sempre questione di punti di vista, porcellini
Egli si voltò felino, con un gran sorriso cannibale, fatto di denti bellissimi: “Iblis Shaytan Bellar Mitricoleon, per servirti, bellezza! Sono Principe di questo Mondo, Colui che porta la luce ed il Signore delle mosche, padrone del potere dell’aria: riesco a farmi piccolo fino ad essere invisibile ai padri più protettivi e così grande da incutere QuantoBasta di preventivo terrore alle vergini di buona famiglia…”.
E così dicendo – con gli occhi ipnotici, brillanti e neri fissi su lei, che si credeva predatrice  – estrasse dal taschino più piccolo dell'attillato panciotto una lunga bacchetta magica, che si aprì in un multicolore mazzo di fiori di carta fosforescente, da cui volarono via mille piccoli moscerini colorati e ronzanti, mentre un fischio assordante riempiva la sala ed il puzzo di zolfo, se possibile, diventava ancora più intenso ed intrusivo, ferendo la mente e le narici insieme con il suo fetore…




[Perché i mosconi, mi chiedete, pecorelle?  
C’è una vecchia storia, al riguardo: “Ahaziah d’Israele cadde attraverso una grata nel palazzo di Samaria e temette che il trauma potesse essere mortale (2 I Re, 1). Piuttosto che interrogare Yahweh (pertanto accettando la vittoria di Yahweh a Carmel come dimostrazione della sua supremazia, 1 Re 18:20-40),  egli spedì messaggeri alla divinità Filistea Baal-Zebub (cf. 1 Re 14:1-20)”.  Il nome “Baal-Zebub” sarebbe indubbiamente uno strano nome per una divinità, in quanto significa “Signore delle mosche”.  
Invece “Baal-Zebul” (Significa Baal il Principe, cioè il Signore dei Signori) sarebbe un nome accettabile per una divinità Levantina antica (ed è effettivamente attestato ad Ugarit).  In aggiunta,  il Nuovo Testamento conserva questo termine, di solito sotto la forma “Beelzebul” (Matt 10:25; 12:24; Marco 3:22; Luca 11:15).  
È anche sicuro che a volte, i nomi di personaggi considerati malvagi  erano rivisti e corretti, in modo da crearne un nome peggiorativo. Forse ciò fu fatto dal copista della Bibbia, o dal redattore, o forse fu voluto da altri, chissà.  Ma il Signore Oscuro e Malvagio è diventato da allora il Signore delle mosche, invece che il Principe dei Principi, a dimostrazione dell’infimo livello al quale opera. 
E così si rappresenta egli stesso, ormai, al fine di compiacere i propri adepti.
Un poco di Cultura,  culetti, vi sarà grandemente gradita, prima dell'Incontro grandinante con Me...].


venerdì 21 novembre 2014

KERUB

Ri-posto questo incipit per un'amica...
r u B

- Voce cavernosa (critica, ma dubbiosa): “C’è poca logica in questo scritto. E il titolo non mi piace, anche se vi comprendo la sottile perfidia della trappola nascosta: ‘Kerub’ è un termine ambiguo”.

- Voce flautata (suadente): “Logica, via! – voglia il Lucente Figlio del Mattino scusarmi – perché mai dovrebbe essercene, poi? Chi cerca più la Logica, oggi, in fondo?”

Voce cavernosa (contrariata): “Chi legge libri la desidera, la cerca probabilmente: paga e quindi esige qualche cosa in cambio”.

- Voce flautata (quasi irridente, ma in evidente disagio): “Faccio osservare con sommo rispetto, Figlio dell’Aurora, che qualche cosa si ottiene, eccome, anche in cambio di questo scritto. Che poi non sia esattamente ciò che si cercava è l’alea di tutti i libri! Ma devo insistere: proprio nessuno cerca più la Logica, Vostro Eterno Malessere. O il Buonsenso. O altre vecchie cose, non più in voga…”.

- V.c. (intransigente e decisa, ora): “Andiamo! Si deve avvertire preventivamente il lettore, per chiarezza, fin dalla prima pagina: egli deve sapere che cosa sta scegliendo”.

