giovedì 22 agosto 2013

LEGGI A TUO RISCHIO


Nell'Internet non "c'é tutto", come alcuni sostengono: c'è solamente quello che alcuni 'volenterosi' ci vogliono per forza mettere, per motivi personali, talvolta imperscrutabili, talvolta solamente di protagonismo ad ogni costo... Faccio notare al lettore che egli leggerà a proprio rischio e pericolo culturale quanto sotto. In particolare, alcuni (certamente non tutti! Escludo decisamente il Pettazzoni ed il Pittau, oltre a M.L. Wagner, per esempio) dei personaggi riportati sotto come autori e studiosi dell'argomento non sono degni di tale definizione. Alcuni sono deceduti. Altri non si sono ripresi da gravi malattie. Altri ancora sono a piede libero: possono forse anche sembrare psicopatici. Forse sono anche antipatici, ma garantisco che si lavano ogni giorno.

Copio pari pari dalla Wikipedia Italiana.

Lingua protosarda 

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera (più che libera, direi "scollacciata", in questo caso).

Per lingua protosarda, detta anche paleosarda, nuragica, sardiana o sardiano, si intende la lingua o il gruppo di parlate presenti in Sardegna durante il periodo nuragico, prima della latinizzazione dell'isola.

L'assenza di attestazioni certe e il problema della ricostruzione

Non essendo mai stato identificato con certezza alcun reperto mostrante iscrizioni riconducibili a una qualche lingua nuragica, al momento la maggior parte degli studiosi tende a credere che gli antichi popoli nuragici non conoscessero l'uso della scrittura. Il fatto che l'antica lingua protosarda (o l'insieme di lingue) parlata durante l'età nuragica sia stata soppiantata da millenni dal latino ha reso ancora più difficile la ricostruzione dell'antico idioma. In mancanza di dati certi, vari studiosi e ricercatori hanno formulato negli anni una serie di ipotesi esposte di seguito. Comunque alcune ricerche condotte dal ricercatore Gigi Sanna hanno fatto luce su una possibile scrittura Nuragica o Shardana, precedente all'arrivo dei fenici sull'isola di Sardegna

Ipotesi preindoeuropee

Partono dal presupposto che i nuragici fossero prevalentemente un'evoluzione di un'originaria popolazione autoctona.

