venerdì 18 settembre 2015

LIBRI LETTI: MAFIA CAPITALE



Sì, sono tra quelli che vogliono farsi del male anche in vacanza: ho letto il libro "I Re di Roma", di Lirio Abbate e Marco Lillo.

Anche se sull'argomento "Mafia Capitale" probabilmente tutto è ancora da scrivere, (e probabilmente, molto resterà non chiarito, né tantomeno scritto) questo libro è un'anticipazione orribilmente precisa ed indicativa del lerciume che il processo penale andrà a rivelare nel suo svolgersi. Teniamoci pronti a tapparci il naso, se non si tapperanno le orecchie gli inquirenti.

Molte cose, che prima si ipotizzavano quasi come ci si abbandona all'ormai abituale espressione: "Governo ladro!", divengono chiari e precisi risultati di un teorema semplice, efficace, mortale.

E' quindi ovvio che gli asfalti delle strade di Roma si consumino subito, perché sono troppo sottili. E' improvvisamente evidente perché si eliminino gli "ostacoli architettonici" da marciapiedi troppo stretti per qualsiasi carrozzella di disabile ed inoltre interrotti - al centro - da pali ogni 7-10 metri. Oltre alle cose sospettabili, altro, molto altro di impensato dal comune cittadino diviene più che evidente, in modo semplicemente raggelante.

Riporto solo un brano (modificato, per abbreviarlo, da me), tra i tanti, che può spigare bene il tono ed i contenuti del libro, e che chiarisce il fatto per cui Lirio Abbate fu a sua insaputa - fin dall'inizio delle sue indagini - pedinato da loschi figuri e controllato dai ROS.

 "Nel 1999, tra il 16 ed il 17 luglio, dopo l'una di notte. Un furgone Ford Transit (noleggiato alla ditta Abitrans di Genzano) e con i colori dei furgoni in uso dai carabinieri entra senza ostacoli oltre i controlli del Palazzo di Giustizia di Piazzale Clodio a Roma (cancello di Via Casale Strozzi): un militare dell'Arma è complice ed apre (insieme ad altri cinque, sembra). Il veicolo parcheggia e gli occupanti entrano (grazie a complici che erano rimasti chiusi all'interno per disinnescare allarmi e cineprese, dalle sei del pomeriggio) nella filiale interna della Banca di Roma della cittadella giudiziaria. Si aprono (grazie ad una "mappa" ottenuta da Massimo Carminati per mezzo di dipendenti della Banca con grossi debiti da saldare) 147 cassette di sicurezza su 900. Alle 4 del mattino, il furgone esce. Le prime notizie riferiscono di svariati miliardi di lire di refurtiva, tra oro, gioielli e denaro.
Ma il vero colpo è un altro: sono state scelte solo cassette contenenti documenti privatissimi (forse anche vari "scheletri nell'armadio") di proprietà di magistrati ed avvocati. Infatti, ad occuparsi dell'inchiesta sarà deputata la Procura di Perugia e non quella di Roma!"

Dopo questo furto del secolo, MassimoCarminati uscirà assolto da tutti i processi nei quali è implicato...

Di chi ti puoi più fidare, dopo tutto questo?