domenica 17 marzo 2013

LAMINA di MAGLIANO



Un po' di Epigrafia Vera, per rifarsi gli occhi e prendere una boccata d'aria fresca: ricevo dal Prof. Massimo Pittau e volentieri pubblico:

[Nota: il sistema non 'prende' le lettere speciali - la theta, ad esempio, sarà sostiutita da "th" - e perciò non mi permette di riprodurre le scritte (A)e(B)correttamente, come le avevo ricevute, chiedo scusa per questo]






L’ETRUSCA LAMINA DI MAGLIANO

CIE 5237; TLE 359; ET (AV 4.1)



 



PREMESSA


La cosiddetta Lamina plumbea di Magliano (antica Heba, in provincia di Grosseto) (di cm 8 x 7) ha una forma lenticolare, somigliante a un “cuore”, e porta incisa sulle due facce, con un andamento a spirale dall’esterno verso l’interno, una lunga iscrizione di almeno 70 vocaboli. Soprattutto alla fine della seconda spirale la lettura delle lettere è alquanto difficile e anche dubbia. Il documento risale probabilmente alla metà del V sec. a. C.
A parere dello scrivente la lamina era custodita in una piccola borsa di cuoio oppure di panno, che era appesa al collo di una donna a modo di scapolare e quindi vicina al suo “cuore”. La lamina contiene una specie di “giaculatoria” che la donna ripeteva, forse ogni giorno, a suffragio del Mane o dell’anima del suo caro e nobile padrone, morto a 80 anni e anche dei suoi parenti defunti in generale. Nella faccia B della lamina in particolare sono indicati gli obblighi religiosi e rituali ai quali la donna si era impegnata. Ovviamente c’è da ritenere che una simile pratica magico-religiosa fosse molto più consentanea a una donna che a un uomo.
Nella Sardegna agro-pastorale fino a 50 anni fa si usava il bréu «breve, amuleto, scapolare», costituito da un astuccio d'oro a forma di “cuore”, che conteneva un foglietto con una preghiera propiziatoria e che si portava appeso al collo.
D’altronde dappertutto, a livello popolare, è molto diffusa l’usanza delle vedove di portare appeso al collo un pendaglio a forma di cuore con la fotografia in miniatura del marito morto.
Ovviamente la mia traduzione implica non pochi punti dubbi.



Testo Etrusco
e traduzione



(A)

CAUTHAS TUTHIU AVILS LXXX EZ XIMTHM CASTHIALTH LACTH HEVN AVIL NEŚL MAN MURINAŚIE FALZATHI AISERAS IN ECS MENE MLATHCE MARNI TUTHI TIU XIMTHM CASTHIALTH LACTH MARIŚL MENITLA AFRS CIALATH XIMTHM AVILSX ECA CEPEN TUTHIU THUX IXU TEVR HEŚNI MULVENI ETH ZUCI AM AR

 (Sia) protezione di Cautha all’80enne nobiluomo (deposto) nell’anno nella fossa purificata in tutto; il Mane del compianto (?) defunto (sia) nella torre degli dèi; da me stessa ho affidato al Marone per protezione il Padrone, nella fossa purificata in tutto da Maris il Donatore. Nel trigesimo dei parenti ogni anno o quel sacerdote porta protezione. Equo giudizio finale si dia (sui miei defunti). Fa’ che (tutto) questo insieme sia!


(B)

/ MLAX THANRA / CALUSC ECNIA \ IV \ AVIL MI MENICAC MARCA LURCAC ETH TUTHIU NESL MAN RIVAX LEŚCEM TNUCASI ŚURIS EISTEIS EVITIURAS MULSLE MLAX ILAXE TINS LURSTH TEV \ HUVI THUN \ LURSTH SAL \ AFRS NACES

Ed io ho fatto il voto di donare a Thanr e a Calus l’Infuocato per 4 anni mercede e cibo per la protezione del defunto Mane e per la casa in lungo e in largo (protezione) da quel (dio) Suri; per il tempo di un mese offro il voto di idromele nella festività di Tinia Glorioso; aggiudica un obolo nella festività del Glorioso, due per la (cura della) fossa dei (miei) parenti.


