Si fa molto chiasso - di questi tempi - in Sardegna, circa l'epigrafia. Si fanno scoperte epigrafiche prodigiose che non possiedono alcuna rilevanza Nazionale (né, tanto meno, Internazionale) e che quindi non sono mai riprese da alcuna Rivista Scientifica, di qualsiasi livello.
L'unico epigrafista vero e capace, esistente attualmente in Sardegna, è Massimo Pittau, i cui studi sulla antica lingua Etrusca sono citati e ben considerati tanto in Italia quanto all'estero.
Il professore è talvolta criticato quando tenta - nelle sue ricostruzioni - di ingerire in campi che non sono prettamente sua competenza (per esempio: l'archeologia).
Ma nessuno può negargli la palma di ottimo conoscitore della Lingua Etrusca, della Lingua Sarda e delle lingue della Tirrenia Antica.
uno studio di Massimo Pittau.
LAMINE DI PYRGI
III versione revisionata e migliorata
PREMESSA
Circa 50 anni fa, e precisamente nel 1964, si è avuta una scoperta archeologica e linguistica che ha colpito in maniera immediata e notevole il mondo degli studiosi specialisti delle civiltà antiche, e non soltanto questi: a Pyrgi, cioè nel porto dell’antica città etrusca di Caere (attuale Cerveteri), durante gli scavi condotti in un santuario di cui si aveva già notizia per antiche testimonianze storiche, nei resti di un piccolo locale interposto fra i due templi (una edicola o cappella sacra), sono state trovate tre lamine d’oro. Su queste risultano incise delle scritte, due in lingua etrusca e una in lingua punica o fenicia, le quali sono state riportate alla fine del sec. VI od ai primi anni del V a. C. La notizia rimbalzò da un capo all’altro nel mondo dei dotti, anche per l’immediata prospettiva che si intravide di avere finalmente trovato iscrizioni etrusche abbastanza ampie con la traduzione in un’altra lingua conosciuta e quindi con la speranza di vedere proiettate sulla lingua etrusca, scarsamente conosciuta, nuove e importanti cognizioni da parte della lingua fenicio-punica, che invece è conosciuta in maniera discreta. Senonché questa speranza cadde quasi immediatamente, quando si intravide che l’iscrizione in lingua fenicio-punica e quella maggiore in lingua etrusca si corrispondono tra di loro, sì, ma non costituiscono affatto una esatta “traduzione” l’una dell’altra, cioè si intravide che si ha da fare non con un «testo bilingue etrusco-punico», bensì con un «testo quasi-bilingue etrusco-punico», nel quale cioè i due testi si corrispondono solamente a grandi linee. D’altronde quella speranza cadde in larga misura, anche per la circostanza negativa che pure il testo punico si rivelò subito scarsamente aggredibile in fatto di interpretazione e di traduzione effettiva e minuta. Dopo più di un cinquantennio di studio ermeneutico molto intenso delle lamine di Pyrgi, condotto sia dagli specialisti della lingua etrusca sia da quelli della lingua fenicio-punica, le conclusioni alle quali si è alla fine pervenuti sono che da un lato alla conoscenza dell’etrusco sono venute dal testo punico alcune conferme significative, ma purtroppo anche molto ridotte in quantità e in qualità, dall’altro la traduzione dei due testi, condotta in maniera comparativa, implica purtroppo numerosi e grandi punti oscuri sia per l’uno che per l’altro. E la presa di posizione ultima che gli specialisti delle due lingue hanno assunto, in maniera esplicita o anche implicita, è che convenga mandare avanti l’analisi e la interpretazione e traduzione di ciascuno dei due testi in maniera sostanzialmente indipendente l’uno dall’altro, nella quasi certezza che si ha da fare con due versioni alquanto differenti di un identico messaggio relativo a un certo evento storico: la consacrazione a Pyrgi, da parte di Tiberio Velianio, lucumone oppure principe-tiranno di Caere, di una edicola o cappella sacra (thesaurus), in onore della dea Giunone-Astarte.
