I NURAGICI: UN POPOLO “STRANISSIMO”
Ritengo che sia un fatto del tutto incontestabile:
la raffigurazione che del popolo dei Nuragici hanno cominciato a dare alcuni
archeologi una ottantina di anni fa, sia quella di un popolo molto “strano”, un
popolo del tutto “particolare”, che agiva in maniera molto difforme da quella
di tutti gli altri popoli, precedenti contemporanei e seguenti, un popolo che
agiva in maniera “incomprensibile” e addirittura “irrazionale”. Si faccia
attenzione ai seguenti modi di fare e di agire che gli accennati archeologi
hanno attribuito ai Nuragici.
Secondo gli accennati archeologi i Nuragici
avrebbero costruito in Sardegna, coi nuraghi, il numero quasi incredibile di 7
mila “fortezze”. Gli archeologi però trascuravano del tutto la circostanza che
nella immensa maggioranza di ciascuna di quelle “fortezze” poteva rifugiarsi
una guarnigione di un ventina di guerrieri appena, i quali però lasciavano
fuori, in piena balia dei nemici assalitori, le mogli, i figli e i vecchi e inoltre
i loro armenti di bovini e greggi di ovini. E lasciando la piena disposizione
di questo bestiame ai nemici, questi avrebbero potuto sostenere molto a lungo
l’assedio del nuraghe da loro assalito e circondato.
Ancora gli accennati archeologi “militaristi” trascuravano
di considerare che, con la semplice accensione di un grande fuoco all’ingresso
del nuraghe, gli assalitori o avrebbero facilmente imposto la resa ai difensori
ovvero li avrebbero uccisi asfissiandoli. Oppure agli assalitori sarebbe stato molto
facile otturare completamente l’ingresso del nuraghe con un lancio di sassi
effettuato a distanza e in maniera e in quantità sufficienti, con materiale litico
che dovunque in Sardegna è a facile disposizione di tutti. E in questa ipotesi
i Nuragici rifugiatisi dentro il nuraghe, in realtà vi avrebbero trovato non il
rifugio della loro difesa e salvezza, bensì la loro prigione, anzi la loro
tomba finale.
Tutto ciò sarebbe avvenuto non soltanto rispetto alla
immensa maggioranza dei nuraghi semplici, ma anche rispetto ai nuraghi
complessi, sia pure con un certo prolungamento dei tempi per gli assalitori.
Supposto infatti che, ad esempio, nelle supposte grandiose ”fortezze” o
“castelli” del Nuraxi di Barumini, di Losa di Abbasanta e di Santu Antine di Torralba si fossero
rifugiati 200 guerrieri nuragici, certamente l’assedio sarebbe durato per un
tempo più lungo. Ma nel frattempo come avrebbero essi potuto difendere i loro vecchi,
donne e bambini e il loro bestiame?
Ancora gli archeologi militaristi hanno trascurato
di affrontare questo problema cruciale: i 7 mila nuraghi-fortezze in vista di
quale difesa sarebbero stati costruiti? Forse in difesa dai nemici esterni, che
venivano dal mare? Ma in questa ipotesi i nuraghi sarebbero stati costruiti in
larga prevalenza sulle rive del mare. E invece è facilmente costatabile che i
nuraghi sono molto più numerosi all’interno dell’Isola, mentre sono piuttosto
rari nelle sue coste.
E allora non resta che optare per l’ipotesi che i
nuraghi-fortezze fossero stati costruiti in vista delle guerricciole che le
varie tribù nuragiche si facevano tra di loro. Ma anche in questa ipotesi e
prospettiva la somma globale di 7 mila nuraghi-fortezze è pur sempre eccessiva
e da un lato non sarebbe possibile intravedere le ragioni e le cause di quelle
guerricciole fra le singole tribù, dall’altro è troppo costoso, anzi incomprensibile
e irrazionale che l’intero popolo nuragico si fosse adattato allo stato di una continua
“guerra di tutti contro tutti”, di un bellum omnium contra omnes.
