Riporto - dal Blog del Gruppo d'Intervento giuridico Onlus - questo intervento.
Ma ritengo (con tutto il doveroso rispetto per le vite perdute e per i familiari delle vittime) necessario anche corredarlo con mie preventive considerazioni al riguardo. Si fanno, da parte dei mezzi di comunicazioni, molte e confusissime considerazioni collaterali ed inutili (E' stata data in tempo "l'allerta meteo"? Era di proporzioni adeguate? Sta funzionando la Protezione Civile? etc). Sembra quasi che i giornalisti abbiano ricevuto precisi 'ordini di scuderia' per confonderci le idee... (Pensar male è peccato - certo - ma spesso ci s'indovina: e se per caso esistessero interessi economici dietro a tale confusione?)
Il problema.
E' vero che il tempo meteorologico sta cambiando. E' vero che lo Stato Italiano è talvolta poco presente in questa come in altre situazioni che andrebbero invece preventivamente controllate e regolamentate più rigorosamente... Ma non si facciano troppe chiacchiere.
Perché il problema causale, il vero problema iniziale è un altro.
Ed è un solo problema, non tanti, diversi e complessi.
Si chiama: dissesto idrogeologico.
Non è una cosa naturale, che si trova già insita nell'ambiente: è qualche cosa che l'azione dissennata dell'uomo porta nell'ambiente.
La condizione naturale.
La Sardegna era un'isola coperta di un'unica grande foresta. Il suo profilo era dolce e curvilineo, tra le valli e le montagne, fino alle coste. Nel neolitico iniziò l'azione di disboscamento dell'uomo, che proseguì in misura crescente nei secoli, fino ai legnaiuoli piemontesi ed i carbonai toscani con la loro Maremma maiala...
Il taglio indiscriminato e prolungato della foresta primitiva determinò, nel corso dei millenni, un imponente dilavamento di terra, che andò a finire prevalentemente in mare e che ha inoltre determinato la formazione presso le coste di numerose 'zone umide', stagni e paludi, facilitando l'attecchimento della Malaria.
L'impatto sulla popolazione, quindi, sarebbe già imponente così, a ben vedere...
Ma in seguito e fino ad oggi si costruirono strade che tagliavano valli ed impluvi, si permise l'edificazione di costruzioni pubbliche e private che non rispondevano alle regole dettate dalla natura, si eseguirono opere di sbancamento e di cava talvolta molto discutibili, si programmarono dighe poco convincenti, alcune delle quali sono ancora in corso di 'costruzione', dopo ritardi burocratici, ostacoli, interruzioni e riprese dei lavori, in un sistema burocratico che certamente non funziona.
Ma questo, amico mio che mi leggi, non è un problema sardo: è un problema nazionale italiano! E ne abbiamo esempi ovunque, in alcuni casi ripetuti (*): Vajont, Firenze, Sarno, Genova*, Sardegna*, etc etc.
L'informazione, poi, è sempre incompleta e fuorviante: la maggior parte delle persone crede che la diga del Vajont sia crollata: non è vero. La diga del Vajont è ancora lì, il suo progetto era ed è perfetto. Ma non andava costruita lì: perché uno dei monti a cui si appoggia è il monte 'Toc', cioé il 'monte che frana'. Infatti fu una frana che scucchiaiò le migliaia di tonnellate d'acqua fuori dal bacino, uccidendo migliaia di persone.
In tutti questi posti le responsabilità sono locali e sono state individuate con precisione: i canali di deflusso trascurati per decenni, intasati, pieni di alberi e di arbusti, di rifiuti d'ogni tipo di Sarno, avrebbero diminuito certamente le dimensioni di quella terribile onda di fango ed acqua.
Informazione e disinformazione.
Qualcuno, oggi, parla di scarsità di soldi per realizzare la prevenzione: bugia!
Non sono soldi che servono: sono cervelli capaci di programmare correttamente tutto lo sviluppo delle opere edilizie, rispettando l'ambiente per evitare il dissesto ambientale idrogeologico.
I Sardi. Il futuro.
I Sardi. Il futuro.
I Sardi sono forti e nella necessità sanno fare coorte: lo faranno anche questa volta, ne usciranno, malgrado i lutti e le sofferenze grandissime. Ma non facciamone una inutile questione identitaria, perché la morte consiste invece proprio nella perdita di ogni identità...
Traiamone invece la forte motivazione a programmare meglio e davvero il futuro di tutte le nostre comunità.