Sardegna e Libertà è un’associazione politica ai sensi dell’art. 49 della Costituzione della Repubblica italiana. Difende i principi della inviolabilità della persona e dell’autodeterminazione dei popoli, rifiuta la violenza, anche verbale, come strumento della lotta politica e della regolazione dei conflitti sociali, afferma il valore della solidarietà e della fratellanza come presupposto di ogni ordinamento giuridico equo.
Anteprima del saggio di Raimondo Zucca sulla cosiddetta ‘scrittura nuragica’
Questo sito è promosso da Paolo Maninchedda, consigliere della Regione Autonoma della Sardegna.
È un luogo di elaborazione, di dibattito, di proposta e di informazione, aperto a chiunque abbia cose intelligenti da dire e sappia farlo con garbo.
Non è un luogo di militanza politica, dato che per questo esistono i partiti. È piuttosto un luogo di impegno culturale, di gestazione politica, di elaborazione del nuovo. La politica ha bisogno di pensiero.
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Non è un luogo di militanza politica, dato che per questo esistono i partiti. È piuttosto un luogo di impegno culturale, di gestazione politica, di elaborazione del nuovo. La politica ha bisogno di pensiero.
Nessuno dubiterà del fatto che le insegne e la prefazione qui sopra siano sarde ed appartengano ad autori dotati di diplomazia e misura. Infatti, ospitano il primo capitolo di un libro a firma di un archeologo sardo noto e stimato, che parla di scrittura nuragica. Nella presentazione, gli autori stessi - che non dubito siano veri sardisti usano anch'essi prudentemente, come il buon senso consiglia il termine: COSIDDETTA scrittura e mettono tra virgolette il termine 'scrittura nuragica'.
Apprezzo molto questa ferma e garbata distinzione che essi operano tra politica e cultura (che altri non conoscono) e mi permetto di riportare l'anteprima che essi stessi hanno riprodotto.
Anteprima del saggio di Raimondo Zucca sulla cosiddetta ‘scrittura nuragica’
Nel prossimo numero del Bollettino
di Studi Sardi già in stampa e che può essere richiesto in libreria o
attraverso il sito della Cuec di Cagliari, verrà pubblicato l’importante studio
del prof. Raimondo Zucca sulla cosiddetta ‘scrittura nuragica’, Si tratta di
uno studio molto articolato e ampio (80 pagine) di cui riporto il primo
paragrafo. Buona lettura.
I. La
nascita del problema della ‘scrittura nuragica’
Il fondatore del problema della ‘scrittura nuragica’ è lo stesso padre
dell’archeologia sarda, il canonico Giovanni Spano, che nel suo lavoro
generale sulla Paleoetno-logia sarda, sull’onda della partecipazione al V Congrès
international d’anthropologie et de archéologie préhistoriques a Bologna, nel 1871, scriveva:
Per quante
ricerche si siano fatte dentro ed attorno i Nuraghi, non si è scoperto mai un
monumento scritto.[1]
In realtà
Giovanni Spano si era già imbattuto, nel 1857, in «monumenti scritti»
rimontanti «alla stessa antichità dei Nuraghi Sardi», per i quali l’archeologo
si domandava se recassero o meno «lettere o note di qualche segno di
religione»: si tratta degli oxhide ingots di produzione cipriota, recanti segni del sillabario cipro minoico,
rinvenuti a Nuragus, nella località di Serra Ilixi:
I monumenti
che andiamo a descrivere, e dei quali diamo l’incisione in questo luogo, li
crediamo molto rari e di una sublime antichità. Annunziamo questa bella
scoperta nel num. 6 del 3 anno di questo Bullettino (pag. 64). Il Sig. G. Medda Serra del villaggio di Nuragus, nel
mentre che i contadini aravano in una sua terra, detta Serra Ilixi, in vici-nanza di detto
villaggio, vedendo che in uno il vomere faceva molta resistenza, dopo qualche
sforzo, rovesciò una lapide di molto peso, ed avendo osservato ch’era di
