Ho letto un libro interessante, anche se certamente non è una novità, né è affatto recente: Giovanni Tolu, Storia di un bandito sardo, raccontata da lui medesimo (all'autore del libro, che è un giornalista: Enrico Costa, sardo anch'egli).
Si tratta (oltre che della storia del più famoso, forse, tra i banditi sardi e certamente anche dell' ultimo di essi) di un genuino spaccato della società Sarda del 1850 - e di riflesso di quella anche Italiana - che mostra quale grande, inimmaginabile, stupefacente possibilità di movimento avesse un bandito in quell'epoca in Sardegna.
Grazie alla sincera ammirazione di pastori e 'barracelli', oltre che di comuni abitanti dei vari paesi (che oggi le autorità definirebbero come 'fiancheggiatori').
Non tace il disagio della vita raminga, solitaria ed alla macchia: e certamente parte della collaborazione doveva certamente essere dettata da paura (chi negherebbe un pasto o un letto ad un bandito armato di coltellaccio, di fucile e di pistole, che in più non ha nulla da perdere, perché è già condannato a morte?).
Sorprendentemente, ci porta in un mondo di superstizione, di fede nella realizzazione dei sogni, di ignoranza e di analfabetismo, di paura di spie e delatori, di armi che devono essere montate al momento dell'uso e che con altissima probabilità faranno 'cilecca'.
Ci descrive sacerdoti buoni, che pure si dedicano alle arti delle fattucchiere (le 'ligature') e di sacerdoti cattivi, che assoldano traditori ed assassini, veri e propri 'bravi' di manzoniana memoria.
Ci mostra un poco edificante ritratto delle forze dell'ordine italiane, sempre temute, anche se discretamente inefficaci e pavide, rappresentate più spesso dagli odiati carabinieri, informati dai delatori e sempre pronti ad attribuirsi meriti non propri.
La figura di Giovanni Tolu ne esce come quella di un vero uomo, coraggioso e saggio a modo suo, purtroppo perseguitato da uno strano destino crudelissimo e beffardo, genuinamente ammirato dal popolo Italiano (non solamente dai Sardi) che ne pretende l'assoluzione, padre affettuoso e premuroso di una figlia generosa persino con la madre che l'aveva abbandonata prima e riavvicinata infine solo per motivi d'interesse.
Il libro - a mio vedere - è ben argomentato, documentato e scritto, anche se nello stile un po' desueto di quasi due secoli fa. Riserva due colpi di scena finali - che mi esimo dal raccontare, naturalmente - uno dei quali, in qualche modo, spiega il vero motivo per cui il Tolu diventò un bandito.
L'altro, sembra in fondo una punizione divina, quasi biblica, per colui che - pur cercando di essere quanto più possibile 'giusto' e di non fare del male a chi non gliene aveva fatto per primo - in fin dei conti aveva ucciso, o dovuto uccidere per autodifesa, numerose persone.
Insomma, caro amico mio: se non lo hai letto, te lo consiglio vivamente.