CASTRO
E CASTRARE
articolo di Massimo Pittau
Nella varietà logudorese della
lingua sarda è molto usato l'appellativo castru, crastu, gastru, grastu coi significati di «ciottolo, sasso,
macigno, rocca, roccia, roccione». Esso compare molto di frequente nella
toponimia col significato prevalente di «macigno, roccia, roccione».
Max Leopold Wagner, nel suo Dizionario
Etimologico Sardo (DES I 316) ha fatto derivare l'appellativo sardo
dal lat. castrum «luogo
fortificato» (diminutivo castellum
«castello»; suff. -ell-;
Norme 5). Senonché egli non si è accorto, nel prospettare la sua tesi, di una
grossa difficoltà: lo sviluppo semantico «ciottolo, sasso → macigno → roccia →
rocca → roccaforte → castello → luogo fortificato» è senz'altro concepibile,
quello inverso è del tutto inverosimile.
Il
Thesaurus Linguae Latinae (ThLL) presenta l'appellativo latino come di "origine dubbia" e il Dizionario
Etimologico Italiano (DEI
801) come "probabilmemte mediterraneo".
A parere
dello scrivente il lat. castrum
è derivato dalla lingua etrusca, nella quale infatti esistono sia il gentilizio
CASTRECE, al quale
corrisponde chiaramente il
gentilizio lat. Castricius,
documentato in Sardegna (CIL X
7808, 7885, Sardinia),
sia il lessema CASTRU (ThLE²).
Questo potrebbe significare «castrone», adoperato come soprannome (cognomen; e infatti esisteva il gentilizio lat. Castronius
e il cognomen Castricus; RNG) (alternanza e/i; suff.
-on-/-ů; Norme 1, 7).
Sempre a
parere dello scrivente il sardo castru «ciottolo, sasso, macigno, rocca, roccia, roccione» non può
derivare dal corrispondente latino, a causa della suddetta grande difficoltà
semantica, ma è un vocabolo protosardo o paleosardo, che risale cioè alla
lingua che parlavano gli antichi Sardi Nuragici, prima della loro
latinizzazione linguistica, effetto della conquista romana dell'isola.
La conferma
viene da questa serie di toponimi che sono chiaramente protosardi, come
dimostrano i vari suffissi e suffissoidi da cui sono caratterizzati: nuraghe
Castrachesu (Cuglieri), Casturre (Ovodda), Crastaduresu (Bono), Crastadulesu (identico) e Crastorra (Orotelli), Crastalói (Sarule), Crastanile (Dualchi).
A. Ernout e A. Meillet, autori del Dictionnaire Étymologique de la Langue
Latine (DELL, IV édit., IV
tirage, Paris 1985) hanno
mostrato di non trovare alcuna difficoltà a connettere l'appellativo lat. castrum
«luogo fortificato,
castello» col verbo castrare
«castrare, tagliare i testicoli a un animale e pure all'uomo»; e ciò hanno
fatto con il richiamo e con la connessione al sanscrito çastrám «coltello». Sta però di fatto che questa
connessione non abbia convinto – come abbiamo già visto – gli autori dei ThLL e DEI.
Per parte
mia faccio notare che il salto semantico dal significato di «tagliare» a quello
di «luogo fortificato» nel latino e soprattutto a quello sardo di «ciottolo,
sasso, macigno, rocc(i)a, roccione» è eccessivo, non è condivisibile e pertanto
va respinto.
Nel sardo castru il significato di «ciottolo, sasso, macigno,
rocc(i)a, roccione» è una singolarità linguistica, la quale trova riscontro in
un'altra singolarità e pure arcaicità, questa etnografica: nelle zone appartate
della Sardegna fino a un secolo fa circa la castrazione degli animali non si
effettuava affatto col “taglio” dei testicoli, ma si effettuava col loro
“schiacciamento” effettuato con “sassi” (uno grosso faceva da incudine e uno
piccolo faceva da “martello”; con quale sofferenza per i poveri animali noi
maschi umani possiamo facilmente immaginare!). Anticamente a Nùoro il dare un
colpo i testicoli di un individuo si diceva tirare una crastada.
Ebbene, con
tali arcaicità, una linguistica e l'altra etnografica, documentate in quella
terra fortemente conservatrice che è la Sardegna, siamo in grado di ricostruire
la esatta trafila semantica e linguistica dei vocaboli e dei fatti citati:
protosardo castru
«ciottolo, sasso, macigno, rocc(i)a, roccione», etr.-lat. castrum «luogo fortificato, castello», castra «accampamenti»; castrare «schiacciare i testicoli coi sassi».