bron-zo, si fece a scalzare il terreno da dove n’estrasse sino al numero di
cinque, tutte ad un dipresso della stessa figura […] Queste lapidi sono di
diverso peso, la prima pesa chil. 37, e l’altra chilogr. 28. Le altre tre ad un
dipresso più o meno, ma al di là di 30 chilo-grammi. La materia è di rame
perfetto, ma senza essere purificato, in modo che annun-ziano l’arte primitiva
della docimastica, e per così dire la prima fonderia che usò l’uomo […] Tutte
le dette stele hanno qualche segno incavato a taglio con istrumento nel mezzo o
nella parte superiore, imitante la croce egiziana, o la rozza forma umana colle
mani alzate, simili ad una lapide cartaginese illustrata dal Bourgade (V. Toison d’or de la Langue
Phenicienne, ecc. Paris 1852, Tav. A). Dalla qual cosa noi non possiamo
de-prendere altro che di essere stele mortuarie delle prime immigrazioni
orientali nella Sardegna […] Ma questi segni diversi delle nostre stele, saranno
lettere o note di qual-che segno di religione? A noi pare che se non sono rozze
figure, siano un monogramma della voce Thaut o Thut, divinità adorata dai primi Egiziani o Fenicii alla quale
attribui-vano l’uffizio di registrare il supremo giudizio che il Dio grande
pronunziava sulle ani-me dei morti nell’Amenti, cioè nella regione infernale, d’onde passavano alla sfera della luce,
e si trasmigravano in altri corpi […] Le stele in proposito adunque crediamo
che possano rimontare alla stessa antichità dei Nuraghi Sardi.[2]
L’ipotesi
interpretativa di Giovanni Spano degli oxhide
ingots di Nuragus, con-siderati «stele mortuarie», seppure
di età nuragica, non dovette soddisfare l’archeologo che, quattordici anni
dopo, in seguito alla individuazione di matrici di fusione (a Belvì, Suelli e
nella Nurra), e di panelle in rame e di scorie di fusione, formulava la
corretta interpretazione dei lingotti di Serra Ilixi come «pani di offi-cina»
dotati di «marca dell’usina da cui sono uscite»:[3]
A questi
strumenti od armi [in bronzo] possono annettersi quelle stele di puro rame,
scoperte a Nuragus nel 1857, nel sito di Serra Elixi [sic]. Se non sono stele votive o mortuarie (Bullett. Arch. Sardo an.
IV, p. 12) saranno pani di officina, e quindi il mono-gramma in vece di Thaut, sarà marca dell’usina da cui sono
uscite.
Fu Ettore
Pais, nel 1884, a inserire definitivamente i lingotti di Serra Ilixi
nell’am¬bito dei pani di rame individuati in diverse fonderie della Sardegna
nura-gica, soprattutto nella forma delle panelle a sezione piano-convessa:
Assai
notevoli sono i cinque pani di rame trovati a Serra Ilixi presso Nuragus, dei
quali tre possiede il Museo di Cagliari […] Essi pesano da 28 a 37 chilogrammi
l’uno e sono lunghi in media m. 0,700 e si rassomigliano assai al pane di
stagno trovato a Falmouth v. Evans, L’age du
bronze pag. 464 sg. fig. 514.[4]
Ettore Pais
suggeriva di riconoscere nel segno (che consideriamo corrispon-dente al
sillabogramma 08 del Cipro Minoico 1-2-3) di uno dei pani di Serra Ilixi la
resa schematizzata del «pugnale sardo», ipotizzando così una origine sarda dei
lingotti.[5]
Questa ipotesi fu respinta nel 1887 nell’Histoire de l’art dans l’antiquité di Geor-ges
Perrot e Charles Chipiez, in base all’osservazione dei diversi segni presenti
nei pani di Serra Ilixi, irriducibili alla forma del pugnaletto sardo e in
rapporto alla scarsità del rame in Sardegna, dato che induceva a credere che
«une partie au moins du cuivre que l’on y [en Sardaigne] consommait y fût
apportée du de-hors».[6]
L’osservazione merita di essere sottolineata poiché
anticipa le scoperte di Ar-thur Evans a Cnosso e, a fortiori, le analisi archeometriche sul rame (di
origine ci-priota) degli oxhide ingots sardi eseguite allo scorcio del XX secolo.
