Certi Sardi – non tutti certamente: anzi, ci tengo a dire
che sto parlando di una netta minoranza – riescono ancora a stupirmi
negativamente.
Alcuni per quello che scrivono, altri perché lo leggono e lo
commentano positivamente.
La situazione è semplice: veniamo da un’epoca purtroppo lunga nella quale i
Sardi s’occupavano molto poco delle questioni storico-archeologiche dei loro
antenati, perché erano totalmente assorbiti dai fin troppo pressanti problemi pratici
del loro presente per potere pensare ad altro. Erano poveri, tremendamente
poveri e tiravano a campare tra enormi
fatiche una vita dignitosa ma di stenti, con biblico orgoglio e con essenziale ma
adamantina semplicità. Non gli riusciva difficile credere che i loro avi
fossero stati per secoli poveri pastori, tra le loro stesse mille quotidiane
difficoltà, e che avessero avuto la loro stessa grande forza d’animo,
sufficiente a farli sopravvivere contro ogni avversità, come fanno il leccio, l’olivastro
ed il cisto.
Oggi in Sardegna – dopo molti e lunghi decenni di assoluta
povertà, di arretratezza antica, di sfruttamenti stranieri, di fatiche improbe
ed impossibili, sopportate tutte con grande dignità e fierezza, cui si è saputo aggiungere anche il carico (ammettiamolo)
di ripetuti tradimenti sottili e perfidi da parte italiana – c’è, finalmente e per
fortuna, un po’ di benessere, anche se viziato negli ultimi tempi dalla crisi
economica che non attanaglia solamente l’Europa.
E il benessere economico – che non si riuscirà mai a lodare
abbastanza e che non ha ancora completamente permeato di sé tutta l’isola – ha portato
anche tutte le false necessità indotte dal consumismo e dal bieco metodo della
persuasione occulta e, come ultimo indegno risultato, anche i perditempo.
Il risultato lo vediamo: tatuaggi tribali (di lontane tribù che
vissero forse di là dall’oceano!), ‘piercing’, abiti indecorosi ed illogici, diete
sbagliate ed innaturali, nuove malattie prima sconosciute, consumo di vari e sempre
nuovi tipi di droghe, invasioni straniere travestite da immigrazione,
sfruttamento economico della crisi da parte di Nazioni ufficialmente ‘amiche’,
sovversione degli antichi valori morali …
Ma questo, si dirà, è purtroppo il portato negativo (il “prezzo
da pagare”, si potrebbe quasi dire) dell’esposizione di una cultura antica,
conservatrice e tradizionalista al vento fresco e vivace, foriero di grandi
novità, di culture più avanzate, creative e tecnologiche.
D’altronde si sa bene che – purtroppo – prima ancora di
assorbire le tendenze positive, produttive e necessarie per ‘diventare come loro’, si
riesce sempre a copiare ed importare le tendenze negative, parassite ed
indesiderabili.
E – anche se ciò non costituisce affatto una giustificazione
per la Sardegna – tutto questo si verifica
anche nella Penisola, e oltreconfine, in Europa.
Ma non è questo il punto che desidero mettere a fuoco:
richiederebbe troppo tempo, troppe conoscenze e troppo spazio.
Vorrei invece focalizzare l’attenzione sul fatto che in Sardegna
– oggi – grazie al raggiunto nuovo benessere economico, si è creato un tipo
particolare di perditempo: lo pseudo ricercatore autodidatta.
E’ un fenomeno curioso e complesso. Tanti anni fa, gli unici
a creare miti ed ipotizzare fesserie bombastiche sul passato preistorico della
Sardegna erano gli archeologi: e lo facevano con assoluta passione,
inventandosi la costante resistenziale sarda ed altre bellissime inesistenti
favole sul significato militare dei nuraghi e sulla organizzazione cantonale di
gruppetti di sardi pelliti litigiosissimi tra loro. Ma erano stati
fortemente raccomandati ed erano pagati per questa loro attività
onirico-onanistica.
Oggi, invece, agli archeologi si è aggiunta l’Armata
Brancaleone Sardocentrista, formata da una serie variopinta di esponenti di
svariatissima provenienza: alcuni sono giornalisti finto sardi, altri sono
distinti e stimati professori in pensione, alcuni sono studenti universitari a
vita, altri ancora semplici agenti di pubblica sicurezza (che avrebbero tanto desiderato
essere giuristi, ma non si può diventarlo senza superare gli esami), altri
ancora provengono dalle più strane discipline o – addirittura – non ne
posseggono alcuna.
Si potrebbe pensare che costoro siano spinti dal desiderio
di guadagno grazie alla vendita di libri. Sebbene possa questa essere anche un’ipotesi originariamente
possibile, si sa quanto riesca ad essere deludente la pubblicazione a proprie
spese presso un piccolo editore di un libro che, non contenendo alcunché di
buono o di vero, non ha successo e non porta di solito alcun guadagno. Quindi,
non lo fanno necessariamente per il vil denaro: alcuni sono già anzi di per sé
veramente benestanti, in quanto la loro professione permette loro di guadagnare
molto bene. Quindi, quale altro sarebbe il motivo?