Le ipotesi basca, iberica e berbera

Benvenuto Terracini, nella sua opera Osservazioni sugli strati più antichi della toponomastica sarda, del 1927, illustrò la teoria che la Sardegna antica fosse suddivisa in due aree linguistiche, una meridionale "afro-iberica" e una settentrionale "reto-ligure" . Suffissi di tipo afro-iberico (riscontrabili sia fra le lingue berbere che fra quelle basco-iberiche) sarebbero i suffissi -itan, -’ir, -’il, -àr, -’ar e -’in. Voci quali pala, bruncu, mara legherebbero invece la Sardegna alle terre dell'Italia settentrionale e della Gallia.
Uno dei più importanti studiosi della lingua sarda, il linguista tedesco Max Leopold Wagner (1880-1962), concluse, sulla base di studi incentrati soprattutto sui toponimi e sui fitonomi sardi pre-latini, che il protosardo doveva essere di origine preindoeuropea, con delle affinità con le lingue basca e berbera; lo stesso Wagner individuò al tempo stesso alcuni elementi di correlazione con le lingue paleobalcaniche.
Lo studioso svizzero Johannes Hubschmid (1916-1995), il più noto studioso degli elementi di linguistica nelle odierne lingue indoeuropee, si espresse per un minimo di due stratificazioni, ritendo possibile che ve ne fossero altre; la sua analisi è stata ripresa nel saggio introduttivo di G. Paulis.
Più recentemente il prof. Jürgen Heinz Wolf (*1936), un altro ricercatore tedesco, è giunto alla conclusione che, dall'analisi della ricorrenza di determinati suffissi e in virtù di una particolare struttura sillabica, a suo avviso non riconducibili all'indoeuropeo, la lingua paleosarda doveva essere di tipo agglutinante.
L'ipotesi di Wolf è stata poi ripresa in un saggio pubblicato nel 2010 dallo studioso sardo-catalano Eduardo Blasco Ferrer, secondo cui i primi Sardi sarebbero giunti dall'area iberica e sarebbero stati successivamente raggiunti, nel tardo calcolitico, da deboli influssi indoeuropei, che lasciarono alcune tracce nel protosardo (es: la radice *Ōsa e il lessema debel(is)[1]). Sempre secondo Blasco Ferrer, i nomi delle tribù nuragiche dei Balari e degli Iliensi rievocherebbero quelli di alcune tribù iberiche[2].
L'ipotesi basco-nuragica è stata accettata anche dal prof. Giovanni Lilliu (1914-2012)[3].
Massimo Pallottino (1909-1995), rifacendosi a diversi autori quali Bertoldi, Terracini e lo stesso Wagner, mise in evidenza le seguenti similitudini fra il sardo il basco e l'iberico:
« Diversi elementi onomastici sardi richiamano a nomi di luogo iberici, non soltanto nelle radici (che spesso hanno una diffusione panmediterranea) ma anche nella struttura morfologica delle parole, per esempio: sardo: ula-, olla-; iberico: Ulla
sardo: paluca; iberico: baluca
sardo: nora, nurra; iberico: nurra;
sardo: ur-pe; iberico: iturri-pe.
A ciò si aggiunge un fatto che, per il numero delle concordanze, non può assolutamente considerarsi casuale ed appare di altissimo interesse: l'esistenza, cioè, di specifiche analogie tra elementi del patrimonio lessicale della lingua basca e singoli relitti lessicali o voci toponomastiche sarde:
Esempi:
  • sardo: aurri (carpino nero); basco: aurri (nome di albero)
  • sardo: bitti (agnellino); basco: bitin (capretta)
  • sardo: golosti (agrifoglio); basco: gorosti (agrifoglio)
  • sardo: sgiàgaru (cane); basco: zakur (cane)
  • sardo: mògoro (altura); basco: mokor (zolla, tronco)
  • sardo: òspile (piccolo chiuso); basco: ospel (luogo ombroso)
  • sardo: orri, orrui; basco: orri (ginepro)
  • sardo: usai, useis; basco: usi (bosco)
Le corrispondenze si estendono anche ad elementi formativi : per esempio -aga, che in basco si impiega per toponimi con significato collettivo (harriaga petraia da harri pietra) e che può spiegare il tipo sardo nuraghe rispetto a nurra (anche il toponimo iberico Tarracone al sardo maragoni). »
(La Sardegna Nuragica, Massimo Pallotino - a cura di Giovanni Lilliu, pag 96. Ilisso edizioni, 1950)
Pallottino fa inoltre notare che il termine mògoro si ritrova con lo stesso significato anche nell'area balcanico-danubiana e costituisce un relitto pre-indoeuropeo di tale area:
  • sardo: mògoro (altura)
  • albanese: magul
  • romeno: magura

Convivenza di più lingue in età nuragica



Le etnie nuragiche.
Come visto nel precedente paragrafo, già Terracini aveva ipotizzato la convivenza di più lingue sull'isola in età nuragica: una afro-iberica a sud ed una reto-ligure a nord.
A giudizio dell'archeologo Giovanni Ugas, nell'isola non sarebbe stata presente una lingua unitaria ma almeno tre lingue corrispondenti al numero delle principali etnie nuragiche, vale a dire[4]:
Le divisioni etnico-linguistiche nuragiche sarebbero in qualche modo alla base delle odierne differenziazioni linguistiche dell'isola in tre ceppi principali: sardo logudorese e campidanese, gallurese (una derivazione di quest'ultimo dall'idioma degli antichi Corsi è stata proposta anche dal ricercatore Ignazio Abeltino[5] in contrapposizione alla teoria secondo cui tale lingua sia stata importata dalle più recenti migrazioni corse). Lo studio in questione tuttavia apporta pochi elementi di tipo linguistico su cui basare tale divisione originaria; inoltre, alcuni studiosi tendono a individuare negli Ilienses un ethnos diverso da quello degli Iolei. In generale, lo scenario proposto da Ugas non si discosta più di tanto da quello descritto dal Terracini; la differenza di rilievo fra le due teorie è rappresentata dall'aggiunta da parte di Ugas di una terza area linguistica "balarica", forse indoeuropea, nella Sardegna nord-occidentale.
Recentemente Ugas, sulla base di alcuni segni scoperti su resti di ceramiche, pietre e metallo, ha proposto che le popolazioni nuragiche o parte di esse addottarono a partire dalla prima età del ferro un alfabeto simile a quello utilizzato in Beozia[6].