Uno degli archeologi militaristi ha tentato di
spiegare lo straordinario numero di “nuraghi-fortezze” costruiti dal popolo
nuragico sostenendo che esso aveva «una sorta di vocazione
"religiosa" per la guerra», un «bellicoso [...] animus generale». Insomma – c’è da ritenere
e commentare - i Nuragici facevano molto più spesso e molto più volentieri la
guerra che non l’amore...
Senonché il modo in cui sono andati avanti gli
avvenimenti nella storia della Sardegna purtroppo ha ampiamente dimostrato che
quell’“animus religiosus bellandi” non esisteva affatto nei Nuragici e i loro 7 mila
nuraghi non sono serviti proprio a nulla per impedire od ostacolare, come
fortezze, prima l’arrivo e il dominio nell’Isola dei Cartaginesi e dopo quello dei
Romani.
Si deve precisare che la "strana guerra"
dei Nuragici, ipotizzata dagli autori militaristi, viene da questi descritta di
solito in termini assai generici e inoltre in maniera più implicita che
esplicita; ed è, questa, una circostanza che lascia intendere come anch’essi
per lo meno "sentono" che qualcosa non va nella guerra che, secondo
loro, veniva combattuta nei nuraghi e coi nuraghi. Quando però qualcuno di
questi autori si lancia a descrivere la "guerra nuragica" in termini
più precisi e, vorremmo dire, tecnici, allora non si può negare che trionfi
incontrastato il ridicolo. In linea generale si deve affermare che la lunga
serie di errori commessi da qualche archeologo-stratega consiste nella
estrapolazione di tecniche militari moderne e modernissime su quelle che si
possono verosimilmente ipotizzare per la civiltà e l’epoca dei Nuragici.
Non occorre molto acume né profonda conoscenza delle
cose militari per notare quanto sia anacronistico – e pure umoristico - l’uso
di parole e di espressioni tipiche dell’arte militare dei tempi moderni e
contemporanei, che sono state riferite ai tempi della civiltà nuragica e con particolare
riferimento al Nuraxi di Barumini:
«proiettili, proiettili di grosso calibro, missili,
missili incendiari, munizioni, batterie, batterie d’assedio, batterie di
fortini, tecnica della batteria, bocche d’arco, bocche di lancio, bocche da
tiro, cortine, cortine frontali, tiro incrociato delle feritoie, piazzola di
tiro, centrale di comando delle operazioni di tiro, centrale di tiro e di
comando»...
Di fronte a questo sfoggio
di aggiornata terminologia militare modernissima, verrà spontaneo al lettore di
chiedere se i «proiettili» che adoperavano i Nuragici erano a testata nucleare
oppure all'uranio impoverito...
La tesi della destinazione militare dei nuraghi
mostra di tentennare fortemente e di cadere proprio in pieno ridicolo con la
questione di quelli che vengono chiamati «nuraghi a corridoio» o «nuraghi a
galleria». Questi, pur avendo in genere la forma esterna uguale a quella dei
nuraghi normali, all’interno sono privi della classica cupola ad ogiva e il
loro spazio interno è costituito da uno stretto corridoio, al lato del quale si
aprono dei piccoli vani, l’uno e gli altri coperti in genere da lastroni di
pietra orizzontali.
Gli archeologi militaristi attribuiscono a questi
«nuraghi a corridoio» due differenti funzioni militari: da una parte avrebbero
costituito un nascondiglio sicuro per i difensori che vi si fossero rifugiati,
conoscendone a perfezione la pianta inusitata, dall’altra avrebbero costituito
altrettante "trappole" per gli assalitori, i quali avrebbero potuto
essere facilmente colpiti, nel buio o nella penombra generale, dai difensori
appostati nei diversi vani. Ecco come sull’argomento si è espresso uno degli
archeologi militaristi:
«Il nemico veniva attratto nella profondità di
questi lunghi e lunghissimi corridoi, tenuti volutamente in uno stato di
semioscurità, e, una volta addentratosi nel tranello di quegli angusti
passaggi, veniva repentinamente assalito dai gruppi di armati annidati nelle
garette dell’andito. L’incauto assalitore era preso in mezzo, aggredito di
fianco e di spalle di garetta in garetta e veniva abbattuto a colpi di pugnale
in una stretta colluttazione. Che se, poi, ad eliminare il pericolo
dell’incursione nemica non fosse bastato il nerbo di uomini di guardia nel
corridoio inferiore, accorrevano in soccorso, per le scale, i soldati di scolta
appostati nel piano superiore o nel terrazzo e annientavano l’ultima disperata
resistenza con lo sterminio totale».
