La
lunga vita dell’Egitto.
A noi profani
sembra quasi l’uovo di Colombo.
Gli
studiosi (in questo caso i geomorfologi e gli specialist in datazioni, prestati
all’Archeologia) delle Università di Aberystwyth, Manchester e di Adelaide, sostengono che fu il fiume
Nilo che rese possible la vita nel rinnovato regno di Kerma, in quello che
oggigiorno è il Sudan settentrionale.
La loro analisi di tre antichi sistemi di
canali in cui una volta scorrevano le acque del Nilo mostrano per la prima volta
che le sue alluvioni erano proprio adatte (non troppo abbondanti, né troppo
scarse) per potere sostenere la vita tra
il 2500 a.C ed il 1500 a.C. , proprio quando Kerma fiorì e fu una delle
maggiori rivali del più famoso stato confinante, sito più a valle lungo il
fiume.
Esse dimostrano anche che questa civiltà,
vecchia di decine di migliaia di anni, terminò quando i livelli delle alluvioni
si dimostrarono insufficienti ed un intero sistema di canali si asciugò. Anche
se la causa finale della caduta di Kerma fu un’invasione da parte degli Egizi.
Più a valle, in Egitto, una siccità
catastrofica si verificò circa 4200 anni fa, dando seguito a basse alluvioni
nilotiche e creando il caos nell’Antico Regno per circa un secolo.
Altre civiltà – Mesopotamiche e
Medioorientali – furono anch’esse duramente colpite dal fenomeno della siccità.
I
risultati degli studi in corso sono stati finaziati dal Sudan Archaeology
Research Society e dal Australian Research Council e sono stati pubblicati sulla
rivista Geology.
Il professor Mark Macklin della University of Aberystwyth sostiene che questo sia di gran lunga il lavoro più vasto e meglio documentato archeologicamente che sia mai stato compiuto sul paleo ambiente del Nilo.
Il rapporto esistente tra cambiamenti climatici e lo sviluppo delle antiche civiltà fluvial è sempre stato piuttosto mal compreso per via della mancanza e per l’inadeguatezza di dati di controllo, la qual cosa ha ostacolato l’integrazione tra i dati archeologici e quelli climatici delle medesime regioni.
Il professor Jamie Woodward della University di Manchester sostiene che in Nubia, 4.000 anni fa la popolazione di Kerma coltivava quella zona che potrebbe chiamarsi Nilo-Bambino: le sue alluvioni erano abbondanti abbastanza da facilitare l’agricoltura, ma non così forti da mettere a rischio gli stanziamenti umani sulle rive del fiume.
Il professor Mark Macklin della University of Aberystwyth sostiene che questo sia di gran lunga il lavoro più vasto e meglio documentato archeologicamente che sia mai stato compiuto sul paleo ambiente del Nilo.
Il rapporto esistente tra cambiamenti climatici e lo sviluppo delle antiche civiltà fluvial è sempre stato piuttosto mal compreso per via della mancanza e per l’inadeguatezza di dati di controllo, la qual cosa ha ostacolato l’integrazione tra i dati archeologici e quelli climatici delle medesime regioni.
Il professor Jamie Woodward della University di Manchester sostiene che in Nubia, 4.000 anni fa la popolazione di Kerma coltivava quella zona che potrebbe chiamarsi Nilo-Bambino: le sue alluvioni erano abbondanti abbastanza da facilitare l’agricoltura, ma non così forti da mettere a rischio gli stanziamenti umani sulle rive del fiume.
Si deve
prendere nota del fatto che la civiltà di Kerma fu capace di fiorire, produrre opere
architettoniche ed aertigianali e benessere sociale stupefacenti, in un periodo
nel quale i rivali Egiziani si dibattevano in difficoltà ambientali, sociali e
politiche. Fino ad oggi non ci rendevamo conto del perché di quasto stato di
cose, ma oggi – grazie proprio a questi studi – i motivi sono finalmente
chiari.
L’equipe
ha adottato metodi geologici specialistici agguerriti per analizzare I canali asciutti,
che ora si trovano a circa 20 chilometri dal corso del fiume. È la prima volta
che si datano singoli eventi alluvionali relativi al Nilo.
Usando l’osservazione
di centinaia di fosse d’irrigazioni scavate dagli attuali agricoltori sudanesi,
Macklin e Woodward sono riusciti a ricostruire la storia geologica degli
antichi canali.
In alcuni
posti, queste fasce di canali sono ben conservati nella superficie attuale
della regione. Si estendono per una larghezza variabile da uno a tre chilometri
e sui bordi esistono siti del periodo di Kerma.
Secondo
Derek Welsby, delegato dal British Museum all’ispezione archeologica preventiva,
la forza politica ed il benessere economico di Kerma possono senz’altro essere
stati sostenuti dalla ricchezza agricola delle zone dell’interno, proprio
grazie allo sfruttamento delle rive fertili degli antichi canali.
Un
sopralluogo della pianura alluvionale a sud di Kerma (nella zona detta Dongola
Reach) ha rivelato più di 450 siti, che spaziano nel tempo dal Neolitico (prima
del 3500a.C.) al periodo medioevale cristiano (500-1500dopo Cristo). Molti siti
risultano strettamente in rapporto con la presenza di canali d’irrigazione
antichi a partenza dal Nilo.
Naturalmente, il successo di Kerma doveva derivare anche dalla presenza di animali addomesticati: e l’allevamento costituisce una pratica meno suscettibile alla qualità ed ai livelli delle alluvioni, dato che la mobilità delle mandrie le rende più indipendenti dallo stress ambientale.
Naturalmente, il successo di Kerma doveva derivare anche dalla presenza di animali addomesticati: e l’allevamento costituisce una pratica meno suscettibile alla qualità ed ai livelli delle alluvioni, dato che la mobilità delle mandrie le rende più indipendenti dallo stress ambientale.
Kerma fu una civiltà davvero rimarchevole, che produsse alcune delle più ragguardevoli ceramiche nilotiche.
Notizie
e documenti riguardo a quanto sopra sono adesso anche in mostra presso le
Ancient World Galleries al Manchester Museum.