L’uomo di ghiaccio
visse tra il 3350 e il 3100 a.C., quando i megaliti di Stonehenge in
Inghilterra non erano ancora stati eretti e circa 600 anni prima che sorgessero
le piramidi di Giza, in Egitto. In Europa
stava iniziando l’Età del Rame e il continente era ancora
scarsamente popolato: una distesa infinita di boschi e di paludi, in cui
scarsissimi insediamenti umani erano collegati da sentieri immersi nella natura
selvaggia. L'uomo di allora viveva soprattutto d’agricoltura e di pastorizia,
in villaggi di non più di 30-60 persone.
Lo stato dell’Europa
era quello di una civiltà avanzata, con scarsa densità abitativa e nessuna
città .
19 Settembre 1991: la
Scoperta!
Erika e Helmut Simon, di Norimberga, scendendo dalla cima
del Similaun, fecero un raccapricciante ritrovamento: un cadavere riverso nel
ghiaccio in scioglimento. Comunicarono la scoperta al Rifugio Similaun: fu
lanciato l’allarme alla gendarmeria austriaca ed al soccorso alpino. I primi tentativi
di recupero fallirono, perché il corpo era incluso nel ghiaccio. Uscirono i primi trafiletti sui
giornali. Il quarto giorno, finalmente, con l'assistenza di un medico legale,
si riuscì ad estrarre la salma e a trasportarla in elicottero dapprima a valle,
poi all'Istituto Medico Legale di Innsbruck. Fino a quel momento, non fu
consultato alcun archeologo.
Perché Ötzi?
La mummia (perché di questo si trattava: un uomo mummificato e conservato dal ghiaccio) era stata rinvenuta nelle Alpi dell’Ötztal, o Alpi Venoste, a 3210 metri, in una stretta conca rocciosa di 2-3 metri di profondità. Si trovava nei pressi del confine italo-austriaco ed inizialmente si pensò che il luogo del ritrovamento fosse in territorio austriaco. Ben presto, però, sorsero i primi dubbi, se non altro perché nel 1922, quando fu tracciato il confine tra i due Paesi, tutta la zona era coperta da una corazza di ghiaccio di almeno 20 metri. Il verdetto dei rilievi topografici fu sorprendente: Ötzi “apparteneva” all’Alto Adige Italiano, anche se ormai era stato adottato dalle autorità austriache, che lo avevano prontamente ribattezzato Ötzi (in realtà il soprannome è dovuto a Karl Wendel, giornalista viennese, nel tentativo di rendere più simpatico e popolare la mummia). Era ormai tardi: non si poteva più chiamarlo Venosto, come forse sarebbe stato più corretto.
La mummia (perché di questo si trattava: un uomo mummificato e conservato dal ghiaccio) era stata rinvenuta nelle Alpi dell’Ötztal, o Alpi Venoste, a 3210 metri, in una stretta conca rocciosa di 2-3 metri di profondità. Si trovava nei pressi del confine italo-austriaco ed inizialmente si pensò che il luogo del ritrovamento fosse in territorio austriaco. Ben presto, però, sorsero i primi dubbi, se non altro perché nel 1922, quando fu tracciato il confine tra i due Paesi, tutta la zona era coperta da una corazza di ghiaccio di almeno 20 metri. Il verdetto dei rilievi topografici fu sorprendente: Ötzi “apparteneva” all’Alto Adige Italiano, anche se ormai era stato adottato dalle autorità austriache, che lo avevano prontamente ribattezzato Ötzi (in realtà il soprannome è dovuto a Karl Wendel, giornalista viennese, nel tentativo di rendere più simpatico e popolare la mummia). Era ormai tardi: non si poteva più chiamarlo Venosto, come forse sarebbe stato più corretto.
Si comprende che è Archeologia.