E si tratta di un brano nel
quale è da rimarcare il fatto che nei "nuraghi a corridoio" la difesa
era tanto ben organizzata e ad effetto del tutto sicuro, che assomigliava a una
moderna "catena di montaggio", la quale ti prendeva l’incauto
assalitore vivo e, dopo un più o meno lungo processo di manipolazione, te lo
restituiva morto.
Ma l’archeologo-stratega imperterrito
ha continuato:
«Riconosciamo per lo più in questo tipo di nuraghe
una costruzione di carattere militare, nel quale le cellette e i corridoi servivano
per attrarre il nemico ed abbatterlo nell’angustia e nella semioscurità dei
vani. Sono una sorta di nuraghi-trappole o nuraghi-nascondigli nei quali
l’offesa si affida all’agguato insidioso di piccole unità mobili abituate ai
colpi di mano e alla lotta a corpo a corpo col nemico che attacca di sorpresa
in rapide scorrerie».
Senonché,
a mettersi dal punto di vista dei
difensori, è assurdo pensare che essi sarebbero andati a rifugiarsi e
"nascondersi" dentro un edificio esposto in bella vista ai nemici,
entro il quale la "trappola" sarebbe scattata a danno loro e non
degli assalitori. E pure dal punto di vista degli assalitori è ancora assurdo
pensare che essi si sarebbero avventurati entro i cunicoli bui o semibui dei
«nuraghi a corridoio»; e, dato ma non concesso che potessero commettere questa
imprudenza o ingenuità uno o due assalitori, sicuramente non l’avrebbero
ripetuta tutti gli altri loro compagni. Anzi, nemmeno uno sarebbe entrato, dato
che nel perenne stato di guerra in cui si sarebbero trovate le varie tribù,
ciascuna di esse conosceva alla perfezione le armi di offesa e di difesa
dell’avversario. E anche in questo caso gli assalitori non avrebbero mancato di
accendere un grosso fuoco all'ingresso del nuraghe a corridoio, costringendo i
difensori ad arrendersi oppure asfissiandoli e bruciandoli come altrettanti
topi entro la trappola.
Si
deve osservare un fatto assai curioso: pur appartenendo sia i difensori che gli
assalitori alla medesima ed unica etnia nuragica, nella continua guerra ipotizzata
dagli archeologi militaristi i difensori risultavano essere grandemente
intelligenti, mentre gli assalitori risultavano essere grandemente cretini.
Una recente trovata degli archeologi militaristi
relativa ai nuraghi è che essi sarebbero serviti per il “controllo del
territorio”. Però, siccome la locuzione "controllo del territorio"
implica necessariamente il concetto di "controllo permanente",
facciamo i calcoli di quello che sarebbe stato il numero dei guerrieri preposti
a quel controllo in 7 mila nuraghi: dovendo pensare che in ogni nuraghe ci
fosse una guarnigione minima di almeno 12 guerrieri, con un turno di due ore al
giorno di guardia effettiva per ciascuno, moltiplicando 7.000 per 12, si arriva
alla cifra di 84.000 guerrieri in "servizio permanente" impegnati
giorno e notte al "controllo del territorio". Ma considerato che le
guarnigioni dei nuraghi più grandi e complessi di certo avrebbe superato il
numero di 12 guerrieri, c'è da ritenere che l'esercito dei Nuragici impegnati
nel "controllo permanente del territorio" avrebbe raggiunto e
superato la cifra di 100.000 guerrieri! Che è una cifra enorme, quasi
certamente superiore perfino al numero complessivo degli abitanti della
Sardegna di allora, uomini e donne, vecchi e bambini! Un esercito di tale
portata solamente i più potenti stati odierni, come gli Stati Uniti, la Russia
e la Cina possono avere sotto le armi in maniera continuativa, cioè in
"servizio permanente"!