Il fatto che la 2ª iscrizione sia tracciata in lingua fenicio-punica ed inoltre il fatto che in questa e pure nella 1ª etrusca c’è un preciso riferimento alla importante dea fenicia Astarte si può, con grande verosimiglianza, spiegare nel modo seguente: Tiberio Velianio, lucumone o principe-tiranno della città-stato di Caere sarà stato aiutato nella sua conquista del potere da parte della potente Cartagine. D’altronde sull’arghomento è da ricordare la notizia data da Erodoto (I 166, 167; VI 17) della lega politico-militare che si era stabilita fra Caere e Cartagine, lega che aveva attaccato i Focesi della colonia greca di Alalia, in Corsica, nella battaglia navale del Mare Sardo (circa 535 a. C.) e, pur con un esito militare incerto, li aveva costretti a sloggiare dalla Corsica.
Si deve poi precisare che tra le prime due iscrizioni – quella etrusca e quella fenicio-punica da una parte – e la 3ª etrusca dall’altra c’è stato un intervallo di 7 anni e che inoltre quest’ultima risulta tracciata da uno scriba differente, come si evince sia dal cambio di grafia nelle due lamine etrusche sia dalla differenza tra la forma del gentilizio VELIANAS della prima e VELIIUNAS della terza. Oltre a ciò sono molto notevoli sempre nella 3ª lamina etrusca sia il fatto che ad essa non ne corrisponda una analoga fenicio-punica, sia il fatto che in essa non si faccia più alcun riferimento alla dea fenicio-punica Astarte. Queste due notevoli circostanze inducono ad ipotizzare che Tiberio Velianio nei sette anni trascorsi aveva ormai rafforzato il suo potere su Caere, per cui non aveva più bisogno dell’aiuto di Cartagine e tanto meno di ringraziarla pubblicamente per un aiuto che non aveva più ricevuto.
Testo Etrusco
e traduzione interlineare
ITA · TMIA · ICAC · HERAMAŚVA [·] VATIEXE UNIALASTRES ·
Questo thesaurus e queste statuette di Hera sono andati a Giunone-Astarte.
ΘEMIASA · MEX · ΘUTA · ΘEFARIEI · VELIANAS · SAL [CL ·]
Avendo la protettrice dello Stato regalato a Tiberio Velianio due [figli]
CLUVENIAS · TURUCE · MUNISTAS · ΘUVAS TAMERESCA · ILACVE ·
da Cluvenia, (egli) ha donato a ciascun tempio e alla cappella offerte
TULERASE NAC CI AVIL XURVAR TEŚIAMEITALE ILACVE ALŚASE NAC
in terreno per i tre anni complessivi sotto il (suo) comando, offerte in Alsium per
- ATRANES · ZILACAL · SELEITALA · ACNAŚVERS · ITANIM ·
la presidenza templare a questa (Giunone) Elargitrice di discendenti; ed a queste
HERAMVE · AVIL · ENIACA · PULUMXVA ·
statue di Hera (siano) anni quanti (sono) gli astri!
NAC · ΘEFARIE · VELIIUNAS · ΘAMUCE CLEVA · ETANAL MASAN ·
Così Tiberio Velianio ha disposto l’offerta della metà del mese di dicembre;
TIUR UNIAS · ŚELACE · VACAL · TMIAL · AVILXVAL · AMUCE ·
ha fatto elargizioni a Giunone. La cerimonia degli anni del thesaurus è stata
PULUMXVA · SNUIAΦ
la settima sugli astri.
LESSICO E COMMENTO
ACNAŚVERS (Pyrgi I) significato compatibile «d(e)i discendenti o successori» (in genitivo plur.), da confrontare con ACNANAS «lasciando», ACNANASA «avendo lasciato» (LEGL 123, 124; DETR 29).
ALŚASE (I) probabilmente ALŚA-SE «in Alsium» (in dativo sigmatico di luogo), che era uno dei porti di Caere sulla costa tirrenica (odierno Palo Laziale), poco distante da Pyrgi. Cfr. TULERASE.
AMUCE (II) significato certo «fu, è stato». Vedi AMCE.
ATRANES (ATRANE-S) (I) sembra un aggettivo derivato dall’etr.-lat. atrium «atrio» ed anche «tempio», per cui significherebbe propriamente «templare» (in genitivo) (DETR69).
AVILXVAL (II) (AVIL-XVA-L) «degli anni», nel senso di «anniversari» (in genitivo articolato plur. LEGL 74).
