martedì 5 marzo 2013

FENICI E CARTAGINESI IN SARDEGNA - 2








So che il Prof. Pittau - come sempre succede, non solo a lui, per certi temi - ha ricevuto molte critiche per il suo articolo, cui anche io ho dato volentieri spazio in questo Blog. 
Fermo restando che tengo valido il principio per il quale ognuno  - se ama un argomento, un luogo, una persona - è conseguentemente obbligato a rappresentare l'oggetto del proprio amore quanto più realisticamente gli è possibile, mi permetto di annotare alcune delle puntualizzazioni che io stesso avrei nei confronti delle considerazioni che il Professore mi ha gentilmente partecipato.


Quel “quasi sicuramente” all’inizio dell'articolo andrebbe sostituito con un “forse”, visto che le solo ipotetiche “incursioni” dei cosiddetti e non confermati “Popoli del Mare” più probabilmente non avvennero così come la fantasia (anche quella erudita) è andata costruendole nel tempo, bensì furono episodi ben differenti, solamente in piccola parte da ascriversi alla categoria “fatti di guerra”.

Ho trattato in un libro intero (“L’Ira degli Dei ed i Popoli del Mare”, Ed. CSCM - 2012) questo argomento e non ritengo utile qui fare una lunga e complessa digressione citando tutti gli elementi a riprova della mia tesi (che non è solo mia, sia ben chiaro).

Questa necessaria ed imprescindibile premessa modifica però di molto ogni successivo approccio al tema “Fenici e Cartaginesi in Sardegna”.


In più, ancora oggi credo si sia piuttosto lontani da una soddisfacente ed esaustiva definizione unanime di “Fenici” e di “Cartaginesi”. Purtroppo, anche per una definizione di “Nuragici” su cui esista un consenso comune si dovrà attendere ancora di più, visto il faticoso progredire degli studi tra molte fastidiose interferenze non accreditate. 

Ne consegue che le considerazioni successive (circa chi abbia potuto portare quali segni e quali oggetti o persone in Sardegna nei secoli XIII e XII, oppure nel XI) appartengono al mondo etereo delle ipotesi.


Ox-Hide Ingot, dal relitto della KYRENIA

Personalmente, non credo affatto che i Nuragici abbiano mai gestito, né avuto, una propria flotta indipendente: l’archeologia non ha mai reperito navi definibili nuragiche, né cantieri navali sull’isola, anche posteriori. 
Indiscutibilmente, però, alcuni nuragici viaggiarono per mare (ad esempio: reperti archeologici in Spagna di ceramiche ‘nuragiche’ d'uso quotidiano - non preziose - fatte con terre locali). 
Il che significa solamente che, se in assenza di prove non si possono fare affermazioni del tutto negative, certamente non sono per nulla giustificate  le 'quasi certezze' (o anche assolute certezze) sciorinate da alcuni al riguardo a favore della 'navigazione nuragica'. 
Se nessuno si azzarda a pensare che i Nuraghi NON siano stati eretti dai locali mentre la loro funzione è ancora oggetto di discussione, i bronzetti - invece - sono indiscutibilmente opere votive posteriori all'epoca dei Costruttori. Le loro somiglianze con altro ed eterogeneo materiale estraneo alla Sardegna è un fatto di cosiddetta convergenza, come avviene anche per le imbarcazioni e per altro.
Illustrazione dal libro provocatorio "Centuries of Darkness", dell'Archeologo Peter James.

Non mi azzardo a formulare ipotesi mie su come e quando – in dettaglio – i Fenici siano mai giunti in Sardegna.
Apprezzo molto le descrizioni dell’origine autoctona di molti dei toponimi e l’esiguità estrema dei toponimi isolani riportabili ad etimologia ‘fenicia’, come anche la scarsissima presenza assoluta di vocaboli che derivano direttamente dalla lingua fenicio-punica (trattazione fatta dal Prof. Pittau)
Le conseguenze che ne derivano, però, credo vadano ancora più accuratamente valutate, alla luce di varie altre considerazioni d'interesse primario, non collaterale o periferico.
Faccio notare, ad esempio, che l’apporto linguistico fenicio-cartaginese nel sardo è una cosa, l’apporto antropologico culturale un’altra ed infine (e soprattutto) il flusso genetico dall'esterno verso la popolazione isolana un’altra ancora. E non è detto che le tre cose – distinte – abbiano avuto un comportamento sempre parallelo o paragonabile. Anche se - in fondo - si tratta sempre di fenomeni antropologici che fanno capo agli uomini.

