venerdì 16 agosto 2013

Scrittori e Lettori Sardi

Certi Sardi – non tutti certamente: anzi, ci tengo a dire che sto parlando di una netta minoranza – riescono ancora a stupirmi negativamente. 
Alcuni per quello che scrivono, altri perché lo leggono e lo commentano positivamente.

La situazione è semplice: veniamo da un’epoca purtroppo lunga nella quale i Sardi s’occupavano molto poco delle questioni storico-archeologiche dei loro antenati, perché erano totalmente assorbiti dai fin troppo pressanti problemi pratici del loro presente per potere pensare ad altro. Erano poveri, tremendamente poveri  e tiravano a campare tra enormi fatiche una vita dignitosa ma di stenti, con biblico orgoglio e con essenziale ma adamantina semplicità. Non gli riusciva difficile credere che i loro avi fossero stati per secoli poveri pastori, tra le loro stesse mille quotidiane difficoltà, e che avessero avuto la loro stessa grande forza d’animo, sufficiente a farli sopravvivere contro ogni avversità, come fanno il leccio, l’olivastro ed il cisto.

Oggi in Sardegna – dopo molti e lunghi decenni di assoluta povertà, di arretratezza antica, di sfruttamenti stranieri, di fatiche improbe ed impossibili, sopportate tutte con grande dignità e fierezza,  cui si è saputo aggiungere anche il carico (ammettiamolo) di ripetuti tradimenti sottili e perfidi da parte italiana – c’è, finalmente e per fortuna, un po’ di benessere, anche se viziato negli ultimi tempi dalla crisi economica che non attanaglia solamente l’Europa.
E il benessere economico – che non si riuscirà mai a lodare abbastanza e che non ha ancora completamente permeato di sé tutta l’isola – ha portato anche tutte le false necessità indotte dal consumismo e dal bieco metodo della persuasione occulta e, come ultimo indegno risultato, anche i perditempo.

Il risultato lo vediamo: tatuaggi tribali (di lontane tribù che vissero forse di là dall’oceano!), ‘piercing’, abiti indecorosi ed illogici, diete sbagliate ed innaturali, nuove malattie prima sconosciute, consumo di vari e sempre nuovi tipi di droghe, invasioni straniere travestite da immigrazione, sfruttamento economico della crisi da parte di Nazioni ufficialmente ‘amiche’, sovversione degli antichi valori morali …  
Ma questo, si dirà, è purtroppo il portato negativo (il “prezzo da pagare”, si potrebbe quasi dire) dell’esposizione di una cultura antica, conservatrice e tradizionalista al vento fresco e vivace, foriero di grandi novità, di culture più avanzate, creative e tecnologiche.
D’altronde si sa bene che – purtroppo – prima ancora di assorbire le tendenze positive, produttive  e necessarie per ‘diventare come loro’, si riesce sempre a copiare ed importare le tendenze negative, parassite ed indesiderabili.
E – anche se ciò non costituisce affatto una giustificazione per la Sardegna  – tutto questo si verifica anche nella Penisola, e oltreconfine, in Europa.
Ma non è questo il punto che desidero mettere a fuoco: richiederebbe troppo tempo, troppe conoscenze e troppo spazio.

Vorrei invece focalizzare l’attenzione sul fatto che in Sardegna – oggi – grazie al raggiunto nuovo benessere economico, si è creato un tipo particolare di perditempo: lo pseudo ricercatore autodidatta.

E’ un fenomeno curioso e complesso. Tanti anni fa, gli unici a creare miti ed ipotizzare fesserie bombastiche sul passato preistorico della Sardegna erano gli archeologi: e lo facevano con assoluta passione, inventandosi la costante resistenziale sarda ed altre bellissime inesistenti favole sul significato militare dei nuraghi e sulla organizzazione cantonale di gruppetti di sardi pelliti  litigiosissimi tra loro. Ma erano stati fortemente raccomandati ed erano pagati per questa loro attività onirico-onanistica.

Oggi, invece, agli archeologi si è aggiunta l’Armata Brancaleone Sardocentrista, formata da una serie variopinta di esponenti di svariatissima provenienza: alcuni sono giornalisti finto sardi, altri sono distinti e stimati professori in pensione, alcuni sono studenti universitari a vita, altri ancora semplici agenti di pubblica sicurezza (che avrebbero tanto desiderato essere giuristi, ma non si può diventarlo senza superare gli esami), altri ancora provengono dalle più strane discipline o – addirittura – non ne posseggono alcuna.