[CL] (I) Procedo a ricostruire ed inserire il gruppo CL, abbreviazione di CLAN (cfr. le altre iscrizioni proprio di Caere CIE 5922, 5923, 5934, 5944; ET, Cr 1.16, 17, 24, 33), perché ritengo che sia stato obliterato dal foro che risulta all’inizio della riga e che è stato fatto, al momento dell’affissione della lamina a un supporto di legno, da uno dei chiodi di bronzo, dalla capocchia rivestita d’oro, che sono stati recuperati assieme con le lamine. È da escludersi con decisione che i fori siano stati fatti in precedenza, cioè prima che le lamine venissero scritte: da una parte infatti non era per nulla necessario farli prima, data la grande duttilità e perforabilità delle lamine d’oro, dall’altra lo dimostra il fatto che all’altezza delle righe 11 e 12 della lamina i due fori risultano sfasati l’uno rispetto all’altro (la quale cosa si constata anche nella lamina del testo punico rispetto alle righe 4 e 5); se invece i fori fossero stati fatti in precedenza, di certo l’andamento delle righe sarebbe stato allineato appunto sui due fori laterali già predisposti. L’obliterazione della abbreviazione CL sarà stata determinata sia perché non compresa dall’individuo – differente dallo scriba – che affiggeva la lamina coi chiodi, sia perché sarà stata da lui interpretata come un errato inizio della parola seguente CLUVENIAS, e insomma per il noto errore di “aplologia” che interveniva spesso nel passato nella pratica della copiatura a mano dei testi. D’altra parte si potrebbe persino fare a meno di procedere a questa ricostruzione traducendo nel modo seguente: «Avendo(ne) la protettrice dello Stato concesso a Tiberio Velianio due da Cluvenia», in cui il vocabolo CLENAR «figli» risulterebbe sottinteso, dato che ai vari santuari di Giunone si andava soprattutto per chiedere la grazia di una discendenza di figli; e “i discendenti” (ACNAŚVER) infatti sono citati subito dopo.
CLEVA (ii) (TCap 4; Cr 4.5) probabilmente «offerta», da confrontare col lat. gleba,gleva «gleba, terra» (su cui si versavano liquidi sacrificali, sangue, vino, acqua), «zolletta o granello» (di sale, incenso, mirra; ThLE) (LELN 159-160) (significato compatibile col contesto). Vedi CLEVANA, CLEVANΘ.
CLUVENIAS (I) significato certo «di/da Cluvenia» (in genitivo), gentilizio femm. che trova riscontro in quello lat. Cluvenius (RNG).
ENIACA (I) significato compatibile col contesto «quanti, tanti quanti-e» (DETR 135).
ETANAL (II) (ETAN-AL) significato compatibile col contesto «del mezzo, della metà», intendendolo come derivato dalla glossa lat.-etr. Itus, lat. Idus, Edus, Eidus «Idi» (la metà del mese) (ThLE 416; DETR 226; DICLE) (vedi ITUNA, TCap 6, 30). Oppure «di questo stesso (Dicembre)», derivato dal pronome ETA «questo-a», accusativo ETAN (DETR).
HERAMAŚVA (I) probabilmente HERAM-AŚ-VA «statuette di Hera», in cui -AŚ- è una variante del suffisso diminutivo -ZA mentre -VA è la desinenza del plur. (LEGL 69, 88) (significato compatibile col contesto). Vedi HERAMVE.
HERAMVE (I) probabilmente HERAM-VE «statue di Hera» (al plur.), dal greco Hērhan«Hera, Giunone» (in accus., cioè nel caso più frequente; cfr. CLETRAM, CRISIΘA, LEITRUM, LEΘAM, LEΧTUMUZA, PRUΧUM, TALIΘA, TEVCRUN, VINUM, ZETUN). Vedi HERAMAŚVA.
ILACVE (I) probabilmente = ILAC-CVE «le offerte» (di terreni) (in plur. articolato).
ITA TMIA ICAC HERAMAŚVA (I) significato probabile «questo thesaurus e queste statuette di Hera». Il pronome dimostrativo ITA «questo» corrisponde perfettamente ad ICA «questo», per cui è da escludersi che in questo passo tra le due varianti esista una qualche distinzione. L’uso così ravvicinato che lo scriba ha fatto delle due varianti può essere stato determinato, al livello inconscio, dalla attrazione delle consonanti vicine: ITA T- e ICA-C.