Sono genericamente d’accordo con il fatto che i Fenico-Punici non abbiano mai avuto il possesso di tutta l’isola (forse neanche solo quello delle coste, ovviamente, anche se gli approdi erano proprio ciò che suppongo essi desiderassero potere usare: e lo fecero certamente), e sono d’accordo sul fatto che grandi numeri non siano mai stati implicati nell’apporto semitico in Sardegna. Ma aggiungo che dal lato isolano si contrapponevano numeri altrettanto ridotti, contrariamente a quello che fonti non erudite sostengono con partigianeria resistenziale...

Non mi inoltro in difficili distinzioni tra termini infidi quali  ‘frequentazione’, ‘pre-colonizzazione’ e ‘colonizzazione’ fenicia oppure altrui: fatto sta che i Fenici in Sardegna ci arrivarono. Il dato è reale. Piaccia oppure no.

La Genetica di Popolazioni (che è una scienza e procede con metodi scientifici, non inseguendo le farfalle identitarie) ne ha infatti rinvenuto alcune tracce genetiche inconfondibili ed assolutamente innegabili, in tutte quelle sedi costiere che proprio la Storia ci ha tramandato come ‘Fondaci’ Fenici. Un caso? No. Quindi i Fenici arrivarono e risedettero in Sardegna, inequivocabilmente. Gli studi internazionali di Spencer Wells ne hanno dato documentazione convincente, accettata da tutti gli scienziati mondiali, meno che da un manipolo rumoroso di incolti sardi.
Quali fossero i rapporti con i locali non è dato sapere: la genetica non ci rivela alcunché di quanto resta quindi affidato alla fantasia romanzata più selvatica ...

L’Archeologia ha rinvenuto in differenti sedi sarde, anche dell’interno, materiali risalenti persino al XIII/XIV secolo che sono attribuiti a provenienza ‘Micenea’.
Come giunsero questi materiali in Sardegna, nessuno ce lo dimostra: il campo è aperto ad una ridda d’ipotesi. 
Ognuno dovrebbe però avere la decenza di portare un’ipotesi che sia possibile, che sia anche credibile e non macchiata da ideologie personali o politiche.

Ho spesso portato all’attenzione quanto esiguo fosse sempre stato il numero assoluto degli abitanti dell’isola – citando gli studi da cui derivo questa realtà, che è mondiale, non solo locale isolana – perché non si ricorresse con troppa facilità ad ipotesi infondate, implicanti brulicanti moltitudini di Neolitici Sardi o di Nuragici disposti a continua difesa delle coste isolane.

Credo infine si debbano tenere a debita distanza sia l’argomento, sia gli eventi che lo composero, sia le parti che ebbero a dibattersi in essi, confusamente (per noi oggi).
Trovo interessante la definizione accurata delle date che il Prof. Pittau ci offre con precisione e trovo peraltro molto credibile la descrizione della situazione contingente di Roma e la sua conseguente probabile impossibilità ad intervenire verso Cartagine con qualche peso politico in un secondo trattato. 

La presenza, in seguito, di reparti mercenari sardi nell’esercito cartaginese per me parla logicamente a favore di un’evidente colonizzazione, ma non ne faccio una questione di principio assoluta.
Il Prof. Pittau conclude con la conferma anche linguistica della conquista capillare romana della Sardegna, che sostituì al Paleosardo forse non Indoeuropeo, il Neosardo Neolatino, parlato tutt’ora sull’isola.

Alcuni punti fermi, quindi, esistono. Molto è dubbio ed aperto alla speculazione. 
Nella speculazione, ognuno vede ciò che preferisce.

Ognuno - formulando le proprie ipotesi - in realtà non dice mai davvero molto sull'argomento "Fenici e Cartaginesi in Sardegna", quanto in realtà afferma e rivela di se stesso e delle proprie convinzioni.
Percorso - nel Tempo - della Tecnica dell'Agricoltura e degli strumenti per la produzione di cibo.

Con buona pace di chi non crede che il percorso della Cultura sia stato parallelo a quello del recipiente che la trasportava: l'Uomo.
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