Ipotesi indoeuropee balcanoegeiche

Si basano sul presupposto che la civiltà e la lingua nuragica fosse prevalentemente frutto dell'evoluzione della cultura di una popolazione alloctona[7] pervenuta in Sardegna dal bacino dell'Egeo.[8][9]

Ipotesi sardo-etrusca

Il linguista Massimo Pittau sostiene che la lingua protosarda o "sardiana" e quella etrusca fossero strettamente legate, essendo entrambe emanazioni del ramo anatolico dell'indoeuropeo. Secondo l'autore i "nuragici" erano una popolazione lidica che importò sull'isola la propria lingua di tipo indoeuropeo la quale si andò a sovrapporre su una lingua preesistente di tipo pre-indoeuropeo parlata dalle popolazioni pre-nuragiche; le concordanze rilevate dal Pittau investono in realtà un quadro più ampio della stessa area lidica, dato che si estendono, in modo non dirimente, più spesso a tutta l'area egeo-anatolica. Appellattivi nuragici/sardiani di matrice indoeuropea sarebbero ad esempio[10]:
  • calambusa «rametto di ciliegio coi frutti» (Osini), probabilmente relitto sardiano o nuragico [suff. egeo-anatolico -ús(s) a], forse da confrontare – non derivare - col greco kaláme «canna, stelo» (indoeur.).
  • élimu/a, èlamu, èlema/e, éluma, èlma, èramu, (Lodè, Posada) sèlema «àlimo» (Atriplex halimus L.), relitto sardiano o nuragico, da confrontare – non derivare - col greco hálimos (indoeur.).
  • meulla, méurra, meúrra, miúrra, maúrra «merlo» (camp.), relitto sardiano o nuragico (-ll- conservato e suff.), da connettere con mérula «merlo» (vedi) [che invece deriva dal seg. vocabolo latino] e da confrontare – non derivare – col lat. merula che probabilmente è di origine indoeur. (DELL, DELI).
  • saurra «umidità della notte, brina, rugiada» (log.), toponimi Saurrecci (Guspini), Zaurrái (Isili), Aurracci (Ussassai), Urracci (Guspini) (suffissi e accento); relitto sardiano o nuragico, probabilmente da confrontare – non derivare - con una metatasi, coi lat. ros, roris, lituano rasà, ant. slavo rosa, vedico rasá «rugiada» e col sanscrito rásah «umidità» (DELL) e quindi indoeur. (corrige DILS, LISPR).

