Le ipotesi suggestive
pubblicate dall’Università di Cambridge e quasi ignorate in
Sardegna dall’Archeologia accademica.
di Giovanni Usai
Le enigmatiche incisioni che vengono
illustrate in questo scritto non rappresentano un dato archeologico inedito.
Già più di vent’anni fa Massimo Pittau, nel libro La Sardegna Nuragica segnalò
le incisioni presenti nello stipite del corridoio d’ingresso del nuraghe
Succuronis di Macomer. Il Pittau considerò le incisioni del Succuronis come
un’iscrizione senza avanzare nessuna proposta di decifrazione del documento.
Più recentemente Isabella Paschina
(2000), ha segnalato che incisioni simili a quelle del Succuronis sono presenti
anche nei nuraghi Cuccuru Ladu, Suppiu, Ferulaghe, ‘e Mesu, Traina e nella
tomba di Giganti Sas Giagas di Macomer e nel nuraghe Fiorosu di Sindia. Per
questa studiosa le incisioni risalirebbero all’età nuragica.
Nuraghe Cuccuru Ladu, Macomer (NU)
Nuraghe Succoronis Macomer (NU)
Nuraghe Urassala, Scano Montiferro
(NU)
Del mio interesse verso le
enigmatiche incisioni sono “colpevoli” Pietro Ghiani e Franco Muroni che,
mentre mi accompagnavano alla volta dei nuraghi del Marghine-Planargia (di cui
stavo studiando l’orientamento, vedi Zedda 2004), mi hanno fatto toccare con
mano l’entità di un fenomeno di “arte rupestre” che investiva i nuraghi attorno
a Macomer. In quei sopraluoghi, oltre a farmi osservare le incisioni edite
dalla Paschina, mi mostravano quelle presenti nei nuraghi Funtana Ide, Mura ‘e
Bara, Tossilo, Tamuli di Macomer, del nuraghe Serras di Sindia, dei nuraghi
Urassala, Nurtaddu, Badde Ona, Nuraccale di Scano Montiferro da loro scoperte
(2002).
Da quel momento ho cercato di capire
se quel fenomeno fosse circoscritto ai territori attorno a Macomer o se
coinvolgeva anche altre aree.
Personalmente ho avuto modo di notare
quelle presenti nel nuraghe Meringianu di Uras.
A queste si sono aggiunte quelle
presenti nei nuraghi Lugherras e Santa Cristina di Paulilatino segnalate da
Giovanna Mura.
Interessantissime quelle rupestri di
Sa Perda Scritta a Perdaxius segnalate da Nicola Dessi e quelle di Cuccuru
Corongiu a Genoni notate dal geologo Marco Mura.
A questa tipologia di incisioni si
riconducono anche quelle di Funtana ‘e Amenta a Bonarcado, pubblicate da
Giacobbe Manca (2001). Questo studioso le riferì (basandosi sul tipo di
lavorazione della pietra) ad un orizzonte Neolitico o Calcolitico (Manca 2001)
senza istituire nessuna associazione con quelle segnalate dal Pittau e dalla
Paschina.
Per quanto riguarda
l’interpretazione, Giacobbe Manca (2002) ipotizzò che le incisioni di Funtana
‘e Amenta rappresentassero delle vulve. Nella sua interpretazione ebbe una
parte importante il fatto che la roccia su cui sono state incise si trova nei
pressi di una sorgente.
Quelle presenti in un masso vicino al
nuraghe Tamuli di Macomer, sono state interpretate da Gigi Sanna e Gianni
Atzori come un’iscrizione (Sanna e Atzori 1999).
Sono rappresentazioni di vulve o
iscrizioni? O altro? Non è questa la sede per entrare nel merito (ma escluderei
che si tratti di una forma di scrittura), in quanto l’obiettivo di questo
scritto non è quello di tentare sviscerare il significato che gli attribuiva
chi le realizzò, ma di sollevare l’attenzione su un fenomeno culturale che non
ha ancora ricevuto l’attenzione che merita.
Alle difficoltà estreme che
caratterizzano i percorsi intelletuali tesi a sviscerarne il significato, sono
da aggiungersi pure quelle che incontrano i tentativi mirati a determinarne
un’esatta collocazione culturale.