Cinque giorni dopo il rinvenimento della mummia fu convocato un archeologo, il Prof. Konrad Spindler di Innsbruck: si seppe così che la salma aveva almeno 4000 anni. La notizia sensazionale riecheggiò in tutto il mondo, Ötzi apparve sulle copertine di giornali e riviste. Prima dell'arrivo dell’inverno ci si affrettò a recuperare altri oggetti dal sito archeologico. Solo l'estate successiva si poté proseguire con una ricerca approfondita che, con l’aiuto di strumenti di ricerca adatti permise di acquisire gli altri reperti di eccezionale valore. (in seguito, le analisi con C14 permetteranno una più precisa datazione: tra 3350 a.C. e 3100 a.C.: pertanto l’uomo del ghiaccio è risale a più di 5.000 anni fa).
Come mai una mummia intatta?
Grazie ad una serie di rare coincidenze: Ötzi morì proprio lì, ad alta quota, nella regione dei ghiacciai e il suo corpo giacque in una conca rocciosa che lo protesse dai fattori atmosferici e dalla fusione del ghiaccio. Iniziò il processo di mummificazione. Il suo corpo fu probabilmente subito ricoperto di neve e si conservò benissimo, surgelato naturalmente. Con il passare dei secoli il ghiacciaio soprastante scivolò sopra di lui, ma non gli arrecò alcun danno, poiché la conca nella quale giaceva era posta trasversalmente alla direzione di scivolamento del ghiaccio e quindi dalla sua potente attività abrasiva.
Cinque giorni dopo il rinvenimento della mummia fu convocato un archeologo, il Prof. Konrad Spindler di Innsbruck: si seppe così che la salma aveva almeno 4000 anni. La notizia sensazionale riecheggiò in tutto il mondo, Ötzi apparve sulle copertine di giornali e riviste. Prima dell'arrivo dell’inverno ci si affrettò a recuperare altri oggetti dal sito archeologico. Solo l'estate successiva si poté proseguire con una ricerca approfondita che, con l’aiuto di strumenti di ricerca adatti permise di acquisire gli altri reperti di eccezionale valore. (in seguito, le analisi con C14 permetteranno una più precisa datazione: tra 3350 a.C. e 3100 a.C.: pertanto l’uomo del ghiaccio è risale a più di 5.000 anni fa).
Come mai una mummia intatta?
Grazie ad una serie di rare coincidenze: Ötzi morì proprio lì, ad alta quota, nella regione dei ghiacciai e il suo corpo giacque in una conca rocciosa che lo protesse dai fattori atmosferici e dalla fusione del ghiaccio. Iniziò il processo di mummificazione. Il suo corpo fu probabilmente subito ricoperto di neve e si conservò benissimo, surgelato naturalmente. Con il passare dei secoli il ghiacciaio soprastante scivolò sopra di lui, ma non gli arrecò alcun danno, poiché la conca nella quale giaceva era posta trasversalmente alla direzione di scivolamento del ghiaccio e quindi dalla sua potente attività abrasiva.
Un ‘anziano’.
Certamente Ötzi era uno dei membri più anziani del suo
villaggio. Ce lo ha rivelato un campione del suo femore. La struttura delle
nostre ossa infatti si modifica con l’età e mostra segni di usura coerenti con
il tempo trascorso. Le ossa di Ötzi ci dicono che aveva circa 45 anni, un’età davvero avanzata per quei tempi.
L’aspetto.
Era un Homo Sapiens Sapiens, come noi. Aveva occhi marroni,
capelli scuri sciolti sulle spalle, era magro, robusto, alto mt 1.65 e pesava
circa 50 kg, avrebbe calzato un 38 di scarpe. Un uomo che oggi definiremmo
piccolo ed insignificante, ma per l’età del rame perfettamente nella media.
Dopo la mummificazione il peso si è ridotto a 13 kg e la statura a 1,54 m. Un
‘segno particolare’ erano gli incisivi superiori, molto distanziati tra loro.
Presentava tutte le caratteristiche legate alla transizione
all’agricoltura dalla caccia: bassa statura, carie, deformità, sedentarietà,
maggiore diffusione di parassiti, batteri e virus che richiesero molte
generazioni per generare una risposta adattiva.[1]
Importanza del ritrovamento: una finestra con vista sul
Neolitico.