- V.f. (più conciliante, ma apprensiva): “ Chiedo scusa, Sua Orrida Eccellenza. Si potrebbe forse subito iniziare con: ‘Che cosa desiderate ottenere, Voi, da uno scritto? Ebbene, qualunque cosa sia, Vi dico subito che non l’avrete certamente da questa lettura… Quindi deponete il libro – finché siete in tempo – ed anzi uscite addirittura da questo negozio. Perché? Si tratta di un racconto senza né capo, né coda… O meglio: possiede un capo cornuto ed una coda a punta di freccia. E puzza. Almeno è così nelle rappresentazioni più classiche, dal Medioevo in poi… Ma sappiamo bene quanto poco valgano le interpretazioni di quell’epoca e quanto fossero oleografiche ed anti scientifiche’. Crede che andrebbe bene così?”.

- V.c. (spazientita): “Non basta. Si deve aggiungere esplicitamente: ‘Contiene descrizioni che offenderanno la Vostra sensibilità. Contiene situazioni nelle quali Vi dispiacerà riconoscervi: è uno specchio riflettente della vostra individuale ed inaccettabile realtà personale e dei Vostri sogni più inconfessabili’. Sono stanco di ricevere continuamente complicazioni e rigetti dall’ufficio legale per l’invalidità di patti sottoscritti troppo frettolosamente e fraudolentemente. In più, i ricorsi per inadeguata informazione preventiva rendono molto più guardinghi i candidati, in seguito. E questo non va: si perdono per sempre!”.

V.f. (rassegnata, con una nota di tensione): “Se questi sono gli ordini precisi di Sua Profonda Malevolenza, ci atterremo alla Sua volontà e faremo esattamente così”.

V.c. (più serena): “Aggiungi anche, in tono scherzoso: ‘Se Vi avverto prima, porcellini, poi non potrete più venire a lamentarVi per la vostra finalmente ottenuta totale corruzione, adducendo come causa proprio questo racconto, invece del Vostro personale e spontaneo esercizio del Libero Arbitrio’. È un’espressione che catturerà i migliori candidati, operando nel contempo una garbata persuasione occulta sugli altri…chissà che non tiriamo su le reti piene, per una volta (segue occhiataccia verso il succubo)?”

- V.f. (collaborante, ma distaccata e delusa): “Benissimo, mio Perfido e Luminosissimo. Poi posso cominciare con il racconto, con Sua infamissima licenza?”

- V.c. (conclusiva, riconsiderando il Tutto): “Senz’altro indugio. Ma ripeto: manca di qualsivoglia logica… A me piace la Logica. Se potessi amare, l’amerei. Non potendo farlo, mi limito a farmela piacere…”.

- V.f. (si schiarisce la gola).


(Dall'Incipit del romanzo "KERUB")...

giovedì 7 agosto 2014

LA DOMANDA: TI SALVERA' ESSERE ATEO?



Iraq Christians flee as Islamic State takes Qaraqosh

File photo of Islamic State militants Militants of the group Islamic State now control vast swathes of territory in Iraq and northern Syria
Thousands of Christians are reported to be fleeing after Islamic militants seized the minority's biggest town in Iraq.
The Islamic State (IS) group captured Qaraqosh in Nineveh province overnight after the withdrawal of Kurdish forces.
An international Christian organisation said at least a quarter of Iraq's Christians were leaving Qaraqosh and other surrounding towns.
IS has seized large parts of Iraq and Syria to create an Islamic caliphate.
Kurdish forces, known as the Peshmerga, have been fighting the Sunni militants' advance in the north for weeks.
In a separate development, the United Nations says it has rescued some of the thousands of people trapped by IS militants in mountains near the town of Sinjar.
Up to 50,000 members of the Yazidi religious minority fled there after IS overran Sinjar at the weekend.
Christian 'catastrophe' The French organisation Fraternite en Irak said on its Facebook page (in French) that a majority of inhabitants of Nineveh escaped when the militants took over Qaraqosh and surrounding towns.
Map of Iraq
As many as 100,000 people are believed to be fleeing toward the autonomous Kurdistan Region.
According to Fraternite en Irak, the commander of the Peshmerga in Qaraqosh told the town's archbishop late on Wednesday that the forces were abandoning their posts.
Several senior clergymen in Nineveh have now confirmed that the towns have fallen.
"It's a catastrophe, a tragic situation: tens of thousands of terrified people are being displaced as we speak," said Joseph Thomas, the Chaldean archbishop of the northern city of Kirkuk.
Eyewitnesses in Qaraqosh said IS militants were taking down crosses in churches and burning religious manuscripts.
The town - referred to as Iraq's Christian capital - is located 30km (19 miles) southeast of the city of Mosul, which was captured by IS in June.
Last month, hundreds of Christian families fled Mosul after the Islamist rebels gave them an ultimatum to convert to Islam or face death.
Iraq is home to one of the world's most ancient Christian communities, but numbers have dwindled amid growing sectarian violence since the US-led invasion in 2003.

