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venerdì 4 ottobre 2013

Imparare (nulla) dalla Storia

Molti fatti accaddero già in passato: alcuni in modo persino identico a come li vediamo accadere oggi...
Eppure, l'esperienza comune non è valsa a nulla.

Un'esperienza personale negativa - per esempio, bruciarsi con il fuoco - riesce a condizionare il futuro comportamento di un individuo, che diverrà talvolta persino troppo prudente, facendone tesoro. Perché mai, allora, un'esperienza storica comune - negativa e quindi anch'essa da evitarsi in futuro - non riesce a condizionare il comportamento comune?

Probabilmente, ciò dipende da molti fattori (che non pretendo affatto di sapere elencare tutti):

1) Si rappresenta male l'attuale situazione, in modo  che non corrisponde interamente alla realtà oggettiva. Infatti, oggi si parla di 'una emergenza', per una situazione che in realtà è in corso ormai da diversi anni, quindi è cronica e nota e non risponde per intero al termine 'emergenza', anche se essa è realmente drammatica. Stiamo purtroppo parlando della morte - internazionalmente accertata - di quasi 20.000 persone. Sono i numeri di una guerra.

2) Situazioni analoghe o del tutto identiche del passato sono anch'esse state mal comprese e peggio raccontate: descrivendole in modo errato (o strumentalmente falso) si è reso impossibile imparare da esse e prendere provvedimenti corretti. Questo è un ulteriore motivo per il quale non si deve falsare la ricostruzione del passato comune.

3) Certamente, si ha un'incompleta ed errata percezione del problema, a seconda del proprio Paese d'osservazione. L'Italia si sente abbandonata dagli altri Paesi Europei di fronte alla 'difesa' territoriale dei confini meridionali dell'Europa. Gli altri Paesi Europei sono infastiditi da quella che considerano un'inefficienza tutta italica nello svolgimento di un semplice ruolo di controllo di confine, dato che - comunque - i loro rispettivi numeri dell'immigrazione dai paesi dei migranti sono molto maggiori di quelli italiani (e questo è vero persino per paesi di superficie molto inferiore a quella dell'Italia, ad esempio, il Belgio).

Vediamo gli ultimi eventi:

Sono deceduti, presso Lampedusa, in un unico disperato tentativo, circa trecento esseri umani, morendo di una morte terribile, prematura, dissennata e - quel che più è grave - evitabile. Perché accade questo?

A) Disperati emigranti di vario genere fuggono dalle proprie terre: paesi pieni di problemi di ogni genere, di disperazione, di fame, di violenza, d'ingiustizia. Sono disposti a tutto, pur di uscire dal paese che gli ha dato i natali: e questa - non possiamo non saperlo - non è mai una decisione che si prende a cuor leggero, come si farebbe con un viaggio turistico. Recidere le proprie radici, abbandonare i luoghi noti, le abitudini che ci sono care, gli usi ed i costumi che sono i nostri, non è piacevole: soprattutto se questo implica andare in un posto che non si conosce e di cui non si parla la lingua, non si condivide la religione, l'alimentazione, la visione della vita, tutto.

B) Organizzazioni di criminali, uomini abietti, che hanno trovato il modo di lucrare sulla disperazione dei propri simili, offrono a caro prezzo il "viaggio" attraverso il Mediterraneo, fino nelle acque territoriali europee. Naturalmente, su una 'carretta del mare', che opportunamente obbliga i paesi civili occidentali (e quindi l'Italia) al salvataggio dei naufraghi, chiunque essi siano e quale che sia la provenienza. Spesso, il prezzo intero è la morte, come abbiamo visto: e gli sciagurati lo sanno. Perché allora, è lecito chiedere, essi affrontano egualmente il rischio? Perché hanno negli occhi il sogno abbacinante di un futuro migliore per sé, per le proprie mogli e soprattutto per i propri figli. Perché sono disposti persino ad affrontare l'espropriazione dei propri beni e rischiare la propria vita, pur di realizzare quel sogno, che sta su un'altra spiaggia, di là dal mare... Quante volte si è parlato - in passato, nella realtà e nella leggenda - di una Terra Promessa? Quante volte prima di oggi, si è attraversato il mare, per trovarla? Curiosamente, questi gruppi disperati sono molto spesso connotati, descritti, indicati, con l'acqua che li bagna. Dolce o salata, può essere, quell'acqua: ma per essi sarà sempre amara, amarissima e lorda di sangue.
Eccoli: sono i "Boat People" del Sud Est Asiatico. No: sono i "WetBacks "messicani, che attraversano nottetempo il Rio Grande (e quindi si bagnano il sedere) e costituiscono il 60% degli immigrati clandestini negli USA. No: sono i "Popoli del Mare", che non misero a ferro e fuoco un bel niente nel 1200 a.C. (come irrealisticamente ancora qualcuno sostiene), ma che tentarono di fuggire nell'America di allora, l'Egitto e la Palestina ricca di grano, per cercare la loro Terra Promessa! Ci hanno scritto sopra libri e articoli, e persino un "Libro" di grandissimo successo mondiale.
Alcuni ci riuscirono ed i loro discendenti si chiamano Palestinesi, oggi (Plst, allora).