Più recente è la tesi secondo cui i nuraghi
sarebbero state altrettante “case fortificate”. Senonché è un fatto che i
nuraghi non potevano costituire una dimora permanente per i Nuragici, dato che
dentro di essi non si può dimorare in maniera continuativa. Nella stragrande
maggioranza dei nuraghi infatti mancano lo spazio e i vani per la comune vita
di una famiglia, non vi si può tenere a lungo acceso il fuoco perché manca il
tiraggio e tutto lo spazio si riempie in breve di fumo, ci si trova in una permanente oscurità e,
soprattutto nei mesi freddi, in mezzo al freddo e alla umidità. Ne è prova il
fatto che nessuno dei nuraghi odierni che conservano ancora intatta la cupola
originaria, dico nessuno risulta abitato dai pastori o dai contadini odierni. Costoro
li usano solamente come ripostigli di attrezzi, come pagliai e come stalle
temporanee per le bestie.
Oltre a ciò non si vede quale mai ragioni potessero
esistere per preferire queste assai dispendiose e grandemente scomode
abitazioni alle semplice ma funzionali capanne o pinnettas nelle quali hanno di certo
vissuto a lungo i Nuragici, come hanno vissuto per secoli i pastori e i
contadini sardi.
Non è pensabile che i nuraghi fossero “case
fortificate”, in cui la difesa delle persone fosse assicurata del tutto, mentre
erano anch’essi altrettante prigioni e tombe per gli inquilini in caso di invasione
e di assedio da parte di nemici.
E non si può neppure concedere che i grandi nuraghi,
quelli complessi, fossero altrettante dimore per i capitribù, altrettante
“regge” per i loro regoli. Da parte di alcuni sensati studiosi è stato
giustamente detto che quella dei Nuragici era una “società di uguali”, nella
quale i dislivelli politici, sociali ed economici erano assai ridotti. Ragion
per cui non si riuscirebbe a comprendere come e perché i sudditi si prestassero
a costruire le imponenti e dispendiose “regge” per il loro capitribù, mentre
essi si adattassero a vivere nelle modestissime pinnettas.
Neppure il ciclopico Nuraxi di Barumini, prima
interpretato come una imponente “fortezza”, di recente interpretato come una
“Reggia Nuragica”, riesce a far tornare i conti. Perfino nel Nuraxi di Barumini - che è una
collina di grandi massi, ma che offre spazi interni ridottissimi - non esistono
i vani per una famiglia regale e per la sua corte, servitù e guardia del corpo,
non esiste la possibilità di tenere acceso a lungo il fuoco, si vive in mezzo
alla più fitta oscurità e nella cattiva stagione nel freddo e nell’umidità.
Insisto: i sudditi, che vivevano nelle modestissime pinnettas circostanti non si
sarebbero affatto prestati a costruire con mille sforzi e in tanti anni e
decenni di lavoro un edificio così imponente per il loro capitribù. A sforzi e
fatiche e tempi di questo genere i sudditi si sarebbero prestati molto
volentieri soltanto in onore e per devozione alle divinità da loro venerate. In
proposito è illuminante questo caso: la famosissima “Piazza dei Miracoli” di
Pisa, caratterizzata dalla presenza di tre stupendi monumenti architettonici,
Duomo Battistero e Torre, ha accanto a sé modestissimi resti delle abitazioni
di quella che era la pur potente città medioevale. E d’altronde anche in
Sardegna si assiste tuttora allo spettacolo di stupende chiese e chiesette di alcuni
villaggi, circondate però da modestissime abitazioni per i comuni abitanti. In
tutti i luoghi e in tutti i tempi gli uomini hanno sostenuto sforzi e fatiche e
spese enormi per costruire i più grandiosi e più splendidi templi e santuari in
onore delle loro varie divinità.