ITANIM (I) (ITANI-M) significato probabile «ed a questi-e», dativo plur. di ITA «questo-a», da confrontare con ETAN «questo-a» (accusativo; TLE-TET 620; ET, Cr 3.24). Si deve pensare a una frase ottativa, che per ciò stesso spiega l’ellissi del verbo.
MASAN (II) significato quasi certo «dicembre» e corrisponde alla forma sincopata MASN del Liber linteus.
MEX (I) abbreviazione di MEXLUMES «della lega, federazione, confederazione, comunità, stato», in questo caso “della città-stato di Caere”; vedi MEXL dell’iscr. CIE5360 di Tarquinia e della Tabula Cortonensis.
MUNISTAS (I) (MUN-ISTAS) significato compatibile col contesto «dell’edificio o tempio», in genitivo articolato di donazione, letteralmente «di questo edificio o tempio» (in epoca recente sarebbe stato MUNISTS), da confrontare col lat. monere «ammonire, avvisare, (far) ricordare» oppure col lat. munire (finora di origine ignota; DELL). Vedi MUNI.
NAC (I) significato quasi certo «per, in», preposizione che nella frase CI AVIL XURVAR «per i tre anni complessivi», avente un valore “temporale”, mostra di richiedere il caso zero, mentre nella frase seguente NAC ATRANES ZILACAL «per la presidenza templare», avente un valore “causale”, mostra di reggere il genitivo.
NAC (II) significato certo «così, come» (qui è avverbio). Sia il cambio di grafia fra le due lamine sia la differenza tra la forma del gentilizio VELIANAS della prima e VELIIUNAS di questa ci assicurano che ciascuna delle due lamine è stata scritta da uno scriba differente.
PULUMXVA (I, II) (PULUM-XVA) significato compatibile col contesto «gli astri, le stelle, le previsioni» (in plur. articolato, LEGL 69), significato assicurato da un corrispondente vocabolo dell’iscrizione punica; probabilmente è da confrontare col lat.polus, greco pólos «polo, stella polare». PULUMXVA (II) «sugli astri», i quali segnavano il passare del tempo; è un complemento di tempo con morfema zero.
SAL (I) significato certo «due».
SELEITALA (I) (SELE-ITALA) significato compatibile col contesto «per la Elargitrice» (Giunone/Hera) (probabilmente in pertinentivo articolato), da confrontare con ŚELACE «ha elargito» della 2ª lamina; è da distinguere in SELE-ITALA, con -ITALA ancora genitivo del pronome dimostrativo ITA in posizione enclitica e forse al femm. (cfr. VENALA dell’iscr. TLE-TET 34); in età più recente sarebbe stato *SELEITLA (cfr. TEŚIAMEITALE) (LEGL 107; DETR 366).
ŚELACE (II) significato compatibile col contesto «elargì, ha elargito o fatto elargizioni»; sembra un preterito debole, corradicale di SELEITALA (SELE-ITALA) della 1ª lamina.
SNUIAΦ (II) probabilmente «settimo-a», «settenario», derivato da SEMΦ «sette» (LEGL97). Vedi ŚNUIUΦ. Secondo G. Giannecchini («La Parola del Passato», 1997), indicherebbe il numero «dodici»; io lo escluderei, visto che in etrusco «dodici» molto probabilmente si diceva ŚRANCZL (LEGL 96). Dunque, come secondo molti altri popoli, anche secondo gli Etruschi il numero 7 aveva una valenza sacrale.
TAMERESCA (I) (TAMERES-CA) significato compatibile col contesto «e alla cappella», anch’esso in genitivo di donazione; vedi TAMERA «camera, cappella, cella sepolcrale» delle iscr. TLE-TETC 170, 172, 195, 863 (corrige DETR 392). Per la congiunzione enclitica -CA vedi FARICEKA dell’iscr. TLE-TETC 78.
TEŚIAMEITALE (I) (TEŚIAME-ITALE) significato probabile «sotto il comando» di Tiberio Velianio, come principe-tiranno della città-stato di Caere (probabilmente in pertinentivo articolato sing. Vedi TESAMSA, TEŚAMITN, TESINΘ; cfr. SELEITALA.