Allo scadere del XIX secolo
i segni dei lingotti di Serra Ilixi ebbero una prima decifrazione in chiave
iberica da parte di Emil Hübner, l’allievo di Theodor Mommsen che aveva redatto
il secondo volume del Corpus Inscriptionum Latinarum relativo alle epigrafi latine delle provinciae della penisola iberica.
Nell’VIII volume dell’Ephemeris Epigraphica, edito a Berlino
nel 1899, lo Hübner pubblicava, su invito di Ettore Pais, sia il cippo calcareo
con iscrizione iberica sco-perto anteriormente al 1891 nella necropoli
orientale di Karales,[7] sia i segni scrit-tori dei tre lingotti di
Nuragus-Serra Ilixi, considerati grafemi di scrittura iberica dallo stesso
Pais, ma ricondotti dallo Hübner al segnario delle scritture paleoi-spaniche
solamente nel caso dei segni dei due primi lingotti, mentre il terzo lin-gotto
recava, a giudizio dello Hübner, un segno non iberico, a meno che non si
i-potizzasse un nesso fra vari grafemi iberici:
Massae
grandes ex aere tres, servatae in museo Caralitano, in quibus extant litterae
hae profunde incisae post fusionem. Hector Pais, qui memoravit tertiam (c)
Bullet. Archeo-logico Sardo ser. II vol. I 1884 p. 149, mihi misit a se
descriptas et litterae fortasse Iberi-cas esse adnotavit. In a est m certo Iberica, in b potest l esse,
utraque ex Hispaniae cite-rioris monumentis satis nota. Quod in c est signum, littera Iberica non est,
nisi duo lli vel ujt coniunctae indicantur. In aerifodinis
Sardis operas fuisse originis Iberae facile credemus.[8]
Indipendentemente
dallo Hübner era stata pubblicata nel 1900 da Wilhelm Freiherr von Landau
l’iscrizione iberica di Karales.[9]
Una relazione fra l’ethnos sardo e l’ethnos iberico era ugualmente affermata da
Luigi Ceci,[10] che pure ignorava l’editio
princeps dello Hübner, in base al cippo iberico
caralitano, ottenendo una violenta ripulsa da parte di Ettore Pais,[11] in un
quadro polemico legato alla edizione da parte di Luigi Ceci dell’iscrizione
latina del cippo del Lapis niger[12] e al conseguente conflitto fra l’ipercriticismo germanico nei
confronti delle fonti annalistiche (accettato dal Pais) e i fautori, tra cui il
Ceci, di una conciliazione tra fonti antiche e interpretazione critica.[13]
Nel
1896 a Enkomi, nel settore orientale dell’isola di Cipro, venne scoperto, nel
corso degli scavi promossi dal British Museum, un oxhide ingot dotato di un segno sillabico
ritenuto cipriota (in realtà cipro-minoico), edito da Alexander Stuart Murray
nel 1900 con un preciso confronto, suggerito da Arthur Evans, con i lingotti
di Serra Ilixi, che risultavano, anche per la presenza di marchi,
testimonianza del commercio cipriota in Sardegna.[14]
Nel 1903 vennero in luce
diciannove esemplari, di cui cinque provvisti di marchi, di oxhide ingots ad Haghia Triada in Creta a
opera della missione italiana gui-data dallo Halbherr.[15]
Infine il celebre
articolo nel «Bullettino di Paletnologia italiana» del 1904, del fondatore
della moderna paletnologia italiana, Luigi Pigorini, rivendicava con lu-cida
acribia i lingotti di Serra Ilixi all’ambito egeo dell’età del bronzo,
chiarendo definitivamente l’ascrizione dei segni dei lingotti rinvenuti in
Sardegna ai sistemi scrittori dell’area egea.[16]
Note
[1] G. SPANO, Paleoetnologia
sarda ossia l’età preistorica segnata nei monumenti che si trovano in Sardegna, Cagliari
1871, p. 9.
