lunedì 1 luglio 2013

Esopo e la Sardegna

IL PIPISTRELLO (su Tzurrundeddu), IL ROVO (su Rou) E IL GABBIANO (su Caone).



 Molto, molto tempo fa, accadde che un pipistrello, un rovo e un gabbiano si riunirono in Sardegna, per formare una strana società commerciale fondata sulla vendita di stoffe e di rame.

-Il rovo già possedeva una buona quantità di lana, seta e cotone procurate grazie al duro lavoro dei suoi antenati. Egli aveva conservato i suo averi nell'attesa di una buona occasione per poterli rivendere.
-Il pipistrello, essendo il più abile dei tre negli affari, si prodigò per procurare il mezzo di trasporto necessario per l'uso di una buona imbarcazione sulla quale trasportare il materiale fino al continente e ottenere i prezzi migliori. Per riuscirvi, fece parecchi debiti con degli strozzini, che gestivano i traghetti marini, ai quali aveva prenotato una serie di trasporti avanti ed indietro per il mare e a cui infine avrebbe dovuto restituire  una somma enorme.
-Il gabbiano invece aveva adocchiato, da parte sua, un buon quantitativo di rame abbandonato da qualche mercante. Munitosi di pazienza recuperò tutto quel tesoro che sarebbe servito per la loro società.

Giunse infine il gran giorno. I tre avevano caricato ogni cosa sulla nave ed erano ormai pronti per partire. "Speriamo che questa barca sia abbastanza robusta!" Disse il gabbiano preoccupato. "Se il tempo si manterrà calmo andrà tutto benissimo". Rispose il pipistrello.
Finalmente gli amici si imbarcarono e partirono. Ma durante la sera, un terribile temporale fece ribollire le acque del mare le cui onde gigantesche inghiottirono senza pietà la piccola barca. I tre compagni fortunatamente si salvarono perdendo però ogni cosa.
-Da quel giorno il pipistrello incapace di ripagare i debiti, uscì solo di notte per evitare di incontrare gli strozzini che volevano indietro il loro denaro; 
-il gabbiano imparò a rimanere appollaiato sopra scogli marini nella speranza che le acque gli restituissero il suo rame; 
-infine, il rovo aguzzò le sue spine strappando i vestiti dei passanti nell'attesa di ricostruire, con i brandelli procurati, il suo prezioso patrimonio di stoffe ormai perdute.


E’ un’antica favola di Esopo, riadattata alla terribile situazione attuale della Sardegna, che – oltre a soffrire della gravissima Crisi economica Europea – deve oggi anche sottostare alle ingiuste ed esose gabelle da parte dei traghettatori. Esopo non era Sardo, era di origine Frigia e visse in schiavitù a Samo, nel VII secolo a.C. 
E anche se era un tipo sveglio e furbo, non credo prevedesse mai che le sue favole si applicassero un giorno così bene ad un futuro tanto lontano dalla sua vita di schiavo, ma altrettanto ingiusto.

Fonti 

Della sua vita si ha una conoscenza soltanto episodica, basata su pochi riferimenti presenti nell'opera di scrittori di epoca successiva come Aristofane,PlatoneSenofonteErodotoAristotele e Plutarco. Un riferimento alla figura di Esopo si trova anche nella fiaba egizia della schiava Rhodopis, o Rodopi, un antico prototipo di Cenerentola e altri racconti di favole e fiabe. Una fonte decisamente successiva è una Vita di Esopo che raccoglie gran parte dei racconti popolari su Esopo. La Vita circolò nel Medioevo almeno dal XIII secolo; il monaco trecentesco Massimo Planude la trascrisse come prefazione a una raccolta delle favole dello scrittore greco. La mancanza di fonti certe e riferimenti coevi ha portato alcuni studiosi a mettere in dubbio la maggior parte della tradizione sulla vita di Esopo (e persino la sua stessa esistenza).

La tradizione 

Esopo sarebbe stato schiavo di un certo Xanthos (Ξανθος), dell'isola di Samo. Si ritiene che abbia comunque ottenuto la libertà, perché Aristotele, nel secondo volume della Retorica, fa riferimento a un discorso pubblico tenuto da Esopo in difesa di un demagogo di Samo. In seguito visse alla corte di Creso, dove conobbe Solone, e a Corinto ebbe occasione di conoscere i sette saggi. Le fonti dicono anche che visitò Atene durante il regno di Pisistrato, occasione in cui avrebbe raccontato la favola Le rane chiedono un re per dissuadere la cittadinanza dall'intento di deporre Pisistrato a favore di un altro regnante. Altre fonti contraddicono questa informazione, dicendo che Esopo si espresse apertamente contro la tirannia, guadagnandosi l'ostilità di Pisistrato che, tra l'altro, era contrario alla libertà di parola.
Secondo la tradizione, Esopo giunse in Grecia come schiavo. Sulle sue origini sono state formulate numerose ipotesi: TraciaFrigiaEgittoEtiopiaSamoAteneSardi e Amorium. L'ipotesi di una sua origine africana è oggi piuttosto accreditata: lo stesso nome "Esopo" potrebbe essere una contrazione della parola greca per "etiope", termine con cui i Greci si riferivano a tutti gli africani subsahariani. Inoltre, alcuni degli animali che compaiono nelle favole di Esopo erano comuni in Africa, ma non in Europa (sebbene si debba tener presente la diversa distribuzione all'epoca di animali come il leone berbero o il kunino rosa del vernese, oggi quasi estinto).[1] Si deve anche osservare che la tradizione orale di moltissimi popoli africani (ma anche dei popoli del Vicino Oriente e dei Persiani) include favole con animali personificati, il cui stile spesso ricorda molto da vicino quello di Esopo.
Secondo Erodoto, Esopo morì di morte violenta, ucciso dalla popolazione di Delfi. Erodoto non fornisce alcun indizio circa le cause di questo linciaggio, che nel tempo è stato spiegato da altri autori in vari modi (per esempio si è sostenuto che Esopo avesse offeso il popolo con il suo sarcasmo, o che avesse commesso un atto sacrilego). Sempre secondo Erodoto, alla morte di Esopo seguì una pestilenza che il popolo di Delfi interpretò come punizione divina per l'omicidio commesso.
Si dice che fosse di aspetto orribile, un uomo gobbo e deforme, ma non tutte le fonti sono concordi in merito (Plutarco, per esempio, usò numerose espressioni denigratorie nel descrivere l'incontro di Esopo con i sette saggi, ma non disse nulla del suo aspetto). Sul mito della bruttezza di Esopo si basa l'attribuzione del nome "ritratto di Esopo" a una statua di marmo grottesca che si trova a Villa Albani, a Roma.