mercoledì 30 luglio 2014

dalLa Nuova Sardegna


Giganti, simbolo della ricerca nell’isola

Gli scavi vanno avanti grazie alla collaborazione di Università e Soprintendenza



      di ATTILIO MASTINO
      Nei giorni scorsi il nostro collega e amico Raimondo Zucca dell'Università di Sassari ha riassunto quarant'anni di storia delle ricerche nell'articolo Monte Prama (Cabras-Or). Storia della ricerca archeologica e degli studi pubblicato nel quinto volume della collana "Tharros Felix" del Dipartimento di Storia, Scienze dell'Uomo e della Formazione e del Consorzio Uno di Oristano. Questo lavoro mi consente di precisare alcune questioni evocate nei giorni scorsi sulla prima pagina de La Nuova: alla luce dei risultati e dei fatti che conosco, non mi sembra si possa parlare di un latente conflitto fra Università e Soprintendenza archeologica, impegnate nelle ricerche scientifiche a Monte Prama a partire dal 5 maggio di quest’anno.
      Al riguardo non dobbiamo far altro che richiamarci ad un protocollo d'intesa siglato il 24 aprile scorso fra la direzione regionale dei Beni Culturali, la Soprintendenza per i Beni archeologici, le due Università, il Comune di Cabras, la Casa circondariale di Oristano e il Consorzio Uno. In tale protocollo si richiama la preliminare intesa fra le Università di Sassari (Raimondo Zucca, Pier Giorgio Spanu, Paolo Bernardini) e di Cagliari (Gaetano Ranieri), e la Soprintendenza di Cagliari e Oristano finalizzata alla presentazione del progetto "Archeologia di Monte Prama" in rapporto al Bando 2012 della legge regionale n. 7 del 2007 sulla ricerca scientifica di base. Il progetto ha ottenuto il cofinanziamento della Regione di 140mila euro per un costo totale di 200mila euro, sostenuto per i restanti 60mila euro dai due atenei.
      Il protocollo d'intesa specifica che «i lavori di scavo e gli interventi connessi saranno organizzati per unità stratigrafica secondo le più moderne e rigorose metodologie scientifiche, sotto la direzione scientifica congiunta dei funzionari archeologi della Soprintendenza, Alessandro Usai ed Emerenziana Usai, e dei docenti dell'Università di Sassari, Paolo Bernardini, Pier Giorgio Spanu e Raimondo Zucca».
      D’altro canto il progetto "Archeologia di Monte Prama" ha previsto anche le ricognizioni territoriali attorno al sito con i metodi dell'archeologia dei paesaggi e le indagini geofisiche e sulle ortofoto aeree e satellitari del territorio, trattate con particolari filtri, affidate alla competenza di uno straordinario collega dell'Ateneo cagliaritano, il professor Gaetano Ranieri e alla sua équipe.
      Ogni giorno il piccolo-grande cantiere di Monte Prama vede insieme i colleghi della Soprintendenza e delle Università, accompagnati da tanti giovani specializzandi guidati dall’entusiasmo e dalla professionalità delle archeologhe Luciana Tocco, Adriana Scarpa e Barbara Panico, nell'ambito della gestione della scuola di specializzazione in Beni Archeologici e del cantiere di Monte Prama del Consorzio uno di Oristano, presieduto da Pupa Tarantini. Il lavoro è stato preziosamente condiviso sia con quattro giovani della Casa Circondariale di Massama grazie al progetto Archeo, ormai al sesto anno di vita, fortemente voluto dal direttore della casa Circondariale Pier Luigi Farci, sia con una giovane appassionata cittadina di Cabras.
      Un lavoro di tutti, dallo scavo, al rilevo, dalla geofisica, alla documentazione fotografica, dal lavaggio dei reperti alla siglatura, dall'archeologia dei paesaggi nei quattro chilometri quadrati attorno a Monte Prama, alla creazione del Gis di Monte Prama, diretto dall'archeologa oristanese Stefania Atzori. Vogliamo che questo sia e continui a essere un luogo di amicizia, di fraternità e di scienza, dove ogni divergenza possa essere superata e dove vengano valutate le ragioni di tutti.
      Il lavoro comune dura quasi da tre mesi, benché le indagini geofisiche siano iniziate già un anno fa. Esse saranno presentate da Gaetano Ranieri e dagli archeologi della Soprintendenza e dell'Ateneo sassarese in un congresso internazionale a Istanbul, nel prossimo settembre. Al momento posso dire che i dati geofisici hanno indicato, fra l’altro, nel settore meridionale dell'area, in corrispondenza con la strada funeraria individuata dagli archeologi della Soprintendenza Alessandro Bedini (1975) e Carlo Tronchetti (1979), una anomalia lineare, che si è rivelata mediante uno scavo in estensione come un accumulo di ceramica, pietrame, lastre e lastrine di arenaria, frammenti di sculture in calcare e due betili troncoconici in arenaria di 2metri e 25 di altezza, rinvenuti abbattuti.
      Siamo di fronte a un nuovo settore, completamente inesplorato, del complesso di Monte Prama: Fra i frammenti di sculture si segnalano una testa di pugilatore, busti di due pugilatori e di un guerriero, porzioni di tre piedi calzati da sandali: è la prima testimonianza nella scultura di Monte Prama di statue con calzature a sandalo note ad esempio nel bronzo di sacerdote-militare dalla tomba femminile dei "bronzetti sardi" di Vulci, in Etruria della fine del IX sec. a.C., nell'arciere di Urzulei e nel capo con stocchi e scudo da Abini.
      Si hanno anche pezzi di arti di statue, frammenti di scudi, di una faretra di un arciere, di modellini di nuraghe. Il giorno 30 giugno si è rinvenuto un grande frammento di modello di nuraghe a terrazzo quadrato, noto in un altro esemplare nel Museo di Cabras. Per questi due modelli di nuraghe monotorri non si può ancora escludere una loro funzione architettonica come capitelli.
      Questi straordinari risultati sono dovuti alla felice intesa fra Soprintendenza, Università e altre istituzioni, non ultima la Chiesa arborense che con il suo Arcivescovo monsignor Ignazio Sanna ha concesso l'area di Monte Prama per la ricerca scientifica. Noi vogliamo continuare su questa strada insieme alla Soprintendenza e a tutti gli altri partners, Comune compreso in prima linea, garantendo la sorveglianza e il rispetto per un patrimonio che è di tutta la Sardegna: mentre ringraziamo il soprintendente Minoja che ha coraggiosamente voluto l'accordo e che oggi lascia l'interim cagliaritano per tenere la responsabilità dei beni archeologici dell'Emilia-Romagna, ci rivolgiamo alla collega Donatella Mureddu, che riceve dal direttore regionale Assunta Lorrai l'incarico di coordinamento del patrimonio archeologico delle due province di Cagliari e Oristano, affinché voglia confermare la linea di cooperazione interistituzionale del progetto "Archeologia di Monte Prama" che intendiamo dotare di fresche risorse, finalizzate al comune lavoro di ricerca e valorizzazione degli straordinari beni culturali e paesaggistici del luogo memoriale di Monte Prama.
      Al riguardo vorrei riprendere la proposta di musealizzazione dell'area archeologica discussa dall'Accademico dei Lincei Giovanni Colonna, già titolare della cattedra di Etruscologia e Antichità Italiche dell'Università di Roma "La Sapienza", con il collega Raimondo Zucca in occasione di una visita al sito di Monte Prama quasi dieci anni fa. Ad onta della incompletezza delle sculture sembrerebbe importante riproporre copie materiche delle statue, dei modelli di nuraghe e dei betili, a partire dalla digitalizzazione con laser-scanner e dalla ricostruzione virtuale in 3D degli originali, già effettuata per dieci sculture nell'ambito del cantiere di restauro delle sculture di Li Punti, nella stessa area di Monte Prama, una volta completata la ricerca archeologica integrale del sito. Il Sinis acquisirebbe così un nuovo luogo archeologico musealizzato che si comporrebbe in unità con il paesaggio nuragico e fenicio del Sinis e del golfo di Oristano. Come hanno detto il Sottosegretario alla cultura Francesca Barracciu e l'Assessore regionale Claudia Firino, i giganti di Monte Prama potranno essere i migliori ambasciatori della cultura della Sardegna nel mondo, con il loro alone di mistero, con i tanti interrogativi che sollevano, con l'intrecciarsi dei miti classici e della documentazione archeologica, sviluppata attraverso l'analisi stratigrafica e le più avanzate tecniche di indagine topografica.