Ipotesi illirica

Recentemente (2007) lo studioso Alberto Areddu sviluppando l'idea che il "popolo del mare" dei Shardana fosse di origine illirica, sulla base di diversi elementi lessicali- concordemente riconosciuti come appartenenti al sostrato- ha sostenuto che si debba parlare per la Sardegna antica e in particolare per le zone più conservative dell'isola: l'Ogliastra e la Barbagia, di un ramo particolare dell'indoeuropeo, che manifesta appunto forti corrispondenze formali e semantiche con le poche testimonianze dell'illirico (o del trace) e soprattutto con la loro odierna continuazione linguistica, l'albanese; le concordanze sono poi estese a diversi toponimi e microtoponimi di area centrale; ad esempio lo studioso fornisce le seguenti comparazioni[11]:
  • sardo:eni ‘albero del tasso’= albanese enjë ‘albero del tasso’
  • sardo:alase ‘agrifoglio, pungitopo, gramigna’ (in sardo: laruspinosu ’alloro spinoso’) =albanese halë ‘spina’ halëz ‘spina’
  • sardo: lothiu ‘fangoso’, topp: Lotzorai, Lothorgo, Loceri, Lotzeri = albanese lloç ‘fanghiglia’
  • sardo: dròb(b)alu ‘intestino dei suini’ = albanese drobolì ‘intestino’
  • sardo: urtzula ‘clematide’, top. Urtzulei = albanese hurdh ‘edera’
e recentemente: Òrol- presente in un buon numero di microtoponimi montani (e presente anche nella odierna ornitonimia) confrontato con trace Òrolos 'aquila'
Lo studioso Salvatore (Bovore) Mele ha in procinto di pubblicazione una grammatica sardiana illirica.

Ipotesi nuragico-micenea

Il prof. Marcello Pili, docente dell'università La Sapienza, ha teorizzato che il popolo nuragico parlasse un idioma di tipo miceneo. La sua tesi, oltre che sulla linguistica, si basa anche sull'analisi dei racconti mitologici di Iolao e Sardo e sulle similitudini architettoniche fra il mondo nuragico e quello miceneo[12].L'ipotesi greco-micenea è stata caldeggiata anche dallo studioso M. Ligia

Altre ipotesi

Ipotesi sumero-accadica

È l'ipotesi teorizzata da Raffaele Sardella, recentemente scomparso. Nativo di Sorgono (Mandrolisai), nell'ambiente delle antiche civiltà orientali, aveva frequentato a Roma un corso di teologia. Ha studiato l'etimo dell'interno del territorio della Sardegna e, più precisamente, di Gavoi (Nuoro).
Lo studioso ritiene di aver trovato tracce di antichissime lingue mesopotamiche in Sardegna. Testimonianze a suo parere di remoti traffici commerciali. La ricerca continua dal 1972, trovando riscontro nelle opere di Giovanni Semerano. Semerano, orientalista, ha teorizzato che il misterioso substrato delle lingue europee apparterrebbe ad una lingua composita accadica, frammista ad una lingua più antica come il sumero, assai diffuso in Mesopotamia fin dai tempi antichi. La situazione dei toponimi sardi secondo il Sardella si è ormai fossilizzata: i lemmi, generalmente, hanno perduto il significato originario anche se, a detta dei sostenitori di questa tesi, risultano identici a quelli esistenti in Mesopotamia nel 2000 a.C. Caratteristica fondamentale del periodo è il frequente uso della voce “nurra” o “nura” in composti tutti accadici o misti con il sumerico. Sardella ha scritto diversi libri, tra cui il "Sistema linguistico della civiltà nuragica" (2 volumi) per le edizioni Stef e Pro una literadura sarda per le edizioni Grafiche del Parteolla.

Ipotesi indoeuropea e alfabeto semitico

Lo studioso Gigi Sanna, tra il 1995 e il 2010, ha analizzato dei reperti in ceramica, in bronzo e in pietra rinvenuti in Sardegna che mostrano delle incisioni a sua opinione considerabili come scritte nuragiche risalenti alla seconda metà del II millennio a.C.. I testi studiati appartengono a svariate tipologie alfabetiche (protosinaitica, ugaritica, gublitica, protocananaica e fenicia)[13]. Lo studioso identifica i nuragici con l'antico popolo dei Shardana, sostiene che essi parlassero una lingua indoeuropea simile al latino e che utilizzassero codici di scrittura semitici, esibendo a sostegno delle sue tesi svariati documenti come il sigillo di S. Imbenia (Alghero)[14], il sigillo di Tzricottu di Cabras, l'anello-sigillo di Su Pallosu di San Vero Milis o l'iscrizione rinvenuta su un'anfora nel sito di S'Arcu e is Forros presso Villagrande Strisaili[15]. Testimonianze documentarie lascerebbero intendere che i nuragici adoravano un dio chiamato Yah, o Yahh, o Yahwhé, ossia il Dio della Bibbia[16]. Tale ipotesi ha un precedente nell'opera dell'antropologo Raffaele Pettazzoni, il quale, ai primi del Novecento, aveva ipotizzato che una divinità "nazionale" simile a quella ebraica (Yhwh) fosse venerata dai popoli preistorici della Sardegna.

