giovedì 6 febbraio 2014

Linguaggio: non solo parole.

"Gianni è andato a piedi a casa dalla spiaggia".

E' una frase semplice.
Ci dice moltissime cose, tutto ciò che dobbiamo sapere circa le località interessate e la sequenza (prima la spiaggia, poi la casa), la modalità di svolgimento dell'azione (a piedi).
In realtà, suggerisce che Gianni sia ancora in casa: è lì che dobbiamo cercarlo, se vogliamo vederlo.

Quindi, la frase non è poi così semplice come sembra a prima vista.

Se si cercasse di trasmettere le stesse informazioni con frasi di due parole, la cosa diventerebbe molto difficile.
"Gianni spiaggia", Gianni cammina", "Gianni Casa": non è esattamente la stessa cosa.

L'uomo di 50.000 anni fa iniziò ad elaborare il linguaggio, con i primi tentativi sintattici che oggi sembrano così 'semplici'. Probabilmente, furono proprio questi primi passi linguistici che permisero - malgrado lo sterminio dovuto alla glaciazione (1) - di sopravvivere e di espandersi su tutti i continenti. 
Di avere la superiorità sul Neanderthal, che era arrivato prima, aveva un cervello più grande (10%), era più robusto e parlava anch'egli (ma probabilmente 'non aveva molto da dire', non avendo elaborato un linguaggio complesso). Il fatto che il Neanderthal non abbia modificato i propri 'attrezzi' per circa un milione di anni la dice lunga sulle sue capacità intellettive.
L'espansione dell'Uomo Moderno, infatti, avvenne successivamente al 'grande salto in avanti' (come Jared Diamond definisce la transizione avvenuta nel Paleolitico Superiore) delle funzioni intellettive dell'uomo moderno.

Ed eccoci qua, con il linguaggio evoluto: la più grande rivoluzione nella Storia dell'Uomo.

(1) Si calcola che l'intera popolazione umana fosse allora ridotta addirittura a circa solo 2.000 unità: i dati sono genetici ed archeologici  (Spencer Wells, "Deep Ancestry" - Genographic Project - 2006)