       Soprattutto, i giganti narrano una vicenda di un popolo che immaginava i suoi eroi come lottatori, pugili, arcieri e che esaltava la virtus delle giovani generazioni dell'aristocrazia nuragica, facendo emergere un mondo che ancora ci appartiene nel profondo.
      29 luglio 2014


      I commenti a quest'ultima frase - che ho evidenziato in grassetto , sono molto negativi sia da parte dell'incolta sia  dell'Inclita. Sono reperibili ovunque, per esempio su Facebook.

      Accusa: sembra davvero d'essere tornati indietro nel tempo, alla prosa Lilliana che s'ispirava al precedente nefasto stile del  'popolo di poeti, santi e navigatori'...

      Difesa: il prof Attilio Mastino non è uno scrittore di romanzi, bensì di testi scientifici ed è caduto nella troppa enfasi da 'finale emotivamente coinvolgente' ad uso di un comune pubblico di lettori di giornale: sembra quasi di sentire - in sottofondo - le note della famosa "aria sulla quarta corda"...

      Accusa: nella frase [Si hanno anche pezzi di arti di statue, frammenti di scudi, di una faretra di un arciere, di modellini di nuraghe. Il giorno 30 giugno si è rinvenuto un grande frammento di modello di nuraghe a terrazzo quadrato, noto in un altro esemplare nel Museo di Cabras. Per questi due modelli di nuraghe monotorri non si può ancora escludere una loro funzione architettonica come capitelli.] è presente un'interpretazione come "nuraghe a terrazza quadrata" - molto probabilmente errata - di ciò che più probabilmente è altro dal punto di vista edilizio. Non sono mai esistiti nuraghi a terrazza quadrata.

      Difesa: forse il professore concede un po' troppo al sensazionalismo giornalistico, ma è pur vero che non si è specializzato in archeologia del periodo nuragico, bensì in quella del periodo romano.