martedì 18 marzo 2014

Restaurare la Foresta Italiana

Dal GRIG  (Gruppo d'Intervento Giuridico Onlus):


Monte Nerone, inadeguatezza del bosco ceduo sulle vette per la protezione del suolo
Monte Nerone, inadeguatezza del bosco ceduo sulle vette per la protezione del suolo
L’Italia potrebbe essere una potenza verde, se solo ci credesse e gestisse correttamente i suoiboschi.
L’esperienza dell’Appennino umbro-marchigiano descritta approfonditamente da Aldo Loris Cucchiarini, responsabile GrIG Marche.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
i boschi in Italia
i boschi in Italia
Occorre un grande progetto di restauro della foresta italiana, una vera e propria grande opera,  per ricreare quelle benefiche selve di cui un paese europeo non dovrebbe permettersi di fare a meno.
E’ una questione strategica, assolutamente prioritaria per la conservazione degli ecosistemi e dei paesaggi forestali.
Esiste infatti una sottaciuta questione ecologico/forestale, dalle caratteristiche quasi “carsiche”, nel senso che, pur essendo nota agli addetti ai lavori, sfugge ai più.
Si tratta della gestione delle aree forestali appenniniche, sub-appenniniche e in parte prealpine a seguito dello storico processo di abbandono da parte dell’uomo e del conseguente processo di imboschimento.
Rio Vitoschio, taglio impattante su bosco invecchiato (oltre 30 anni) in area di grande pregio naturalistico
Rio Vitoschio, taglio impattante su bosco invecchiato (oltre 30 anni) in area di grande pregio naturalistico
Il problema è il seguente.
La gran parte dei boschi di latifoglie, specie quelli appenninici, è di proprietà privata e fittamente parcellizzata. Questa polverizzazione fondiaria rende difficile una gestione unitaria delle foreste. Inoltre, e questo è il punto, la modalità gestionale della quasi totalità dei boschi appenninici non demaniali, viene a tutt’oggi gestita secondo la pratica del ceduo (taglio raso con riserva di matricine).
Tale pratica prevede la periodica asportazione di quasi tutta la massa legnosa viva presente nella parte aerea del bosco e la scopertura integrale dei suoli. Questo ingenera un periodico shock ecologico su superfici spesso di considerevole estensione  e a intervalli di tempo ravvicinati, compromettendo spesso gli interi ecosistemi forestali, con ricadute straordinariamente negative su paesaggio, fauna, assetti idrogeologici, ecc. ecc.
E’ una pratica che riguarda solo i boschi di latifoglie. Queste infatti sono dotate di “capacità pollonifera”: se vengono tagliate, dalla ceppaia vengono riemessi nuovi e numerosi fusti (i polloni), che crescendo tendono a ricreare l’ambiente originario, con un processo più o meno lungo. Le conifere non hanno tale capacità e quindi questa modalità è esclusa laddove i boschi sono costituiti da pini,  abeti o larici, come ad esempio la maggior parte delle aree alpine interne. Ecco però, che quando il bosco di latifoglie comincia a ricostituirsi e a espletare di nuovo le funzioni che gli sono proprie, di nuovo si interviene con il taglio raso, il suolo viene ancora una volta denudato e il processo ricomincia.  In questo modo, nel periodo che intercorre tra un taglio e l’altro, i nostri boschi hanno quasi sempre un aspetto depresso (e deprimente), al massimo di intricate e basse boscaglie, quasi mai di boschi veri e propri.
frana causata da tagli boschivi
frana causata da tagli boschivi
Purtroppo, specie in alcune regioni dell’ Italia centrale, si tende a tagliare ovunque, anche sui crinali, su pendii molto pronunciati, su aree instabili, ecc.
Tutto questo ha dei riflessi negativi molto pesanti sulla biodiversità, sull’assetto idrogeologico del territorio, sulla conservazione dei suoli, sul clima locale e in qualche misura su quello globale, visto che parliamo di milioni di ettari. E naturalmente anche sull’economia. Il bosco ceduo è un bosco povero: produce unicamente legna da ardere, che è tra i prodotti di minor valore tra quelli che si possono ottenere da una foresta. Sarebbe inoltre interessante un approfondimento sulle questioni relative al livello di qualificazione delle maestranze, alla sicurezza sul lavoro, agli aspetti fiscali del settore e altro ancora. Vi sono poi ricadute pesanti anche sul piano turistico, specie quando i tagli sono estesi, con l’abbattimento della qualità ambientale di cospicue porzioni di territorio rurale, lo sconvolgimento dei sentieri escursionistici e talvolta, la destrutturazione completa del paesaggio.
E’ quindi vera l’affermazione, oramai quasi un luogo comune secondo la quale  “…l’Italia è un paese ricco di boschi poveri”, dato che ad un effettivo incremento della superficie forestale non corrisponde affatto un’ oculata politica gestionale, capace di declinare le esigenze di conservazione con quelle della sostenibilità e dell’utilizzo della risorsa forestale, portando lo stato delle nostre foreste ad un’ evidente contraddizione: la superficie aumenta, la qualità no.