martedì 15 aprile 2014

BUONA PASQUA


Reblogged from this very same WebLog: commemorating Easter.


Legno d'Olivo, 

chiodi a testa quadra, nei polsi

E una sentenza infamante...


Van Dick: "Crocifissione", con corretto posizionamento dei chiodi
tra le ossa dell'avambraccio presso i polsi.

Crocifissione.

Gesù morì inchiodato a una croce il giorno 14 di Nisan venerdì 7 Aprile dell’anno 30. Così si può dedurre dall’analisi critica dei racconti evangelici, messi a confronto con le allusioni alla sua morte trasmesse nel Talmud (cfr. TB, Sanhedrin Vi, 1; fol. 43 a).

disegno dell'autore.

Questa immagine di insopportabile disumanità. Era un venerdì, il sole era tramontato, Gesù dopo un regolare processo fu frustato e flagellato con 120 colpi di flagello, uno strumento formato da un manico e da tre o quattro cordicelle che terminavano con delle punte di piombo o con degli ossicini. Le frustrate furono date su tutto il corpo, ma non sulla parte cardiaca, perchè il condannato non doveva morire subito ma sulla croce. Gesù viene crocifisso, ma non come era uso fare con i condannati che venivano legati alla croce, ma venne inchiodato alla croce per mezzo di quadrati chiodi di ferro, è certo che la crocifissione avenne in terra, e i chiodi che inchiodarono le arti superiori non furono penetrati nelle mani come si vede in tanti crocifissi e dipinti, ma i chiodi trapassarono i polsi, questo ha permesso a un corpo di 75kg. di rimanere appeso per tanto tempo che altrimenti sarebbe caduto quasi subito, i piedi invece furono inchiodati insieme con un unico chiodo, senza alcun appoggio. (C'è qualcuno che sostiene e si sono visti anche qualche crocifisso e dipinto che i piedi di Gesù furono inchiodati separatamente, oppure incrociati ma con un appoggio.) La crocifissione era il più crudele dei supplizi.
Anche la corona di spine che cinse il capo di Cristo non era rotonda come la si vede nei crocifissi, e nella varie illustrazioni, maera un insieme di spine a forma di copricapo piuttosto irregolare che gli venne conficcato sul capo senza tante cerimonie e fissata attorno al capo mediante un laccio. 
La morte avvenne dopo tre ore di atroce agonia, la causa gravi disturbi respiratori dovuti alla posizione della crocifissione

Le cause della morte possono essere tre, 
- La prima colasso ortostatico, causa che tutto il sangue del corpo cadde verso il basso non affluendo più al cuore e al cervello. 
- Seconda causa, crampi tetanici che hanno provocato l'asfissia. 
- E terza causa, lo spezzarsi del cuore, e a questo si attribuisce l'acutissimo grido che Gesù fece prima di morire: "Imma" "Mamma".
Oggi la corona e un pezzo della croce si trovano conservati a Parigi nella cattedrale di Notre Dame. 
Il Sacro Manto è custodito a Treviri in Germania e la Sacra Tunica a Argenteuil in Francia, Dopo una lunga teologica disputa tra la cattedrale di Treviri e il convento di Argenteuil per possedere l'autentico mantello di Cristo è stato ora amichevolmente deciso che una possegga il Manto Sacro e l'altra la Tunica Sacra. Il più prezioso dei due indumenti è il Mantello causa delle due miracolose guarigioni verificatesi nel 1884 dopo che gli interessati l'avevano toccato.