Probabilmente, la gratificazione che ricevono dai loro
sostenitori. Ecco perché alcuni si fanno (chi più, chi meno: alcuni lo negano)
paladini di istanze politiche, etniche, tradizionali.
Ecco perché la loro
interpretazione della Storia Sarda è tutta improntata al “recidere le catene
culturali dell’arroganza continentale” e alla modifica delle vecchie e superate
ipotesi colonialiste italiane coniate da biechi invasori stranieri per i loro
bassi scopi. In genere, questo significa militare in un movimento sardista,
indipendentista o simile. O, almeno, esserne un simpatizzante e quindi presenziare
a qualche raduno, a qualche festa tradizionale: dire qualche doverosa parola
tra cui prima un “Fortza Paris” e più recentemente un “Sardegna Zona Franca Subito”
certamente non guasta.
Naturalmente, c’è un grave problema di contenuti: essi DEVONO
dire cose diverse da ciò che già hanno detto e scritto gli autorizzati
accademici. Non è però facile trovare reperti archeologici che supportino le
loro invenzioni. Poco male: si sono premuniti , di fronte a questa carenza, in
due modi.
Innanzitutto, si sono preoccupati di procurarsi alcuni abili
produttori di falsi reperti archeologici (non stupiamoci: in tutto il mondo si sono prodotti e si producono
falsi di ogni tipo: alcuni falsari sono abilissimi artisti ed artigiani di
pregio. Il Museo di Atene li ha addirittura assoldati per produrre copie
autorizzate, da vendere ai turisti stranieri). Poi, si sono accorti del fatto
che il passato remoto della Sardegna è immerso nelle nebbie della Pre- istoria, quel periodo in cui, appunto,
NON si scriveva e non esistevano documenti. Di conseguenza, proprio lì si sono
buttati: nel periodo protostorico sardo,
quello peggio conosciuto, in cui le ombre fitte sono certamente più numerose
delle luci.
Soprattutto, non esistendo documenti scritti dell’epoca,
nessuno può produrre documenti che li smentiscono, nelle favole che essi
raccontano.
E – si sa – le favole piacciono a tutti, grandi e piccini,
specialmente se ci dicono quanto erano forti, belli, bravi e buoni i nostri
avi.
Ed ecco allora che tutto (ma proprio tutto!) è nato in
Sardegna, o c’era prima in Sardegna, oppure l’hanno fatto i Sardi e poi trasmesso agli
altri più primitivi ed ignoranti. La Ziqqurat? Ma è sarda, perbacco: guarda
Monte d’Accoddi. Se di qualche cosa che essi (i Brancaleone) raccontano non v’è
oggi alcuna traccia in Sardegna è solo perché PER METODO, ogni prova è stato
cancellata dalle culture degli invasori che si sono in seguito susseguite nel
dominio dell’isola.
E così i Sardi antichi scrivevano non una, bensì molte
lingue (ne conoscevano varie: erano veri poliglotti), navigavano sulle migliori
navi dell’epoca, guerreggiavano VINCENDO, praticamente in tutto il Mondo
Antico, ove erano rinomati per la loro invincibilità e per il loro sorriso beffardo
e crudele. Ma andavano molto al di là del mondo conosciuto: pare siano giunti
in Sud Africa (nel Grande Zimbabwe) e chissà dove altro. Mosé era sardo, alcuni
faraoni – falsamente ritenuti egiziani – erano sardi, i Fenici non sono mai
esistiti ed erano invece sardi, contro ogni prova Genetica esistente e
scientificamente riportata.
E così via, in un curioso gioco del domino all’inverso, in
cui causa ed effetto si confondono e si equivocano, come in quelle buffe riprese
cinematografiche ri-proiettate all’indietro,
che hanno una forte presa proprio per la loro evidente impossibilità.
Tutto è stato Sardo, anche quello che prima, ingenuamente,credevamo
straniero: il primo e più antico circolo astronomicamente orientato per la
determinazione di alcuni fenomeni astrali non fu cinese (bestemmia!), bensì fu
certamente sardo. Tutto era nuragico e
Serdiano, nello stesso tempo. Il passare del tempo, il progredire geografico
delle Culture Storiche, così preciso ovunque altrove, in Sardegna s’offusca e si confonde:
la Sardegna è senza dubbio una terra di magie.
Infine, essi si trincerano dietro al proprio diritto di
nutrire il legittimo e grande orgoglio d’essere Sardi.
Se fossero nati in Australia ci romperebbero le tasche,
probabilmente, con il loro orgoglio australiano: essere nati in un posto
particolare – più o meno fortunato – può dare maggiore o minore sollievo. Ma l’orgoglio
– andiamo! – deve essere lasciato alle acquisizioni personali , quelle che
abbiamo ottenuto con lavoro ed applicazione, non agli eventi accidentali
dettati dal caso!
Una considerazione
finale, circa il ‘grande amore’ che questa variopinta Armata Brancaleone
nutrirebbe per la Sardegna: io non ci credo.
Amare veramente, significa conoscere appieno l’oggetto del
proprio amore e – di conseguenza – essere vincolati a rappresentarlo
correttamente, esattamente com’esso è.
Il che – in parole povere – significa che non se ne possono
raccontare balle.