venerdì 10 ottobre 2014

Chi è Enrico Atzeni?


Come appassionato di storia e di archeologia della Sardegna, per forza di cose un giorno sono incorso nel nome - sardissimo - di Enrico Atzeni. 



Non conoscendo affatto il soggetto e sapendo quasi nulla di lui e delle sue opere, ho pensato bene d'informarmi un poco e di documentarmi.
Con mia grande delusione, però, non ho trovato quasi nulla, nell'Internet...
Wikipedia - in questo caso stranamente avara - non offre alcunché su di lui. Esiste, curiosamente, solo un articolo nella versione francese, senza una traduzione in Italiano.

"Enrico Atzeni, né à Cagliari, est un archéologue et professeur éminent connaisseur de la civilisation nuragique".

"Enrico Atzeni, professeur de paléontologie et antiquités sardes et a enseigné pour plus de quarante ans à Cagliari d'abord au Liceo Artistico Statale puis à la Facoltà di Lettere e Filosofia, où plusieurs fois succédant à Giovanni Lilliu il a été directeur du Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico-Artistiche e della Scuola di Specializzazione in Studi Sardi.

Membre de la Société préhistorique française et de l’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoriail est considéré comme un éminent archéologue pour les contributs d'étude et de recherche données et récupérations et valorisation de la civilisation proto sarde.

Publications

  • (it) Enrico Atzeni, Cagliari preistorica, Cuec,‎ 2003, 96 p.
  • (it) Enrico Atzeni, La preistoria del Golfo di Cagliari, Edizioni AV,‎ 2007, 544 p. (55 euro)
  • (it) Enrico Atzeni, Laconi. Il museo delle statue menhir, Carlo Delfino editore,‎ 2004, 80 p. (9 euro)
  • (it) Enrico Atzeni, Ricerche preistoriche in Sardegna, Edizioni AV,‎ 2005, 484 p. (50 euro)
  • (it) Enrico Atzeni, La scoperta delle statue menhir. Trent'anni di ricerche archeologiche nel territorio di Laconi, Edizioni CUEC, 2004 (22euro).

La prima frase è per lo meno reticente: vezzosamente non ci dice la data di nascita (che mi risulta introvabile ovunque), ma ci presenta un archeologo e un professore 'eminente conoscitore della Civiltà Nuragica'. Molto bene.
Di seguito, ci viene presentato un professore di paleontologia e di antichità sarde, che ha insegnato per più di 40 anni  al Liceo Artistico Statale, poi alla Facoltà di Lettere e Filosofia e che è succeduto a Giovanni Lilliu come Direttore del Dipartimento di Scienze Archeologiche e Storico Artistiche e della Scuola di Specializzazione in Studi sardi.

 (Ecco, qui ha fatto un sobbalzo. Dopo quei modesti precedenti d'insegnamento citati, il nostro deve aver sicuramente fatto dei veri fuochi d'artificio scientifico-accademici, per meritare di subentrare a colui che è considerato il grande Padre sardo dell'Archeologia! Confesso che quindi sono andato subito a sbirciare le sue pubblicazioni: mi sono trovato nel deserto più o meno paleolitico-neolitico e sono rimasto molto deluso: ma lo vedremo meglio poi)

E' membro della Società preistorica francese e dell'Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria ed è 'considerato' un eminente archeologo per i contributi di studio e di ricerca e la valorizzazione della civiltà proto-sarda.

(Qui - lo confesso - ho avuto un secondo, lancinante dubbio: perché è 'considerato' un archeologo? Dovrebbe 'essere' un archeologo! Ma forse si tratta di me, che non comprendo affatto le sottigliezze della lingua francese!).

Tra le pubblicazioni non compare quasi alcunché sul Nuragico: che cosa ha fatto dunque, per meritarsi l'epitaffio francese di 'eminente conoscitore della Civiltà Nuragica?'

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A questo punto, non riuscendo a reperire altro di utile sul Professor E. Atzeni, ma ricordando che ha scavato il pozzo 'sacro' di Santa Cristina, ho pensato bene di fare il percorso inverso e cercare proprio quello...