L'unicità del ritrovamento di Ötzi sta nel fatto che il
corpo è rimasto intatto subito dopo la morte ed il processo di mummificazione è
di tipo umido: le risultanti perfette condizioni di conservazione dei tessuti
corporei e delle suppellettili ne permettono studi unici ed esclusivi,
impossibili fino ad allora. Questo genere di mummie è rarissimo, e di
grandissimo valore: pelle, capelli, occhi, fibre vegetali ed animali, materiali
d’uso quotidiano, organi interni e persino il contenuto dello stomaco sono
rimasti intatti.
La dieta di Ötzi.
Poco prima di morire, Ötzi aveva mangiato tre pasti a base
di cereali (orzo e farro), carne di stambecco e cervo (avariata, con vermi),
radici, frutta e semi. Nel suo intestino sono stati ritrovati anche dei
piccolissimi frammenti di carbone, segno di cottura a contatto diretto col
fuoco. I cereali erano un alimento base nella dieta di allora, completata da
vegetali come il prugnolo, le mele selvatiche, i funghi, le bacche e i legumi.
Diversi oggetti ritrovati presso la mummia, come tendini, pelli, corna e ossa
ci testimoniano anche l’attività di caccia e d’allevamento del bestiame.
Tutto il cibo di Ötzi conteneva sporangi (le capsule che
contengono le spore) di felci. Prima di morire, forse bevve un estratto di
felce, o forse utilizzò queste fronde come colino per filtrare il latte o
un’altra bevanda. Il latte è poco probabile, vista la sua intolleranza al
lattosio. Le quote di grasso che sono state rinvenute nel contenuto gastrico
potrebbero forse derivare da un formaggio fermentato, che non contiene
lattosio.
Lo stato di salute.
Quando morì, Ötzi non era in buona salute: le articolazioni mostrano segni d’usura, i suoi
vasi sanguigni erano calcificati, i denti consumati e l'intestino infestato da
tricocefali (un verme parassita dell’uomo: fino al 1880 era presente in tutti i
reperti autoptici del sud dell’Italia). Un’unghia delle dita rinvenuta negli
scavi successivi dimostra che soffriva di una patologia cronica e i profondi
solchi trasversali indicano inoltre che il suo sistema immunitario era stato
esposto a forti stati di stress circa 8, 13 e 16 settimane prima di morire. Si
è anche potuto dimostrare che aveva subito un episodio di frattura multipla
delle coste, peraltro perfettamente sanata (quindi era trascorso più di un
mese), ed una rottura del setto nasale. L’usura dei denti lascia comprendere
che era un agricoltore allevatore e non un cacciatore (i
cacciatori-raccoglitori sono virtualmente liberi da carie per via del ridotto
consumo di carboidrati, che sono zuccheri). Inoltre aveva l’intolleranza al lattosio, una predisposizione alle
cardiopatie, arteriosclerosi e borreliosi (malattia di Lyme, trasmessa dalla
puntura di zecche infette) e i suoi polmoni erano anneriti dal fumo della
fonderia della Val Venosta in cui aveva lavorato.
Aveva calcoli biliari. 5.000 anni fa, nonostante si vivesse in una società
contadina, l'intolleranza al lattosio era ancora molto diffusa: è una
particolarità che appartiene alla normalità dell’Homo Sapiens. Finita la
lattazione, insorgeva l’intolleranza, geneticamente determinata. Con il diffondersi dell’allevamento
degli animali, comparve una mutazione, per cui Sapiens sviluppò la capacità di
digerire il latte anche in età adulta. L’intolleranza non è una malattia, è la
normalità originale.
Tatuaggi contro il
dolore.
Su tutto il corpo Ötzi ha 57 tatuaggi, realizzati con
sottili incisioni lineari (non, come quelli d’oggi, con aghi). Questi segni si
trovano in corrispondenza delle articolazioni più usurate, che probabilmente
causavano ad Ötzi forti dolori: nella zona lombare, al ginocchio destro, ai
polpacci e alle articolazioni del piede. I tatuaggi servivano a recidere
piccoli fasci di fibre nervose, e questo portava ad un’attenuazione del dolore,
in aggiunta – probabilmente – all’effetto placebo portato dall’elemento magico
religioso. Essi erano quindi presumibilmente una terapia antidolorifica e non
un ornamento per il corpo.
I denti: un certificato di residenza.
