lunedì 15 settembre 2014

Sa Gratzia


Noi facciamo così.

Finita la cerimonia del matrimonio, la madre della sposa aspetta insieme a tutti gli invitati che la coppia esca.
Tutti lanceranno sulla coppia neocomposta grano, sale, monete, petali di rosa.

Oh, sì, dimenticavo: molti sardi ti correggeranno – a questo proposito – e ti assicureranno che il sale non c’è e che le monete, forse, neppure. 
E poi (alcuni aggiungeranno, cinicamente) provati a trovare dei chicchi di grano, al giorno d’oggi! Devi pensarci con grande anticipo, magari andando in un’erboristeria modernissima, oppure da un commerciante agricolo (pronto a vendertene un sacco da 50 kg)… Eddové la tradizione?

Più spesso, quindi, si ripiega sul riso e su foglietti di carta colorata, anche in Sardegna.
Che tristezza, però, picciocché...

Ma la madre della sposa sa di avere un preciso dovere: per quanto si possa essere prima commossa e malgrado il pianto ed i singulti irrefrenabili durante la cerimonia alla pronuncia del reciproco ‘Sì’, ella ha un compito che svolgerà con la determinazione estrema di un antico cavaliere rossocrociato in difesa della TerraSanta e dal quale nulla potrà distoglierla.
 
Deve rompere quel piatto in cui prima custodiva gelosamente grano, petali, sale e monete lanciati agli sposi, scagliandolo a terra con forza insospettata. 

Alcuni turisti - casualmente presenti - si spaventano a morte.

E se qualcuno degli invitati – incautamente – aveva anch’egli portato un piatto, ci sarà sempre qualcuno presente tra la folla che glielo tombolerà proditoriamente per terra.  Perché ogni contenitore dei simboli dell’augurio di ‘sa gratzia’ deve essere infranto, per rigida Tradizione antica.

In molti, moltissimi pezzi.
Tanto più numerosi i frammenti, tanto più completa la soddisfazione. Tanto maggiori saranno l’abbondanza, la saggezza, la ricchezza, l’amore durante tutta la vita coniugale.
Perché?
Non lo so: so che noi facciamo così.

Se sei un tipo curioso, ti potrai anche chiedere se ci sia qualche possibile analogia con la rottura di una coppa di vetro tipica del matrimonio ebraico.
Forse sì, forse no. Bisogna anche tenere conto del fatto che i due gruppi (Sardi ed Ebrei) sono isolati culturali (e genetici) e quindi molto conservatori, ma non s’identificano. Inoltre, le due tradizioni si rifanno certamente a tempi più antichi, a luoghi differenti…

Alla rottura del bicchiere ebraico, tutti gridano ‘Mazel Tov’, che significa ‘congratulazioni e buona fortuna’. Pare ovvio che le due cose s’identifichino e che l’augurio sia mediato, permesso, originato dalla rottura del simbolo. Ma certamente, la rottura del piatto sardo non può essere facilmente messo in relazione con la distruzione del Tempio di Gerusalemme.

- Il rumore forte, provocato dalla rottura è atto a ‘spaventare i demoni’ che potrebbero avere volontà contrarie al bene della coppia.
- La rottura dell’oggetto è qualche cosa di definitivo e non più riparabile: sembra presentare il mutamento radicale delle due vite unite in matrimonio, che non torneranno mai più come prima.
- Inoltre, la fragilità estrema  del simbolo, sottolineata dalla sua rottura, ammonisce contro la fragilità  del corpo e dell’animo umano e contro le possibili sorprese che tali debolezze possono implicare.
- Ed infine – forse – ‘sa gratzia’ necessita di un sacrificio vero, di una rinunzia a qualche cosa di intimo e di personale, di appartenenza della casa, per potersi realizzare compiutamente, attraverso un processo di magia simpatica , o qualche cosa di simile.

Insomma: non lo so.
Ma da noi si fa così.

E quindi prima di sposarsi ci si pensa bene su, perché troppe cose restano inestricabilmente aggrovigliate, in quel nodo gordiano. Che è solo apparentemente un semplice nodo. A guardarlo meglio, è più complicato del nodo di Gordio e forse anche più ineludibile. Non per niente un proverbio sardo recita: "alla bestia la fune, all'uomo l'onore", che può valere solo laddove all'onore dell'essere umano si creda ancora. 
Inoltre, quel nodo contiene, com’è ovvio, anche tutti i già innumereveli simbolismi più o meno compiutamente espressi e già insiti nel rito e nel mito del matrimonio di tutti i paesi del mondo...

Se non vuoi averci a che fare, stanne lontano, quindi: la spada reciderebbe molte altre cose, oltre al nodo stesso.

E ricordati bene: "Su qui est intra su coru l'ischit Deus et su punzone"*.

*) "Ciò che è dentro il cuore lo sa solo Dio ed il coltello".
E' un proverbio barbaricino: Puoi anche non credere in Dio - fatti tuoi - ma dovrai comunque credere al coltello e quindi comportarti secondo il Codice de Justitzia.