La Soluzione.

I Faraoni tentarono di risolvere il problema in modi differenti.

I)  con i migranti Libi (non era un esercito in marcia: le tende non erano tende da campo ed il materiale che si portavano dietro era tutto ciò che essi possedevano, incluse suppellettili preziose) usarono le armi, sterminandoli tutti, uomini giovani e vecchi, prendendo le donne ed i bambini come schiavi e vantandosi del fatto che "il loro seme non era più", come risulta dalle loro orride contabilità di mani destre e peni recisi.

II) Con altri, più organizzati e meglio determinati (tra cui i Srdn), ebbero la saggezza di destinargli alcune terre cuscinetto nei confini orientali da coltivare, pattuendo tasse e contributi annuali e l'obbligo di difendere i confini dall'avversario più pericoloso (gli Ittiti, che avevano saputo impartire agli Egizi una grande lezione a Kadesh).

In ogni caso, erano altri tempi: si poteva impunemente sopprimere ed opprimere e la vita umana non aveva un grande valore, di qualsiasi colore fosse l'involucro che la conteneva...

Va da sé che oggi non possiamo impiegare ottusamente le soluzioni militari: ma dobbiamo fermare questo fenomeno, ad ogni costo.

Dobbiamo fare ricorso alla nostra superiore organizzazione e gradatamente ridurre le cause locali che lo determinano nei paesi di appartenenza dei profughi (nessuno possiede la bacchetta magica per farlo nottetempo). Non è possibile fare ciò senza ricorrere ad organizzazioni soprannazionali che denuncino le singole situazioni e ne indichino la soluzione.

Dobbiamo agire insieme e fermare le organizzazioni criminali.

Non è affatto facile farlo quanto lo sembra a dirlo: molte di quelle nazioni hanno un'instabilità politica e sociale che fa sembrare le nostre un magnifico sogno irrealizzabile.

Abbiamo molto da fare.

Nikolaos Gysis, 1892, "Allegoria della Storia"


Cominciamo con l'imparare davvero dalla Storia: se non faremo nulla, potrebbe seguirne un'altra crisi socio economica mondiale, proprio come fu quella - solo apparentemente inspiegabile - del Collasso alla fine dell'Età del Bronzo.






giovedì 9 agosto 2012

POPOLI DEL MARE

PROFUGHI 

Ci furono - alcuni anni fa - i "Boat People" nell'estremo Sud Est Asiatico. Ci sono stati e ci sono tuttora i "Wetbacks" Messicani, che attraversano il confine con gli Stati Uniti e - per farlo - devono bagnarsi nelle acque del Rio Grande.
Ci sono, ormai da anni, dei poveri disgraziati, sfruttati e destinati a morire o ad essere sottopagati col lavoro nero, che fuggono dalle loro terre da incubo e che figurano stabilmente nelle pagine di cronaca dei nostri giornali. Sono trasportati dalle "Carrette del Mare", oppure trasportati da miserabili negrieri profittatori spietati che chiamiamo "Scafisti", invece di usare il termine appropriato...
Prima provenivano per mare solo dal Magreb, o dall'Est Europeo, adesso ne arrivano anche dalla Siria, per via della guerra.
La Storia si ripete, con poca fantasia: è beffardo e curioso che i nomi di questi Profughi Disperati siano in qualche modo sempre legati all'acqua. In tutte le latitudini, in tutte le epoche, la definizione trovata per loro li lega immancabilmente in qualche modo a quell'acqua che - dolce o salata che fosse - doveva per essi avere un sapore ed un significato terribilmente amaro...
In fondo, anche i "Padri Fondatori" che fuggivano perché perseguitati in Patria per motivi religiosi, fuggirono attraverso l'Oceano Atlantico, per raggiungere l'America.

Ebbene Pasuco: io sostengo con forza e decisione che anche i cosiddetti Popoli del Mare fecero esattamente la medesima cosa che costoro hanno fatto in tempi più recenti e che stanno ancora facendo oggi. Fuggirono, disperatamente, con ogni mezzo, da terre distrutte ed ormai inospitali che non potevano più mantenerli in vita. Fuggirono affrontando rischi altissimi: talvolta l'alternativa più probabile alla morte era la schiavitù a vita... 

Perché lo fecero, Pasuco?
Perché avevano negli occhi l'immagine sfolgorante della Terra Promessa, dove i loro figli avrebbero, almeno, avuto un futuro.

Non farti incantare dai contastorie: la realtà non è mai la coloratissima Epopea di "guerrieri invincibili che nessuno può fermare": la Realtà è fatta di colori neri e plumbei, nei quali la breve sospensione della Tragedia è quasi di per sé un momento di felicità, in cui egualmente si strappa quotidianamente alla Morte la nostra Vita con le unghie.