domenica 10 maggio 2015

5 - Cercando nel ciarpame.


21.500 geni, si diceva (anche se, per brevità, si cita quel 20.000 che è una cifra tonda più facile da ricordare). Tre miliardi di coppie di basi, di cui effettivamente usate solo il 2%...



Ragioniamoci su…

Dal punto di vista pratico, sembra uno spreco piuttosto dispendioso… Se il DNA ‘ciarpame’ fosse davvero inutile, probabilmente non sarebbe sfuggito alle ‘attenzioni’ di quella che definiamo ‘selezione naturale’.
Perché?
Perché copiare il DNA richiede energia.
Gli individui che fossero riusciti ad eliminare materiale genetico inerte, portandosi dentro genomi più parsimoniosi e maneggevoli, avrebbero quindi avuto un vantaggio biologico reale su quelli che non ci riuscivano.
Ed un vantaggio biologico di quell’entità significa sicura affermazione.
Ma questo evento non si è realizzato, a conti fatti: per differenza, siamo autorizzati a pensare che esista qualche ruolo ben preciso per l’EX Dna ‘ciarpame’.
Ed ecco perché il termine non è più in uso…

Il Progetto Genoma Umano riuscì a trovare un bassissimo numero di geni codificanti proteine: alla fine risultarono essere molto meno dei 100.000 inizialmente teorizzati. Un conteggio certamente troppo basso, inadatto a spiegare tutte le differenze esistenti tra l’uomo e tutti gli altri organismi. Forse, questo significava che il genoma ammonta a qualche cosa di più della semplice somma dei suoi geni…
Un esempio tratto dalla vita comune potrebbe essere ottenuto paragonando un grosso camion ed una piccola macchina sportiva: benché il primo sia molto più voluminoso, la seconda è infinitamente più agile e veloce.



Rovistare nel ‘ciarpame’.

Si cominciò – pertanto – a guardare con molta più attenzione quella porzione del genoma che sembrava inutile.
Oggi si pensa che una notevole porzione di esso sia di origine virale.
Si sa che i virus – per potersi riprodurre nel nostro organismo – iniettano il proprio genoma all’interno del nucleo cellulare dell’ospite e così ottengono di fare lavorare le cellule ospitanti per sé, riproducendosi a spese dell’organismo che hanno infettato.
Si valuta che questi retrovirus endogeni umani costituiscano oggi circa l’ 8% del totale (pertanto nel ‘libro’ del genoma umano occupano uno spazio maggiore).
Esistono sequenze virali di varia lunghezza: grandi, medie e piccole. Alcune furono notate in passato (ripetizioni in tandem) e furono sfruttate per la cosiddetta ‘impronta genetica’ (vedi il post: “Il Ciarlatano premiato con il Nobel”).

Interessante (e non del tutto infondata, anche se un po’ inquietante) la tesi controcorrente per cui il genoma sarebbe ‘egoista’ e si riprodurrebbe unicamente per riprodurre sé stesso, a prescindere dalla propria utilità per l’organismo nel quale si trova (è la tesi di Richard Dawkins, zoologo dell’Università di Oxford, espressa nel libro “Il Gene Egoista”, 1976).



Un’altra ipotesi è che il DNA non codificante possieda qualche funzione protettiva sull’integrità, o regolativa sull’attività dei geni codificanti. Non sappiamo bene quale, né quali meccanismi siano impiegati eventualmente.

ENCODE: Il consorzio “Enciclopedia od DNA Elements” ha esaminato dal 2007 circa 30 milioni di coppie di basi (1% del totale!), nel tentativo di stilare l’elenco dei compiti del DNA. Ciò che ha scoperto fin qui è già piuttosto significativo. Solo il 2% del genoma è fatto di geni; almeno il 9% è trascritto su RNA: questo indicherebbe che molto di più del 2% è biologicamente attivo.

Solo una minima parte di questo RNA è quello detto ‘messaggero’ che porta l’informazione per codificare le proteine.

Il DNA ‘spazzatura’genera vari tipi di DNA: si tratta di molecole che modificano l’espressione di geni e proteine, con il fine ultimo di regolare il metabolismo.

A più tardi, Pasuco: sei un paziente ascoltatore, come sempre…