Si potrebbe pensare che costoro siano spinti dal desiderio di guadagno grazie alla vendita di libri. Sebbene  possa questa essere anche un’ipotesi originariamente possibile, si sa quanto riesca ad essere deludente la pubblicazione a proprie spese presso un piccolo editore di un libro che, non contenendo alcunché di buono o di vero, non ha successo e non porta di solito alcun guadagno. Quindi, non lo fanno necessariamente per il vil denaro: alcuni sono già anzi di per sé veramente benestanti, in quanto la loro professione permette loro di guadagnare molto bene. Quindi, quale altro sarebbe il motivo?
Probabilmente, la gratificazione che ricevono dai loro sostenitori. Ecco perché alcuni si fanno (chi più, chi meno: alcuni lo negano) paladini di istanze politiche, etniche, tradizionali.
 Ecco perché la loro interpretazione della Storia Sarda è tutta improntata al “recidere le catene culturali dell’arroganza continentale” e alla modifica delle vecchie e superate ipotesi colonialiste italiane coniate da biechi invasori stranieri per i loro bassi scopi. In genere, questo significa militare in un movimento sardista, indipendentista o simile. O, almeno, esserne un simpatizzante e quindi presenziare a qualche raduno, a qualche festa tradizionale: dire qualche doverosa parola tra cui prima un “Fortza Paris” e più recentemente un “Sardegna Zona Franca Subito” certamente non guasta.
Naturalmente, c’è un grave problema di contenuti: essi DEVONO dire cose diverse da ciò che già hanno detto e scritto gli autorizzati accademici. Non è però facile trovare reperti archeologici che supportino le loro invenzioni. Poco male: si sono premuniti , di fronte a questa carenza, in due modi.
Innanzitutto, si sono preoccupati di procurarsi alcuni abili produttori di falsi reperti archeologici (non stupiamoci:  in tutto il mondo si sono prodotti e si producono falsi di ogni tipo: alcuni falsari sono abilissimi artisti ed artigiani di pregio. Il Museo di Atene li ha addirittura assoldati per produrre copie autorizzate, da vendere ai turisti stranieri). Poi, si sono accorti del fatto che il passato remoto della Sardegna è immerso nelle nebbie della  Pre- istoria, quel periodo in cui, appunto, NON si scriveva e non esistevano documenti. Di conseguenza, proprio lì si sono buttati:  nel periodo protostorico sardo, quello peggio conosciuto, in cui le ombre fitte sono certamente più numerose delle luci.
Soprattutto, non esistendo documenti scritti dell’epoca, nessuno può produrre documenti che li smentiscono, nelle favole che essi raccontano.
E – si sa – le favole piacciono a tutti, grandi e piccini, specialmente se ci dicono quanto erano forti, belli, bravi e buoni i nostri avi.
Ed ecco allora che tutto (ma proprio tutto!) è nato in Sardegna, o c’era prima in Sardegna,  oppure  l’hanno fatto i Sardi e poi trasmesso agli altri più primitivi ed ignoranti. La Ziqqurat? Ma è sarda, perbacco: guarda Monte d’Accoddi. Se di qualche cosa che essi (i Brancaleone) raccontano non v’è oggi alcuna traccia in Sardegna è solo perché PER METODO, ogni prova è stato cancellata dalle culture degli invasori che si sono in seguito susseguite nel dominio dell’isola. 

E così i Sardi antichi scrivevano non una, bensì molte lingue (ne conoscevano varie: erano veri poliglotti), navigavano sulle migliori navi dell’epoca, guerreggiavano VINCENDO, praticamente in tutto il Mondo Antico, ove erano rinomati per la loro invincibilità e per il loro sorriso beffardo e crudele. Ma andavano molto al di là del mondo conosciuto: pare siano giunti in Sud Africa (nel Grande Zimbabwe) e chissà dove altro. Mosé era sardo, alcuni faraoni – falsamente ritenuti egiziani – erano sardi, i Fenici non sono mai esistiti ed erano invece sardi, contro ogni prova Genetica esistente e scientificamente riportata.
E così via, in un curioso gioco del domino all’inverso, in cui causa ed effetto si confondono e si equivocano, come in quelle buffe riprese cinematografiche  ri-proiettate all’indietro, che hanno una forte presa proprio per la loro evidente impossibilità.
Tutto è stato Sardo, anche quello che prima, ingenuamente,credevamo straniero: il primo e più antico circolo astronomicamente orientato per la determinazione di alcuni fenomeni astrali non fu cinese (bestemmia!), bensì fu certamente sardo.  Tutto era nuragico e Serdiano, nello stesso tempo. Il passare del tempo, il progredire geografico delle Culture Storiche, così preciso ovunque  altrove, in Sardegna s’offusca e si confonde: la Sardegna è senza dubbio una terra di magie.

Infine, essi si trincerano dietro al proprio diritto di nutrire il legittimo e grande orgoglio d’essere Sardi.

Se fossero nati in Australia ci romperebbero le tasche, probabilmente, con il loro orgoglio australiano: essere nati in un posto particolare – più o meno fortunato – può dare maggiore o minore sollievo. Ma l’orgoglio – andiamo! – deve essere lasciato alle acquisizioni personali , quelle che abbiamo ottenuto con lavoro ed applicazione, non agli eventi accidentali dettati dal caso!

Una considerazione  finale, circa il ‘grande amore’ che questa variopinta Armata Brancaleone nutrirebbe per la Sardegna: io non ci credo.

Amare veramente, significa conoscere appieno l’oggetto del proprio amore e – di conseguenza – essere vincolati a rappresentarlo correttamente, esattamente com’esso è.

Il che – in parole povere – significa che non se ne possono raccontare balle.