Note

  1. ^ Eduardo Blasco Ferrer - Paleosardo, le radici linguistiche della Sardegna neolitica pag.165
  2. ^ Blasco Ferrer - Paleosardo, Paleobasco, Iberico
  3. ^ Intervista a Giovanni Lilliu di Sergio Naitza
  4. ^ Giovanni Ugas - L'alba dei Nuraghi (2005) pg.241
  5. ^ Ignazio Abeltino - Le origini dei Galluresi, 2010
  6. ^ blog di Gianfranco Pintore: Nuraghi, Shardana, scrittura ed altre questioni - Giovanni Ugas
  7. ^ I popoli del mare: La civiltà micenea ebbe una vita molto breve. Tra il 1200 e il 1100 a.C. caddero, una a una, tutte le roccaforti achee; i palazzi furono incendiati, i villaggi messi a ferro e fuoco; i Micenei, discendenti di quei nomadi che erano giunti nella penisola greca nel 2000 a.C., crollavano sotto l'urto di un'altra ondata di Indoeuropei ancora più imponente della prima, che cambiò radicalmente l'intero equilibrio del mondo antico. Infatti, mentre alcune tribù, i Dori (i greci moderni n.d.e), travolgevano gli stati micenei, altre si lanciavano sull'impero ittita, distruggendolo e coinvolgendo nel disastro tutti i popoli vicini; altre ancora proseguivano verso sud trascinando con sé genti asiatiche e formando un'accozzaglia inestricabile di popoli. Scendevano con carri e cavalli ed erano scortati da battelli che li seguivano lungo le coste. Tentarono di entrare in Egitto e gli eserciti faraonici riuscirono a fermarli solo dopo anni di lotte. La violenza di questo attacco rimase sempre viva nei ricordi degli Egiziani, che non riuscendo a dare un nome a questi nemici venuti da lontano, li chiamarono « popoli del mare ». Questi drammatici avvenimenti ebbero ripercussioni anche nel Mediterraneo occidentale. Tra i «popoli del mare» i testi egizi citano i nomi degli Sherdan e dei Tursha. I primi, attraverso vicende che ignoriamo, si spinsero fino alla Sardegna, dando origine all'antica e misteriosa civiltà sarda; i secondi erano forse gli Etruschi: a essi si deve la prima grande civiltà italica. vedi http://www.scuolascacchi.com/storia_antica/nalborigrecia.htm
  8. ^ L'immigrazione indoeuropea (popoli del mare) nel Tirreno dalla Frigia, dalla Lidia e dalla Tracia è riportata nel Cap I paragrafo 94 del libro Historiae di Erodoto. Nell'Atlante Storico Mondiale De Agostini (Edizione del 1994) a pagina 61 "immigrazioni e invasioni indoeuropee" la provenienza degli Etruschi e degli Shardana (Nuragici) viene fatta originare dall'area egea delle coste anatoliche e balcaniche.
  9. ^ Sull'antica appartenenza dell'Anatolia al mondo ellenico si cita lo studio di Ioanna Sitaridou docente di filologia romanza all'Università di Cambridge che ha recentemente studiato aprofonditamente in un villaggio, già colonia dell'antica citta greca di Pontus, nei pressi della cittadina turca di Trabzon (Trebisonda, un dialetto greco antico, o lingua pontica, la romeyka, che appartiene al greco diffuso tra il IV secolo a.C. e il IV secolo d.C. Lo studio è stato citato nel quotidiano nella Nuova Sardegna del 04.01.2011 pagina 33. Questa fase linguistica del greco antico, ma pur sempre dorico, in Anatolia era preceduta nel millennio precedente da una lingua di tipo illirica.
  10. ^ Massimo Pittau: Appellativi nuragici di matrice indoeuropea
  11. ^ sardoillirica[1]
  12. ^ 1) Trenta parole di origine Greco-Nuragico-Micenea che legano i Sardi al popolo miceneo 2) Trenta parole Greche Acheo-Micenee e la mitologia greca in Sardegna di Marcello Pili
  13. ^ Gigi Sanna. Alle origini della scrittura in www.museedeglozel.com. URL consultato in data 24 febbraio 2011.
  14. ^ Gigi Sanna. La raffinatezza della scrittura nuragica? lo suggeriscono i sigilli in www.gianfrancopintore.net. Gianfranco Pintore. URL consultato in data 24 febbraio 2011.
  15. ^ Blog di Gianfranco Pintore - Anfora con scritta di S'Arcu 'e is Forros. Garbini: in filisteo - fenicio. No, in puro nuragico - Gigi Sanna
  16. ^ Gigi Sanna. YHWH in 'immagine' pittografica. Prima a Gerusalemme? No, in Sardegna. E con scrittura šardan in www.gianfrancopintore.net. Gianfranco Pintore. URL consultato in data 24 febbraio 2011.