Attraverso la consultazione di
manuali di arte preistorica, ho rilevato che le incisioni in oggetto hanno una
fattura simile a quelle presenti in Liguria presso il riparo Mochi ai Balzi
Rossi (Graziosi 1973, fig. 88), che Paolo Graziosi riferisce ad un orizzonte
culturale epipaleolitico. Un dato che ci aiuta a constatare come le culture
umane possono produrre, in modo indipendentemente, dei fenomeni artistici
similari, anche senza alcun nesso spaziale o temporale.
Le caratteristiche dei contesti
geografico-culturali in cui le incisioni “nuragiche” sono state finora
riscontrate si possono suddivvidere in quattro categorie:
a) incisioni
rupestri tipo Funtana ‘e Amenta di Bonarcado, Cuccuru Corongiu di Genoni e Sa Perda
Scritta di Perdaxius;
b) incisioni su
massi inseriti in parti a vista dell’apparecchio costruttivo nuragico, come nel
nuraghi Succuronis di Macomer o nel Lugherras di Paulilatino;
c) incisioni su
massi collocati sulla sommità del nuraghe svettato, come nel nuraghe Serras di
Sindia e nel Meringianu di Uras;
d) incisioni su
massi che si trovano a poca distanza di nuraghi, come nel caso Santa Cristina
di Paulilatino o del Nultaddu di Scano Montiferro.
Nella categoria “a” abbiamo le due
serie incisioni di Funtana ‘e Amenta e sa Perda Scritta che si trovano
rispettivamente nei pressi di una sorgente e di un ruscello. E la serie di
Cuccuru Corongiu realizzata sulla cima di uno sperone roccioso.
Le incisioni di categoria “b” che
(come detto si trovano in conci a vista) potrebbero risalire all’epoca nuragica
o anche a tempi post-nuragici (un post-nuragico che inizia attorno al 1000
a.C., vedi Manca 1995 e Zedda 2004).
Le incisioni di categoria “c”
potrebbero riferirsi a dei tempi post-nuragici se fossero state realizzate
quando il nuraghe era già svettato, oppure a tempi nuragici se fossero state
realizzate durante la costruzione e poi inserite all’interno dell’apparecchio
murario, oppure a tempi prenuragici pensando ad un riutilizzo così come nel
caso delle statue menhir inserite nel nuraghe Orrubiu di Laconi o nelle tombe
di Giganti di Paule Lutturru di Samugheo o Aiodda di Nurallao. La possibilità
che fossero un riutilizzo sembra emergere nel masso con le incisioni presente
nel nuraghe Meringianu di Uras, dove accanto ad esso, giacciono,
inequivovabilmente riutilizzati, gli spezzoni di menhir neolitici.
Infine, per le incisioni di categoria
“d” valgono le stesse considerazioni fatte per le incisioni di categoria “c”.
L’interpretazione cronologica, cioè la
collocazione culturale delle incisioni è tutt’altro che semplice,
tenute in conto tutte queste
caratteristiche ritengo che la particolare collocazione delle incisioni di
caregoria “b” faccia escludere che si tratti di incisioni prenuragiche. Ritengo
infatti impossibile che la particolare posizione delle incisioni collocate
negli stipiti dei corridoi d’ingresso dei nuraghi possa essersi generata con la
mirata collocazione di massi incisi in epoca neolitica o calcolitica.
Siamo dunque in presenza di incisioni
che devono essere collocate in un orizzonte culturale nuragico o post-nuragico.
Se fossero nuragiche si dovrebbe
pensare che in non pochi casi dei massi incisi venissero inseriti entro la
massa muraria per motivi magico religiosi in riferimento a dei rituali di tipo
fondativo. Mentre delle altre venivano inserite in punti visibili e soprattutto
negli stipiti d’ingresso.
Ovviamente, se le incisioni di
categoria “c” fossero state realizzate su nuraghi gia svettati bisognerebbe
attribuire l’insieme delle incisioni ad un orizzonte post-nuragico (esempio: la pietra incisa riportata da Danilo Scintu a pag 233 del suo libro: "Le Torri del Cielo" senza una chiara appartenenza).
Come anzidetto la questione oggetto
di questo scritto non ha ancora avuto il rilievo che merita. Credo che di
incisioni ne esistano molte, molte di più di quelle finora note, il problema
sta nel fatto che l’archeologia non le abbia ancora prese in seria
considerazione.
Ora, per poter capire meglio, è
indispensabile ampliare il corpus documentale, per questo chiunque ne conosca
qualcuna è pregato di renderle note.
(Pubblicato su Almanacco Gallurese
2004 – Diritti riservati)