Vi è poi un problema nel problema: la ripresa delle ceduazioni in aree da tempo inutilizzate, magari perché impervie o perché dotate di suoli impoveriti e quindi coperte da boschi a lento accrescimento, antieconomici. Parliamo dei boschi che per venticinque – trenta anni almeno non abbiano subito tagli. Tale ripresa rischia di portare a danni ancora maggiori, perché rischia di azzerare situazioni che, col tempo, hanno avuto modo di capitalizzare suolo, humus, massa legnosa (tanto da divenire di nuovo appetibili) e di reintegrare almeno in parte il proprio ecosistema.
tagliata boschiva
tagliata boschiva
Questo aspetto della questione è reso più cogente dalla attuale e spesso spasmodica ricerca di energie alternative “rinnovabili”, che induce nuovi sguardi rapaci sui nostri boschi, come se l’utilizzo delle biomasse forestali su scala industriale (almeno per le quantità) non fosse già la realtà contemporanea descritta nel presente articolo.
Insomma, se la gestione del ceduo è relativamente semplice e comporta spese modeste, per contro, determina una serie di gravi inconvenienti. Il bosco di latifoglie però, può essere gestito anche in altri modi, migliori. Esistono infatti criteri e tecniche che permettono un sensibile incremento della produzione e la sua diversificazione (legna da ardere e legname da opera), ma che non prevedono la scopertura dei suoli, l’azzeramento periodico della fitomassa, la perturbazione del paesaggio e della fauna selvatica. Il bosco gestito ad alto fusto dà un’ampia serie di vantaggi se paragonato al ceduo e permette inoltre di catturare dall’atmosfera significativi quantitativi di carbonio, che viene poi stoccato nel miglior modo possibile: nella massa legnosa dei fusti e dei rami.
Un simile processo, oltre a riqualificare sotto l’aspetto scenico e paesaggistico la montagna italiana, rappresenterebbe anche la possibilità di rafforzare il vero asse portante di tutti gli ecosistemi peninsulari, ossia quello appenninico, esaltando il ruolo dei boschi quali corridoi faunistici ed ecologici che permettono tra l’altro alle popolazioni di cervidi dell’Appennino Settentrionale di diffondersi nelle aree centrali e meridionali della penisola, e viceversa permettono la riconquista di spazi perduti ai carnivori forestali. In una parola, l’incremento della biodiversità.
Convertire, o più correttamente “riconvertire” le nostre foreste e riportarle ad uno stato di maggiore naturalità è oggi un’opera di primaria importanza, che richiede però personale qualificato, impegno di risorse e volontà politica.
frane e dilavamento dei terreni a causa dei tagli boschivi
frane e dilavamento dei terreni a causa dei tagli boschivi
QUALCHE DATO.
Superficie Forestale totale = 5.852.700 ettari di cui:
3.673.800 ettari  di bosco trattato a ceduo,
2.178.900 ettari di fustaie
2.239.200 ettari di arbusteti e altre formazioni
52,8 %  percentuale di bosco ceduo sulla superficie forestale nazionale complessiva
47,0 % percentuale di bosco ad alto fusto sulla superficie forestale nazionale complessiva  comprendente boschi di conifere delle Alpi, rimboschimenti di conifere e superfici di neo formazione (boschi molto giovani e cespuglieti formatisi su ex coltivi)
69,2 % percentuale di bosco ceduo appartenente a privati
20,3 % percentuale di bosco ceduo appartenente a comuni
5,3%    percentuale di bosco ceduo appartenente a Stato e regioni
5,2 %  percentuale di bosco ceduo appartenente ad altri enti
20-25 anni Età media
54 %   percentuale di bosco ceduo situato in montagna
42,2% percentuale di bosco ceduo  situato in collina
3,3%   percentuale di bosco ceduo  situato in pianura
Per quanto riguarda la superficie forestale nazionale, in Italia le foreste coprono  1/3 della superficie territoriale complessiva ed è lo stesso dato della Germania (ma a parità di superficie stiamo messi molto peggio della Germania in termini di incremento legnoso e provvigione).
                                     Aldo  Loris CucchiariniGruppo d’Intervento Giuridico onlus Marche

un pessimo esempio di taglio esteso di una Lecceta, su suoli sottili
un pessimo esempio di taglio esteso di una Lecceta, su suoli sottili

un buon esempio di taglio a scelta (pianta per pianta), così da lasciare un bosco vivo, con tutte le sue caratteristiche
un buon esempio di taglio a scelta (pianta per pianta), così da lasciare un bosco vivo, con tutte le sue caratteristiche
un buon esempio di riconversione del bosco ceduo in bosco ad alto fusto (Faggeta)
un buon esempio di riconversione del bosco ceduo in bosco ad alto fusto (Faggeta)
(foto A.L.C., archivio GrIG)