giovedì 19 dicembre 2013

Chapter II



Terra dei Mucchi di Pietre, cap II

2. La prima Missione.


La figura - snella in controluce - volse il capo, quindi scomparve alla vista, per qualche attimo.
Ricomparì quasi subito alla base della fornace, correndo: “Sì, Maestro” - già lo si sentiva gridare mentre irriveren­temente saltava il basso muro del recinto sacro. “Abbiamo quasi terminato il riem­pimento” -  soggiunse subito, appena fu arrivato al fianco del Grande Sacerdote e prima che questi potesse parlare.
Ma già lo guardava con occhi grandi, interrogativi e rispettosi ad un tempo.
Trascorsa una pausa, lunga quanto bastava al silenzio per ricomporsi, il Sacerdote incominciò a dire, guardando lontano: “Figliolo, puoi la­sciare a me quel compito, adesso”. Quindi riprese, questa volta fermando lo sguardo fisso negli occhi del suo allievo (il che, sapeva, lo metteva sempre in grande soggezione): “Tu da parte tua devi assumerne un altro, che credo ti farà piacere per la parte più facile e che invece mi di­spiace do­verti affi­dare per la parte più difficile”.

Norax sapeva bene che un’introdu­zione così lunga non presa­giva nulla di buono, tanto più che non solo era incompren­sibi­le, ma in essa traspariva una preoccupazione, un’ansia, che facevano apparire il Grande Sacerdote suo Maestro più stanco e più vecchio. Anzi, si scoprì - chissà perché - a considerare che in realtà, poi, egli non sa­peva affatto quanti inverni avesse il suo Maestro.
L’atten­zione e la curiosità ciononostante si resero più evi­denti negli occhi del ra­gazzo, neri e vivaci come quelli di un gatto, vieppiù fissi sul volto del Sacerdote. Norax era tutto teso ad in­tuire - prima ancora che egli parlasse - e poi a sentire tutto quanto vi fosse dentro e dietro alle sue parole - quando finalmente egli le avesse pronunciate e Norax le avesse potute udire. Eh, sì: Norax era un apprendista un po’ tormentato, ma molto volenteroso.
Norax sape­va bene, dalla propria personale esperienza, che il Gran Sacerdote spesso parlava con parole oscure, a volte ambi­gue. Per spiegarle eventualmente in seguito, a suo piacere e solo quando lo avesse ritenuto opportuno, sempre dando prova di grandissime preveggenza e sag­gezza.
Ma questa volta no: stava dando ordini chiari, modificando con parole semplici e dirette le consuetudini ed i metodi che lui stes­so aveva stabilito con altrettanta chiarezza in precedenza con tutta la popolazione che gravitava intorno a Tal-Ur.

Disse il Sacerdote: “Devi fare un nuovo viaggio a Sirdan, il tuo villaggio” - A queste parole che non ammettevano replica, il ragazzo sorrise di piacevole sorpresa, senza però interrompere - “Potrai naturalmente approfittarne per salutare la tua famiglia adottiva ed i tuoi scapestrati amici di laggiù”. L’espressione muta del ragaz­zo mostrò qui una sfumatura un po’ troppo carica di virgi­nea e compunta innocenza. “Ma ascoltami bene: avrai sol­tanto tre giorni e dovrai assolutamente trovare ed invitare qui una persona a parlare con me...”.
Il Sacerdote esitò un momento, in una delle sue calcolate pause, quasi lascian­do spazio per una prevedibile doman­da che invece il ra­gazzo non osò neppure formulare.
“Vedi, Norax” - riprese quindi il Sacerdote, rivelando parzialmente i suoi piani ed i suoi timori - “E’ giunto il momento di attraversare la no­stra terra, perché sento di dovere ormai controllare, di per­sona, alcuni strani avvenimenti e di dover raccogliere al­cune prove in­quie­tanti che ancora si possono osservare sulla costa dove sorge il sole”.
Il ra­gazzo emise un lungo e lieve so­spiro perplesso - perché sapeva che doveva esservi dell’altro, che forse non gli sarebbe stato detto - mentre con passo consuetudinario e uniforme la coppia si dirigeva alla capanna del Grande Sacerdote.
Questi nel frattempo proseguì: “Io non so più come si chiama la persona che per me tu devi convincere a venire qui. Ma tu forse te ne ricorderai, oppure addirittu­ra lo conosci, o comunque ti sarà agevole scoprirne il no­me e trovarlo, perché non deve proprio essere un uomo scono­sciuto tra i pescatori dei grandi stagni di Sirdan...”.
Il Gran sacerdote si tolse il cappello a punta accingendosi ad en­trare nella sua capanna e facendo cenno al suo pupillo di precederlo. Poi continuò: “Ti ricordi, all’ultima festa di primavera, quel capo guerriero e pescatore - mai visto prima dalle nostre parti - che veniva trattato con insolita deferenza dagli abituali venditori di pesce salato?... In particolare - ricordi? - era quello che si mostrò così piacevolmente cu­rioso e interessato a tutti gli usi e costumi antichi della Vera Gente, e che volle essere accompagnato fino alla sorgente delle acque presso il Grande Fiume Twrshna?”.

La frase non era formulata come una domanda ma il tono del Sacerdote era interrogativo e incalzante.
Gli occhi del ra­gazzo si socchiusero nello sforzo inutile di ricordare, poi­ché alla festa di primavera innumerevoli compiti - e altret­tanti suoi tentativi di evitarli - lo avevano completamente assorbito.
“Ricordi? - aggiun­se imperterrito il Gran Sacerdote - che egli nel congedarsi, ringraziò solennemente per l’ospitalità e la cortesia e proclamò di volere un giorno ri­tornare a Mittsa - come lui chiamava nella sua lingua le benefiche acque calde di Mago-Twrshna?”.

Ma gli occhi del ragaz­zo conservarono la loro espressione smarrita, per cui il Sacerdote incalzò, attivamente frugando fra i propri apparentemente inesauribili ricordi: “Spesso, nei discorsi intorno a lui ricorreva un nome che non era, ahimè, il suo, ma che lo riguardava molto da vi­cino... vediamo... il suo suono era simile a ... ‘Ixos’...”
Il Gran Sa­cerdote aveva te­nuto prudentemente per ultima quella parole chia­ve, per­ché giustamente confidava nella possibilità - con essa - di aprire lo scrigno dei ricordi nella mente del ragazzo, fino a quel momento rimasto inespugnabilmente - se pur involontariamente - chiuso.
Ed infatti il ragazzo, improvvisamente folgorato da quel suono noto e dalla reminiscenza, sgranò gli occhi e proruppe in un esclamazione:Hyksos! Ma certo, Maestro!”.

Un impercettibile e fugace sorriso di soddisfa­zione incurvava appena le labbra del Grande Sacerdote.