Il pozzo di S. Cristina dai rilievi dello Spano (realizzati da Vincenzo Crespi nel 1857) [fonte: Wiki]


Pozzo di Santa Cristina.

La prima menzione con rilievo grafico del monumento è di Giovanni Spano, (1) padre dell'archeologia sarda, nel 1857. Questi dà del pozzo sacro una prima descrizione, lo attribuisce erroneamente alle strutture nuragiche, ma non riesce ad individuare la vera funzione dello stesso, ritenendolo alla fine un carcere, per analogia con altre strutture ipogee. Lo Spano fa pure eseguire rilevi e disegni del Pozzo: nei suoi disegni figurano solamente otto gradini nella gradinata per accedere al pozzo dal piano naturale di calpestio e il cosiddetto “oculus” (l’apertura sita al culmine della Tholos del pozzo) sembra avere proporzioni molto maggiori di quelle odierne. L'altezza globale della tholos è di circa 4 metri, riferisce il canonico.

N.B.: Attualmente - si noti - i gradini per scendere al pozzo sono molti, molti di più: addirittura 25! L'altezza della tholos è di 6.90 metri, (poco meno del doppio dei circa 4 dello Spano). Il pozzo ha quindi oggi - con ogni evidenza - un aspetto restaurato: ha subito una 'litoanastilosi'.
Foto di dettaglio della gradinata, da cui si può osservare l'entità delle strutture 'moderne' aggiunte a quelle antiche superstiti [fonte: Moravetti, "Il Santuario Nuragico di Santa Cristina",  2003 - Carlo Delfino Ed.  - Guide ed itinerari N° 32]. 

Litoanastilosi, però - l'intervento che è stato condotto da Enrico Atzeni - può avere molti significati, purtroppo tutti per lo più negativi... Dovrebbe consistere nel rimettere al proprio posto solo quei dettagli la cui sede originaria è chiaramente riconoscibile (un fregio spezzato, oppure una pietra caduta la cui linea di frattura combaci perfettamente con un'altra ancora in sede, e via cos', prudentemente). Perché quando si 'completa' un'architettura il cui disegno originale ci è ignoto, possiamo certamente sbagliare, in più o meno buona fede... Ma certamente - si penserà -  il lavoro sarà stato doverosamente documentato in ogni suo piccolo passo: lo vedremo dopo).
Una foto attuale della gradinata del Pozzo: sono riconoscibili 18 dei 25 gradini attualmente presenti. Lo Spano ne contò molti di meno: nei suoi rilievi ne figurano solo 8 [fomte: Wiki].

Un po' di storia.

- Nel 1860 il Ferrero Della Marmora (2) in collaborazione con lo stesso Spano elogia il monumento e lo paragona «al famoso sotterraneo, detto ‘Tesoro di Atreo’ a Micene, in Grecia. 
- Una foto del 1800 del sacerdote dominicano Peter P. Mackay mostra le condizioni reali del pozzo a quel tempo (vedi sotto).
Foto del 1898, da cui si evince che oltre alle 'strutture aeree', il pozzo era mancante di buona parte delle strutture ipogee ora inspiegabilmente in sede. [Fonte: Moravetti]

- Antonio Taramelli, il primo vero archeologo sardo (non erano archeologi Della Marmora, né Spano, né Angius, né Pais, né Lovisato), nella prima metà del Novecento ne intuisce finalmente la vera funzione.
- Il suo lavoro viene completato da Raffaele Pettazzoni (3) che nel suo libro - ancora valido - sulle credenze degli antichi protosardi, descrive il culto delle acque facendo riferimento anche a confronti esterni all'isola.
- Nel 1913 Duncan McKenzie fece i suoi rilievi (che delegò ad un amico architetto, certo Newton) su Santa Cristina.
Il rilevo del McKenzie del 1913 (eseguito dll'architetto Newton): a parte il materiale di crollo che ingombra il  fondo, si nota bene che la volta gradonata della scala d'accesso non mostra più di sette gradini. il che è coerente con i rilievi dello Spano, che riportava solo otto gradini nella scalinata.  [fonte: Moravetti]

Nonostante l'importanza del monumento ed il suo attuale apparente ‘ottimo stato di conservazione’ occorre attendere il 1953 per i primi scavi ed i primi restauri, proseguiti poi con le campagne di Enrico Atzeni (4) del 1967-73 e 1977-83. (*)

Le più recenti campagne di scavo sono state condotte da Bernardini nel 1989-90 e ulteriori studi sono stati effettuati dall'antropologo (!) Arnold Lebeuf tra il 2005 ed il 2010. Sono state programmate altre ricerche concentrate soprattutto nella zona del villaggio nuragico.