Ciascuno di noi, fin dalla prima infanzia, accumula nel proprio smalto dentario isotopi vari: di stronzio, piombo ed ossigeno. Confrontando la loro concentrazione con quella di campioni di suolo ed acqua di varie località, si può risalire con una certa precisione al luogo in cui una persona è prevalentemente vissuta. E per Ötzi questo luogo è l'Alto Adige. Egli trascorse la sua prima infanzia in Val d’Isarco e solo più tardi si spostò in Val Venosta (un buon motivo per chiamarlo Isarco, se non vi piace Venosto). La sua dentatura rivela una carie incipiente, una paradontosi e superfici di masticazione molto usurate dalle impurità presenti nei cereali macinati con la pietra. L’intensa usura degli incisivi dimostra l’abitudine di usare i suoi denti come utensili.
Ciascuno di noi, fin dalla prima infanzia, accumula nel proprio smalto dentario isotopi vari: di stronzio, piombo ed ossigeno. Confrontando la loro concentrazione con quella di campioni di suolo ed acqua di varie località, si può risalire con una certa precisione al luogo in cui una persona è prevalentemente vissuta. E per Ötzi questo luogo è l'Alto Adige. Egli trascorse la sua prima infanzia in Val d’Isarco e solo più tardi si spostò in Val Venosta (un buon motivo per chiamarlo Isarco, se non vi piace Venosto). La sua dentatura rivela una carie incipiente, una paradontosi e superfici di masticazione molto usurate dalle impurità presenti nei cereali macinati con la pietra. L’intensa usura degli incisivi dimostra l’abitudine di usare i suoi denti come utensili.
Il “Cold Case” di Ötzi : fu un assassinio?
Ötzi morì per le conseguenze di una ferita causata da una freccia, ma la punta di freccia in selce non fu trovata fino al 2001, quando divenne visibile grazie ai nuovi esami radiografici. La freccia, scoccata alle sue spalle da una distanza notevole, gli trapassò la scapola sinistra, ledendo una importante arteria. L’emorragia fu massiccia e causò, in poco tempo, la morte. Inoltre, l’Uomo venuto dal ghiaccio ha una ferita alla tempia e un trauma cerebrale. Non è chiaro se fu il tiro di freccia a farlo cadere a terra, o se fu spinto da qualcuno.
Ötzi morì per le conseguenze di una ferita causata da una freccia, ma la punta di freccia in selce non fu trovata fino al 2001, quando divenne visibile grazie ai nuovi esami radiografici. La freccia, scoccata alle sue spalle da una distanza notevole, gli trapassò la scapola sinistra, ledendo una importante arteria. L’emorragia fu massiccia e causò, in poco tempo, la morte. Inoltre, l’Uomo venuto dal ghiaccio ha una ferita alla tempia e un trauma cerebrale. Non è chiaro se fu il tiro di freccia a farlo cadere a terra, o se fu spinto da qualcuno.
Ötzi stava fuggendo, morì rapidamente.
Lo si può dedurre dall’attrezzatura che aveva con sé, ancora
incompleta: prima di partire aveva cercato di costruirsi in fretta e furia
ancora un arco e qualche freccia. La profonda ferita da taglio alla mano destra
dimostra che ebbe probabilmente uno scontro ravvicinato, poco prima di morire.
Tutte le ipotesi sono buone. Sono state trovate tracce di sangue di altre
quattro persone sul suo corpo. Era in corso
una guerra tra tribù? Un conflitto personale? Una rapina? Nulla gli fu
sottratto della sua attrezzatura, nemmeno l’ascia assai preziosa che portava appresso. Stava forse accudendo un
gregge che qualcuno volle rubargli?
Un altro dato interessante è quello della rapidità della
morte. Dato che è ancora presente fibrina (una proteina che coadiuva la
coagulazione e si forma immediatamente dopo la ferita, ma che altrettanto
velocemente scompare), sulla ferita della freccia che l’uccise, non ci fu
neppure il tempo perché la fibrina si rassorbisse: fu una morte rapida.
Era l’inizio dell’estate.
