giovedì 19 dicembre 2013

Chapter Three






Terra dei Mucchi di Pietre, cap III

3. Il Messaggio.


"Hyksos: il nome che gli abitanti delle grandi sabbie die­dero ai Popoli Naviganti del mare. ‘Signori del Nord’, i po­poli per essi allo­ra sconosciuti, che per 20 generazioni seppero contendergli il ferti­le delta del Grande Fiume Atlante prima di esserne scacciati”.

Norax si fa­ceva per metodo un dovere di ripetere con diligenza tutto ciò che sapeva su un argomento, quando il suo Maestro lo interro­gava al riguardo. Proprio come egli stesso gli aveva insegnato a fare.
Proseguì, riprendendo fiato: “Tu - Mae­stro - ti riferisci dunque a Mandras, primo condottiero di tutti gli Hyksos, grande guida dei Popoli Naviganti, figlio primogenito di Khamudi,  a sua volta figlio di Salitis, figlio di Khian, figlio di Apachnan, figlio di Sharek e attraverso loro discendente per primogenitura di Apophis, cioè colui che riconquistò ai Sartna il delta del più grande dei fiumi, che rende fertile il deserto con le proprie acque e perciò si fregiò del titolo di Faraone, trasmettendolo ai suoi discendenti. Il grande Mandras, fonda­tore nella nostra Terra del Sole di Kur, l’alta città dai due porti. Mandras, che ha indi­cato ai Canauna la rotta per la città d’argento di Tartesso. Mandras, già cantato - ancor vivo - nelle innumerevoli canzoni intorno al fuoco dai Twrshna, dai Lukka, dai Shalasha e dai Sartna, che tutti insieme sono i discendenti degli Hyksos in tutte le isole del Grande Mare!”.

Divertito dalla fluente, inarrestabile li­tania di elogi e di titoli, il Grande Sacerdote infine la interruppe alzando il palmo della mano, con l’evidente soddisfazione che traspariva dallo sguardo sorridente e che gli rende­va un po’ chioccia la voce: “Lo conosci, vedo. Tutto diventa quindi un poco più facile: puoi risparmiarmi la nobile ge­nealogia del grande Mandras, condottiero dei Popoli del Mare, che ho già dimenticato e che non dubito tu mi ripeterai per intero un’altra volta, in un’altra occasione. Egli non si rifiuterà di tornare a trovarci, spero. Non se gli farai il mio nome e gli dirai il motivo dell’invito”.

Nelle parole che tu hai usato Maestro?” - chiese, incerto, il discepo­lo, co­minciando finalmente a comprendere.
No” - rispose il Sacerdote lentamente, soprappensiero - “Copierai un disegno da un mio vecchio rotolo di papiro che ti mo­strerò e glielo porterai, in segreto. Quella sarà la prima parte del messaggio.  Inoltre, gli riferirai che quegli stessi oggetti, che furono raccolti sulle nostre spiagge in tempi remoti, sono oggi riapparsi in più punti della costa, in modo allarman­te.
Essi sembrano confermare quelle voci che marinai inquieti hanno riportato, da diverse rotte. Ho sentito dire che l’isola di ‘Yrnm è stata devastata e che nessuno si è salvato.
E’ per questi fatti ed altro ancora - gli dirai - che ho deciso di controllare di per­sona se vi sia la necessità di difendersi.
Ma per fare ciò io so bene d’avere biso­gno del suo giudi­zio esperto e del suo aiuto, come pure - in verità - dell’aiuto fidato di altri...”.

Quindi il Gran Sacerdote fissò nuovamente dritto negli occhi No­rax, ponendogli ambedue le mani sulle spalle: “Ti racco­mando an­cora il segreto ed il limite dei tre giorni. E preghiamo insieme En­nin che Mandras non sia inopportunamente per mare proprio adesso, quando ci serve qui... Ma ora su, vieni con me, Norax, perché molto lavoro ci attende impaziente...”.

La nuova co­pia non fu eseguita sulle laboriose e preziose stri­sce di papiro, bensì - più praticamente, ma con infinita cura e precisione - sul ro­ve­scio interno di una mastruka di pelle di pecora. Norax apprese, non senza un moto di simulato orrore, che avrebbe dovu­to indossarla sopra la veste di lino, che già da sola sarebbe stato abbigliamento più che suffi­ciente in quella stagione.
Il Grande Sacerdote però pre­venne ogni obiezione: “Partirai di sera, questa sera stessa, quindi viaggerai di notte e di mattina presto e, pertanto, non mo­rirai di caldo. I miei inchiostri sono i migliori che esistono e li faremo as­sorbire completamente per poi asciugarli del tutto al fuoco. Ma egualmente tu non dovrai bagnarti, né - bada! - sudare troppo, ché essi non abbiano a scolorirsi. Troppo importante é il messag­gio, per com­prometterlo così leggermente...”.
Il Gran Sacer­dote, volendo sottolineare la assoluta ineluttabilità di quell’or­dine, nel pronunciare l’ul­tima frase distolse lo sguardo dalla pelle di pecora, per fissare intensamente Norax, che se ne sentì letteralmente trapassato e inchiodato alla propria responsabilità.