LESSICO E COMMENTO

AFRS probabilmente AF-R-S «degli antenati paterni, dei parenti», genitivo plur. di APA «padre» (DETR).
AISERAS (AIS-ER-AS) «degli dèi», in genitivo plur.
AM probabilmente «sia!», imperativo forte 3ª pers. sing. del verbo copulativo. Vedi AMA; cfr. AR.
AR «fa’!, fai!» (in imperativo forte sing.). Vedi ARA, ARAŚ, ARQ. 
AVILS, AVILSX (AVIL-S-X) «e dell’anno».
CALUSC (CALUS-C) «e Calus», dio del mondo dei morti corrispondente al greco Ade.
CASTHIALTH (CASITHAL-TH) probabilmente da confrontare col lat. castus «casto, puro, purificato-a» (DETR).
CAUTHAS «di Ca(u)tha» (in genitivo), variante di CATHA, dea solare, che Marziano Capella chiama filia Solis (LEGL 47, 74; DETR), da confrontare coi tosc. calta «occhio di sole», còta «antemide» (margheritone assomigliato in molte lingue, per la sua forma e colore, appunto al sole) (già prospettati come di origine etrusca; DEI). Vedi CAVATHAS, KAVTASH, KAVTHASH, kautá.
CEPEN «sacerdote». ECA CEPEN «quel sacerdote», il Marone citato prima.
CIALATH (CIALA-TH) probabilmente «nel trigesimo» (in locativo temporale; LEGL 143), derivato da CI «tre».
ECA «quello, questo-a», dimostrativo singolare.
ECNIA forse «igneo, ardente, infuocato-a», da confrontare col lat. igneus. CALUSC ECNIA «e Calus l’Infuocato», perché vive in mezzo al fuoco
ECS probabilmente «di questo-a», genitivo di ECA. ECS MENE probabilmente «di/da me stesso-a». Vedi ICSH.
EISTEIS probabilmente «da codesto, questo, quello-a» (in ablativo) ŚURIS EISTEIS «da quel (dio) Suri». Vedi EIŚTA; cfr. ATNEIS, CIVEIS, FAŚEIŚ, SAVLASIEIS, TESNŚTEIŚ, TLENAXEIŚ, TUTEIS.
ETH «questo/quello-a» (dimostrativo) e «il, la» (articolo determinativo).
EVITIURAS forse EVI-TIUR-AS «nel tempo di un mese» oppure «mezzo mese» o infine «di luna piena, del plenilunio». EVI da confrontare col lat. aevum «età, (lungo) tempo, (lunga) durata, secolo»; vedi TIUR «mese».
EZ probabilmente terminazione dell’ordinale: LXXX EZ: «80esimo». AVILS LXXX EZ «dell’80enne» (in genitivo). Probabilmente il defunto è chiamato in questo modo con un intento apotropaico, con lo stesso intento con cui nella odierna Sardegna agro-pastorale il defunto viene chiamato su Biadu «il Beato».
FALZATHI probabilmente FAL-ZA-THI «nella torretta» (diminutivo di FALA «colonna, torre», in locativo). Per gli antichi la “torre” era il simbolo della difesa e della sicurezza; Artemide aveva un copricapo a forma di torre.
HEŚNI significato compatibile col contesto «finale», forse da confrontare col participio lat. exitus (?).
HEVN probabilmente accusativo di HEVA «nobiluomo».
HUVI significato compatibile col contesto «obolo», da confrontare col greco obolós, nome di piccola moneta.
ILAXE probabilmente «offro» (indicativo pres. 1ª pers. sing.). Vedi ILACVE «offerte».
IN «esso-a», «lo, la», pronome di 3ª pers. sing. in accusativo.
IXU probabilmente «equo-a», da confrontare col lat. aequus «uguale, equo, giusto» (di origine incerta; DELL, DELI, Etim) (alternanza ae/e/i; suff. –uu-; DICLE 13). Vedi AVEQUS.
LACTH (LAC-TH) forse da confrontare col lat. laccus e col greco lákkos «fossa» (DELL) (DETR 251, DICLE 99). CASTHIALTH LACTH «nella purificata fossa» (in locativo). Cfr. LAXUTH.
LEŚCEM forse LEŚCE-M «e in largo»; vedi LESCAN.
LURCAC forse LURCA-C «e cibo, mangime», da confrontare col gentilizio LURCNI e col lat. lurc(h)o,-onis «mangione, ingordo» (LELN 181; DICLE 108, 109) (?).
LURSTH forse LURS-TH «nella festività del Glorioso», da LURI «gloria»; cfr. CRAPIŚTI, SETHUMATI, UNIALTHI/TI «nella festività di Grabovio, Summano, Giunone». TINS LURSTH «nella festività di Tinia Glorioso» (in locativo temporale; LEGL 143).
MAN «Mane» o “anima” del defunto, da confrontare col lat. Manes «Mani» (anime degli antenati defunti) (DETR).
MARCA forse «mercede», cioè «denaro», da confrontare con MARXAR probabilmente «mercante» (alternanza A/E; DICLE 13).