La crocifissione era una pena di morte che i Romani applicavano a schiavi e sediziosi. Aveva un carattere infamante, per cui di per sé non si poteva applicare a un cittadino romano, ma solo agli stranieri (i crocifissi erano esposti lungo le strade maggiori; sulla croce era esposta una copia della sentenza, in modo che tutti potessero conoscere che per quel tale delitto era prevista proprio quella pena). Da quando l’autorità romana si stabilì in terra d’Israele, numerose sono le testimonianze del fatto che questa pena era applicata con relativa frequenza. Il procuratore di Siria Quintilio Varo aveva crocifisso nell’anno 4 a.C. duemila giudei come rappresaglia per una sedizione.

Per quello che si riferisce al modo in cui poté essere crocifisso Gesù, sono di indubbio interesse le scoperte effettuate nella necropoli di Givat ha-Mivtar nei dintorni di Gerusalemme. Lì fu trovata la tomba di un uomo che fu crocifisso nella prima metà del I secolo d.C., quindi contemporaneo di Gesù.

La crocifissione era una pena di morte che i Romani applicavano a schiavi e sediziosi. Aveva un carattere infamante, per cui di per sé non si poteva applicare a un cittadino romano, ma solo agli stranieri.

L’iscrizione sepolcrale ci permette di conoscere il suo nome: Giovanni, figlio di Haggol. Misurava 1 metro e 70 di statura e aveva circa venticinque anni quando morì. Non c’è dubbio che si tratta di un crocifisso e che i seppellitori non poterono estrarre il chiodo che gli trafiggeva i piedi, il che li obbligò a seppellirlo con il chiodo, che a sua volta conservava parte del legno. Questo ha permesso di sapere che la croce di questo giovane era di legno d’olivo. Sembra che avesse una leggera sporgenza di legno tra le gambe che poteva servire per appoggiarsi un poco, utilizzandolo come sedile, in modo che il reo poteva recuperare un poco le forze (ma in tal modo prolungando l’agonia) evitando con questo piccolo sollievo una morte immediata per asfissia, che si sarebbe prodotta se tutto il peso avesse gravato sulle braccia, senza nulla su cui appoggiarsi (impedendo la respirazione per gravità). Le gambe sarebbero state leggermente aperte e piegate. I resti trovati nella sepoltura mostrano che le ossa della mano non erano né trafitte né rotte. Per questo, la cosa più probabile è che le braccia di quest’uomo siano state semplicemente legate con forza alla traversa della croce (a differenza di Gesù, che venne inchiodato). I piedi, invece, erano stati attraversati dai chiodi.
Uno di essi conservava fissato un chiodo grande e piuttosto lungo.

Per la posizione in cui si trova si potrebbe pensare che lo stesso chiodo abbia attraversato i due piedi nel modo seguente: le gambe stavano un po’ aperte e il palo rimaneva nel mezzo, la parte sinistra della caviglia destra e la parte destra della caviglia sinistra erano appoggiate ai lati del palo, il lungo chiodo attraversava prima un piede nella caviglia, poi il palo di legno e poi l’altro piede. Il supplizio era tale che Cicerone qualificava la crocifissione come “il massimo supplizio”, “il supplizio più terribile e crudele”, “il peggiore e l’ultimo dei supplizi, che si infligge agli schiavi” (In Verrrem II, libro V, 60-61).

Nella sua offerta alla morte di Croce, manifesta la grandezza dell’amore di Dio verso ogni essere umano.

Comunque, per approssimarsi alla realtà di quello che significò la morte di Gesù in croce, non è sufficiente fermarsi ai tragici e dolorosi dettagli che la storia è in grado di illustrare, poiché la realtà più profonda è quella che proclama “che Cristo morì per i nostri peccati, secondo le Scritture” (I Cor. 15,3).

Nella sua offerta generosa alla morte di Croce manifesta la grandezza dell’amore di Dio verso ogni essere umano: “Dio dimostra il suo amore verso di noi in quanto, essendo ancora peccatori, Cristo morì per noi” (Rm 5,8).

Francisco Varo, decano della facoltà di Teologia dell'Università di Navarra (Spagna)

BIBLIOGRAFIA:
- Simon LEGASSE, El proceso de Jesús. La historia (Desclée de Brouwer, Bilbao 1995 137-143);
- Nicu HAAS, “Antropological Observations on the Skeletal Remains of Giv’at ha-Mivtar”: Israel Exploration Journal 20 (1970) 38-59;
- Francisco VARO, Rabí Jesùs de Nazaret, (B.A.C., Madrid 2005) 186-191.