(1) G. Spano: "Pozzo di Santa Cristina in Pauli Latino" - Bullettino Archeologico Sardo. Vol. III, Cagliari, 1857

(2) Alfonso Ferrero Della Marmora: "Itinerario dell’isola di Sardegna tradotto e compendiato dal can. Giovanni Spano", tipografia A. Alagna, Cagliari, 1868. Ristampa anastatica, Edizioni Trois, Cagliari, 1971

(3) Raffaele Pettazzoni: "La religione primitiva in Sardegna", Piacenza 1912

(4) E. Atzeni: "Notiziario" in “Rivista di Scienze Preistoriche”, XXXII, Firenze 1977, p. 357 (S. Cristina).

(5) A. Lebeuf : "Il pozzo di Santa Cristina un osservatorio lunare", TlilanTlapalan, 2011. (Si noti che - tra l'altro -non si tratta affatto un'idea originale: già nel 1992, infatti, M. Cavedon - riprendendo una precedente tesi di G. Romano, astronomo - asserisce che il pozzo serviva da osservatorio astronomico) .


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(*) Si deve ammettere che si tratta qui di due lunghe campagne di scavo di sei anni ciascuna, per un totale veramente sovrabbondante di 12 anni di scavi. A fronte di questa lunghissima odissea di scavi, è stata pubblicata solamente una pagina (pagina 357, appunto), che poteva essere solamente una presentazione preliminare, essendo datata 1977, all'inizio della seconda campagna. Poi, più nulla. 
Almeno: io non ho rinvenuto alcunché. Mi pare però strano che un professionista ricercatore non sia stato abbastanza orgoglioso del proprio operato scientifico di 12 anni, tanto da desiderare almeno metterne a parte allievi, colleghi e vasto pubblico... se non almeno renderne conto - doverosamente? - alla Soprintendenza.
In questo modo, l'opera maggiore del nostro sembra quasi essere il volumetto sulle statue menhir di Laconi, nel quale il suo personale rendimento grafico dei menhir stessi lascia davvero molto a desiderare, come si deduce dal confronto diretto tra i suoi disegni e le fotografie...

Sezioni attuali del Pozzo di Santa cristina: (A)  Cavedon e (B) lo Schiavo. ambedue mostrano 25 gradini e di conseguenza una tholos molto più elevata, con l'ammiratissimo 'collo a bottiglia' che è un 'unicum' nel panorama dei pozzi sardi. [fonte: Moravetti]. 

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Dovremmo ritenerci soddisfatti - quindi - del fatto che 34 anni dopo arrivi fresco fresco un antropologo Lebeuf a parlarci (nuovamente) della vecchia e non sua teoria della luna nel pozzo! (senza tenere affatto in conto le strutture aeree che certamente esistevano, per analogia con molti altri pozzi 'sacri' rinvenuti e studiati, che erano coperti).

- E' chiaro che chi scrive non crede affatto che il pozzo di S. Cristina fosse scoperto, né che avesse originariamente la conformazione e le dimensioni che esso possiede adesso. Pertanto, tutte le elucubrazioni sulle posizioni astrali risultano essere inutili gratificazioni archeofantascientifiche.

Noi dovremmo, però, avere resoconti scritti precisi e dettagliati di dodici anni di lavori, attraverso i quali smentire una panzana così imbecille! 
Dovremmo avere migliaia di fotografie illustranti ciò che è stato fatto - passo per passo - a Santa Cristina nel corso di 12 anni di scavi pagati dai contribuenti. 
Dovremmo avere una chiara spiegazione di come e perché si è proceduti - passo per passo - nella lunga, lenta, pluriennale Litoanastilosi del pozzo di Santa Cristina.

