domenica 12 ottobre 2014

Pasquino.blog




La statua del 'Pasquino', presso Piazza Navona a Roma.
Come si vede, viene tutt'oggi usata per le proprie rimostranze anonime dal popolo di Roma.


E adesso dovrei dire qualche cosa anche su “Untore.blog”, per rispettare almeno una certa uguaglianza d’esposizione.
Potrei criticarlo, ma non voglio ripetermi troppo:

- Ho già detto che adotta un linguaggio crudo e volgare, che non mi è mai appartenuto e che non saprei usare altrettanto efficacemente. (Questa mia affermazione, però, è servita solo per rinforzare ulteriormente in alcuni cervelli meschini e malfunzionanti, la convinzione che io faccia proprio parte del gruppo di “Untore”.  Perché non credo affatto si tratti di una persona sola: credo anzi siano un piccolo gruppo di cultura e sensibilità superiore alla norma. 

- Ho già avuto modo di dire quanto ne ammiri l’inventiva, che permette loro una produzione varia ed abbondante di effetti speciali, piuttosto imprevedibili, per me...

- Quello che più ammiro è la chiarezza di visione (evidentemente, il gruppo ha accesso ad un’intera serie d’informazioni di cui io non mi sogno neppure l’esistenza, sia in ambiente sardo, sia in ambiente accademico, sia all'estero), che permette sintesi encomiabili in vari e vasti argomenti. Ho imparato molte cose che non conoscevo e che non immaginavo, leggendo il loro blog.

- Di fatto, inoltre, hanno dato - ormai quasi per intero – l’elenco di quel gruppo di parassiti intellettuali che io definisco globalmente #armatabrancaleoneshardariana, una definzione alla quale mi sono affezionato e che continuerò ad usare. Mi sembra che sia la più appropriata etichetta di appartenenza di ogni ciarlatano interessato e meschino che agisca contro la cultura e la storia sarda.

- In conclusione, quelli di ‘Untore.Blog’ svolgono a mio vedere quasi un utile servizio sociale: anche se in una forma facilmente criticabile (per i motivi etici e morali che già sono stati citati da più parti, non ripetiamoci), risulta  peraltro comprensibile, completo ed efficacissimo. 

Diciamoci la verità, andiamo: è per motivi del tutto analoghi che nacquero a Roma le “statue e le fontane parlanti”, di cui la più famosa fu la cosiddetta statua del “Pasquino”.

Quello che io credo davvero è che se esistesse (dovrebbe esistere!) un’iniziativa accademico-universitaria costantemente presente che – certamente con modi più eleganti ed intellettuali – si facesse carico di svolgere il medesimo compito di fronte ad ogni nuova corbelleria (pubblicizzata con arroganza, scritta in genere male, sostenuta con rinnovato entusiasmo demenziale e presentata con insopportabile insistenza da ‘pusher’, in ogni possibile occasione dagli allegri esponenti dell'#armatab.s.), magari ricorrendo alla stampa, alla radio, alla televisione e alle proprie vie ufficiali di diffusione, ebbene allora non ci sarebbe questo spazio vuoto, che è solitamente riempito solamente dalle ronzanti minchiate degli arroganti incolti.

L’esempio: io scrivo che ho fatto la solita scoperta che “farà riscrivere tutti i libri di storia sarda (e non solo quelli)”. Poniamo il caso io abbia scoperto che i Fenici non siano mai esistiti: si trattava, in realtà di Shardana in incognito perché non volevano pagare il conto in birreria.  Organizzo qualche incontro con gli amici, partecipo a qualche convegno socio-politico, scrivo quello che ardisco definire ‘libro’ con tutte le prove ed inizio la mia profetica campagna di rivelazione della Verità Sarda 0.2. 
Nessuno mi fermerà.

Se - a questo punto - intervenisse regolarmente qualcuno,  che ufficialmente dicesse chiaramente: “Attenzione: leggete pure le favolette di fochile (che riunivano la famiglia sarda intorno al camino, d’inverno, alla fine della giornata, fino agli anni '50), ma il Consenso Scientifico dice che queste sono, appunto, solo favolette: qualcuno – volgarmente – le chiama minchiate”. 
Questo potrebbe servire da freno, elegantemente, regolarmente, efficacemente.

Purtroppo, questo qualcuno non c’è: o almeno, ci sarebbe, ma non si palesa mai in Sardegna, per motivi che vengono da lontano, probabilmente proprio dai tempi dell’allontanamento di Doro Levi...

Oppure scrive in modo troppo universitario, distaccato ed asettico: come Raimondo Zucca, che credeva, beato lui, di ‘avere dato il benservito e messo a posto’ il gruppo intero, ma il suo intervento diluito, erudito, debole è passato inosservato (anzi, ha fatto molto piacere al gruppo, che ha potuto così sentirsi finalmente ‘sdoganato’: “Visto che ci prendono in considerazione? Adesso non possono più ignorarci”).

 Potrò sbagliarmi, ma credo che questi siano i motivi per i quali qualcuno ha sentito l’esigenza di riempire quello spazio vuoto con una voce di chiaro e fermo dissenso nei confronti dell’Incultura rampante incontrastata... 
È naturale, poi, che lo abbia fatto in forma anonima, visto il metodo da branco di lupi con il quale l’#armatab.s. esercita la propria opera di “sana pressione culturale”.

La statua di Marforio, in una ripresa del film "La Grande Bellezza".


Io non sono favorevole all’anonimato nell’Internet, ma non posso biasimarli in questo preciso caso.
Se i loro modi sono punibili in qualche modo, lo decideranno le schiere numerose e fameliche di Polizia Postale che il professor L.A. Sanna ha sguinzagliato sulle loro tracce, con il preciso diktat di stanarli. Quello che più mi fa ridere, in questa sua tanto strombazzata Crociata, è che alla fine non si troverà alcun rapporto tra me e loro – contrariamente a quanto egli fermamente crede, nel nome del Tetragramma impronunciabile – perché non ce n’è alcuno: io non li ho mai visti, né so chi siano e loro, a loro volta, non sanno neppure dove vivo.
E questo risulterà più che chiaro da qualsiasi indagine si possa fare.
Non mi illudo che questo toglierà la parola arrogante all'Incultura, che per sua propria natura non sta mai zitta, neppure quando veramente dovrebbe.
Penso però che inizierò ad usare anche l’ashtag #armatab.s., riferendomi proprio all’abbreviazione inglese b.s. (per ‘bullshit’).
Nell’intento di farvi stravasare, sempre più abbondante, la bile verde...