domenica 23 marzo 2014

Marcello Madau

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(mio il grassetto)



Finalmente, ecco una critica esposta in modo organico, sereno, completo, che spiega in modo convincente ed una volta per tutte perché le Statue (non 'Giganti'!) della Collina di Monti Prama debbano restare insieme.



Monti Prama, un ritorno felice ma parziale


1932590_623055514440414_462651389_o[di Marcello Madau]


E’ ovvio che in primo luogo le due mostre di Cagliari e Cabras,  nelle quali sarà finalmente possibile vedere ed ammirare il complesso archeologico di statue, modelli di nuraghi e betili provenienti da Monti Prama siano un fatto estremamente positivo: un fatto di cultura del genere lo è sempre, anche in presenza di grandi limiti. Permette la percezione delle tracce bellissime a ambigue  (un po’ lo sono, soprattutto quelle di epoche dalle quali ci arrivano pur sempre pochi ‘frammenti’) della propria storia, impiegare bene il proprio tempo di vita, discutere. Mantenendo un atteggiamento ricettivo, pronto all’apprendimento, all’emozione, all’esercizio critico. Spero di andare anche io quanto prima a vedere le esposizioni: vanno visitate entrambe, l’argomento lo merita, è una Sardegna che riemergeLa gran parte delle persone non ha visto questo grande complesso scultoreo,  ora lo vede per la prima volta. Questo è un passo avanti davvero importante. Chi le ha già viste assieme, come nell’esposizione temporanea ma completa, con tutte le statue e i materiali al centro di Li Punti, coglie la divisione e anche un senso solido di tristezza; che il complesso diviso regge di meno non solo alla lettura – che grave errore separarlo a pezzi  – ma anche al godimento. Ha meno forza. Monumenti archeologici come queste grandi realizzazioni di una cultura nuragica internazionale meritano – essendo legati alla memoria – l’esercizio della memoria anche recente. Questo evento si verifica  perché decenni addietro un soprintendente come Francesco Nicosia ebbe il merito di  trovare il finanziamento per il restauro e contemporaneamente di mettere Monti Prama come priorità rispetto ad altri finanziamenti istituzionali; perchè la parte più avvertita dell’opinione pubblica e del mondo culturale, capeggiata da Giovanni Lilliu, premeva da anni perchè ciò succedesse.  Il resto lo sappiamo: l’importante restauro presso Li Punti, il protocollo d’intesa fra Stato, Regione e Comune di Cabras. Ma sono servite molte battaglie, anche aspre, per impedire che, persino prima della fine del restauro, le classi politiche regionali (che non mi sento di apprezzare)  e centri di potere non sardi cercassero di usarle come parata spettacolare e strumentalizzarle: proponendo volta per volta di inviarne qualcuna in Cina, a Londra, in Corea del Sud, persino – prima ancora – al G8 di La Maddalena (in una squallida metafora militarista e del potere alla quale non sfuggì al G8 abruzzese il ‘Guerriero di Capestrano’), quando innanzitutto la Sardegna doveva vederle, aprendo anche con esse le proprie terre alla visita. E’ vero, la comunicazione non è forte, e il nuovo sistema museale non abbastanza conosciuto. Ma non si tratta solo del solito, doloroso ritardo culturale e civico. C’è una ragione interna che dobbiamo cogliere, ovvero la difficoltà di promuovere un progetto che nel suo complesso è farraginoso. Il nuovo sistema museale chiamato ‘Sistema museale Monte Prama’ è un’astrazione intellettuale: si parla di tre poli, Museo Nazionale di Cagliari, Museo Civico di Cabras e Centro di Restauro di Li Punti, tre oggetti di natura diversa che non costituiscono in coerenza un sistema museologico: il primo un museo nazionale, il secondo civico, ognuno con diverse competenze (la prima statale, la seconda regionale) e ragioni d’essere. E la relazione di Li Punti  con la storia del restauro dei materiali di Monte Prama è quella che Li Punti ha con tutti i siti dei molti oggetti restaurati in questo ottimo centro;  che di per sé, con Li Punti, non  costituiscono ognuno ogni volta un sistema museale … Cabras è in attesa di un nuovo museo (che dovrebbe ospitare, a mio parere, tutte le statue: ma anche nella migliore delle ipotesi, a giudicare dal protocollo d’intesa, lascerà a Cagliari  le tre più rappresentative); Cagliari, museo ‘antologico’, avrà i materiali ritenuti più belli e tipologicamente più rappresentativi. Molti visitatori che vedranno le statue e il modello di nuraghe a Cagliari si ritterranno ‘tipologicamente’ soddisfatti e non andranno nel Sinis, scegliendo – se hanno tempo – luoghi più vicini. Questo sistema  museologico non porta condivisione, ma divisione. Indebolisce il territorio dei luoghi. Naturalmente tutti vadano a queste mostre, ad ammirare le statue e gli altri materiali, di superiore interesse. Si fermino a mangiare e a girare nel Sinis. Ma ora si pongono, da subito, anche altri obiettivi: la riunificazione di tutti i materiali a Cabras (e le copie a Cagliari) attraverso il progetto di Dejana, Fiamma e Lumbau e la costruzione di un grande parco archeologico. Una nuova politica che, per non abusare della banalità che la cultura è anche economia ripetendo ciò come un mantra non compreso, metta davvero al centro il territorio e il suo sviluppo locale integrato, unificando con identità e turismo di alto livello il mangiar bene, il dormir bene, l’andare per luoghi magnifici, costruire su questo occupazione, rifiutare inziative dannose al paesaggio.
P.S.
Stanotte ho visto alcuni filmati. Il logo tricolore che si affianca, come il marchio di un formaggio molle, a un pannello con una testa nuragica di Monte Prama nelle mostre della divisione, mi ha fatto venire a mente la bandiera tricolore issata sulla sommità del nuraghe Santu Antine di Torralba, in occasione della visita di un Savoia, nel racconto di Antonio Taramelli (anni trenta del secolo scorso).