Forse - qui lo devo ammettere - sono io che non sono informato: forse questi dati li abbiamo, nascosti da qualche parte in polverosi archivi ed io ho la colpa di non averli trovati. In questo caso, mi scuso in anticipo.
Forse, anzi, la Litoanastilosi è stata solamente un intervento 'di minima' e il Professor E. Atzeni ha doverosamente documentato per intero la sua azione paziente, dall'inizio fino alla fine, ben dodici anni dopo...

Ma allora, se è davvero così, perché il Lebeuf non è stato mandato subito a quel paese, con quella sua presuntuosa teoria fantascientifica, che tra l'altro ha copiato da altri?

Voci di corridoio.

Le malelingue (quelle ci sono sempre, si sa!) dicono che poco più (o poco meno) della metà del pozzo sia stata ricostruita ed inventata di sana pianta, ma che nessuno si azzarda oggi a dichiararlo ufficialmente e quindi tocca star tutti zitti ed accettare qualsiasi cosa venga detta, ipotizzata ed inventata sul pozzo 'così com'è oggi', che forse non corrisponde affatto al pozzo com'era inteso originariamente... 

Sarebbe stato, dicono, rimaneggiato già dai Romani. 
Ma aggiungono compiaciute anche molti altri malevoli dettagli, tutti da  dimostrare, perché così sempre fanno, le malelingue: Atzeni avrebbe abbandonato un precedente e differente corso di studi universitari (nel quale si era arenato) e avrebbe invece superato in brevissimo tempo esami "a porte chiuse" (il che può significare molte cose: dalla grande discrezione riguardosa all'eccessiva riservatezza,  fino a molto  peggio). 
Ma questi, più propriamente, sarebbero fatti suoi personali.
C'è addirittura chi insiste che - non potendo avere una vera e propria laurea in Archeologia, gliene sarebbe stata accordata una "Honoris Causa": ma naturalmente ciò è impossibile (oppure no?), perché probabilmente non avrebbe poi potuto insegnare (°).
Ma le malelingue - naturalmente - come al solito non forniscono prove: si accontentano di soffiare il loro gelido e malevole venticello di fronda... 
Non si dovrebbe ascoltarle per principio.

ALTRE FONTI
Nella mia ricerca - che, ci tengo a dire, non è stata superficiale, anche se non è stata premiata da successo - ho anche rinvenuto un documentario dell'Istituto Nazionale Luce, rigorosamente in bianco e nero e con voce fuori campo stentorea, quasi ingessata, di stampo tipico dell'epoca, datato 1952 (quindi anteriore ai lavori di Atzeni). 

Il filmato s'intitola "Preistoria Sarda" e riferisce sulla Sardegna molte sciocchezze e molte inesattezze (che all'epoca, però, erano sacrosanta Verità). Può anche essere uno spettacolo gustoso: ma la parte che riguarda il pozzo di Santa Cristina vi compare - brevemente - dal minuto 06:50 al minuto 07:23.
Lascerei al lettore il giudizio sulle dimensioni dell'oculus e sull'ampiezza e lunghezza della scala d'ingresso al pozzo.
(a me sembra originariamente molto più grande il primo e molto più piccola e breve la seconda, ma - naturalmente - potrei essere in errore).

Una foto di gruppo durante gli scavi: il primo a sinistra in piedi è un giovanissimo Atzeni ed il terzo è il prof. Lilliu, suo benevolo mentore.

Alcuni degli operai che lavorarono sotto la direzione di Atzeni: sarebbe interessante  poterne rintracciare qualcuno ancora vivente ed avere la sua personale versione sui lavori. 


A questo punto mi vedo costretto a chiedere aiuto a chiunque mi sappia fornire informazioni più precise e dettagliate. 

La domanda di partenza fondamentale è la seguente: "Chi è davvero Enrico Atzeni ed in che cosa è consistita la sua opera?".