Vista l’ur­genza - proseguì il sacerdote - andrai per la strada alta e sarai ac­compagnato a dorso di mulo fino al bordo dell’altopiano. Da lì proseguirai a piedi, come per una normale visita agli amici, senza mai tradire il vero motivo del tuo viaggio. Una volta giunto ad Othoca dovrà essere tua l’iniziativa, come tue saran­no la prudenza e ogni responsabilità dei tuoi atti. Tornerai non appena raggiunta la certezza del successo, o del fallimento. Ma non dovrai fallire!
Non ho altri consigli da darti, né richieste da farti, credo” - E nel dire ciò, il sacerdote corrugò la fronte, fissando un punto qualunque per terra, come per meglio ricordare tutto, o forse per nascondere il molto altro che avrebbe voluto dire al suo allievo.

In breve il piccolo bagaglio di Norax  fu prepara­to, i muli bardati e legati in fila ed una più che appropriata scorta fu trovata in Lèkere. Proprio allora, infatti, Lèkere doveva recarsi alle cave per raccogliere pietre votive, erbe aromatiche e medicinali ed altro ancora (non si conoscevano mai con tutta precisione gli impegni di Lèkere). In ogni modo, si trattava di svariati e gravosi compiti, per cui abbisognava di più muli da trasporto, che sarebbero tornati lenti e pesanti per il carico, ma che all’andata erano disponibili anche per portare più di un solo passeggero...
Il sole cominciava a ca­lare e di pari passo cominciava lentamente a scemare l’animazione del laborioso pomeriggio. Il fuoco di guardia non era ancora acceso, ma qua e là qualche altro fuoco stava già prendendosi ghiotta cura del bottino dei cacciatori. Questi ultimi, poco discosti, controllavano la cottu­ra, bevendo e ri­dendo insieme in gruppetti chiassosi e fanfaroni - come sempre e ovunque sono in tutte le parti del mondo i capannelli conviviali, al­legri e bugiardi, dei cacciatori e dei pescatori...
Giunto il momento di partire il Sa­cerdote sa­lutò il suo giovane ed inesperto pupillo, come d’abitudine faceva quando questi si allontanava per qualche breve commissione, passandogli una mano sul capo e poi dan­dogli un ormai abituale buffetto sulla nuca, quasi a punirlo in anticipo per qualche marachella che immancabilmente avrebbe commesso. Subito dopo, però - eccezionalmente - gli appese al collo con gesto solenne il proprio coltello sacrificale, simbolo an­tico del sacro gruppo dei sacerdoti, dell’alto potere che le divinità gli conferivano, con tutto il dignitoso peso degli obblighi ad esso correlati. “E’ delle tua misura, adesso”- fu il semplice commento.

L’apprendista rima­se impietrito - inespressivo nella propria sorpresa - e quasi senza fiato, incredulo.
Questo gesto nuovo e grave del suo Maestro sanciva ad un tempo la sua investitura e la massima im­portanza di una missio­ne che quindi non doveva fallire per alcun motivo. Un gesto può valere più di mille parole...
Per Ennin - gli sussur­rò il Sacerdote con la sua voce profonda e suaden­te, adesso quasi impercettibile - Non sei più un ragazzo, Norax: quindi non compor­tarti come tale. Ed ora vai!”.
Norax si portò verso il mulo più vicino col proprio bagaglio, con passo impacciato ed espressione assente.
Lèkere e il Sacerdo­te si sussurra­rono brevemente qualcosa con fare com­plice, che egli non udì, ma immaginò si riferisse a lui. Quindi tutti si scambiarono cenni di salu­to, infine con un peren­torio e sonoro ‘Ahiò’ da parte di Lèkere la breve co­lonna trotterellò via, in uno scalpiccio di zoccoli, lasciandosi dietro, in una nu­voletta di pol­vere, un sacerdote corrucciato e pensieroso...

“Che non si può imprigionare in una piccola olla il grande mare, questo io so fin troppo bene. Ma ogni volta che ti ho guardato dentro, mio piccolo amico, io non ti ho visto il fondo. E per questo io credo che non mi deluderai”...