Il recente ritrovamento delle grandi statue di
guerrieri nuragici di Monti Prama di Cabras ha dato l’occasione ad alcuni archeologi
di continuare ad accrescere il numero delle “stranezze” e delle “irrazionalità”
che sarebbero state proprie del popolo dei Nuragici.
Si è cominciato con l’affermare che quelle statue
erano di “Guerrieri-pugilatori”, facendo con ciò intendere una cosa mai vista
nella storia e presso nessun altro popolo: che i guerrieri nuragici facessero
la guerra non con le armi, bensì coi “guantoni da pugili”. (In realtà nelle
statue sono raffigurati non “guantoni da pugili”, bensì “guanti-else” per la
protezione della mano destra che impugnava la spada e “guanti-bracciali” per la
protezione del polso sinistro rispetto allo scoccare violento delle frecce
tirate con l’arco).
Inoltre i “guerrieri-pugilatori”, oltre i guantoni
da pugile, impugnavano uno scudo, col quale difendevano il loro capo dai colpi
ricevuti dagli avversari. Dunque: tutti i pugili odierni danno pugni
all’avversario col movimento orizzontale delle braccia tentando di colpirlo sul
viso, mentre – nella interpretazione dei moderni esegeti – i guerrieri-pugilatori
davano colpi sulla sommità del capo dell’avversario con un movimento verticale
delle braccia, dall’alto al basso; e appunto per questo difendevano il loro
capo con lo scudo... E in questa prospettiva è stata effettuata una
ricostruzione della statua di un “guerriero-pugilatore” che costituisce un portento
di “falso macroscopico e insieme ridevole”: con una apposita struttura
metallica e con una striscia semicircolare di cemento è stato costruito appunto
lo scudo convesso sistemato sul capo del guerriero-pugilatore, ma trascurando
il fatto certo che non esiste alcun tipo di pietra che consentirebbe quell’oggetto
curvo e sospeso, tanto meno la friabile roccia arenaria di cui sono fatte tutte
le statue ritrovate... In effetti una tale ricostruzione sarebbe stata di gran
lunga più credibile se si fosse detto che i guerrieri-pugilatori si mettevano
lo scudo sulla testa per ripararsi dalla pioggia...
Questi guerrieri-pugilatori poi non avevano
scudi solidi e rigidi, come quelli adoperati da tutti i popoli, ma avevano scudi
flessibili e pieghevoli e li agitavano e piegavano sulla testa come se fossero
stati di feltro o di panno, con quali capacità difensive è facile immaginarsi.
(In realtà il personaggio rappresentato da un bronzetto nuragico rinvenuto a
Dorgali (NU), richiamato per confronto, agita sulla testa non uno scudo flessibile,
bensì un panno bordato mostrando di coprirsi il capo per deferenza alla
divinità oppure di portarlo in dono ad essa).
Lo ripeto, nessuno lo può contestare: secondo la
raffigurazione che ne hanno dato alcuni archeologi, da 80 anni in qua fino al
presente, i Nuragici erano un popolo caratterizzato da alcune “particolarità”
tipiche, da “stranezze” uniche, da atti di comportamento “incomprensibili”, da
alcune forti ed evidenti “irrazionalità”, che non si ritrovano in nessun altro
popolo antico. Ma siccome queste “particolarità”, “stranezze”, “incomprensioni”
ed “irrazionalità” erano del tutto antifunzionali e soprattutto assai scomode e
pericolose, non resta altra soluzione che ritenere che quello dei Nuragici fosse
un popolo di sottosviluppati mentali, un vero e proprio “popolo di imbecilli”.
Però per fortuna da questa disastrosa prospettiva
storiografica noi Sardi odierni, legittimi eredi degli antichi Nuragici, ci possiamo
liberare rovesciando del tutto i termini della questione e precisamente
riversando le accennate valutazioni negative sui passati e recenti esegeti
della civiltà nuragica!
Massimo Pittau