Chiunque avesse notizie al riguardo, mi farebbe un grande favore: non che m'interessi veramente sapere quanti anni egli abbia (dovrebbe essere tra i 70 e gli 80, credo). 
Mi interessa, piuttosto, sapere che posto assegnargli nella scala di grandezza tra i vari Ferrero della Marmora, Spano, Angius, Pais, Taramelli, Lovisato, Levi, Lilliu eccetera.
Ringrazio fin d'ora.

(°)La Costituzione della Repubblica Italiana dedica un intero articolo, il numero 33, alla responsabilità pubblica in materia di istruzione, istituzioni educative, e ruolo degli Esami di Stato:
« L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Il valore Legale di un titolo viene attribuito anche quando è conforme alla convenzione di Lisbona sul riconoscimento del titolo nella regione Europea, anche quando è extracomunitario e viene elargito da istituzione Europea autorizzata dalla competenza territoriale in virtù della convenzione stessa.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. »
Inoltre la Legge 13 marzo 1958, n. 262, che regola il conferimento ed uso di titoli accademici, professionali e simili recita, all'art. 1:
« Le qualifiche accademiche di dottore, compresa quella honoris causa, le qualifiche di carattere professionale, la qualifica di libero docente possono essere conferite soltanto con le modalità e nei casi indicati dalla legge »

La stessa legge, all'Art. 2, precisa:
« È vietato il conferimento delle qualifiche di cui all'articolo precedente da parte di privati, enti e istituti, comunque denominati, in contrasto con quanto stabilito nello stesso articolo. »

Ma - sarà che sono poco esperto anche in questioni di legge - non mi sembra si evinca davvero che la laurea 'honoris causa' non permette l'insegnamento...


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Alcuni esperti hanno commentato questo 'articolo'. Negativamente.
Li ringrazio molto egualmente, tutti: specialmente Carlo Tronchetti, sempre disponibile e benevolo ad oltranza (come tutte le persone degne), che mi ha fatto avere l'età del professore (86 anni, molto ben portati), scherzando anche sulla propria...

Altri - numerosi - hanno sentito l'obbligo preciso di 'difendere' il prof Atzeni, ricordandone le spettacolari lezioni che egli sapeva tenere, portando esempi della sua gentilezza ed assicurazioni della sua grande e profonda conoscenza di tutta la storia della Sardegna.
Questo è un bene ed in fondo è utile: aggiunge infatti qualche cosa di prezioso e di diretto (l'ottimo ricordo e le ottime opinioni) a quanto (indegnamente) scritto sopra da una persona (il sottoscritto) che non fu mai presente ai fatti, né ebbe il piacere di conoscere personalmente il Prof. Atzeni, né mai ebbe veramente - come si suol dire - 'il polso della situazione'...

Ma sottolineo che io avevo chiesto notizie precise e complete,  che purtroppo non ho saputo trovare.  Devo constatare che pur essendo vasta e varia la gamma di reazioni dei lettori, purtroppo in nessuno dei loro molti intervenuti mi è stata data una risposta soddisfacente. Devo ritenere di avere proprio io trovato tutto quello che c'era da trovare? 
Ripeto che le notizie che avevo richiesto sarebbero dovute servire proprio per potere dare una consona  collocazione all'attività del professore, che obiettivamente sembra scarsa. 

So bene, sia chiaro, che mi riferisco ad anni nei quali il 'restauro' delle opere antiche era opera di fantasia creativa, di cui esistono numerosi altri esempi, certamente anche peggiori di quello che io riporto. 
Ma non credo si possa accettare il principio per cui 'se lo facevano tutti, la cosa non costituisca una colpa'.

Il commento di Alfonso Stiglitz esprime un rimprovero aspro ed un giudizio molto severo nei miei confronti e nei confronti di quanto ho scritto: lo ringrazio egualmente, anche se gli faccio cortesemente notare che (1) non mi ha affatto fornito le notizie che cercavo e chiedevo come necessarie per dare una collocazione alla produzione dell'Atzeni (2) egli, Stiglitz, ha espresso giudizi su di me, mentre io non ho espresso giudizi su Atzeni. Grazie comunque, Alfonso.