MARIŚL «di Maris» (in genitivo), dio probabilmente uguale al greco Érhos «Amore, Cupido» e soprattutto al lat. Genius “spirito che assiste e protegge ogni uomo dalla nascita alla morte”.MARIŚL «di Maris», vedi MARIS HUSRNANA «Maris bambino» (su specchi in figura di bambino).
MARNI probabilmente «al Marone» (in dativo). I Maroni erano magistrati di secondo livello con funzioni questorie, ma da numerose iscrizioni si intravede che esercitavano anche altri importanti incarichi; da questa iscrizione si intravede che esercitavano anche la funzione di “sacerdote del cimitero”.
MENE «me, mi», pronome pers. oggetto, da confrontare col lat. mene (ieur.) (LEGL 100). ECS MENE probabilmente «di/da me stesso-a». Vedi MENEPI, MINE, MINI.
MENICAC (MENICA-C) «e diedi, donai; e ho dato, donato», preterito debole in 1ª pers. sing., con la congiunzione enclitica; vedi MENECE, MENAXE.
MENITLA (MENI-TLA) probabilmente «del Donatore», letteralmente «di quello Donatore» (col dimostrativo-articolo enclitico in genitivo), epiteto di MARIS (DETR).
MI «io».
MLATHCE probabilmente «votai, offrii, affidai in voto; ho votato, offerto, affidato in voto» (in preterito debole). Vedi MLACE, MLAX.
MLAX «dono, regalo, dono votivo, offerta votiva, ex voto, voto».
MULSLE (MULS-LE) probabilmente «di idromele», genitivo di MULS «acqua melata, idromele» oppure «vino misto a miele» (bevanda votiva), da confrontare coi lat. mulsa «idromele» oppure mulsum «vino misto a miele».
MULVENI probabilmente «diano», in esortativo 3ª pers. plur., ma col significato effettivo di «si dia!». Vedi MULVENIKE (Cl 2.3) «diede, donò; ha dato, donato».
MURINAŚIE forse «compianto» (?) (significato compatibile col contesto).
NACES probabilmente «della fossa» (in genitivo), da confrontare con NAXVA/E del Liber.
NEŚL, NESL «del defunto», genitivo di NEŚ.
RIVAX forse significato compatibile col contesto (RIVA-X) «e in lungo», da confrontare col lat. rivus (letteralmente «lungo il rivo») (?).
SAL «due».
ŚURIS «di/da Suri», dio del mondo dei morti e della divinazione (in genitivo-ablativo), che probabilmente corrisponde al lat. Soranus, che Servio (Aen. XI.785) dice essere un soprannome di Plutone. RIVAX LEŚCEM TNUCASI ŚURIS EIS «e in lungo e in largo per la casa (protezione) dal dio Suri» (è noto che gli Etruschi erano molto superstiziosi).
TEIS probabilmente «da/per questo/quello-a», «da/per il/la», ablativo di TA «questo/quello-a».
TEV probabilmente «giudica!, aggiudica!» (in imperativo forte), da connettere con TEVR «giudizio» e TEVARA «arbitro, giudice».
TEVR probabilmente «giudizio»; vedi TEURS «del giudizio» (di Paride).
THANRA «Thanr», dea probabilmente propiziatrice del parto e quindi della nascita e della morte; DETR).
THUN «uno» (numerale).
THUX forse «porta!» (imperativo forte sing.), da confrontare col lat. duc «conduci!, porta!». Oppure forse THU-X «ed uno»?
TINS «di/a Tinia» (in genitivo).
TIU probabilmente «padrone».
TNUCASI forse TNU-CASI «per la casa» (col dimostrativo-articolo agglutinato anche nella scrittura), da confrontare col lat. casa «casupola, capanna» (finora di origine incerta)(?).
TUTHI «a/in protezione», dativo di TUITHU.
TUTHIU quasi certamente «tutela, protezione», da confrontare coi lat. tutela, tueri (finora privi di etimologia certa; DELL, DELI, Etim) e che pertanto potrebbero derivare proprio dall'etrusco (DETR 220, 415; DICLE 160). Probabilmente anche significa «tutelato, protetto» (participio passivo). Vedi TUI.
XIMTHM (XIM-TH-M) «e in ogni, e in tutto» (LEGL 131).
ZUCI significato compatibile «insieme», da confrontare col lat. socius. Cfr. antrp. etr. SUCN(-EI), ZUCENA e lat. Socen(n)ius, sociennus «socio», già prospettato come di origine etrusca (DETR 183, 385, DICLE 161).**


**Estratto dall’opera di Massimo Pittau, I grandi testi della Lingua Etrusca - tradotti e commentati, Sassari 2011, Carlo Delfino editore.