[2] G. SPANO, Stele mortuarie di bronzo, in
«Bullettino Archeologico Sardo», IV (1858), pp. 11-15.
[3] G. SPANO, Paleoetnologia
sarda cit., pp. 26-27; ID., Scoperte archeologiche fattesi in
Sardegna in tutto l’anno 1871 con appendice degli oggetti sardi della
esposizione italiana, Cagliari 1872, pp. 48-49.
[4] E. PAIS, Il
ripostiglio di bronzi di Abini presso Teti, in «Bullettino Archeologico
Sardo», s. II, I (1884), p. 149, n. 166 (figg. pp. 130, 149).
[5] Ivi, p. 130.
[6]
G. PERROT, CH. CHIPIEZ, Histoire de l’art dans l’antiquité. IV.
Judée, Sardaigne, Syrie, Cappadoce, Paris 1887, p. 99, n. 3, fig. 97.
[7]
AE. HÜBNER, Ephemeris Epigraphica, VIII,
Berolini 1899, pp. 163-164, nr. 298.
[8] Ivi, p. 164, nr. 299.
[9] W. FREIHERR
VON LANDAU, Neue phönicische und iberische Inschriften aus
Sardinien, in «Mitteilungen der Vor-derasiatischen Gesellschaft», III (1900), p.
105, taf. III, 4. L’autore riconosceva, a torto, un secondo testo iberico nella
III linea di una epigrafe punica del tofet di Nora. A. GARCIA Y BELLIDO, Los
Iberos en Cerdeña, segun los textos clásicos y la arqueología, in «Emerita»,
III (1935), pp. 234-235, ritenne, invece, ascrivibile al se-gnario iberico
levantino l’iscrizione norense.
[10] L. CECI, Per la storia della
civiltà italica. Discorso inaugurale dell’anno accademico 1900-1901
nella R. Università di Roma, Roma 1901, p. 51, n. 24.
[11] E. PAIS, Sulla
civiltà dei nuraghi e sullo sviluppo sociologico della Sardegna, in «Archivio
Storico Sardo», VI (1910), pp. 126-127.
[12]L. CECI, in G.F. GAMURRINI, Stele
con iscrizione latina arcaica scoperta nel Foro romano, in «Notizie
degli Scavi di Antichità», s. 5, VII (1899), pp. 23-72; L. CECI, L’iscrizione
antichissima del Foro e la storia di Roma, in «Rivista d’Italia», II
(1899), pp. 432-453; L. CECI, Il cippo antichissimo del Foro, in «Rivista
d’Italia», II (1899), pp. 500-521.
[13] T. DE MAURO, in Dizionario
Biografico degli Italiani, XXIII, 1979, s.v. Ceci, Luigi.
[14] A.S.
MURRAY, Excavations at Encomi, in ID., A.H.
SMITH, H.B. WALTERS, Excavations in Cyprus, London 1900,
p. 15.
[15] R. PARIBENI, Lavori eseguiti dalla Missione
archeologica italiana nel palazzo e nella necropoli di Haghia Triada dal 23
febbraio al 15 luglio 1903, in «Rendiconti della R. Accademia dei
Lincei», Cl. di Sc. Morali, s. 5, XII (1903), pp. 317-318.
[16] L. PIGORINI, Pani
di rame provenienti dall’Egeo scoperti a Serra Ilixi in provincia di Cagliari, in
«Bullettino di Paletnologia italiana», XXX (1904), pp. 91-107.