“Sì, forse il
seme più remoto e più vero di questa tristezza, della nostra tristezza - perché
anch’io, sardo, l’avverto dentro di me e l’ascolto come un’ospite assidua del
cuore - è proprio in quella Patria perduta, in quegli altopiani erbosi, in
quelle foreste popolate di animali selvatici, in quelle vergini pianure, in
quelle riviere incontaminate dall’invasore, in quel paradiso donde fummo
scacciati, ma dove è rimasto il cuore della nostra stirpe. E’ nell’indipendenza
stroncata brutalmente un giorno dalla barbarie straniera e non più veramente
riacquistata”.
Da
“Il Popolo dei Nuraghi”
di Marcello Serra
Lessi questa frase molti - troppi, ormai - anni fa. Mi colpì profondamente, perché dice moltissimo con pochissime, accorate parole. Ne scrissi un libro. Un libro ragazzino e sognante, in adorazione, appunto, di un sogno bambino: "la Terra dei Mucchi di Pietre".
Lessi questa frase molti - troppi, ormai - anni fa. Mi colpì profondamente, perché dice moltissimo con pochissime, accorate parole. Ne scrissi un libro. Un libro ragazzino e sognante, in adorazione, appunto, di un sogno bambino: "la Terra dei Mucchi di Pietre".