In uno dei suoi due contenitori di corteccia di betulla,
Ötzi trasportava delle foglie di platanaria fresche, che si trovano di solito
tra giugno e settembre, nelle quali aveva avvolto la brace per il fuoco. Il secondo
indizio che suggerisce in che mese morì Ötzi è la carpinella, una pianta che
fiorisce solo fino a giugno inoltrato. Nel suo intestino sono stati ritrovati
dei pollini di carpinella, assunti inconsapevolmente con qualche alimento o
semplicemente inalati con l’aria che respirava. Per questo si può determinare
con una certa sicurezza che quando Ötzi morì era l'inizio dell'estate.
Attrezzatura: capra, cervo, vacca e pecora.
Ötzi era perfettamente abbigliato ed attrezzato per l’alta
montagna. Per proteggersi dal vento e dal freddo indossava un mantello di pelo
con motivi a righe ed un copricapo di pelle. Portava calzoni di pelle di capra
che consentivano una piena libertà di movimento e calzature assai sofisticate:
l'interno era una rete fatta di corda intrecciata ed imbottita di fieno per
riparare dal freddo, mentre l'esterno era in robusta pelle di cervo. Cinghie di
cuoio incrociate fungono da ‘carrarmato’ per la suola. Tutti i vestiti di
grande funzionalità, erano tagliati con estrema precisione e confezionati con
grande cura. Oggi, sarebbero molto costosi.
L'ascia di rame: arma o simbolo di potere.
L’oggetto più prezioso che Ötzi portava con sé è l’ascia di rame, l’unica al mondo risalente al Neolitico giunta perfettamente integra fino a noi. Per il tipo di lama si ritenne inizialmente che l’ascia fungesse da emblema di rango sociale, che fosse un oggetto rappresentativo riservato solo alle classi guerriere o dominanti. Ma le evidenti tracce d’uso e gli esperimenti effettuati con una ricostruzione precisa dell’oggetto hanno dimostrato che una simile ascia poteva certamente servire anche ad abbattere gli alberi. Per l’epoca Neolitica, si trattava di un’arma nuovissima ed uno strumento rivoluzionario.
L’oggetto più prezioso che Ötzi portava con sé è l’ascia di rame, l’unica al mondo risalente al Neolitico giunta perfettamente integra fino a noi. Per il tipo di lama si ritenne inizialmente che l’ascia fungesse da emblema di rango sociale, che fosse un oggetto rappresentativo riservato solo alle classi guerriere o dominanti. Ma le evidenti tracce d’uso e gli esperimenti effettuati con una ricostruzione precisa dell’oggetto hanno dimostrato che una simile ascia poteva certamente servire anche ad abbattere gli alberi. Per l’epoca Neolitica, si trattava di un’arma nuovissima ed uno strumento rivoluzionario.
L'arco, un’arma micidiale, ma incompleta.
L'arco, in legno di tasso e lungo 1,82 m, superava in altezza l’uomo venuto dal ghiaccio di circa 20 cm, ma non era ancora completo: mancano l'impugnatura e le tacche per i tiranti di tendine. Inoltre l’arco doveva ancora essere rifinito (raschiato e lucidato). Come ha dimostrato la copia ricostruita in chirurgia sperimentale, con un arco del genere si può abbattere selvaggina senza problemi da una distanza di 30-50 metri (a 30 metri si riesce perfino a trapassare il corpo di un cervo).
L'arco, in legno di tasso e lungo 1,82 m, superava in altezza l’uomo venuto dal ghiaccio di circa 20 cm, ma non era ancora completo: mancano l'impugnatura e le tacche per i tiranti di tendine. Inoltre l’arco doveva ancora essere rifinito (raschiato e lucidato). Come ha dimostrato la copia ricostruita in chirurgia sperimentale, con un arco del genere si può abbattere selvaggina senza problemi da una distanza di 30-50 metri (a 30 metri si riesce perfino a trapassare il corpo di un cervo).
Perché Ötzi era a 3000 metri?
Già allora, certamente gli uomini si spostavano molto e avevano contatti commerciali anche in posti lontani. Per questo erano abituati a trasferirsi anche in alta montagna, dove andavano alla ricerca di giacimenti di minerali e transumavano d’estate con i loro greggi di capre e pecore. Ancora oggi i contadini della Val Senales portano le loro pecore oltre il confine, sugli alpeggi in quota delle Alpi dell’Ötztal, lungo la stessa via percorsa da Ötzi nel suo ultimo viaggio, presumibilmente da sud a nord. Stava forse cercando di raggiungere un luogo che conosceva bene, o era forse un pastore nomade?