Bibliografia

  • Alberto Areddu, Le Origini Albanesi della Civiltà in Sardegna, Napoli (2007); Recensione di Emanuele Banfi, in Rivista Italiana di Linguistica e Dialettologia (2009), XI, pp. 211–214.
  • Alberto Areddu, "Òrolo: il genuino nome dell'aquila paleosarda" in Quaderni Bolotanesi 36 (2011)
  • Alberto Areddu, "Le origini balcaniche della thonca sarda" in Quaderni Bolotanesi 37 (2012)
  • Atlante Storico Mondiale, De Agostini pp. 61 (Edizione del 1994)
  • Eduardo Blasco Ferrer, Storia della lingua sarda. Dal paleolitico alla musica rap, Cagliari (2009)
  • Eduardo Blasco Ferrer, Paleosardo. Le radici linguistiche della Sardegna neolitica, Berlin/New York (2010)
  • Fabio Fancello, Voci di un Mondo Remoto riflessioni di linguistica sarda, Edizione L'Ortobene, Nuoro (2003)
  • Angelo Leotti L'Albanese parlato (dialetto ghego), Ulrico Hoepli, Milano (1916)
  • Johannes Hubschmid, Sardische Studien, Bern (1953)
  • Mario Ligia, La lingua dei Sardi. Ipotesi filologiche, Ghilarza (2002)
  • Bovore Mele, Unij Dyn Teri Kanteri: Arvareshu Shardanu Grammatica Elementare e Vocabolario della Lingua Protosarda, Sassari (2010)
  • L R Palmer, Mycenaeans and Minoans, Second ed. New York: Alfred A. Knopf. 1965.
  • Giulio Paulis, I nomi di luogo in Sardegna, Sassari (1987)
  • Raffaele Pettazzoni, La religione primitiva in Sardegna, Delfino, ed. 1993 (seconda ristampa ed.1912). Introduzione di G.Lilliu (prima ristampa del 1980).
  • Massimo Pittau, La lingua sardiana o dei Protosardi, Cagliari (2000)
  • Helmut Rix, Rätisch und Etruskisch, Innsbruck 1998
  • Gigi Sanna " Sardoa Grammata.'ag 'ab sa'an yhwwh, S'alvure ed. Oristano 2004.
  • Gigi Sanna, 'La stele di Nora. Il dio, il dono, il santo (the God, the Gift, the Saint: trad., in lingua inglese di Aba Losi), PTM ed. Mogoro 2009.
  • Dieter H. Steinbauer, Neues Handbuch des Etruskischen, St. Katharinen 1999
  • Giovanni Ugas, L'alba dei Nuraghi, Cagliari (2005)
  • Heinz Jürgen Wolf, Toponomastica Barbaricina, Nuoro (1998)