venerdì 27 febbraio 2015

MARCELLO MADAU (lettera aperta di)


"Davvero siamo figli dei "tori della luce"?

(Lettera aperta al Presidente Francesco Pigliaru e all'Assessore alla Cultura Claudia Firinu, Regione Autonoma della Sardegna, su La Nuova Sardegna, 24 febbraio 2015, p. 31)

Egregio Presidente Pigliaru, gentile Assessore alla Cultura Firinu, a prescindere dal giudizio non unanime sulla bontà dell’iniziativa EXPO 2015, leggo su ‘La Nuova’  di domenica 15 febbraio che la Regione Sardegna  potrebbe esservi rappresentata da una canzone con testo scritto in una presunta lingua nuragica e dedicato ai Giganti di Mont’e Prama, “figli del sole, tori della luce, padri santi, signori giudici re”, nonché seguaci di Yahweh.
 Non entro nel merito della questione della scrittura e lingua nuragica (quella utilizzata nella canzone è respinta dalla comunità scientifica sarda), né in tante cose che mi sembrano bizzarre, come la presenza di Yahweh nella religiosità nuragica, parole come shalom, e del  generale tono militaresco-patriottico;  nemmeno su imbarazzanti questioni giuridiche (recenti sentenze hanno riconosciuto come falsi alcuni documenti presenti nel contesto più generale di queste ricostruzioni, pertinenti secondo studiosi accreditati ad un ‘officina falsariorum’). Mi interessa un altro piano: in un’esposizione di questa natura, piacciano o meno, dovrebbero essere presenti le acquisizioni condivise e ufficiali di un Paese, compresa anche l’immagine dell’antichità che, con tutti i suoi limiti, proviene dalla ricerca scientifica e dai suoi processi elaborativi.
E’ peraltro sconsigliato dagli studi più avanzati di economia dei beni culturali, laddove si scelga la qualità dell’offerta, non legare un’immagine promozionale ad altro che non rappresenti la qualità reale e scientificamente condivisa del patrimonio, in Sardegna assai forte, col rischio aggiuntivo di  dare un messaggio e un segno dissonante, in grado di produrre confusione negativa su questo “mercato”. Temo che  ancora una volta  il meccanismo dell’immagine esotica e un po’ selvaggia dei sardi come di altri popoli, vecchia traccia ottocentesca colonialista, si stia riaffermando.
In un contesto come EXPO’ ogni Paese porta istituzionalmente lo stato condiviso delle sue produzioni sociali, fra cui quelle culturali: è una questione di correttezza e anche di rispetto.
Se si distaccasse da questa linea, anche nelle migliori intenzioni divulgative la Regione Sardegna si caricherebbe di una grave responsabilità nell’immagine data al mondo dei sardi e della Sardegna, oltre che al possibile rischio di esporci a una figura non proprio indimenticabile.
Se il potere politico scegliesse di utilizzare pubblicamente un’immagine dell’antichità senza che essa provenga dalla ricerca scientifica (non da un singolo personaggio, ufficiale o alternativo, ma da una visione generalmente condivisa), anzi al di fuori di essa, questo sarebbe un fatto serio, un precedente preoccupante.
Mi auguro quindi che questa idea,  e soprattutto il metodo che presuppone, non venga fatta propria dalla Regione, che non si affermi la pratica e la possibilità, che diventerebbe oltremodo sistema, di definire  presenze formali tramite percorsi e rapporti individuali slegati dalla comunità scientifica.
Non credo che per rappresentare la Sardegna dignitosamente manchino immagini, simboli e musiche di eccellenza, riconosciute dall’Unesco sia nel campo archeologico sia in quello demo- antropologico,  davvero connesse a circuiti di turismo culturale: basterebbe ricordare Su Nuraxi di Barumini,  i Tenores di Bitti, i Candelieri di Sassari;  anche copie delle statue di Mont’e Prama, ma accompagnate da testi ufficiali, aggiornati scientificamente grazie alla produzione disponibile.
Marcello Madau

Bronzetto di offerente-cantore dal nuraghe Santa Lulla di Nuoro (http://www.museoarcheologiconuoro.beniculturali.it/index.php?it/23/i-reperti/25/offerente-cantore)Bronzetto di offerente-cantore dal nuraghe Santa Lulla di Nuoro (http://www.museoarcheologiconuoro.beniculturali.it/index.php?it/23/i-reperti/25/offerente-cantore)