Già allora, certamente gli uomini si spostavano molto e avevano contatti commerciali anche in posti lontani. Per questo erano abituati a trasferirsi anche in alta montagna, dove andavano alla ricerca di giacimenti di minerali e transumavano d’estate con i loro greggi di capre e pecore. Ancora oggi i contadini della Val Senales portano le loro pecore oltre il confine, sugli alpeggi in quota delle Alpi dell’Ötztal, lungo la stessa via percorsa da Ötzi nel suo ultimo viaggio, presumibilmente da sud a nord. Stava forse cercando di raggiungere un luogo che conosceva bene, o era forse un pastore nomade?
Sappiamo che in Val Venosta lavorò presso una fonderia (dal forte contenuto di arsenico e rame nei capelli)[2].
Forse proprio per questo aveva una rarissima ascia in rame.
Dove viveva Ötzi?
Ötzi era ‘italiano’: visse sul versante meridionale delle Alpi, come testimoniano il polline ritrovato, i denti e i pezzetti di legno, ma anche la selce, proveniente dall'area del lago di Garda. Mentre la forma della sua ascia rimanda alla Civiltà Remedello, localizzata nella pianura padana. È probabile che Ötzi fosse un componente della civiltà alpina detta “Tamins-Carasso-Isera 5” insediata in Val Venosta. Purtroppo Ötzi non aveva con sé alcun frammento di ceramica, che renderebbe più agevole una attribuzione geografica precisa. Ogni facies culturale ha infatti un proprio modo di lavorare l’argilla, di decorarla e cuocerla: ma il nostro aveva altri problemi a cui pensare, all’epoca…
Ötzi era ‘italiano’: visse sul versante meridionale delle Alpi, come testimoniano il polline ritrovato, i denti e i pezzetti di legno, ma anche la selce, proveniente dall'area del lago di Garda. Mentre la forma della sua ascia rimanda alla Civiltà Remedello, localizzata nella pianura padana. È probabile che Ötzi fosse un componente della civiltà alpina detta “Tamins-Carasso-Isera 5” insediata in Val Venosta. Purtroppo Ötzi non aveva con sé alcun frammento di ceramica, che renderebbe più agevole una attribuzione geografica precisa. Ogni facies culturale ha infatti un proprio modo di lavorare l’argilla, di decorarla e cuocerla: ma il nostro aveva altri problemi a cui pensare, all’epoca…
Un esperto di legno.
L’attrezzatura di Ötzi era fatta di materiali naturali, come pelle, corda e legno di tipologie diverse, incredibilmente numerose. A quanto sembra, per ogni singolo oggetto veniva utilizzato il materiale più idoneo: tasso privo di resina e compatto per l’arco e il manico dell'ascia, viburno diritto per le aste delle frecce, frassino duro per l'impugnatura del pugnale, nocciolo, molto elastico, per l’intelaiatura curva della gerla. Gli uomini del Neolitico certamente disponevano di vaste conoscenze dettagliate ed approfondite sulla natura, che sono andate perse in seguito con la civiltà moderna.
L’attrezzatura di Ötzi era fatta di materiali naturali, come pelle, corda e legno di tipologie diverse, incredibilmente numerose. A quanto sembra, per ogni singolo oggetto veniva utilizzato il materiale più idoneo: tasso privo di resina e compatto per l’arco e il manico dell'ascia, viburno diritto per le aste delle frecce, frassino duro per l'impugnatura del pugnale, nocciolo, molto elastico, per l’intelaiatura curva della gerla. Gli uomini del Neolitico certamente disponevano di vaste conoscenze dettagliate ed approfondite sulla natura, che sono andate perse in seguito con la civiltà moderna.
Ötzi non era ‘solo’.