ΘAMUCE (II) significato compatibile col contesto «dispose, ha disposto»; nell’iscr. CIE5357; ET, Ta 5.2 compare come ΘAMCE, cioè sincopato (DETR 207, 208).
ΘEFARIEI (I) è un prenome maschile, che corrisponde a quello lat. Tiberius; è in dativo asigmatico (LEGL 80, 2°).
ΘEMIASA (I) significato compatibile col contesto «avendo regalato», gerundio passato, probabilmente da collegare con TMIA «tesoro» (vedi).
ΘUTA (I) «tutore, protettore-trice, patrono-a»; cfr. ATI ΘUTA «madre protettrice» dell’iscr. TLE 159; è da confrontare col lat. tutor, tutrix, che è privo di etimologia (DELLs. v. tueor) e che pertanto potrebbe derivare proprio dall’etrusco (DETR 220).
ΘUVAS (I) (ΘUVA-S) probabilmente aggettivo riferito a MUNISTAS e pur’esso in genitivo; siccome sembra derivato da ΘU «uno», probabilmente significa «singolo», «ciascuno», con riferimento a ciascuno dei due templi che costituivano il complesso sacrale di Pyrgi.
TIUR (II) significato certo «mese». MASAN TIUR «nel mese di dicembre» sono in caso temporale con morfema zero.
TMIA (I) significato compatibile col contesto «thesaurus, tesoro di santuario», da confrontare col greco tameĩon «tesoro o tesoreria» (vedi TAMERESCA); probabilmente si trattava di una di quelle edicole che una città o il suo regnante costruiva accanto ai grandi santuari per esporvi i doni offerti alle rispettive divinità, anche con finalità propagandistiche di immagine esterna nei confronti dei numerosissimi frequentatori dei santuari. Vedi ΘEMIASA, TMIAL.
TMIAL (II) (TMIA-L) probabilmente «del thesaurus, del tesoro del santuario» (in genitivo).
TULERASE (I) (TULER-ASE) probabilmente «(d)al, in terreno», dativo sigmatico sing. di TULAR (LEGL 80). ILACVE TULERASE «offerte in terreno».
TURUCE (I) (Cr 3.24; OA 3.4; Pa 3.1; Ta 3.2; Vs 3.4) «donò, ha donato», variante di TURACE, TURICE.
UNIALASTRES (I) da distinguere in UNI-AL-ASTR-ES con significato quasi certo «di Giunone-Astarte», in genitivo di donazione; è da confrontare con FUFLUNSUL PAXIES «di Funfluns-Bacco» dell’iscr. TLE-TETC 336, prove evidenti, l’una e l’altra, di interpretazione o assimilazione sincretistica di divinità straniere in origine differenti. Una spiegazione unitaria del vocabolo in senso totalmente etrusco è da respingersi perché inspiegabile dal punto di vista morfologico; d’altronde anche l’iscrizione punica nella prima riga richiama esplicitamente Astarte: L’ŠTRT.
UNIAS (II) (UNIA-S) significato quasi certo «(di) Giunone» in genitivo di donazione o dedicazione (LEGL 136). Si osservi l’allomorfo del genitivo -AS rispetto all’altro –AL della 1ª lamina, nuova prova del fatto che si trattava di due scribi differenti.
VACAL (II) significato quasi certo «rito sacro, cerimonia»; nel Liber linteus figura sincopato in VACL.
VATIEXE UNIALASTRES (I) probabilmente «sono andati a Giunone-Astarte». VATIEXE è da confrontare col lat. vadere «andare». Cfr. ZIXUXE.
VELIANAS (I) non compare la desinenza del dativo a norma della “flessione di gruppo”; invece la -S è quella dell’originario genitivo patronimico ormai fossilizzata (LEGL 78).
XURVAR (I) siccome richiama il lat. curvus, è probabile che significhi «curvi, circolari», ma qui col significato di «complessivi» (aggettivo plur.) (significato compatibile col contesto) (TCL 48; DETR 440).
ZILACAL (I) (ZILAC-AL) significato certo «della prefettura o presidenza» templare o del tempio (in genitivo).***
***Estratto migliorato dall’opera di Massimo Pittau, I grandi testi della Lingua Etrusca – tradotti e commentati, Sassari 2011, Carlo Delfino editore.