Gli esemplari più antichi di ippoboscidi sono stati ritrovati su alcuni campioni di peli prelevati dai reperti recuperati presso Ötzi. Gli ippoboscidi sono ematofagi che colpiscono per lo più selvaggina, ma occasionalmente anche l'uomo. Però, nonostante esami approfonditi, nei capelli di Ötzi non è stato ritrovato alcun tipo di pidocchi. Tra i vestiti invece si erano nascoste due pulci e nelle feci sono state ritrovate uova di tricocefalo.
Gli esemplari più antichi di ippoboscidi sono stati ritrovati su alcuni campioni di peli prelevati dai reperti recuperati presso Ötzi. Gli ippoboscidi sono ematofagi che colpiscono per lo più selvaggina, ma occasionalmente anche l'uomo. Però, nonostante esami approfonditi, nei capelli di Ötzi non è stato ritrovato alcun tipo di pidocchi. Tra i vestiti invece si erano nascoste due pulci e nelle feci sono state ritrovate uova di tricocefalo.
Genetica.
Il sequenziamento del DNA di Ötzi è stato sostenuto da
National Geographic Society (USA), Life Technologies (USA) e Comprehensive
Biomarker (Germania). Lo studio è stato pubblicato sulla rivista specializzata Nature
Communications.
È stato dimostrato che Ötzi appartiene a un aplogruppo Y
molto raro in Europa. Questo permette di trarre due conclusioni: gli antenati
di Ötzi sono emigrati dal vicino Oriente nel Neolitico in seguito alla
diffusione dell’agricoltura e dell’allevamento; il loro DNA si è conservato
fino a oggi in regioni isolate, come Sardegna e Corsica.
Il cromosoma Y di Oetzi porta il marcatore genetico
europeo G2a4. Questo marcatore è diffuso in tutta l'Europa, ma raggiunge la sua
massima frequenza in Corsica e nella Sardegna settentrionale. Ora, è ben noto
da molti altri studi genetici e da dati storici, che la popolazione della
Sardegna settentrionale discende da una recente (circa 3 secoli fa)
colonizzazione di genti provenienti dalla Corsica, e ha mantenuto le sue
caratteristiche fino ad ora. Questo dato è un’ulteriore conferma di ciò. A sua
volta la Corsica, nel corso dei secoli, ha avuto una storia molto diversa dalla
Sardegna, ed ha praticamente perso la sua popolazione originaria, che nella
preistoria doveva essere la stessa della Sardegna. La popolazione della Corsica,
e della Sardegna settentrionale è di origine nord-italiana, e si è formata in
Corsica per immigrazioni successive durante il Medioevo. È un fatto ben
confermato dalla storia, dalla linguistica, dai cognomi e dalla genetica. Ötzi
è quindi un antenato degli Italiani settentrionali (il suo DNA mitocondriale,
pur rappresentando una linea estinta, appartiene comunque ad un tipo frequente
nelle popolazioni del Trentino-Alto Adige) e non ha niente a che vedere con gli
antenati dei Sardi.
Quindi: se vuoi chiamarlo Venosto, sei il benvenuto. Ma non puoi
chiamarlo Iosto e neppure Gavino.
chiamarlo Iosto e neppure Gavino.
Conservazione.
Per sei anni, Ötzi è rimasto affidato alle cure dell'università di Innsbruck, finché nel 1998 fece ritorno là dove era iniziato il suo ultimo viaggio. Da allora il Museo Archeologico dell'Alto Adige è la sua ultima dimora.
Per evitare la decomposizione della mummia e per consentire
ulteriori studi, è stato necessario ricreare artificialmente le condizioni che
hanno regnato sul ghiacciaio per 5000 anni: freddo glaciale ed elevata umidità
dell’aria. È stato sviluppato un sistema di refrigerazione unico al mondo, che
non solo conserva la mummia nelle condizioni ottimali, ma che ne consente anche
l’esposizione al pubblico. Per impedire un’eccessiva perdita d’umidità, il
corpo di Ötzi viene spruzzato d’acqua, in modo che sulla superficie si formi un
sottilissimo strato di ghiaccio.
[1] Cohen, Mark
N, and Gillian M. M. Crane-Kramer. Ancient Health: Skeletal Indicators of
Agricultural and Economic Intensification. Gainesville: University Press
of Florida, 2007